ATTENZIONE: L’INFERNO ESISTE ED È ETERNO !

Rivelazioni private dei santi e delle anime dannate sull’Inferno, Luogo di Perdizione eterna. 

Esiste veramente l’Inferno o è soltanto una cattiva favoletta che i “bigotti” (cioè coloro i quali a detta di molti “non sono del mondo” e non lo amano, ne amano i piaceri e le glorie di questa vita terrena…) raccontano con un far convito come fosse certezza assoluta? Chi è mai andato nell’Inferno, luogo di Perdizione eterna, ed è tornato per garantirci che esiste davvero? Se anche esistesse poi chi ci dice che l’Inferno non sia un luogo di momentanea correzione voluta da Dio oppure che sia chiuso ai soli angeli che si ribellarono al volere dell’Altissimo e che per gli uomini invece ci sia solo il Paradiso (ammesso che ci sia!)?

Lasciatemi dire qualche cosina come premessa… ho voluto forzare un pochino la mano con qualche domanda che un cattolico direbbe esser “stupidina”, perché nelle Sacre Scritture c’è già detto tutto e quindi non  serve domandarsi se è così o se non è così, perché ciò che è scritto è sicuro e certo per un fedele, ma capire cosa ci chiede il Signore nostro Dio per vivere questa vita terrena nel Suo volere, secondo la Via tracciata da Suo Figlio, nostro Signore Gesù Cristo, che è Verità e porta senza alcun dubbio alla Vita. Si, anche io che scrivo questo articolo sono un cattolico e credo in tutto ciò che la nostra Chiesa “ci propone a credere”, credo nelle parole di Vita eterna di Gesù, il Figlio di Dio, Redentore del mondo e credo tutto quello che ci insegnano le Sacre Scritture (…. cioè un Luogo separato da dove si trova Dio con i Suoi eletti che non può entrar mai in comunione e sarà quello che è per sempre… ed è un Luogo come uno stato di disperazione e sofferenza infinita…), io credo, ma non esisto soltanto io e se qualcosa ho potuto capire non è per me un vanto personale perché so di essere l’ultimo sulla Terra a vantarmi di qualcosa di proprio, ma ringrazierò il Signore di avervi dato la grazia di conoscere questa terribile e giustissima verità.
Se posso essere di aiuto a chi sta leggendo questo articolo allora, cercherò di condividere quanto Dio ha permesso a noi di sapere per la nostra santificazione e salvezza e per la Sua maggior Gloria (la punta di un iceberg, non tutto quanto è oggi possibile confrontare!). Credo che tutti noi siamo così miseri e bisognosi di aiuto che non faccia mai male andare a rileggere determinate Testimonianze e meditare profondamente sulle conseguenze del peccato e della lontananza dal nostro Unico e Vero Bene, cioè il Signore Dio che ci ha creati, redenti e ci vuol santificare. A volte diamo per scontato troppe cose che non sono “ne in cielo ne in terra” e ci perdiamo semplicemente appresso a cose futili e di nessuna o pochissima utilità e importanza…Oh! Se solo dessimo più ascolto alle parole del Salvatore e cercassimo ciò che “tarma e ruggine non consumano”! … ma per quanto siamo noi stessi a cercare di capire qualcosa che “non è di questo mondo”, non ci è possibile senza l’aiuto dello Spirito Santo, lo Spirito di Amore e di Sapienza che procede dal Padre e dal Figlio “e con il Padre e il Figlio è adorato e glorificato e ha parlato per mezzo dei profeti”. Siamo forse noi che con la nostra misera scienza reggiamo tutto ciò che è visibile e invisibile nell’universo e fuori da esso? NO di certo.

Allora, prima di leggere quanto cercherò indegnamente e delicatamente di riportare qui di seguito, “incastonando” le rivelazioni dei santi e ricevute attraverso gli esorcismi, come pezzettini di un puzzle o i blocchi di diverso tipo del giochino del Tetris,  per aver una maggior prova dell’esistenza dell’Inferno e della volontà dell’Altissimo, chiediamo di cuore al nostro Padre celeste, per i meriti del Suo Figlio Unigenito Gesù Cristo, nostro Signore, la Luce del Suo Santo Spirito affinché sia in noi una intelligenza e una sapienza tale da poter meditare e discernere attentamente circa questo grandissimo mistero e cosa possiamo fare per non perdere per sempre l’amicizia col il Bene Assoluto.

Simone Salicandro
Blog di Rivelazioni Cristiane

L’INFERNO ESISTE ED È ETERNO

ALCUNI PASSI EVANGELICI IN CUI SI GESÙ PARLA DELL’INFERNO

Ora io vi dico che molti verranno dall’oriente e dall’occidente e siederanno a mensa con Abramo, Isacco e Giacobbe nel regno dei cieli, mentre i figli del regno saranno cacciati fuori, nelle tenebre, dove sarà pianto e stridore di denti». (Mt.8,11-12)

[ Esistono due Luoghi (“regni”) distinti che non si possono confondere, dove in uno c’è festa continua, gaudio eterno ( “una mensa”), e nel secondo c’è terrore, orrore e dolore continuo (“pianto e stridor di denti”) ]

Il Figlio dell’uomo manderà i suoi angeli, i quali raccoglieranno dal suo regno tutti gli scandali e tutti quelli che commettono iniquità e li getteranno nella fornace ardente, dove sarà pianto e stridore di denti. (Mt.13,41-42)

[ Nel Regno di Dio non ci sarà alcuna impurità, mentre ogni impurità e anima impura (iniqua, non giusta secondo la Legge e i Comandamenti del Signore), verranno gettate con forza in un altro Luogo differente dal regno di Dio, dove c’è un fuoco inestinguibile acceso dall’Ira di Dio (“fornace ardente”), c’è disperazione e dolore eterno (“pianto e stridor di denti”)]

Lasciate che l’una e l’altro crescano insieme fino alla mietitura e al momento della mietitura dirò ai mietitori: Raccogliete prima la zizzania e legatela in fasci per bruciarla; il grano invece riponételo nel mio granaio» (Mt.13,30)

[ Ciò che è contrario ai Disegni e ai Piani del Padre Eterno è indesiderato perché cerca di soffocare e combattere ciò che è creato e voluto dal Padre eterno per il Suo Regno (“la zizzania”) e sarà alla fine abbattuto e reso impotente (verrà bruciato), non entrerà mai nel regno di Dio (“Il granaio”) ]

E se il tuo occhio ti è motivo di scandalo, gettalo via: è meglio per te entrare nel regno di Dio con un occhio solo, anziché con due occhi essere gettato nella Geènna, dove il loro verme non muore e il fuoco non si estingue. (Mc.9,47-48)

[ l’Inferno (“la Geenna”) è il Luogo dove vanno a finire coloro i quali entrano nella vita eterna in peccato mortale impenitente (un “verme” che “non muore”), perché una volta varcata la soglia della morte corporale si entra nella dimensione dello spirito che non è soggetta al tempo e alle leggi fisiche di questo mondo e quindi rimane immutabile per sempre (“non muore” anche se riferito al peccato da Gesù può ben far comprendere come a non morire sia prima ancora l’anima ). Non muore la propria volontà che bella o brutta rimane un tutt’uno con l’anima del defunto, cioè di colui o colei che ha varcato la soglia dell’eternità presentandosi difronte al Sommo Giudice]

E se ne andranno: questi al supplizio eterno, i giusti invece alla vita eterna». (Mt.25,46)

[ Eternità è per tutte le anime, ma esistono due destinazioni differenti , due Luoghi, anche essi eterni, separati l’un dall’altro, dove le anime verranno poste dal Signore Dio immediatamente dopo il Giudizio, cioè il Paradiso (qua descritta come “vita eterna” per far comprendere che non c’è vera vita senza l’amor di Dio e vero gaudio senza Colui che è il nostro unico e Sommo Bene), dove saranno per sempre i figli di Dio (“i giusti”) e l’Inferno ( qua descritto come”supplizio eterno” per via della condizione, dello stato in cui vivono le anime dei dannati, che è assenza di ogni Bene e felicità ma una continua amarezza, un continuo soffrire, una morte che si rinnova in ogni istante ma che non cessa mai di esistere) ]

ALCUNE RIVELAZIONI PRIVATE DOVE SI PARLA DELL’INFERNO

Santa Faustina Kowalska, Diario 20.x.1936. (II° Quaderno)

Oggi, sotto la guida di un angelo, sono stata negli abissi dell’inferno. E un luogo di grandi tormenti per tutta la sua estensione spaventosamente grande. Queste le varie pene che ho viste: la prima pena, quella che costituisce l’inferno, è la perdita di Dio; la seconda, i continui rimorsi di coscienza; la terza, la consapevolezza che quella sorte non cambierà mai; la quarta pena è il fuoco che penetra l’anima, ma non l’annienta; è una pena terribile: è un fuoco puramente spirituale acceso dall’ira di Dio; la quinta pena è l’oscurità continua, un orribile soffocante fetore, e benché sia buio i demoni e le anime dannate si vedono fra di loro e vedono tutto il male degli altri ed il proprio; la sesta pena è la compagnia continua di satana; la settima pena è la tremenda disperazione, l’odio di Dio, le imprecazioni, le maledizioni, le bestemmie. Queste sono pene che tutti i dannati soffrono insieme, ma questa non è la fine dei tormenti. Ci sono tormenti particolari per le varie anime che sono i tormenti dei sensi. Ogni anima con quello che ha peccato viene tormentata in maniera tremenda e indescrivibile. Ci sono delle orribili caverne, voragini di tormenti, dove ogni supplizio si differenzia dall’altro. Sarei morta alla vista di quelle orribIli torture, se non mi avesse sostenuta l’onnipotenza di Dio. Il peccatore sappia che col senso col quale pecca verrà torturato per tutta l’eternità. Scrivo questo per ordine di Dio, affinché nessun’anima si giustifichi dicendo che l’inferno non c’è, oppure che nessuno c’è mai stato e nessuno sa come sia. Io, Suor Faustina, per ordine di Dio sono stata negli abissi dell’inferno, allo scopo di raccontarlo alle anime e testimoniare che l’inferno c’è. Ora non posso parlare di questo. Ho l’ordine da Dio di lasciarlo per iscritto. I demoni hanno dimostrato un grande odio contro di me, ma per ordine di Dio hanno dovuto ubbidirmi. Quello che ho scritto è una debole ombra delle cose che ho visto. Una cosa ho notato e cioè che la maggior parte delle anime che ci sono, sono anime che non credevano che ci fosse l’inferno. Quando ritornai in me, non riuscivo a riprendermi per lo spavento, al pensiero che delle anime là soffrono così tremendamente, per questo prego con maggior fervore per la conversione dei peccatori, ed invoco incessantemente la Misericordia di Dio per loro. O mio Gesù, preferisco agonizzare fino alla fine del mondo nelle più grandi torture, piuttosto che offenderTi col più piccolo peccato.

Santa Veronica Giuliani, Diario

In un tratto, mi trovai in un luogo oscuro, profondo e puzzolente; vi sentii urli di tori, ragli di asini, ruggiti di leoni, fischi di serpi, confusioni di voci spaventevoli, e tuoni grandi che apportavano terrore e spaventi. Vidi anche lampi di fuoco e fumo densissimo. Adagio! ancora non è niente.

Mi Parve di vedere una grande montagna tutta coperta di vipere, di serpi e di basilischi intrecciati insieme; non si riconosceva l’uno dall’altro, ed in quantità senza numero. Sentendo, sotto di questi, maledizioni e voci spaventevoli, rivolta ai miei Angeli, domandai loro che cosa fossero quelle voci; ed essi mi dissero che ivi stavano tormentate molte anime e che il detto luogo era il più refrigerante. Infatti si aprì, in un subito, quel gran monte, e parvemi vederlo tutto pieno di anime e di demoni! In tanto numero! Stavano quelle anime attaccate insieme come se fossero una cosa sola; ed i demoni le tengono così legate, con catene di fuoco, a se stessi, che anime e demoni sono una cosa stessa, e ciascun anima ha tanti demoni addosso, che appena si discerne. Il modo nel quale le ho vedute non posso descriverlo; solo ho detto così per farmi capire, ma non dico niente di quello che è.

Fui trasportata ad un altro monte ove stavano tori e cavalli sfrenati i quali parevami che stessero mordendo come tanti cani arrabbiati. A questi animali veniva fuoco dagli occhi, dalla bocca e dal naso; i loro denti parevano acutissime lande e spade taglienti che, in un tratto, riducevano in pezzi, in niente tutto ciò che veniva loro in bocca; e compresi che mordevano e divoravano anime. Che stridi e che terrore rendevano! Non si fermavano mai, e capii che durano sempre così. Vidi poi altri monti con tormenti più spietati; ma è impossibile descriverli, e mente umana non potrà mai, mai capirli.

In mezzo a questo luogo, vi è un trono altissimo,larghissimo, bruttissimo e composto tutto dei demoni! Più spaventevoli dell’inferno; e nel mezzo di esso vi è una sedia formata di demoni, i capi ed i principali. Quivi sta a sedere Lucifero, spaventevole, orrendo. O Dio! Che brutta figura! Passa in bruttezza, tutti gli altri demoni; sembra che abbia un capo formato di cento capi, e che sia pieno di spuntoni ben lunghi, in cima di ciascuno dei quali vi è come un occhio, grande come un capo di bue, che manda saette infuocate che bruciano tutto l’inferno.

E con tutto ché questo sia un luogo così grande, e con tanti e tanti milioni di anime e di demoni, tutti vedono questa vista svelatamente, e tutti hanno tormenti sopra tormenti dal medesimo Lucifero. Esso vede tutti e tutti vedono Lui.

Qui i miei Angeli mi fecero capire che, siccome, in Paradiso, la vista di Dio, a faccia a faccia, rende beati e contenti tutti i Comprensori, così, nell’inferno, la brutta faccia di Lucifero, di questo mostro infernale, è di tormento a tutte le anime. Vedono tutte, a faccia a faccia il Nemico di Dio; ed avendo perduto Iddio per sempre, ed il non averlo mai, mai a godere, forma la pena. Lucifero l’ha in sé, e da lui si spicca in modo, che la partecipano tutti i dannati. Esso bestemmia e tutti bestemmiano; esso maledice e tutti maledicono; esso tormenta, e tutti tormentano.

E per quanto sarà questo? domandai ai miei Angeli; ed essi mi risposero: Per sempre, per tutta l’eternità. O Dio! Non posso dire niente; di quello che ho appreso e compreso; con parole, non se ne dice niente. Qui, in un subito, mi fecero vedere il cuscino che stava nella sedia di Lucifero, ove esso sta assiso in quel trono. Era l’anima di Giuda. Anche sotto i piedi dell’istesso Lucifero vi era un cuscino ben grande, tutto lacero e tutto pieno di segni. Mi fu fatto capire che queste erano anime di Religiosi; ed apertosi esso trono, parvemi vedere, fra quei demoni che stavano sotto la sedia, una grande quantità di anime. Allora chiesi ai miei Angeli: E chi sono queste? ed essi mi dissero che erano di Prelati, di Capi della Chiesa, e di Superiori di Religione.

O Dio! Ciascuna anima patisce, in un tratto, tutto ciò che patiscono le anime degli altri dannati; e parevami comprendere che la mia andata colà fu di tormento a tutti i demoni! ed a tutte le anime dell’inferno. Io credo però, che non solo mi accompagnassero i miei Angeli, ma ancora mi accompagnasse incognitamente la mia cara Mamma, Maria Santissima, perché, senza di lei, sarei morta di puro spavento. Non dico altro; tanto non posso dir niente. Tutto quello che ho detto è un nulla, e tutto quello che ho sentito dire dai predicatori è un nulla. L’inferno non si capisce, ne mai si può apprendere l’acerbità delle sue pene e dei suoi tormenti. Questa vista mi ha fatto molto buono, con farmi risolvere daddovero a staccarmi da tutto, ed a fare le mie operazioni con più perfezione essendo io così trascurata. Nell’inferno vi è il luogo per tutti, e vi è il mio ancora, se non muto vita. Sia tutto a gloria di Dio, secondo la volontà di Dio, per Dio, con Dio!”.

Santa Teresa d’Avila

Orribili a vedersi, le pareti mi gravavano addosso, e mi pareva di soffocare. Non v’era luce, ma tenebre fittissime; eppure quanto poteva dar pena alla vista si vedeva ugualmente nonostante l’assenza della luce: cosa che non riuscivo a comprendere. Per allora Dio non volle mostrarmi di più, ma in un’altra visione vidi supplizi spaventosissimi, fra cui i castighi di alcuni vizi in particolare. A vederli parevano assai più terribili, ma non mi facevano tanta paura perché non li sperimentavo, mentre nella visione di cui parlo il Signore volle farmi sentire in ispirito quelle pene ed afflizioni, come se le soffrissi nel corpo […]. Sentir parlare dell’inferno è niente. Vero è che io l’ho meditato poche volte perché la via del timore non è fatta per me, ma è certo che quanto si medita sui tormenti dell’inferno, su quello che i demoni fanno patire, o che si legge nei libri, non ha nulla a che fare con la realtà, perché totalmente diversa, come un ritratto messo a confronto con l’oggetto ritrattato. Quasi neppure il nostro fuoco si può paragonare con quello di laggiù. Rimasi spaventatissima e lo sono tuttora mentre scrivo, benché siano già passati quasi sei anni, tanto da sentirmi agghiacciare dal terrore qui stesso dove sono. Mi accade intanto che quando sono afflitta da qualche contraddizione o infermità, basta che mi ricordi di quella visione perché mi sembrino subito da nulla persuadendomi che ce ne lamentiamo senza motivo. Questa fu una delle più grandi grazie che il Signore m’abbia fatto, perché mi ha giovato moltissimo non meno per non temere le contraddizioni e le pene della vita che per incoraggiarmi a sopportarle, ringraziando il Signore d’avermi liberata da mali così terribili ed eterni, come mi pare di dover credere».

Beata Anna Caterina Emmerck

Alcuni Angeli avevano cacciato altrove sterminate torme di demoni, i quali avevano poi dovuto riconoscere e adorare il Redentore. Questo era stato il loro maggior supplizio. Molti di essi venivano quindi imprigionati dentro una sfera, che risultava di tanti settori concentrici. Al centro dell’inferno si sprofondava un abisso tenebroso, dov’era precipitato Lucifero in catene, il quale stava immerso tra cupi vapori. Tutto ciò era avvenuto secondo determinati arcani divini. Seppi che Lucifero dovrà essere scatenato per qualche tempo: cinquanta o sessantanni prima dell’anno 2000 di Cristo, se non erro. Alcuni demoni invece devono essere sciolti prima di quell’epoca per castigare e sterminare i mondani. Alcuni di essi furono scatenati ai nostri giorni; altri lo saranno presto. Mentre tratto questo argomento, le scene infernali le vedo così orripilanti dinanzi ai miei occhi, che la loro vista potrebbe perfino farmi morire».

Suor Josefa Menéndez

“In un istante mi trovai nell’inferno, ma senza esservi trascinata come le altre volte, e proprio come vi devono cadere i dannati. L’anima vi si precipita da se stessa, vi si getta come se desiderasse sparire dalla vista di Dio, per poterlo odiare e maledire.

L’anima mia si lasciò cadere in un abisso di cui non si poteva vedere il fondo, perché immenso… Ho visto l’inferno come sempre: antri e fuoco. Benché non si vedano forme corporali, i tormenti straziano le anime dannate (che tra loro si conoscono) come se i loro corpi fossero presenti.

Fui spinta in una nicchia di fuoco e schiacciata come tra piastre roventi e come se dei ferri e delle punte aguzze arroventate si infiggessero nel mio corpo.
Ho sentito come se, pur senza riuscirci, si volesse strapparmi la lingua, cosa che mi riduceva agli estremi, con un atroce dolore. Gli occhi mi sembrava che uscissero dall’orbita, credo a causa del fuoco che li bruciava orrendamente.

Non si può nè muovere un dito per cercare sollievo, nè cambiare posizione; il corpo è come compresso. Gli orecchi sono come storditi dalle grida orrende e confuse che non cessano un solo istante.
Un odore nauseabondo e una ripugnante asfissia invade tutti, come se bruciasse carne in putrefazione con pece e zolfo.

Tutto questo l’ho provato come nelle altre occasioni e, sebbene questi tormenti siano terribili, sarebbero un nulla se l’anima non soffrisse; ma essa soffre in modo indicibile per la privazione di Dio.

Vedevo e sentivo alcune di queste anime dannate ruggire per l’eterno supplizio che sanno di dover sopportare, specialmente alle mani. Penso che durante la vita abbiano rubato, poiché gridavano: “Maledette mani, dov’è ora quello che avete preso?”.

Altre anime, urlando, accusavano la propria lingua, o gli occhi… ognuna ciò che è stato la causa del suo peccato: “Ora paghi atrocemente le delizie che ti concedevi, o mio corpo!… E sei tu, o corpo, che l’hai voluto!… Per un istante di piacere, un’eternità di dolore!”. Mi sembra che all’inferno le anime si accusino specialmente di peccati di impurità.

Mentre ero in quell’abisso, ho visto precipitare delle persone impure e non si possono dire nè comprendere gli orrendi ruggiti che uscivano dalle loro bocche: “Maledizione eterna!… Mi sono ingannata!… Mi sono perduta!… Sarò qui per sempre!… per sempre!!… per sempre!!!… e non ci sarà più rimedio… Maledetta me!”.

Una ragazzina urlava disperatamente, imprecando contro le cattive soddisfazioni che ha concesso in vita al suo corpo e maledicendo i genitori che le avevano dato troppa libertà nel seguire la moda e i divertimenti mondani. Era dannata da tre mesi.

Tutto ciò che ho scritto è soltanto una pallida ombra al confronto con ciò che si soffre veramente all’inferno“.

San Giovanni Bosco

«Mi trovai con la mia guida (l’Angelo Custode), infondo ad un precipizio che finiva in una valle oscura. Ed ecco comparire un edificio immenso, avente una porta altissima, serrata. Toccammo il fondo del precipizio; un caldo soffocante mi opprimeva, un fumo grasso, quasi verde, s’innalzava sui muraglioni dell’edificio e guizze di fiamme sanguigne. Domandai: “Dove ci troviamo”? “Leggi – mi rispose la guida – l’iscrizione che è sulla porta”! C’era scritto: “Ubi non est redemptio”!, cioè: “Dove non c’è redenzione”. Intanto vidi precipitare dentro quel baratro […] prima un giovane, poi un altro, ed in seguito altri ancora; tutti avevano scritto in fronte il proprio peccato. Esclamò la guida: “Ecco la causa precipua di queste dannazioni: i compagni, i libri cattivi e le perverse abitudini”. Gli infelici erano giovani da me conosciuti. Domandai: “Ma dunque è inutile che si lavori tra i giovani, se tanti fanno questa fine? Come impedire tanta rovina”? “Coloro che hai visto, sono ancora in vita; questo però è il loro stato attuale e se morissero, verrebbero senz’altro qui”! Dopo entrammo nell’edificio; si correva con la rapidità del baleno. Lessi questa iscrizione: “Ibunt impii in ignem æternum”!, vale a dire “Gli empi andranno nel fuoco eterno”! “Vieni con me”!, soggiunse la guida. Mi prese per una mano e mi condusse davanti ad uno sportello, che aperse. Mi si presentò allo sguardo una specie d’immensa caverna, piena di fuoco. Certamente quel fuoco sorpassava mille e mille gradi di calore. Io questa spelonca non ve la posso descrivere in tutta la sua spaventosa realtà. Intanto, all’improvviso, vedevo cadere dei giovani nella caverna ardente. La guida disse: “La trasgressione del sesto comandamento è la causa della rovina eterna di tanti giovani”. “Ma se hanno peccato, si sono però confessati”. “Si sono confessati, ma le colpe contro la virtù della purezza le hanno confessate male o taciute affatto”. Ad esempio, uno aveva commesso quattro o cinque di questi peccati, ma ne disse solo due o tre. Vi sono di quelli, che ne hanno commesso uno nella fanciullezza ed ebbero sempre vergogna di confessarlo, oppure l’hanno confessato male e non hanno detto tutto. Altri non ebbero il dolore e il proponimento; anzi, taluni, invece di fare l’esame di coscienza, studiavano il modo di ingannare il confessore. E chi muore con tale risoluzione, risolve di essere nel numero dei reprobi e così sarà per tutta l’eternità […]. “E ora vuoi vedere perché la misericordia di Dio qui ti ha condotto”? La guida sollevò un velo e vidi un gruppo di giovani di questo Oratorio, che io tutti conoscevo, condannati per questa colpa.

Fra essi vi erano di quelli che in apparenza tengono buona condotta. Continuò la guida: “Predica dappertutto contro l’immodestia”! Poi parlammo per circa mezz’ora sulle condizioni necessarie per fare una buona confessione e si concluse: “Mutare vita! […] Mutare vita”! “Ora – soggiunse l’amico – che hai visto i tormenti dei dannati, bisogna che provi anche tu un poco di inferno”! Usciti dall’orribile edificio, la guida afferrò la mia mano e toccò l’ultimo muro esterno; io emisi un grido […]. Cessata la visione, osservai che la mia mano era realmente gonfia e per una settimana portai la fasciatura».

Maria Valtorta, Gesù le parla dell’Inferno

Gli uomini di questo tempo non credono più all’esistenza dell’inferno. Si sono congegnati un al di là a loro gusto e tale da essere meno terrorizzante alla loro coscienza meritevole di molto castigo. Discepoli più o meno fedeli dello Spirito del Male, sanno che la loro coscienza arretrerebbe da certi misfatti, se realmente credesse all’Inferno così come la Fede insegna che sia; sanno che la loro coscienza, a misfatto compiuto, avrebbe dei ritorni in se stessa e nel rimorso troverebbe il pentimento, nella paura troverebbe il pentimento e col pentimento la via per tornare a Me.

Ti ho detto che il Purgatorio è fuoco di amore. L’Inferno è fuoco di rigore.
Il Purgatorio è luogo in cui, pensando a Dio, la cui Essenza vi è brillata nell’attimo del particolare giudizio e vi ha riempito di desiderio di possederla, voi espiate le mancanze di amore per il Signore Dio vostro. Attraverso l’amore conquistate l’Amore, e per gradi di carità sempre più accesa lavate la vostra veste sino a renderla candida e lucente per entrare nel regno della Luce i cui fulgori ti ho mostrato giorni sono.
L’Inferno è luogo in cui il pensiero di Dio, il ricordo del Dio intravveduto nel particolare giudizio non è, come per i purganti, santo desiderio, nostalgia accorata ma piena di speranza, speranza piena di tranquilla attesa, di sicura pace che raggiungerà la perfezione quando diverrà conquista di Dio, ma che già dallo spirito purgante un’ilare attività purgativa perché ogni pena, ogni attimo di pena, li avvicina a Dio, loro amore; ma è rimorso, è rovello, è dannazione, è odio. Odio verso Satana, odio verso gli uomini, odio verso se stessi.

Dopo averlo adorato. Satana, nella vita, al posto mio, ora che lo posseggono e ne vedono il vero aspetto, non più celato sotto il maliardo sorriso della carne, sotto il lucente brillìo dell’oro, sotto il potente segno della supremazia, lo odiano perché causa del loro tormento.
Dopo avere, dimenticando la loro dignità di figli di Dio, adorato gli uomini sino a farsi degli assassini, dei ladri, dei barattieri, dei mercanti di immondezze per loro, adesso che ritrovano i loro padroni per i quali hanno ucciso, rubato, truffato, venduto il proprio onore e l’onore di tante creature infelici, deboli, indifese, facendone strumento al vizio che le bestie non conoscono – alla lussuria, attributo dell’uomo avvelenato da Satana – adesso li odiano perché causa del loro tormento.

Dopo avere adorato se stessi dando alla carne, al sangue, ai sette appetiti della loro carne e del loro sangue tutte le soddisfazioni, calpestando la Legge di Dio e la legge della moralità, ora si odiano perché si vedono causa del loro tormento.
La parola Odio tappezza quel regno smisurato; rugge in quelle fiamme; urla nei chachinni dei demoni; singhiozza e latra nei lamenti dei dannati; suona, suona, suona come una eterna campana a martello; squilla come una eterna buccina di morte; empie di sé i recessi di quella carcere; è, di suo, tormento, perché rinnovella ad ogni suo suono il ricordo dell’Amore per sempre perduto, il rimorso di averlo voluto perdere, il rovello di non poterlo mai più rivedere. L’anima morta, fra quelle fiamme, come quei corpi gettati nei roghi o in un forno crematorio, si contorce e stride come animata di nuovo da un movimento vitale e si risveglia per comprendere il suo errore, e muore e rinasce ad ogni momento con sofferenze atroci, perché il rimorso la uccide in una bestemmia e l’uccisione la riporta al rivivere per un nuovo tormento. Tutto il delitto di aver tradito Dio nel tempo sta di fronte all’anima nell’eternità; tutto l’errore di aver ricusata Dio nel tempo sta per suo tormento presente ad essa per l’eternità.
Nel fuoco le fiamme simulano le larve di ciò che adorarono in vita, le passioni si dipingono in roventi pennellate coi più appetitosi aspetti, e stridono, stridono il loro memento: “Hai voluto il fuoco delle passioni. Ora abbiti il fuoco acceso da Dio il cui santo Fuoco hai deriso”.
Fuoco risponde a fuoco. In Paradiso è fuoco di amore perfetto. In Purgatorio è fuoco di amore purificatore. In Inferno è fuoco di amore offeso. Poiché gli eletti amarono alla perfezione, l’Amore a loro si dona nella sua Perfezione. Poiché i purganti amarono tiepidamente, l’Amore si fa fiamma per portarli alla Perfezione. Poiché i maledetti arsero di tutti i fuochi, men che del Fuoco di Dio, il Fuoco dell’ira di Dio li arde in eterno. E nel fuoco è gelo.

Oh! che sia l’Inferno non potete immaginare. Prendete tutto quanto è tormento dell’uomo sulla terra: fuoco, fiamma, gelo, acque che sommergono, fame, sonno, sete, ferite, malattie, piaghe, morte, e fatene una unica somma e moltiplicatela milioni di volte. Non avrete che una larva di quella tremenda verità.
Nell’ardore insostenibile sarà commisto il gelo siderale. I dannati arsero di tutti i fuochi umani avendo unicamente gelo spirituale per il Signore Iddio loro. E gelo li attende per congelarli dopo che il fuoco li avrà salati come pesci messi ad arrostire su una fiamma. Tormento nel tormento questo passare dall’ardore che scioglie al gelo che condensa.

Oh! non è un linguaggio metaforico, poiché Dio può fare che le anime, pesanti delle colpe commesse, abbiano sensibilità uguali a quelle di una carne, anche prima che quella carne rivestano. Voi non sapete e non credete. Ma in verità vi dico che vi converrebbe di più subire tutti i tormenti dei miei martiri anziché un’ora di quelle torture infernali.
L’oscurità sarà il terzo tormento. Oscurità materiale e oscurità spirituale. Esser per sempre nelle tenebre dopo aver visto la luce del paradiso ed esser nell’abbraccio della Tenebra dopo aver visto la Luce che è Dio” Dibattersi in quell’orrore tenebroso in cui si illumina solo, al riverbero dello spirito arso, il nome del peccato per cui sono in esso orrore confitti! Non trovare appiglio, in quel rimestio di spiriti che si odiano e nuocciono a vicenda, altro che nella disperazione che li rende folli e sempre più maledetti. Nutrirsi di essa, appoggiarsi ad essa, uccidersi con essa. La morte nutrirà la morte, è detto. La disperazione è morte e nutrirà questi morti per l’eternità..

LA VERITA’ SULL’INFERNO NEGLI  ESORCISMI 

Esorcismo de1 1 Gennaio 1983

L’INFERNO ESISTE ED E’ ETERNO

Esorcista – In nome di Dio Padre, del Figlio e dello Spirito Santo, di’ la verità, solo la verità, ciò che il Cielo ti comanda di dire per la gloria di Dio e per il bene delle anime; su tutto il resto taci!

Demonio – Senti il tuono? (In questo momento rombi di tuono e lampi annunciano un temporale). E’ l’Altissimo che si fa sentire; potrebbe farlo e a volte lo fa anche col terremoto. Io mi ribello; non vorrei dire ciò che giova alla vostra salvezza; non voglio dire questa tremenda verità. Lasciami! Lasciami! Non voglio parlare!

Esorcista – Devi dire ciò che il Cielo ti comanda di dire. E’ utilissimo che dalla tua bocca esca questa verità, soprattutto oggi che tante persone hanno perso la vera fede. Di’ la verità in nome di…

Demonio – Non vorrei dirlo, ma devo dirlo: l’inferno esiste ed è eterno. Pochi oggi ci credono a questa verità perché tutto congiura contro l’idea dell’inferno, ma è proprio per questo che l’inferno cresce e congiura con più forza contro di voi. Quanto più l’inferno è negato, tanto più si riempie! Si ride di questa verità come fosse frutto di fantasia, o come fosse una triste eredità di altri tempi. Soprattutto non credono all’inferno molti uomini di cultura. Si vorrebbe che l’inferno non ci fosse per poter peccare senza pagarne le conseguenze, per poter continuar a vivere nei propri vizi. Altri, che si ritengono credenti, sostengono che l’inferno non esiste e perciò garantiscono il paradiso per tutti, prima o poi, perché – dicono, ma si illudono – l’inferno sarebbe in contrasto con la misericordia dell’Altissimo. Questi si ingannano: non solo non conoscono la giustizia dell’Altissimo, giustizia che è terribile, ma non conoscono neanche la sua misericordia, che è vera solo se è in piena e perfetta armonia con la giustizia. Senti il tuono? Sottolinea la verità di quanto ho appena affermato. Ma ora non torturarmi più; basta farmi parlare! Basta!

L’ESISTENZA DELL’INFERNO E’ TESTIMONIATO DA GESU’
E DALLE SACRE SCRITTURE

Esorcista – In nome di…

Demonio – Il Cielo mi costringe a parlare e ora fa rimbombare il tuono per riaffermare questa spaventosa verità che io non vorrei manifestare. L’Altissimo vi ha fatto conoscere questa verità sull’inferno molte e molte volte, come testimonia la S. Scrittura. Quante volte vi ha parlato dell’inferno eterno, e del fuoco eterno che tortura, Colui che è la Verità e che è nato e ha voluto morire proprio per evitarvi di finire in quel luogo di perdizione in cui molti entrano e da cui nessuno esce!

Demonio – Come vi insegna la parabola del vangelo, il ricco epulone ha maledetto e dannato la sua vita con l’esagerato attaccamento ai piaceri di questo mondo. Dall’inferno ha poi invocato Abramo di mandare Lazzaro a intingere il dito nell’acqua per estinguere almeno un po’ la sua sete disperata, perché bruciava nel fuoco. Ma la risposta di Abramo è stata negativa: “Tra noi e voi c’è un abisso incolmabile, così che nessuno di voi può venire tra noi e nessuno di noi può venire tra voi. Tu hai avuto le tue gioie nella vita e Lazzaro i suoi dolori; ora Lazzaro è nella gioia e tu nei tormenti”. Il ricco epulone ha chiesto allora ad Abramo che Lazzaro, non potendo andare da lui, all’inferno, a lenire le sue pene, andasse almeno sulla terra ad avvertire i suoi cinque fratelli, per invitarli a cambiare vita, perché non finissero anch’essi nella condanna eterna. Ma la risposta di Abramo è stata chiara e ferma: “Chi è incredulo e ostinato nel peccato come lo fosti tu, che non hai voluto credere nei profeti, e come lo sono i tuoi fratelli, non crederebbe nemmeno se vedesse un morto risorgere”.

LE GIOIE TERRENE PORTANO ALLA DANNAZIONE ETERNA

Demonio – Come allora il ricco epulone e i suoi fratelli non hanno creduto ai profeti, così è anche oggi, purtroppo. Purtroppo per voi e per il Cielo, ma a noi fa piacere! Vedere che in tutti i tempi, e anche oggi, gli uomini sono affamati di gioie terrene, dà a noi una gran gioia infernale. Le gioie terrene portano alla dannazione eterna e coloro che cercano smodatamente queste gioie e credono di ottenere la beatitudine eterna si ingannano! Mi costa terribilmente ricordarvi questa verità, ma sono costretto a farlo. Ci sono sì, anche per chi vuole salvarsi, delle gioie terrene lecite, ma non sono mai in grande misura come tutto oggi vi porta a credere. Lui (Parla di Gesù) ve lo ha detto chiaramente: “Per entrare nel regno dei cieli bisogna farsi violenza, perché stretta è la porta e difficile la via che porta alla salvezza; mentre larga è la porta e comoda la strada che porta alla rovina”. Queste parole, come tutte le altre che vi ha detto Lui sono vere anche oggi e lo resteranno sempre. Sono vere, ma non vengono quasi più ricordate. Nei secoli passati invece queste parole venivano continuamente predicate e questo ha portato in Cielo folte schiere di uomini. Venivano loro ricordati abitualmente un salutare timore di Dio e un’altrettanto salutare paura dell’inferno. Senza questo timore e senza questa paura voi diventate incoscienti e ponete le premesse per la vostra rovina eterna. A noi fa piacere che molti preti non vi ricordino più queste cose: sono i nostri migliori apostoli, lavorano per noi: contro di Lui e contro di voi.

IL SALUTARE PENSIERO SULLA REALTA’ DELLA MORTE

Demonio – Quanto invece sarebbe salutare per voi meditare spesso sulle realtà della morte, del giudizio, dell’inferno e del paradiso. Per difendervi dal pensiero della morte, visto che non potete negare questa realtà, avete adottato la tattica della dimenticanza: non ci pensate quasi mai. E per difendervi dal pensiero del giudizio e dell’inferno avete usato la carta della misericordia dell’Altissimo. “E’ un giudice buono – dite – per cui non può condannare i suoi figli; e se anche li condanna, sarà per un certo tempo, ma non per sempre”. E così la vostra tendenza a fare il male non è più frenata dal pensiero della morte, che cercate di dimenticare, nè dal pensiero del giudizio e dell’inferno che cercate di ammorbidire. E la vostra fatica a fare il bene non viene vinta dal pensiero del paradiso: la speranza, il desiderio del premio che l’Altissimo vi ha promesso non vi affascina per niente, perché sono tutte qui sulla terra le cose che affascinano e incatenano il vostro cuore!

NON ESISTE IL NULLA ETERNO

Demonio – Non illudetevi che l’inferno eterno non esista: o perché l’Altissimo alla fine perdonerà anche i colpevoli, portandoli in paradiso, o perché i colpevoli verranno sprofondati nel nulla. Per i dannati sarebbe un premio ritornare nel nulla da cui sono venuti, ma questa grazia non sarà loro concessa, perché, lasciando impunite le colpe, verrebbe tradita la giustizia divina e l’Altissimo stesso farebbe un torto a coloro che in vita hanno subito gravi danni dai peccatori. Basta farmi parlare! Non ne posso più!

Esorcista – Continua e parla in nome…

Demonio – Colui che ha versato il suo Sangue per voi e vi ha garantito di essere “la Verità”, vi ha detto chiaramente che per Giuda sarebbe stato meglio se non fosse mai nato. Non essere mai nati, o sprofondare nel nulla dopo la nascita sarebbe la stessa cosa. No, dopo la vita terrena c’è il giudizio e dopo il giudizio il premio o il castigo eterno, poiché l’Altissimo ha creato anime immortali, plasmate a sua immagine e somiglianza. Ora, come senti, sottolinea la verità delle parole che mi costringe a dirvi col tuono del temporale. Anche questa umiliazione a cui ci sottopone ci tormenta, ma siamo costretti a subire, come siamo costretti, sia pure contro voglia, a lodarlo e glorificarlo dicendo a voi quelle verità che odiamo con tutte le nostre forze. Noi che ci troviamo dentro in questa donna, e siamo in 20, siamo spiriti rinnegati, siamo dannati per sempre. E non solo noi venti: tantissimi altri, migliaia e migliaia sono dannati come noi e tutto facciamo per la vostra rovina. Basta, non voglio più parlare!

UNA STORIA TERRIBILE : CLARA E ANNETTA.

La storia che andremo a conoscere adesso, pubblicata con Imprimatur ecclesiale nella seconda metà del ‘900 ( 9 aprilis 1952 – Aloysius Traglia ,Archiep. Caesarien. Vicesgerens ), riguarda due ragazze tedesche di nome Clara e Annetta , conosciutesi nella ditta commerciale dove hanno lavorato, in Germania, per qualche tempo insieme. Non c’era amicizia tra le due ma semplice rapporto di reciproca cordialità, come quello che può esserci quando si ha a che fare con altre persone nello stesso ambiente lavorativo. Leggiamo alcuni estratti del libricino che riproponeva questi fatti:

Clara si dichiarava apertamente religiosa e sentiva il dovere d’istruire e richiamare Annetta, quando questa si dimostrava leggera e superficiale in fatto di religione. Trascorsero qualche tempo assieme; poi Annetta contrasse matrimonio e si allontanò dalla Ditta. Nell’autunno di quell’anno. Clara trascorreva le vacanze in riva al lago di Garda. Verso la metà di settembre la mamma le mandò dal paese natio una lettera: «E’ morta Annetta E’ rimasta vittima di un incidente automobilistico. L’ hanno sepolta ieri nel “Waldfriedhof’».

La notizia spaventò la buona signorina, sapendo che l’amica non era stata tanto religiosa. – Era preparata a presentarsi davanti a Dio? … Morendo all’improvviso, come si sarà trovata?… – L’indomani ascoltò la S. Messa e fece anche la Comunione in suo suffragio, pregando fervorosamente. La notte, dieci minuti dopo la mezzanotte, ebbe luogo la visione…

“Clara, non pregare per me! Sono dannata! Se te lo comunico e te ne riferisco piuttosto lungamente. Non credere che ciò avvenga a titolo d’amicizia. Noi qui non amiamo più nessuno. Lo faccio come costretta. Lo faccio come “parte di quella potenza che sempre vuole il male e opera il bene”.

In verità vorrei vedere anche te approdare a questo stato, dove io ormai ho gettato l’ancora per sempre.

Non stizzirti di questa intenzione. Qui, noi pensiamo tutti cosi. La nostra volontà è impietrita nel male in ciò che voi appunto chiamate “male” -. Anche quando noi facciamo qualche cosa di “bene”, come io ora spalancandoti gli occhi sull’Inferno, questo non avviene con buona intenzione.

Ti ricordi ancora che quattro anni fa ci siamo conosciute a ****

Contavi allora 23 anni e ti trovavi colà già da mezz’anno quando ci arrivai io.

Tu mi hai levata da qualche impiccio; come a principiante, mi hai dato dei buoni indirizzi. Ma che vuol dire “buono”?

Io lodavo il tuo “amore del prossimo”. Ridicolo! Il tuo soccorso derivava da pura civetteria, come, del resto, io sospettavo già fin d’allora. Noi non conosciamo qui nulla di buono. In nessuno.

Il tempo della mia giovinezza lo conosci. Certe lacune le riempio qui.

Secondo il piano dei miei genitori, a dire il vero, non sarei neanche dovuta esistere. “Capitò loro appunto una disgrazia”. Le mie due sorelle contavano già 14 e 15 anni, quando io tendevo alla luce.

Non fossi mai esistita! Potessi ora annientarmi, sfuggire a questi tormenti! Nessuna voluttà uguaglierebbe quella con cui lascerei la mia esistenza; come un vestito di cenere, che si perde nel nulla.

Ma io devo esistere. Devo esistere così, come mi sono fatta io: con una esistenza fallita.

Quando papà e mamma, ancora giovani, si trasferirono dalla campagna in città, ambedue avevano perduto il contatto con la Chiesa. E fu meglio così.

Simpatizzarono con la gente non legata alla Chiesa. Si erano conosciuti in un ritrovo danzante e mezz’anno dopo “dovettero” sposarsi.

Nella cerimonia nuziale rimase attaccata a loro tant’acqua santa, che la mamma si recava in chiesa alla Messa domenicale un paio di volte l’anno. Non mi ha mai insegnato a pregare davvero. Si esauriva nella cura quotidiana della vita, benché la nostra situazione non fosse disagiata.

Parole, come Messa, istruzione religiosa, Chiesa, le dico con una ripugnanza interna senza pari. Aborrisco tutto questo, come odio chi frequenta la Chiesa e in genere tutti gli uomini e tutte le cose.

Da tutto, infatti, ci deriva tormento. Ogni cognizione ricevuta in punto di morte, ogni ricordo di cose vissute o sapute, è per noi una fiamma pungente.

E tutti i ricordi ci mostrano quel lato che in essi era grazia e che noi sprezzammo. Quale tormento è questo! Noi non mangiamo, non dormiamo, non camminiamo coi piedi. Spiritualmente incatenati, guardiamo inebetiti “con urla e stridor di denti” la nostra vita andata in fumo: odiando e tormentati!

Senti? Noi qui beviamo l’odio come acqua. Anche l’uno verso l’altro.

Soprattutto noi odiamo Dio. Te lo voglio rendere comprensibile.

I Beati in Cielo devono amarlo, perché essi lo vedono senza velo, nella sua bellezza abbagliante. Ciò li beatifica talmente, da non poterlo descrivere. Noi lo sappiamo e questa cognizione ci rende furibondi.

Gli uomini in terra, che conoscono Dio dalla creazione e dalla rivelazione, possono amarlo; ma non ne sono costretti. Il credente – lo dico digrignando i denti – il quale, meditabondo, contempla Cristo in croce, con le braccia stese, finirà con l’amarlo.

Ma colui, al quale Dio si avvicina solo nell’uragano, come punitore, come giusto vendicatore, perché un giorno fu da lui ripudiato, come avvenne di noi. Costui non può che odiarlo, con tutto l’impeto della sua malvagia volontà, eternamente, in forza della libera accettazione con la quale, morendo, abbiamo esalato l’anima nostra e che neppure ora ritiriamo e non avremo mai la volontà di ritirarla.

Comprendi ora perché l’Inferno dura eternamente? Perché la nostra ostinazione giammai si scioglierà da noi.

Costretta, aggiungo che Dio è misericordioso persino verso di noi. Dico “costretta”, poiché anche se dico queste cose volutamente, pure non mi è permesso di mentire, come volentieri vorrei. Molte cose le affermo contro la mia volontà. Anche la foga d’improperi, che vorrei vomitare, la devo strozzare.

Dio fu misericordioso verso di noi col non lasciare esaurire sulla terra la nostra malvagia volontà, come noi saremmo stati pronti a fare. Ciò avrebbe aumentato le nostre colpe e le nostre pene. Egli ci fece morire anzi tempo, come me, o fece intervenire altre circostanze mitiganti.

Ora egli si dimostra misericordioso verso di noi col non costringerci ad avvicinarci a lui più di quanto lo siamo in questo remoto luogo infernale; ciò diminuisce il tormento.

Ogni passo che mi portasse più vicino a Dio, mi cagionerebbe una pena maggiore di quella che a te recherebbe un passo più vicino ad un rogo ardente.

Ti sei spaventata, quando io una volta, durante il passeggio, ti raccontai che mio padre, pochi giorni avanti la tua prima Comunione, mi aveva detto: “Annettina, cerca di meritarti un bel vestitino: il resto è una montatura”.

Per il tuo spavento quasi mi sarei perfino vergognata. Ora ci rido sopra.

L’unica cosa ragionevole in quella montatura era che ci si ammetteva alla Comunione solo a dodici anni. Io allora ero abbastanza presa dalla mania dei divertimenti mondani, così senza scrupoli mettevo in un canto le cose religiose e non diedi grande importanza alla prima Comunione.

Che parecchi bambini vadano ora alla Comunione già a sette anni, ci mette in furore. Noi facciamo di tutto per dare ad intendere alla gente che ai bambini manca una cognizione adeguata. Essi devono prima commettere alcuni peccati mortali.

Allora la bianca Particola non fa più in essi gran danno, come quando nei loro cuori vivono ancora la fede, la speranza e la carità – puh! questa roba – ricevute nel Battesimo. Ti ricordi come abbia già sostenuto sulla terra questa opinione?

Ho accennato a mio padre. Egli era sovente in lite con la mamma. Te ne feci allusione solo raramente; me ne vergognavo. Cosa ridicola la vergogna del male! Per noi qui tutto è lo stesso.

I miei genitori neanche dormivano più nella medesima camera; ma io con la mamma e il papà nella camera attigua, dove poteva rincasare liberamente a qualsiasi ora. Beveva molto; in tal modo scialacquava il nostro patrimonio. Le mie sorelle erano ambedue impiegate e abbisognavano esse stesse, dicevano, del denaro che guadagnavano. La mamma cominciò a lavorare per guadagnare qualche cosa.

Nell’ultimo anno di vita papà batteva spesso la mamma, quando lei non gli voleva dar nulla. Verso di me, invece, fu sempre amorevole. Un giorno – te l’ho raccontato e tu, allora, ti sei urtata del mio capriccio (di che cosa non ti sei urtata nei miei riguardi?) – un giorno dovette portare indietro, per ben due volte, le scarpe comprate, perché la forma e i tacchi non erano per me abbastanza moderni.

La notte in cui mio padre fu colpito da apoplessia mortale, avvenne qualche cosa che io per timore di una interpretazione disgustosa non riuscii a confidarti. Ma ora devi saperlo. E’ importante per questo: allora per la prima volta fui assalita dal mio spirito tormentatore attuale.

Dormivo in una camera con mia madre: i suoi respiri regolari dicevano il suo profondo sonno.

Quand’ecco mi sento chiamare per nome.

Una voce ignota mi dice: “Che sarà se muore papà?

Non amavo più mio padre, dacché trattava così villanamente la mamma; come del resto non amavo fin d’allora assolutamente nessuno, ma ero solamente, affezionata ad alcune persone, che erano buone verso di me. L’amore senza speranza di contraccambio terreno vive solo nelle anime in stato di Grazia. E io non lo ero.

Così risposi alla misteriosa domanda, senza darmi conto donde venisse: “Ma non muore mica!”.

Dopo una breve pausa, di nuovo la stessa domanda chiaramente percepita. “Ma non muore mica!” mi scappò ancora di bocca, bruscamente.

Per la terza volta fui richiesta: “Che cosa sarà se muore tuo padre?”. Mi si presentò alla mente come papà spesso veniva a casa piuttosto ubriaco, strepitava, maltrattava la mamma e come egli ci aveva messo in una condizione umiliante dinanzi alla gente. Perciò gridai indispettita: “E gli sta bene!” Allora tutto tacque. La mattina seguente, quando la mamma volle mettere in ordine la stanza del babbo, trovò la porta chiusa a chiave. Verso mezzogiorno si forzò la porta. Mio padre, mezzo vestito, giaceva cadavere sul letto. Nell’andare a prendere la birra in cantina doveva essersi buscato qualche accidente. Era già da lungo tempo malaticcio.

Marta K… e tu mi avete indotta a entrare nell’ Associazione delle Giovani. Veramente non ho mai nascosto che trovavo abbastanza intonate con la moda parrocchiale le istruzioni delle due direttrici, le signore X…

I giuochi erano divertenti. Come sai, vi ebbi subito una parte direttiva. Ciò mi andava a genio.

Anche le gite mi piacevano. Mi lasciai perfino indurre alcune volte ad andare alla Confessione e alla Comunione.

A dire il vero, non avevo nulla da confessare. Pensieri e discorsi per me non avevano importanza. Per azioni più grossolane, non ero abbastanza corrotta.

Tu mi ammonisti una volta: “Anna, se non preghi, vai alla perdizione!”.

Io pregavo davvero poco e anche questo, solo svogliatamente.

Allora tu avevi purtroppo ragione. Tutti coloro che bruciano nell’Inferno non hanno pregato o non hanno pregato abbastanza.

La preghiera è il primo passo verso Dio. E rimane il passo decisivo. Specialmente la preghiera a Colei che fu Madre di Cristo il nome della quale noi non nominiamo mai.

La devozione a Lei strappa al demonio innumerevoli anime, che il peccato gli consegnerebbe infallibilmente nelle mani.

Proseguo il racconto consumandomi d’ira. E’ solo perché devo. Pregare è la cosa più facile che l’uomo possa fare sulla terra. E proprio a questa cosa facilissima Dio ha legato la salvezza di ognuno.

A chi prega con perseveranza Egli a poco a poco dà tanta luce, lo fortifica in maniera tale, che alla fine anche il peccatore più impantanato si può definitivamente rialzare. Fosse pure ingolfato nella melma fino al collo.

Negli ultimi tempi della mia vita non ho più pregato come di dovere e così mi sono privata delle grazie, senza le quali nessuno può salvarsi.

Qui non riceviamo più nessuna grazia. Anzi, quand’anche le ricevessimo, le rifiuteremmo cinicamente. Tutte le fluttuazioni dell’esistenza terrena sono cessate in quest’altra vita.

Da voi sulla terra l’uomo può salire dallo stato di peccato allo stato di Grazia e dalla Grazia cadere nel peccato, spesso per debolezza, talvolta per malizia.

Con la morte questo salire e scendere finisce, perché ha la sua radice nella imperfezione dell’uomo terreno. Ormai abbiamo raggiunto lo stato finale.

Già col crescere degli anni i cambiamenti divengono più rari. E’ vero, fino alla morte si può sempre rivolgersi a Dio o rivolgergli le spalle. Eppure, quasi trascinato dalla corrente, l’uomo, prima del trapasso, con gli ultimi deboli resti della volontà, si comporta come era abituato in vita.

La consuetudine, buona o cattiva, diviene una seconda natura. Questa lo trascina con sé.

Così avvenne anche a me. Da anni vivevo lontana da Dio. Per questo nell’ultima chiamata della Grazia mi risolvetti contro Dio.

Non fu il fatto che peccassi spesso a esser fatale per me, ma che io non volli più risorgere.

Tu mi hai più volte ammonita di ascoltare le prediche, di leggere libri di pietà.

“Non ho tempo”, era la mia risposta ordinaria. Non ci mancava altro per aumentare la mia incertezza interna!

Del resto devo constatare questo: dal momento che la cosa era ormai cosi avanzata, poco prima della mia uscita dall’ Associazione delle Giovani, mi sarebbe riuscito enormemente gravoso mettermi su un’altra via. Io mi sentivo malsicura ed infelice. Ma davanti alla conversione si ergeva una muraglia.

Tu non lo devi aver sospettato. Tu te l’eri rappresentata così semplice, quando un giorno mi dicesti: “Ma fa una buona confessione, Anna, e tutto è a posto”.

Io sentivo che sarebbe stato così. Ma il mondo, il demonio, la carne mi tenevano già troppo saldamente nei loro artigli.

All’influsso del demonio non credetti mai. E ora attesto che egli influisce gagliardamente sulle persone che si trovano nella condizione in cui mi trovavo io allora.

Soltanto molte preghiere, di altri e di me stessa, congiunte con sacrifici e sofferenze, mi avrebbero potuta strappare da lui. E anche ciò, a poco a poco. Se ci sono pochi ossessi esternamente, di ossessi internamente ce n’è un formicaio. Il demonio non può rapire la libera volontà a coloro che si danno al suo influsso. Ma in pena della loro, per dir così, metodica apostasia da Dio, questi permette che il “maligno” si annidi in essi.

Io odio anche il demonio. Eppure egli mi piace, perché cerca di rovinare voialtri; odio lui e i suoi satelliti, gli spiriti caduti con lui al principio del tempo. Essi si contano a milioni. Girovagano per la terra, densi come uno sciame di moscerini, e voi neanche ve ne accorgete.

Non tocca a noi riprovati di tentarvi; questo è ufficio degli spiriti decaduti. Veramente ciò accresce ancor più il tormento ogni volta che essi trascinano quaggiù all’Inferno un’anima umana. Ma che cosa non fa l’odio?

Benché io camminassi per sentieri lontani da Dio, Dio mi seguiva. Preparavo la via alla Grazia con atti di carità naturale, che compivo non di rado per inclinazione del mio temperamento.

Talvolta Dio mi attirava in una chiesa. Allora sentivo come una nostalgia. Quando curavo la mamma malaticcia, nonostante il lavoro d’ufficio durante il giorno, e in certo modo mi sacrificavo davvero, questi allettamenti di Dio agivano potentemente.

Una volta, nella chiesa dell’ospedale, in cui tu mi avevi condotta durante la pausa del mezzogiorno, mi venne qualcosa addosso che sarebbe bastato un solo passo per la mia conversione: io piansi!

Ma poi la gioia del mondo passava di nuovo come un torrente sopra la Grazia.

Il grano soffocava tra le spine.

Con la dichiarazione che la religione è affare di sentimento, come si diceva sempre in ufficio, cestinai anche questo invito della Grazia come tutti gli altri.

Una volta tu mi rimproverasti perché invece di una genuflessione fino a terra, feci appena un informe inchino, piegando il ginocchio. Tu Io ritenesti un atto di pigrizia. Non sembrasti neppur sospettare che io fin d’allora non credevo più nella presenza di Cristo nel Sacramento.

Ora ci credo, ma solo naturalmente come si crede in un temporale di cui si scorgono gli effetti.

Intanto mi ero accomodata io stessa una religione a mio modo.

Sostenevo l’opinione, che da noi in ufficio era comune, che l’anima dopo la morte risorga in un altro essere. In tal modo continuerebbe a pellegrinare senza fine.

Con ciò l’angosciosa questione dell’al di là era insieme messa a posto e resa a me innocua.

Perché tu non mi hai ricordato la parabola del ricco epulone e del povero Lazzaro, in cui il narratore, Cristo, manda, immediatamente dopo la morte, l’uno all’Inferno e l’altro in Paradiso?… Del resto, che cosa avresti ottenuto? Nulla di più che con gli altri tuoi discorsi di bigottismo!

A poco a poco mi creai io stessa un Dio; sufficientemente dotato da essere chiamato Dio; lontano abbastanza da me, da non dover mantenere nessuna relazione con lui; vago abbastanza da lasciarsi, secondo il bisogno, senza mutar la mia religione, paragonare a un dio panteistico del mondo, oppure da lasciarsi poetizzare come un dio solitario. Questo Dio non aveva nessun Inferno da infliggermi. Lo lasciavo in pace. In ciò consisteva la mia adorazione per Lui.

Ciò che piace si crede volentieri. Nel corso degli anni mi tenni abbastanza convinta della mia religione. In questo modo si poteva vivere.

Una cosa soltanto mi avrebbe spezzato la cervice: un lungo, profondo dolore. E questo dolore non venne!

Comprendi ora cosa vuol dire: “Dio castiga quelli che ama!”

Era una domenica di luglio, quando l’Associazione delle Giovani organizzò una gita a * * *. La gita mi sarebbe piaciuta. Ma questi insulsi discorsi, quel fare da bigotti!

Un altro simulacro ben diverso da quello della Madonna di * * * stava da poco tempo sull’altare del mio cuore. L’aitante Max N… del negozio attiguo. Poco tempo prima avevamo scherzato assieme più volte.

Appunto per quella domenica egli mi aveva invitata ad una gita. Quella con cui andava di solito, giaceva malata all’ospedale.

Egli aveva ben capito che gli avevo messo gli occhi addosso. Sposarlo non ci pensavo allora. Era bensì agiato, ma si comportava troppo gentilmente con tutte le ragazze. E io, fino a quel tempo, volevo un uomo che appartenesse unicamente a me. Non solo essere moglie, ma moglie unica. Un certo galateo naturale, infatti, l’ebbi sempre.

Nella su accennata gita Max si profuse in gentilezze. Eh! già, non si tennero mica delle conversazioni pretesche come tra voialtre!

Il giorno seguente, in ufficio, tu mi facesti dei rimproveri, perché non ero venuta con voi a ***. Io ti descrissi il mio divertimento di quella domenica.

La tua prima domanda fu: “Sei stata alla Messa?”. Sciocchina! Come potevo, dato che la partenza era già fissata per le sei?!

Sai ancora come io, eccitata, aggiunsi: “Il buon Dio non ha una mentalità così piccina come i vostri pretacci!”.

Ora devo confessare: Dio, nonostante la sua infinita bontà, pesa le cose con maggior precisione che tutti i preti.

Dopo quella giornata con Max, venni ancora una volta nell’Associazione: a Natale, per la celebrazione della festa. C’era qualche cosa che mi allettava a tornare. Ma internamente mi ero già allontanata da voialtre.

Cinema, ballo, gite si avvicendavano senza tregua. Max e io bisticciammo alcune volte, ma seppi incatenarlo di nuovo a me.

Molestissima mi riuscì l’altra amante, che tornata dall’ospedale si comportò come un’ossessa. Veramente per mia fortuna: poiché la mia nobile calma fece potente impressione su Max, che finì col decidere che io fossi la preferita.

Avevo saputo rendergliela odiosa, parlando freddamente: all’esterno positiva, nell’interno vomitando veleno. Tali sentimenti e tale contegno preparano eccellentemente per l’Inferno. Sono diabolici nel più stretto senso della parola.

Perché ti racconto ciò? Per riferire come io mi staccai definitivamente da Dio.

Non già del resto, che tra me e Max si fosse arrivati molto spesso fino agli estremi della familiarità. Comprendevo che mi sarei abbassata ai suoi occhi, se mi fossi lasciata andare del tutto, prima del tempo; perciò mi seppi trattenere.

Ma in sé, ogni volta che lo ritenevo utile, ero sempre pronta a tutto. Dovevo conquistare Max. A tale scopo nulla era troppo caro. Inoltre, a poco a poco, ci amavamo possedendo ambedue non poche preziose qualità, che ci facevano stimare vicendevolmente. Io ero abile, capace, di piacevole compagnia. Così mi tenni saldamente in mano Max e riuscii, almeno negli ultimi mesi prima del matrimonio, a essere l’unica a possederlo.

In ciò consistette la mia apostasìa a Dio: elevare una creatura a mio idolo. In nessuna cosa può avvenire questo, in modo che abbracci tutto, come nell’amore di una persona dell’altro sesso, quando quest’amore rimane arenato nelle soddisfazioni terrene.

E’ questo che forma la sua attrattiva. il suo stimolo e il suo veleno.

L” ‘adorazione”, che io tributavo a me stessa nella persona di Max, divenne per me religione vissuta.

Era il tempo in cui in ufficio mi scagliavo velenosa contro i chiesaioli, i preti, le indulgenze, il biascichio dei rosari e simili sciocchezze.

Tu hai cercato, più o meno argutamente, di prendere le difese di tali cose. Apparentemente, senza sospettare che nel più intimo di me non si trattava, in verità, di queste cose, io cercavo piuttosto un sostegno contro la mia coscienza, allora avevo bisogno di un tale sostegno per giustificare anche con la ragione la mia apostasìa.

In fondo in fondo, mi rivoltavo contro Dio. Tu non lo comprendesti; mi ritenevo ancora cattolica. Volevo anzi essere chiamata così; pagavo perfino le tasse ecclesiastiche. Una certa “controassicurazione”, pensavo, non poteva nuocere.

Le tue risposte può darsi alle volte abbiano colpito nel segno. Su di me non facevano presa, perché tu non dovevi avere ragione.

A causa di queste relazioni falsate fra noi due, fu meschino il dolore del nostro distacco, allorché ci separammo in occasione del mio matrimonio.

Prima dello sposalizio mi confessai e comunicai ancora una volta. Era prescritto. Io e mio marito su questo punto la pensavamo ugualmente. Perché non avremmo dovuto compiere questa formalità? Anche noi la compimmo come le altre formalità.

Voi chiamate indegna una tale Comunione. Ebbene, dopo quella Comunione “indegna”, io ebbi più calma nella coscienza. Del resto fu anche l’ultima.

La nostra vita coniugale trascorreva, in genere, quanto mai in grande armonia. Su tutti i punti di vista noi eravamo dello stesso parere. Anche in questo: che non volevamo addossarci il peso dei figli. Veramente mio marito ne avrebbe volentieri voluto uno; non di più, si capisce. Alla fine io seppi distoglierlo anche da questo desiderio.

Vestiti, mobili di lusso, ritrovi da tè, gite e viaggi in auto e simili distrazioni mi importavano di più.

Fu un anno di piacere sulla terra quello trascorso tra il mio sposalizio e la mia repentina morte.

Ogni domenica andavamo fuori in auto, oppure facevamo visite ai parenti di mio marito. Essi galleggiavano alla superficie dell’esistenza, né più né meno di noi.

Internamente, si capisce, non mi sentii mai felice, per quanto esternamente ridessi. C’era sempre dentro di me qualche cosa d’indeterminato, che mi rodeva. Avrei voluto che dopo la morte, la quale naturalmente doveva essere ancora molto lontana, tutto fosse finito. Ma è proprio cosi, come un giorno, da bambina, sentii dire in una predica: che Dio premia ogni opera buona che uno compie e, quando non la potrà ricompensare nell’altra vita, lo farà sulla terra.

Inaspettatamente ebbi un’eredità dalla zia Lotte. A mio marito riuscì felicemente di portare il suo stipendio a una cifra notevole. Così potei sistemare la nuova abitazione in modo attraente.

La religione non mandava più che da lontano la sua voce, scialba, debole ed incerta.

I caffè della città, gli alberghi, in cui andavamo durante i viaggi, non ci portavano certamente a Dio.

Tutti coloro che frequentavano quei luoghi, vivevano, come noi, dall’esterno all’interno, non dall’interno all’esterno.

Se nei viaggi delle ferie visitavamo qualche chiesa, cercavamo di ricrearci nel contenuto artistico delle opere. L’alito religioso che spiravano, specialmente quelle medioevali, sapevo neutralizzarlo col criticare qualche circostanza accessoria: un frate converso impacciato o vestito in modo non pulito, che ci faceva da cicerone; lo scandalo che dei monaci, i quali volevano passare per pii, vendessero liquori; l’eterno scampanio per le sacre funzioni, mentre non si tratta che di far soldi…

Così seppi continuamente scacciare da me la Grazia ogni volta che bussava.

Lasciavo libero sfogo al mio malumore in modo particolare su certe rappresentazioni medioevali dell’Inferno nei cimiteri o altrove, nelle quali il demonio arrostisce le anime in braghe rosse e incandescenti, mentre i suoi compagni, dalle lunghe code, gli trascinano nuove vittime. Clara! L’Inferno si può sbagliare a disegnarlo, ma non si esagera mai!

Il fuoco dell’Inferno l’ho sempre preso di mira in modo speciale. Tu lo sai come durante un alterco, in proposito ti tenni una volta un fiammifero sotto il naso e ti dissi con sarcasmo: “Ha questo odore?”.

Tu spegnesti in fretta la fiamma. Qui non la spegne nessuno. Io ti dico: il fuoco di cui si parla nella Bibbia, non significa tormento della coscienza. Fuoco è fuoco! è da intendersi letteralmente ciò che ha detto Lui: “Via da me, maledetti, nel fuoco eterno!”. Letteralmente.

“Come può lo spirito essere toccato da fuoco materiale”, domanderai. Come può l’anima tua soffrire sulla terra quando ti metti il dito sulla fiamma? Difatti non brucia l’anima; eppure che tormento ne prova tutto l’individuo!

In modo analogo noi qui siamo spiritualmente legati al fuoco, secondo la nostra natura e secondo le nostre facoltà. L’anima nostra è priva del suo naturale battito d’ala, noi non possiamo pensare ciò che vogliamo né come vogliamo.

Non meravigliarti di queste mie parole. Questo stato, che a voialtri non dice nulla mi riarde senza consumarmi.

Il nostro maggior tormento consiste nel sapere con certezza che noi non vedremo mai Dio.

Come può questo tormentare tanto, dal momento che uno sulla terra rimane così indifferente?

Fintanto che il coltello giace sulla tavola, ti lascia fredda. Si vede quanto è affilato, ma non lo si prova. Immergi il coltello nella carne e ti metterai a gridare dal dolore.

Adesso noi sentiamo la perdita di Dio, prima la pensavamo soltanto.

Non tutte le anime soffrono in misura uguale.

Con quanta maggior cattiveria e quanto più sistematicamente uno ha peccato, tanto più grave pesa su di lui la perdita di Dio e tanto più lo soffoca la creatura di cui ha abusato.

I cattolici dannati soffrono di più che quelli di altre religioni, perché essi per lo più ricevettero e calpestarono più grazie e più luce.

Chi più seppe, soffre più duramente di chi conobbe meno. Chi peccò per malizia, patisce più acutamente di chi cadde per debolezza.

Mai nessuno patisce più di quello che ha meritato. Oh, se non fosse vero ciò, io avrei un motivo d’odiare!

Tu mi dicesti un giorno che nessuno va all’Inferno senza saperlo: ciò sarebbe stato rivelato a una santa. Io me ne risi. Ma poi mi trincerai dietro questa dichiarazione:

“Così in caso di necessità rimarrà abbastanza tempo di fare una voltata”, mi dicevo segretamente.

Quel detto è giusto. Veramente prima della mia subitanea fine, non conobbi l’Inferno com’è. Nessun mortale lo conosce. Ma io ne avevo la piena coscienza: “Se muori, te ne vai nel mondo di là dritta come una freccia contro Dio. Ne porterai le conseguenze”.

lo non feci dietro-front, come ho già detto, perché trascinata dalla corrente dell’abitudine, spinta da quella conformità per cui gli uomini, quanto più invecchiano, tanto più agiscono in una stessa direzione.

La mia morte avvenne così. Una settimana fa parlo secondo il vostro computo, perché, rispetto al dolore, potrei dire benissimo che son già dieci anni che brucio nell’Inferno. Una settimana fa, dunque, mio marito e io facemmo di domenica una gita, l’ultima per me.

Il giorno era spuntato radioso. Mi sentivo bene quanto mai. M’invase un sinistro sentimento di felicità, che serpeggiò in me per tutta la giornata.

Quand’ecco all’improvviso, nel ritorno, mio marito fu abbacinato da un’auto che veniva di volata. Perdette il controllo.

“Jesses” mi scappò dalle labbra con un brivido. Non come preghiera, solo come grido. Un dolore straziante mi compresse tutta. In confronto con quello presente una bagatella. Poi perdetti i sensi.

Strano! Quella mattina era sorto in me, in modo inspiegabile, questo pensiero: “Tu potresti ancora una volta andare a Messa”. Suonava come un’implorazione.

Chiaro e risoluto, il mio “no” trovò il filo dei pensieri. “Con queste cose bisogna farla finita una volta. Mi addosso tutte le conseguenze!” – Ora le porto.

Ciò che avvenne dopo la mia morte, già lo saprai. La sorte di mio marito, quella di mia madre, ciò che accadde del mio cadavere e lo svolgimento del mio funerale mi son noti nei loro particolari mediante cognizioni naturali che noi qui abbiamo.

Quello, del resto, che succede sulla terra, noi lo sappiamo solo nebulosamente. Ma ciò che in qualche modo ci tocca da vicino, lo conosciamo. Così vedo anche dove tu soggiorni.

Io stessa mi svegliai improvvisamente dal buio, nell’istante del mio trapasso. Mi vidi come inondata da una luce abbagliante.

Fu nel luogo medesimo dove giaceva il mio cadavere. Avvenne come in un teatro, quando nella sala d’un tratto si spengono le luci, il sipario si divide rumorosamente e si apre una scena inaspettata orribilmente illuminata. La scena della mia vita.

Come in uno specchio l’anima mia si mostrò a se stessa. Le grazie calpestate dalla giovinezza fino all’ultimo “no” di fronte a Dio.

Io mi sentii come un assassino al quale, durante il processo giudiziario, viene portata dinanzi la sua vittima esanime. Pentirmi? Mai!… Vergognarmi? Mai!

Però non potevo neppure resistere sotto gli occhi di Dio da me rigettato. Non mi rimaneva che una cosa: la fuga.

Come Caino fuggi dal cadavere di Abele, così l’anima mia fu spinta da quella vista di orrore.

Questo fu il giudizio particolare: l’invisibile Giudice disse: “Via da me!”.

Allora la mia anima, come un’ombra gialla di zolfo, precipitò nel luogo dell’eterno tormento…

Conclude Clara:

La mattina, al suono dell’Angelus, ancora tutta tremante per la notte spaventosa, mi alzai e corsi per le scale nella cappella.

Il cuore mi pulsava fin sulla gola. Le poche ospiti, inginocchiate vicino a me, mi guardarono, ma forse pensarono che fossi così eccitata per la corsa fatta giù per le scale.

Una signora bonaria di Budapest, che mi aveva osservato, mi disse dopo sorridendo: – Signorina, il Signore vuol essere servito con calma, non di corsa!

Ma poi si accorse che qualcosa d’altro mi aveva eccitato e mi teneva ancora in agitazione. E mentre la signora mi rivolgeva altre buone parole, io pensavo: Dio solo mi basta!

Sì, Egli solo mi deve bastare in questa e nell’altra vita. Voglio un giorno poterlo godere in Paradiso, per quanti sacrifici mi possa costare in terra. Non voglio andare all’Inferno!