AVVENTO E NASCITA DI GESÙ NELLE VISIONI DI CATERINA EMMERICH (Parte 2 di 2)

Dal libro “Vita della Madonna” della beata Anna Caterina Emmerich le visioni dell’Avvento e della Nascita di Gesù (Parte 2 di 2).

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L’ultimo tratto di cammino – L’arrivo a Betlemme

Oggi, verso mezzogiorno, ho visto Giuseppe e Maria riprendere il cammino alla volta di Betlemme. La padrona della grande casa voleva intrattenere Maria perché era sicura che il momento del parto era prossimo; si preoccupava perché a Betlemme la Vergine certamente non avrebbe trovato alloggio a causa del censimento. Allora Maria disse che dovevano andar via senza indugio per motivi personali e che mancavano solo trentasei ore all’Evento. Quindi partirono. Vidi che Giuseppe prima di accomiatarsi parlò con il parente dell’asinella; gli disse qualcosa per giustificare il motivo per cui
l’aveva portata con sé. Giuseppe era convinto, a torto, di trovare buona accoglienza a Betlemme perché aveva qui molti amici. Anche la gente più santa può sbagliarsi sulla realtà della vita! Il sole illuminava il colle tra Betania e Gerusalemme, il tempo era magnifico e per niente freddo. Vidi Maria scendere dall’asino per porsi in ordine le vesti, quando si trovarono alle porte di Betlemme dalla parte di ponente. La santa Coppia entrò in un grande edificio affollato che era posto a pochi minuti fuori dalla città. Davanti al medesimo vidi molti alberi e numerose tende dei nuovi arrivati. Quel palazzo era l’antica dimora davidica ed era appartenuto al padre di Giuseppe, vi abitavano ancora i parenti che trattarono Giuseppe freddamente, come uno straniero.
Questo palazzo era stato fissato dalle autorità romane come sede per il pagamento dell’imposta. Giuseppe si fece annunciare ed ottenne un permesso per entrare in città. Vidi che teneva l’asino per la briglia, e Maria gli camminava a fianco, l’asinella non la vedevo più.
Dopo qualche pausa, l’estatica così riprese: “L’asinella non li accompagnava più, adesso la vedo, corre sola nella città dalla parte di mezzogiorno dirigendosi verso una valle. Mentre Giuseppe entra nel palazzo per sbrigare le formalità del censimento, vedo Maria recarsi in una piccola casa ed intrattenersi con delle donne che la trattano cortesemente e le offrono del cibo. Le donne stanno preparando il cibo ai soldati… sono romani, li riconosco dalle corregge di cuoio che scendono sul mento. Il palazzo conta molte sale che sono piene di scrivani ed impiegati fra i quali alcuni di alto livello, romani e giudei. Nelle sale superiori vi sono solo romani, per la massima parte militari. Vedo Giuseppe che è in una grande sala ai piani superiori, gli domandano il nome, poi guardano in lunghe pergamene di cui numerose sono appese alle pareti. Infine spiegano sul lungo tavolo alcuni di questi rotoli e gli leggono l’elenco della famiglia cui appartiene, poi gli leggono anche la stirpe di Maria”. Mi parve che Giuseppe non sapesse che Maria discendeva, come
figlia di Gioacchino, dalla famiglia di Davide, e che egli stesso derivasse da un
anteriore ramo davidico. Quell’impiegato gli disse che per il censimento non era necessaria la presenza della consorte. Egli non pagò imposte, perché quando fu interrogato dichiarò che non possedeva né case e neppure campi ma che viveva del proprio lavoro artigianale e di un sussidio che riceveva da sua suocera. Dopo altre dichiarazioni e trascrizioni, vidi Giuseppe lasciare la sala. Scese le scale ed incontrò in una stanza a pianterreno la Santa Vergine che, nonostante quanto avesse detto l’impiegato, era stata chiamata da uno scrivano. Mi parve che gli impiegati si beffassero di Giuseppe, confrontando la sua età con quella della giovane consorte gravida. Il sant’uomo si vergognava molto per queste offese, egli temeva che Maria notasse come nel suo paese natio fosse così poco rispettato. Poi vidi il numero sette, prima cinque dita e poi subito dopo due, compresi interiormente che il censimento e le imposte furono assai disordinate per sette anni a causa delle agitazioni popolari.

La Grotta del Presepio

Entrarono quindi a Betlemme attraverso un muro diroccato. Vidi che Maria si era fermata con l’asino all’inizio della strada mentre Giuseppe cercava alloggio tra le prime case del luogo, ma anche questa volta senza ottenere alcun risultato. Betlemme in quei giorni brulicava di stranieri. Andarono verso il centro, per le contrade, e dall’altra parte del paese, ma ogni sforzo fu vano. Maria attendeva paziente con l’asino per molto tempo all’angolo delle strade, mentre Giuseppe faceva ritorno da Lei ogni volta sempre più scoraggiato. Vidi la Santa Vergine che camminava al fianco di Giuseppe mentre l’asino veniva condotto per la briglia da lui, poi giunti ad un certo punto si diressero verso il lato sud di Betlemme. La contrada sembrava più una via di campagna che una strada di città, le case erano costruite sulla sommità delle piccole colline che costeggiavano la via stessa. Anche in questo luogo periferico la ricerca di
un alloggio fu vana. Tutti i conoscenti, gli amici ed i parenti, sembravano non
riconoscere più Giuseppe. Anzi, quand’egli li implorava chiedendo asilo per Maria, vidi che questa gente si inaspriva e diventava ancor più dura. Costoro non sapevano che scacciavano il Redentore, la Grazia dell’umanità! La santa Coppia si mosse allora verso un altro quartiere, arrivarono in un luogo aperto, un grande piazzale dove le case erano disseminate dappertutto. Al centro vi si vedeva un albero assai grande, che simile ad un tiglio diffondeva un’ombra spaziosa. Giuseppe sistemò la Santa Vergine sotto quest’albero, preparandole con i ramoscelli una specie di sedile. L’asino fu legato con il capo rivolto al tronco. Così egli continuò la ricerca di ospitalità nelle case dei dintorni. Maria, rimasta sola, fu presto oggetto di curiosità da parte dei passanti. Molte persone si erano fermate a guardarla, attratte da quella santa bellezza e dal contegno umile e fiducioso della Vergine; appariva affaticata, ma tranquilla e paziente. La Madonna era seduta sulle proprie ginocchia piegate all’insotto, aveva il capo chinato e teneva le mani congiunte sul petto in attesa della volontà del Signore. La candida e lunga veste senza legacci o cinture le scendeva libera fin sotto i piedi, un bianco velo le copriva il capo. Qualcuno, spinto dal forte curiosità, giunse perfino a domandarLe chi fosse. Giuseppe frattanto era tornato ancora una volta sfinito, addolorato e pallido in volto: tutti gli avevano negato un alloggio, anche chi lo conosceva e si ricordava di
lui. Vidi il sant’uomo scoppiare in lacrime. Perdute anche le ultime speranze di trovare una sistemazione a Betlemme, la santa Coppia iniziò a pensare di uscire dalla città.
L’unica soluzione fu quella di cercare alloggio in un ricovero di pastori dove Giuseppe si era nascosto nella sua gioventù. Si misero quindi di nuovo in cammino, e questa volta verso oriente. Uscendo da Betlemme presero un sentiero solitario che volgeva a sinistra. Il sentiero era fiancheggiato da mura, fosse e bastioni diroccati. Dopo essere saliti su un colle, scesero dal pendio e raggiunsero una prateria amena su cui crescevano diversi alberi. Questa prateria si trovava appena fuori di Betlemme, dalla parte di levante, e terminava con una collina circondata da una specie di antica muraglia. Sul campo verdissimo vi erano abeti, pini, cedri e terebinti, ne vidi anche altri dalle foglie piccole come il nostro albero cosiddetto “semprevivo”. Il paesaggio era tipico della periferia di un piccolo borgo di campagna. Sul versante meridionale delle colline, ai piedi di una di esse, si snodava un sentiero tortuoso che conduceva verso l’alto, qui si trovavano numerose caverne tra cui anche quella che Giuseppe conosceva e dove aveva pensato di alloggiare con la Santa Vergine. La caverna, scavata nella parete rocciosa dei monti, era alquanto profonda. Dalla parte settentrionale iniziava con uno stretto corridoio di pareti rocciose e finiva all’interno in modo molto irregolare: per una metà con uno spazio mezzo rotondo e per l’altra angolare, le cui estremità mostravano tre angoli che finivano sul versante meridionale. La caverna era rocciosa ed era rimasta naturale e grezza; solo dalla parte meridionale, dove la via dava sulla valle dei pastori, alcune parti delle pareti erano state rafforzate o direi rifinite come un muro rudimentale. Sempre da questo lato vi era un’altra entrata otturata da grosse pietre. Giuseppe liberò quest’ingresso e lo restituì all’antica funzione. Sul lato sinistro di quest’accesso, si affacciava un’altra caverna dall’ingresso più largo della prima, il quale immetteva in un profondo e angusto tugurio, in posizione sottoelevata a quella del Presepio. L’ingresso settentrionale della Grotta del Presepio, quello usato normalmente dai pastori nel periodo estivo e primaverile, si affacciava su alcuni tetti e torri della periferia di Betlemme. Da questo lato, a destra della grotta, si trovava ancora un’altra caverna profonda in cui l’oscurità era l’assoluta padrona e nella quale vidi una volta la Santa Vergine nascondersi. Dalla parte meridionale la grotta aveva tre aperture in alto che servivano a dare aria e luce all’interno. La pianta della Grotta del Presepio potrebbe paragonarsi ad una testa umana col relativo collo. Vidi una specie di piccolo locale laterale dove Giuseppe soleva accendere il fuoco per gli usi quotidiani. Verso il lato di settentrione era stato scavato nella rupe un locale adibito a stalla, largo abbastanza per l’asino; era pieno di avena, di fieno e di altri foraggi per gli animali. Quando la “Luce dell’universo” fu partorito dalla Santa Vergine, e giunsero i Magi ad offrirLe i doni, Maria era assisa davanti al presepe con il bambino Gesù alla parete di mezzogiorno. Giuseppe si era costruito per sé una piccola stanza con tavole di vimini vicino all’ingresso che aveva riaperto. Lungo la parte merid ionale della grotta, la via volgeva verso la valle dei pastori e si vedevano numerose case, sparse per le colline e sulla distesa dei campi. La collina dove si trovava la grotta, era costeggiata da una valle profonda, larga circa un quarto d’ora di cammino. Sul pendio della medesima vi erano cespugli, alberi, giardini e immensi prati. Attraversando un ruscello, che scorreva in mezzo all’erba rigogliosa del prato, e scendendo in direzione sud-est dalla Grotta del Presepio, si arrivava ad un’altra grotta chiamata comunemente Grotta del Latte o della nutrice, perché vi era stata sepolta la nutrice di Abramo, Maraha. In questa trovò rifugio in varie occasioni la Santa Vergine col bambino Gesù. Al disopra vi era un grande albero che dominava Betlemme. Nell’antica caverna accaddero vari avvenimenti al tempo dell’Antico Testamento, così vidi che Eva vi concepì e generò Seth, il figlio della promessa, dopo aver trascorso sette anni in penitenza. Fu in questo medesimo luogo che l’Angelo disse ad Eva che Dio le accordava Seth, quasi per consolarla del perduto Abele. Fu anche qui che Seth venne nutrito e allevato, mentre i fratelli lo perseguitavano, come fecero con Giuseppe gli altri figli di Giacobbe. Ho visto spesso che nei tempi primitivi, qui
intorno gli abitanti delle caverne erano soliti scavare degli spazi appositi in cui
dormivano con i loro fanciulli sull’erba o sulle pelli di animali. Nelle mie meditazioni vidi Gesù che, subito dopo il battesimo, visitò la Grotta del Presepio dov’era nato. Era un sabato ed il Signore ne celebrava il ricordo. I pastori l’avevano tramutata in luogo di preghiera; Egli disse loro che questo santo luogo era stato fissato dal Padre Celeste quando nacque la Vergine Santissima.

La “Grotta del Latte o dei lattanti”

Abramo aveva avuto come nutrice una donna che egli venerava molto, si chiamava Maraha. Costei raggiunse un’età molto avanzata e seguiva sempre Abramo sul cammello quand’egli si recava da un luogo all’altro. Fu in Sukkoth che Maraha passò gran parte della sua esistenza presso Abramo; trascorse il resto della vita nella valle dei pastori quando Abramo eresse le sue tende nelle vicinanze di queste caverne.
Maraha aveva oltre cento anni, e quando giunse il momento di transitare all’altra vita chiese di essere sepolta in una caverna che chiamò con il nome di Grotta del Latte o dei lattanti. La caverna della tomba della nutrice era in una relazione biblica con la Madre del Salvatore che pure allattava il neonato mentre era perseguitata ed inseguita. Infatti anche nella storia dell’infanzia di Abramo si fa menzione alla persecuzione, per salvarlo dalla quale Maraha lo aveva trasportato nella caverna. Vidi il re del paese di Abramo che sognò, o apprese dalle profezie, che sarebbe nato un fanciullo per lui pericoloso, allora diede gli ordini necessari per prevenire ogni danno contro la sua potenza. Per questo motivo la gravidanza della madre di Abramo rimase segreta e partorì in questa caverna, il bambino rimase poi nascosto con la nutrice Maraha. Costei visse come povera schiava, lavorando in solitudine presso la caverna in cui allattava Abramo. Quando i genitori ripresero il loro fanciullo, lo trovarono forte e robusto. Divenuto giovinetto, le sue espressioni e il suo modo di agire meraviglioso diedero adito a forti sospetti da parte degli emissari del re. Maraha dovette allora fuggire di nuovo nascondendo Abramo sotto il suo ampio mantello. Fu ricercato in ogni luogo e numerosi giovinetti della sua età vennero trucidati senza pietà. Fin da quei tempi remoti questa grotta diventò un luogo devozionale, specialmente per le madri che avevano lattanti e volevano chiedere per essi una grazia. Più tardi, esse venerarono nella nutrice di Abramo il simbolo della Santa Vergine nel modo stesso in cui Elia, scorgendola nella nube gravida d’acqua, fece erigere sul Carmelo un luogo di preghiera. Maraha dunque, allattando il fondatore della stirpe della Madonna, aveva cooperato alla venuta del Messia. Vidi un pozzo profondo nelle vicinanze della grotta in cui si attinse finché ne sgorgò un’acqua limpidissima. Al di sopra della grotta cresceva un albero meraviglioso, assomigliava ad un tiglio che spargeva un’ombra spaziosa, aguzzo in cima e largo alla radice. Questo era probabilmente un terebinto grosso e antico che produceva della frutta oleosa gradita al palato. Vidi Abramo e Melchisedeck sotto quest’albero. I pastori, i viaggiatori, ed in generale tutto il popolo, tenevano in gran venerazione l’albero e spesso si radunavano sotto il suo fresco fogliame, sia per riposare che per pregare. Mi sembra di aver visto una volta che l’albero ha qualche relazione con Abramo, o forse lo ha piantato egli stesso. Presso il terebinto si usava accendere il fuoco che si copriva con le pietre; solo in una determinata stagione i pastori potevano attingere dal pozzo l’acqua considerata santa.
Ai due lati si vedevano delle capanne libere per chi voleva trascorrervi la notte. Una siepe circondava l’albero, il pozzo e le capanne.

La Sacra Famiglia si stabilisce nella grotta

Il sole calava già all’orizzonte quando Maria e Giuseppe giunsero alla grotta; vi
trovarono l’asinella che saltellava lietamente davanti all’ingresso. Maria allora disse al suo sposo: “Ecco, certamente è il volere del Signore che noi alloggiamo qui”. Ma Giuseppe era sconsolato ed afflitto perché era stato molto deluso dalla cattiva accoglienza che aveva trovato a Betlemme. Dopo aver sistemato l’asino sotto la tettoia dinanzi all’entrata della caverna, Giuseppe preparò un sedile provvisorio per la sua diletta consorte. L’ingresso era assai angusto, quasi occupato da ramoscelli e da paglia al di sopra dei quali pendevano stuoie di colore scuro, così anche all’interno impedimenti di vario genere erano d’ostacolo ed impedivano un minimo di vita in quel luogo. Allora Giuseppe incominciò a ripulire la grotta nel modo migliore; prima però
appese la lanterna alla parete per diradare l’intensità delle tenebre. Quindi fece stendere la sua diletta sposa sul letto di ramoscelli, foglie e coperte, appena preparato nella parte di mezzogiorno. Il sant’uomo si sentiva profondamente umiliato e si scusava ancora per il cattivo alloggio. Maria, al contrario, era intimamente lieta e piena di speranza. Mentre la Vergine Santa riposava, Giuseppe prese un otre di cuoio e si recò dietro la collina, ad un ruscelletto che attraversava il prato. Dopo aver riempito l’otre sul fondo del ruscello ritornò alla grotta. Quindi andò in città a fare acquisti. Si avvicinava la solennità del sabato, in città le vie formicolavano di forestieri e, per meglio soddisfare il bisogno di tante persone, agli angoli delle strade erano stati
collocati dei tavoli carichi di alimenti. Vidi Giuseppe sulla strada del ritorno, tra gli acquisti che egli aveva fatto notai una cassetta metallica chiusa da inferriate che portava appesa ad un bastone; conteneva carboni ardenti. Appena entrato, accese con questi un piccolo fuoco nella parte settentrionale della grotta. Preparò quindi una specie di pasta e cucinò un grande frutto che conteneva molti granellini; mangiarono anche dei pani. Più tardi si dedicarono a lunghe preghiere. Vidi Giuseppe mentre cercava di sistemare in modo migliore il giaciglio della Santa Vergine: sopra una strato di ramoscelli stese una di quelle coperte fatte nella casa di Anna; poi sotto il capo le pose un tappeto arrotolato. Infine portò l’asino nella grotta e lo legò, poi chiuse l’ingresso con un telo di vimini; quindi il sant’uomo preparò il suo giaciglio vicino all’entrata. Il sabato era incominciato e la santa Coppia aveva ripreso a pregare; in modo edificante presero un po’ di cibo. Vidi Maria avvilupparsi nel suo mantello e pregare in ginocchio, mentre Giuseppe si assentava dalla grotta.
Dopo la preghiera, Maria si stese sul letto girandosi sopra un fianco con la testa appoggiata al braccio. Giuseppe non ritornò che tardi, a notte fonda. Pregò umilmente e si coricò sul suogiaciglio, mi parve che piangesse.

Maria Santissima trascorre le ultime ore del sabato nella caverna di “Maraha”

La Santa Vergine trascorse il sabato nella caverna, assorta in uno stato contemplativo di preghiera. Giuseppe, invece, uscì alcune volte, probabilmente per recarsi alla sinagoga di Betlemme. Li vidi mangiare una parte del cibo preparato il giorno precedente, poi ricominciarono a pregare. Dopo il pranzo, l’ora cioè del sabato che i Giudei usano consacrare alla passeggiata, Giuseppe condusse la Vergine nella valle situata dietro la Caverna del Presepio, dove si trova la grotta di Maraha. Si fermarono così in questa grotta che è più spaziosa di quella del presepio; qui Giuseppe preparò
una specie di sedia alla sua sposa. Il restante del tempo lo impiegarono nella preghiera e nella meditazione sotto l’albero sacro. Quando calò la sera Giuseppe e Maria ritornarono alla loro abitazione. Allora la Santa Vergine annunciò al suo sposo che a mezzanotte si sarebbero compiuti i nove mesi dal momento in cui fu concepito il Santo Figlio e l’Angelo l’aveva salutata Madre di Dio. Ciò detto, Maria pregò Giuseppe di fare da parte sua tutto quanto fosse possibile affinché il Fanciullo promesso da Dio e concepito in modo soprannaturale venisse ricevuto con tutto l’onore possibile. Inoltre lo esortò ad unirsi a Lei nelle preghiere ardenti per intercedere la misericordia di Dio verso quei duri di cuore che le avevano negato l’ospitalità. La Santa Consorte respinse l’offerta di Giuseppe di chiamare in aiuto due pie donne di Betlemme rifiutò dicendo che non aveva bisogno di aiuto umano. Giuseppe si recò in città per fare altri acquisti, nonché uno sgabello, frutta secca, pani e dell’uva appassita, poi ritornò alla Grotta del Presepio dove trovò la Santa Vergine distesa sul suo giaciglio. Giuseppe cucinò, e così pregarono e mangiarono in comunione. Siccome il momento del prodigioso evento si avvicinava, il sant’uomo separò la propria cella dal resto della grotta; questo lo fece con alcuni pali ai quali appese delle stuoie. Poi diede da mangiare all’asino che aveva legato vicino alla porta. La Santa Vergine gli disse che il momento era ormai prossimo e che desiderava rimanere sola, perciò lo pregò di rinchiudersi nella propria cella.
Prima di ritirarsi Giuseppe accese altre lampade per tenere illuminato l’ambiente; intese allora un rumore fuori della grotta e si affrettò a vedere cosa fosse: vide che era ritornata l’asinella la quale saltellava gioiosa come se annunciasse l’Evento. Giuseppe, sorridendo, la legò sotto la tettoia e le diede da mangiare. Appena rientrato, il sant’uomo fu avvolto da una luce celeste soprannaturale. Allora vide la Madonna genuflessa e aureolata di raggi luminosi; pregava in ginocchio sul suo giaciglio col viso rivolto ad oriente e la schiena verso l’ingresso. La caverna era interamente illuminata da questa luce intensa. Giuseppe contemplò la scena come una volta Mosè aveva fatto con il roveto ardente; poi, entrato con santo timore nella cella, si gettò proteso sul terreno e si immerse nella preghiera più devota.

La Nascita di Cristo

Lo splendore che irradiava la Santa Vergine diveniva sempre più fulgido, tanto da annullare il chiarore delle lampade accese da Giuseppe. La Madonna, inginocchiata sulla sua stuoia, teneva il viso rivolto ad oriente. Un’ampia tunica candida priva di ogni legame cadeva in larghe pieghe intorno al suo corpo. Alla dodicesima ora fu rapita dall’estasi della preghiera, teneva le mani incrociate sul petto. Vidi allora il suo corpo elevarsi dal suolo. Frattanto la grotta si illuminava sempre più, fino a che la Beata Vergine fu avvolta tutta, con tutte le cose, in uno splendore d’infinita magnificenza. Questa scena irradiava tanta Grazia Divina che non sono in grado di descriverla. Vidi Maria Santissima assorta nel rapimento per qualche tempo, poi la vidi ricoprire attentamente con un panno una piccola figura uscita dallo splendore radioso, senza toccarla, né sollevarla. Dopo un certo tempo vidi il Bambinello
muoversi e lo udii piangere. Mi sembrò che allora Maria Santissima, sempre Vergine, ritornando in se stessa, sollevasse il Bambino e l’avvolgesse nel panno di cui l’aveva ricoperto. Alzatolo dalla stuoia, lo strinse al petto. Sedutasi, la Madonna si avvolse col Fanciullo nel velo e col suo santo latte nutri il Redentore. Vidi una fitta schiera di figure Angeliche nelle spoglie umane genuflettersi al suolo e adorare il Neonato divino; erano sei Cori angelici entro un alone di fulgida luce abbagliante. Un’ora circa dopo il parto, Maria chiamò Giuseppe, che se ne stava ancora assorto nella preghiera. Lo vidi avvicinarsi e protendersi umilmente, mentre guardava in modo gioioso e
devoto il Bambino Divino. Solo quando la santa Consorte gli ripetè di stringere al cuore con piena riconoscenza il dono dell’Altissimo, egli prese il Bambino tra le braccia e lodò il Signore con lacrime di gioia. La Vergine allora avvolse il Bambinello nei pannolini, vidi che lo ricoprì dapprima con un panno rosso, poi lo avvolse in uno bianco fino alle ascelle, mentre avvolse la testolina in un altro ancora. La Madonna aveva con sé solo quattro pannolini. Vidi allora Maria e Giuseppe seduti al suolo; non parlavano ma parevano assorti nella meditazione. Bello e raggiante vidi il Santo Neonato tutto fasciato disteso sulla stuoia, mentre Maria lo contemplava. A quella vista esclamai: “Questo Corpicino è la salvezza dell’universo intero”. Poco dopo la santa Coppia pose il divino Neonato nella mangiatoia, che era stata riempita di ramoscelli e di fini erbette, e Gli adagiarono una coperta sul corpicino. Deposto il Bambino in questa culla, che si trovava più in basso del posto dove era stato partorito,
la santa Coppia pianse di gioia e cantò le lodi del Signore. Giuseppe dispose il
giaciglio e la seggiola della Santa Vergine vicino al presepe. Vidi Maria Santissima, prima e dopo il parto, sempre velata e biancovestita; nei primi giorni, subito dopo l’Evento, stava seduta o inginocchiata, dormiva su un fianco e mai la vidi ammalata o affaticata. Quando qualcuno veniva a visitarla si velava ancor più accuratamente e se ne stava diritta sul posto dove era avvenuta la santa Nascita.

Gli Angeli annunciano la Nascita del Signore ai pastori – Movimento ed
emozione negli uomini e nella natura – La torre dei pastori

In queste immagini del Natale di Cristo vidi vivere nella stessa notte quei simboli antichi pieni di significati meravigliosi. Vidi che un insolito movimento regnava nella natura, negli uomini e in molti luoghi del mondo. Dappertutto si manifestava un’eccezionale energia emozionale. I simboli cosmici del Natale della Luce del mondo scesero nella coscienza e nei cuori di molti uomini. I cuori di tutta la gente buona furono commossi dalla lieta attesa, quelli dei malvagi invece furono riempiti di timore. Anche gli animali si sentirono turbati soavemente dalla lieta attesa. In molti luoghi vidi nascere fiori, erbe e virgulti dal terreno; vidi gli alberi rinfrescati diffondere un dolce olezzo; vidi dal suolo scaturire molte nuove fonti d’acqua cristallina che scorrevano copiose. Nello stesso momento in cui nacque il Salvatore, nella caverna
posta più a meridione di quella del presepio scaturì una ricca fonte; il giorno seguente San Giuseppe ne scavò un canale per dare all’acqua il suo corso. Sopra Betlemme il cielo era triste e di color rossiccio, ma sopra la Grotta del Presepio, la caverna di Maraha e la valle dei pastori, si stendeva una nebbia luminosa. Nella valle dei pastori, ad un’ora e mezzo di cammino dalla grotta, cominciavano i colli vitiferi che si estendevano fino a Gaza. Sui medesimi si trovavano le abitazioni di tre capi dei pastori, come i tre Magi erano capi di tre tribù. Ad una certa lontananza dalla Grotta del Presepio vi era la torre dei pastori: in mezzo al fogliame delle alte piante, si alzava un’impalcatura gigantesca di travi combinate in forma piramidale. La torre era il punto
di congiungimento per tutti i pastori della regione; aveva una scala e delle gallerie. Era fornita di piccole vedette simili alle torrette delle guardie, e molte stuoie ne coprivano i lati. Questa torre aveva alcune similitudini con quella dei tre Magi su cui si usava di notte contemplare gli astri; vista da lontano la torre di vedetta dei pastori sembrava quasi una nave alta, munita di molti alberi con le relative vele. Dalla torre si godeva il panorama generale dei dintorni, si vedevano Gerusalemme ed il monte della tentazione, presso Gerico. I pastori vi tenevano delle vedette per poter controllare gli armenti, e poterli ritirare prontamente al suono del corno quando vi era il pericolo
dell’assalto dei predoni o di qualche popolazione nemica. Le singole famiglie dei pastori abitavano non lontano dalla torre; le loro case erano circondate da campi e da giardini. Lungo il colle erano state erette delle capanne, in una molto più grande delle altre e suddivisa con vari tramezzi, abitavano le consorti dei guardiani, che preparavano le vivande. Stanotte ho visto vicino alla torre le greggi sparse qua e là sotto il cielo aperto, mentre sul colle dei pastori gli armenti erano al coperto sotto una capanna. La notte santa era particolarmente immersa nel silenzio stellato; vidi una nube luminosa calare su tre pastori mentre osservavano ammirati la bellezza del cielo.
Contemporaneamente udii levarsi nelle immensità del silenzio notturno un canto dolce e tranquillo. Sul principio i pastori si spaventarono di fronte a quelle manifestazioni, ma ben presto un Angelo apparve loro e così li tranquillizzò: “Non temete! Io vi reco una lieta novella che rallegrerà tutto il popolo, poiché oggi è nato il vostro Salvatore nella città di Davide, il Cristo, il Signore. Voi lo riconoscerete nel Bambino che avvolto in miseri panni giace in un presepio. Mentre l’Angelo così parlava, lo splendore circostante cresceva sempre più, ed allora scorsi sei o sette graziose figure di Angeli luminosi apparire ai pastori. Tenevano nella mano una specie di lungo nastro o pergamena, sulla quale in lettere grandi, quasi tutte come un palmo della
mano, stavano scritte alcune parole. Si levò poi un canto magnifico e così udii: “Sia gloria a Dio nel più alto dei cieli, e pace in terra agli uomini di buona volontà”. Poco dopo anche i pastori di guardia alla torre ebbero la stessa apparizione, e così pure altri, i quali stavano raccolti intorno ad una fontana distante tre ore da Betlemme. I tre pastori, dopo la visione degli Angeli, non si avviarono immediatamente al presepio da cui erano lontani circa mezz’ora, né vi andarono quelli della torre, i quali avevano da percorrere un doppio cammino; ma tutti preferirono raccogliersi in consiglio e discutere quali doni dovessero portare al Neonato. Quando decisero di comune accordo che doni portare al prodigioso Bambino, allora si affaccendarono per procurarli con ogni sollecitudine. I pastori giunsero al presepe il mattino presto.

La Nascita di Cristo viene annunciata nel mondo antico: a Gerusalemme, a
Roma e in Egitto

Noemi, la maestra della Santa Vergine, Anna la profetessa, il vecchio Simeone, la madre Anna ed Elisabetta di Juta, ebbero tutti delle rivelazioni concernenti la nascita del Messia. Il fanciullo Giovanni fu subito commosso e invaso da profonda gioia. Tutti ebbero una visione in cui videro Maria, ma nessuno sapeva dove si era compiuto l’Evento meraviglioso. Solo Anna sapeva che Betlemme era il luogo della salvezza.
Vidi che tutti gli scritti dei sadducei, uscendo dalle custodie, si spargevano al suolo. I sadducei, spaventati, attribuirono l’avvenimento alla stregoneria e pagarono affinché il fatto rimanesse segreto. Durante la notte ebbi delle visioni su alcuni avvenimenti a Roma collegati con la nascita del Signore. Nello stesso momento in cui nacque Gesù, in un quartiere della città dove abitavano molti Giudei, improvvisamente zampillò una fonte di olio nero; tutti ne rimasero fortemente impressionati. Contemporaneamente un
idolo magnifico di Giove si frantumò sotto il crollo del tetto di un tempio romano. I sacerdoti, spaventati da questo nefasto avvenimento, offrirono molte vittime agli dei del tempio. Poi interrogarono un altro idolo (credo fosse la statua di Venere) chiedendogli perché fosse avvenuto questo prodigio, la statua rispose loro: “Tutto questo avviene a Roma perché una Vergine ha generato un figlio concepito senza opera d’uomo”. I sacerdoti atterriti da questa notizia, andarono a consultare i loro libri e ricordarono che settant’anni prima quell’idolo, adorno d’oro e di pietre preziose, era stato messo nel tempio; gli furono offerte vittime con grande solennità. In quel tempo viveva a Roma una profetessa assai religiosa, Serena o Cyrena, credo fosse una Giudea. Aveva delle visioni e prediceva il futuro, sapeva spiegare il motivo della sterilità di diverse donne, e godeva di buona considerazione. Aveva dichiarato pubblicamente che non era giusto tributare all’idolo onori così dispendiosi perché un giorno si sarebbe frantumato in mille pezzi. I sacerdoti la fecero rinchiudere in una prigione dove la torturarono perché non aveva saputo dire loro quando sarebbe avvenuto il triste evento. La veggente allora pregò Dio affinché le suggerisse la risposta, seppe così che l’idolo si sarebbe frantumato quando una Vergine immacolata avrebbe generato un figlio per volere divino. A tale rivelazione, i sacerdoti tacciarono
per pazza Serena e la allontanarono. Quando il tetto del tempio crollò, spaccando la statua in mille pezzi, i sacerdoti si resero conto tristemente che la donna aveva detto il vero. Vidi l’imperatore Augusto sulla cima di una collina a Roma, circondato da altre persone. Al suo lato scorsi il tempio crollato. Vidi pure alcune scale che conducevano alla vetta di un monte dove si trovava una porta d’oro. Era quello il luogo dove si decidevano gli affari più importanti dello stato. Mentre l’imperatore scendeva dal monte, ammirò in cielo alla sua destra un’apparizione. Vide una Vergine seduta su in arcobaleno che stringeva al petto un Bambinello. Credo che il simbolo fosse veduto dal solo Augusto. Consultato un oracolo per conoscere il significato di tale apparizione, l’imperatore apprese che era nato un Fanciullo divino dinanzi al quale tutti dovevano cedere. Subito Augusto fece innalzare un altare sul luogo dove gli era apparso il simbolo, e con molta pompa si dedicarono numerosi sacrifici sull’ara del “Primogenito di Dio”. Anche in Egitto si verificò un avvenimento testimoniante la nascita di Cristo: un idolo immenso, non lontano da Maratea e Menfi, era ammutolito e non dava più oracoli. Allora il sovrano dell’Egitto comandò che in tutto il paese fossero elevati grandi sacrifici affinché l’idolo spiegasse la causa del cambiamento. Così il feticcio fu costretto da Dio a dire che si era piegato alla potenza del Figlio nato da una Santa Vergine. Inoltre egli aggiunse che in quel luogo si sarebbe dovuto erigere un tempio dedicato al Figlio del vero Dio. Il re osservò la volontà dell’idolo e fece costruire il tempio. Infine vidi che il feticcio venne abolito dal loro culto e si tributò il culto devozionale alla Vergine col Bambino; però nel senso pagano. Quando Gesù bambino, vestito della santa Luce di Dio, fu accolto dalla Vergine Maria, i Re Magi colsero il simbolo di questa Nascita ed ebbero la sua meravigliosa visione mentre scrutavano i segreti del cielo. I Magi erano astronomi e avevano sulla cima di un monte una torre piramidale di legno per studiare i movimenti stellari. Uno di essi era di vedetta fissa sulla sommità di questa torre per osservare le stelle insieme con i sacerdoti. Ho visto spesso due Re scrutare il cielo e comunicarsi vicendevolmente le varie osservazioni; l’altro abitava in un paese lontano, posto a mezzogiorno del Mar Caspio. I Magi contemplavano in particolare un astro, dalle cui relative alterazioni o cambiamenti, sviluppavano la teologia del firmamento stellato.
Questa notte ho visto il simbolo da loro tanto atteso, il quale era costituito di vari movimenti degli astri. Non si trattava di una sola stella, bensì di una costellazione.
Vidi un bell’arcobaleno dove stava assisa la Vergine; posava il piede sulla mezzaluna, alla sua destra apparve un ceppo di vite e alla sinistra un fascio di spighe. Dinanzi alla Vergine emerse un calice simile a quello dell’ultima Cena. Dal suo interno vidi sporgere un Bambino aureolato di raggi luminosi come quelli del Santo Sacramento; questi raggi si diramavano in tutte le direzioni. Vidi i due Magi venire a conoscenza della santa Nascita avvenuta in Giudea. Il terzo, che abitava nel paese lontano, ebbe anch’egli la visione del santo Evento. Allora i Re, mossi dall’indicibile gioia, radunarono i tesori ed una quantità di doni ed intrapresero il viaggio per rendere omaggio al Redentore dell’umanità. Dopo pochi giorni il terzo Re raggiunse gli altri due e così
continuarono il viaggio insieme. La lunga attesa del Messia era finalmente terminata; spesso li avevo visti sulla torre ad osservare le stelle e a contemplarne i simboli.