Il Peccato Originale e le sue conseguenze negli scritti di Maria Valtorta

La caduta di Adamo ed Eva nell’Eden tentati dal Serpente Infernale.

  • Dio aveva detto all’Uomo e alla Donna: “Conoscete tutte le leggi ed i misteri del creato, ma non vogliate usurparmi il diritto d’essere il Creatore dell’uomo. A propagare la stirpe umana basterà il mio Amore che circolerà in voi, e senza libidine di senso ma per solo palpito di carità susciterà i nuovi Adami della stirpe. Tutto vi dono. Solo mi serbo questo mistero della formazione dell’uomo”.

 

  • Satana ha voluto levare questa verginità intellettuale all’Uomo, e con la lingua serpentina ha blandito e accarezzato membra e occhi di Eva suscitandone riflessi e acutezze che prima non avevano, perché la Malizia non li aveva intossicati. Essa “vide” e vedendo volle provare. La carne era destata.
    Oh!  Se avesse chiamato Dio! Se fosse corsa a dirgli: “Padre io sono malata. Il  serpente mi ha accarezzata e il turbamento è in me”. Il Padre l’avrebbe purificata e guarita col suo alito, che come le aveva infuso la vita poteva infonderle nuovamente innocenza, smemorandola del tossico serpentino e anzi mettendo in lei la ripugnanza per il Serpente, com’è in quelli che un male ha assalito e che, guariti, ne portano un’istintiva ripugnanza.
    Ma Eva non va al Padre. Eva torna dal Serpente. Quella sensazione è dolce per lei.  “Vedendo che il frutto dell’albero era buono a mangiarsi e bello all’occhio e gradevole all’aspetto, lo colse e lo mangiò” .
    E “comprese”. Ormai la malizia era scesa a morderle le viscere. Vide con occhi nuovi e udì con orecchi nuovi gli usi e le voci dei bruti. E li bramò con folle bramosia.
    Iniziò sola il peccato. Lo portò a termine col compagno. Ecco perché sulla donna pesa condanna maggiore. E’ per lei che l’uomo è divenuto ribelle a Dio e che ha conosciuto lussuria e morte. E’ per lei che non ha più saputo dominare i suoi tre regni: dello spirito perché ha permesso che lo spirito disubbidisse a Dio; del morale perché ha permesso che le passioni lo signoreggiassero: della carne perché l’avvilì alle leggi istintive dei bruti.
    “Il serpente mi ha sedotta” dice Eva: “La donna mi ha offerto il frutto ed io ne ho mangiato” dice Adamo. E la cupidigia triplice abbranca da allora i tre regni dell’uomo. 5-3-44
  • Da questo disordine iniziale ecco che scaturiscono tutte le altre sventure, e voi divenite schiavi di voi stessi o di uno di voi che abusivamente si autoproclama ciò che non è. Lo divenite per non aver voluto essere figli di un Padre che più buono non ve n’è.
    Ripudiate dunque le voci di ciò che è concupiscenza e tornate, tornate all’ubbidienza. (…) e vogliate seguire la via che Dio vi ha assegnata.  31.5.44
  • Il principio della colpa fu nella disubbidienza:  “Non mangiate e non toccate di quell’albero” aveva detto Iddio. E l’uomo e la donna, i re del creato, che potevano di tutto toccare e mangiare fuor che di quello, perché Dio voleva non renderli che inferiori agli angeli, non tennero conto di quel divieto.
    La pianta: il mezzo per provare l’ubbidienza dei figli. Che è l’ubbidienza al comando di Dio? E’ bene, perché Dio non comanda che il bene. Che è la disubbidienza? E’ male, perché mette l’animo nelle disposizioni di ribellione su cui Satana può operare.
    Eva va alla pianta da cui sarebbe venuto il suo bene col sfuggirla o il suo male coll’avvicinarla. Vi va trascinata dalla curiosità bambina di vedere che avesse in sé di speciale, dall’imprudenza che le fa parere inutile il comando di Dio, dato che lei è forte e pura, regina del’Eden in cui tutto le obbedisce e in cui nulla potrà farle del male. La sua presunzione la rovina. La presunzione è già lievito di superbia.
    Alla pianta trova il Seduttore il quale, alla sua inesperienza, alla sua vergine tanto bella inesperienza, alla sua mal tutelata da lei inesperienza, canta la canzone della menzogna.  “Tu credi che qui sia del male? No. Dio te l’ha detto perché vi vuole tenere schiavi del suo potere. Credete d’esser re? Non siete neppur liberi come lo è la fiera. Ad essa è concesso di amarsi di amor vero. Non a voi. Ad essa è concesso d’esser creatrice come Dio. Essa genererà figli e vedrà crescere a suo piacere la famiglia. Non voi. A voi è negata questa gioia. A che pro dunque farvi uomo e donna se dovete vivere in tal maniera? Siate dèi. Non sapete quale gioia è l’esser due in una carne sola, che ne crea una terza e molte più terze? Non credete alle promesse di Dio di avere gioia di posterità vedendo i figli crearsi nuove famiglie, lasciando per esse e padre e madre. Vi ha dato una larva di vita: la vita vera è di conoscere le leggi della vita. Allora sarete simili a dèi e potrete dire a Dio: “siamo tuoi uguali’ “.
    E la seduzione è continuata perché non vi fu volontà di spezzarla, ma anzi volontà di continuarla e di conoscere ciò che non era dell’uomo. Ecco che l’albero proibito diviene, alla razza, realmente mortale, perché dalle sue rame pende il frutto dell’amaro sapere che viene da Satana. E la donna diviene femmina e, col lievito della conoscenza satanica in cuore, va a corrompere Adamo. Avvilita così la carne, corrotto il morale, degradato lo spirito, conobbero il dolore e la morte dello spirito privato della Grazia, e della carne privata dell’immortalità. E la ferita di Eva generò la sofferenza, che non si placherà finchè non sarà estinta l’ultima coppia sulla terra.  17.12
  • Ho detto: “metaforica pianta”. Dirò ora: “simbolica pianta”. Forse capirete meglio. Il suo simbolo è chiaro: dal come i due figli di Dio avrebbero agito rispetto ad essa, si sarebbe compreso come era in loro tendenza al bene e al male. Come acqua regia che prova l’oro e bilancia d’orafo che ne pesa i carati, quella pianta, divenuta una “missione” per il comando di Dio rispetto ad essa, ha dato la misura della purezza del metallo d’Adamo e di Eva.  Sento già la vostra obbiezione: “Non è stata soverchia la condanna e puerile il mezzo usato per giungere a condannarli?”.
    Non è stato. Una disubbidienza ‘attualmente’ in voi che siete gli eredi loro, è meno grave che non fosse in essi. Voi siete redenti da Me. Ma il veleno di Satana rimane sempre pronto a risorgere come certi morbi che non si annullano mai totalmente nel sangue. Essi, i due progenitori, erano possessori della Grazia senza aver mai avuto sfioramento con la Disgrazia. Perciò più forti, più sorretti dalla Grazia che generava innocenza e amore. Infinito era il dono che Dio aveva loro dato. Ben più grave perciò la loro caduta nonostante quel dono.
    Simbolico anche il frutto offerto e mangiato. Era il frutto d’una esperienza voluta compiere per istigazione satanica contro il comando di Dio. Io non avevo interdetto agli uomini l’amore. Volevo unicamente che si amassero senza malizia; come Io li amavo con la mia santità, essi dovevano amarsi in santità d’affetti che nessuna libidine insozza. 17.18

 

  • Non si deve dimenticare che la Grazia è lume, e chi la possiede conosce ciò che è utile e buono conoscere. La Piena di Grazia conobbe tutto, perché la Sapienza la istruiva, la Sapienza che è Grazia, e si seppe guidare santamente. Eva conosceva perciò ciò che le era buono conoscere. Non oltre, perché è inutile conoscere ciò che non è buono. Non ebbe fede nelle parole di Dio e non fu fedele nella sua promessa di ubbidienza. Credette a Satana, infranse la promessa, volle sapere il non buono, lo amò senza rimorso, rese l’amore, che Io avevo dato così santo, una corrotta cosa, una avvilita cosa. Angelo decaduto, si rotolò nel fango e sullo strame, mentre poteva correre felice fra i fiori del Paradiso terrestre e vedersi fiorire intorno la prole, così come una pianta si copre di fiori senza curvare la chioma nel pantano. 17.19

 

  • Nella Genesi si legge:  “Allora Adamo pose alla sua moglie il nome di Eva, essendo essa la madre di tutti i viventi”. Oh! Si. La donna era nata dalla “Virago” che Dio aveva formata per compagna di Adamo, traendola dalla costola dell’uomo. Era nata col suo destino doloroso perché aveva ‘voluto’ nascere. 606.7

 

  • Dio non proibisce ad Adamo di cogliere i frutti dell’Albero della Vita, ma vieta di cogliere quelli, inutili, dell’Albero della Scienza, perché un eccesso di sapere avrebbe svegliato la superbia nell’uomo, che si sarebbe creduto uguale a Dio per la nuova scienza acquisita e stoltamente creduto capace di poterla possedere senza pericolo, con il conseguente sorgere di un abusivo diritto di auto-giudizio delle azioni proprie, e dell’agire, di conseguenza, calpestando ogni dovere di filiale ubbidienza verso il suo Creatore – dato che ormai gli era simile in scienza – del suo Creatore che gli aveva amorosamente indicato il lecito e l’illecito, direttamente o per grazia e scienza infuse.
    La misura data da Dio è sempre giusta. Chi vuole più di quanto Dio gli ha dato, è concupiscente, imprudente, irriverente. Offende l’amore. Chi prende abusivamente, è un ladro e un violento. Offende l’amore. Chi vuol agire indipendentemente da ogni ossequio alla Legge soprannaturale e naturale è un ribelle. Offende l’amore.
    Davanti al comando divino i Progenitori dovevano ubbidire, senza porsi dei perché che sono sempre il naufragio dell’amore, della fede, della speranza. Quando Dio ordina o agisce, si deve ubbidire e fare la ‘sua’ volontà, senza chiedere perché ordina o agisce in quel dato modo. Ogni sua azione è buona, anche se non sembra tale alla creatura limitata nel suo sapere.
    Perché non dovevano andare a quell’albero, cogliere quei frutti, mangiare quei frutti? Inutile saperlo. Ubbidire è utile, e non altro. E accontentarsi del molto avuto. L’ubbidienza è amore e rispetto, ed è misura di amore e rispetto. Tanto più si ama  e si venera una persona e tanto più la si ubbidisce. Rm 135-136 28.5.48

 

  • Dio sapeva che a quell’albero sarebbe andato Satana, per tentare. Dio tutto sa. Il malvagio frutto era la parola di Satana gustata da Eva. Il pericolo di accostare la pianta era nella disubbidienza. Alla scienza pura che Dio aveva dato, Satana inoculò la sua malizia impura, che presto fermentò anche nella carne. Ma prima Satana corruppe lo spirito facendolo ribelle, poi l’intelletto facendolo astuto.
    Oh, ben conobbero, dopo, la scienza del Bene e del Male! Perché tutto, persino la nuova vista, per cui conobbero d’esser nudi, li avvertì della perdita della Grazia, che li aveva fatti beati nella loro intelligente innocenza fina a quell’ora, e perciò della perdita della vita soprannaturale.
    Nudi! Non tanto di vesti quanto dei doni di Dio. Poveri! Per aver voluto essere come Dio. Morti! Per aver temuto di morire con la loro specie se non avessero agito direttamente.
    Hanno commesso il primo atto contro l’amore con la superbia, la disubbidienza, la diffidenza, il dubbio, la ribellione, la concupiscenza spirituale, e, per ultimo, con la concupiscenza carnale. Dico: per ultimo. Alcuni credono che sia invece stato l’atto primo la concupiscenza  carnale. No. Dio è ordine in tutte le cose.
    Anche nelle offese verso la legge divina, l’uomo peccò prima contro Dio, volendo essere simile a Dio: “dio” nella conoscenza del Bene e del Male, e nell’assoluta, e perciò illecita, libertà d’agire a suo piacere e volere contro ogni consiglio e divieto di Dio; poi contro l’amore, amandosi disordinatamente, negando a Dio l’amore riverenziale che gli è dovuto, mettendo l’IO al posto di Dio, odiando il suo prossimo futuro: la sua stessa prole, alla quale procurò l’eredità della colpa e della condanna; in ultimo contro la sua dignità di creatura regale che aveva avuto il dono di perfetto dominio sui sensi.
    Il peccato sensuale non poteva avvenire sinchè durava lo stato di Grazia e gli altri stati conseguenti. Poteva esserci tentazione ma non consumazione della colpa sensuale sinchè durava l’innocenza, e perciò il dominio della ragione sul senso. Rm 138 – 28.5.48

 

  • Castigo. Non sproporzionato ma giusto.
    Per capirlo bisogna considerare la perfezione di Adamo ed Eva. Considerando quel vertice, si può misurare la grandezza della caduta in quell’abisso. (….)
    Le conseguenze del peccato d’origine sono state riparate dal Cristo, per quanto è la Grazia. Ma la debolezza della lesione alla perfezione originale rimane. E questa debolezza è costituita dai fomiti, simili a germi infettivi rimasti nell’uomo in latenza, ma sempre pronti ad entrare in potenza e soverchiare la creatura.
    Dio non violentò il libero arbitrio dell’uomo, mentre l’uomo violentò i diritti di Dio. Né prima, né dopo la colpa, Dio violentò la libertà d’azione dell’uomo. Lo sottopose alla prova. Non ignorava, essendo Dio, che l’uomo non l’avrebbe superata. Ma era giusto che lo sottoponesse per confermarlo in grazia, come aveva, per lo stesso fine, sottoposto alla prova gli angeli, e confermato in grazia quelli che avevano vinto la prova. E sottoponendolo alla prova, lo lasciò libero di agire rispetto ad essa.  Rm 139-140 – 28.5.48

 

  • Dio rispettò la volontà umana. L’uomo perseverò nel suo stato di rivolta verso il suo divino Benefattore. Superbamente uscì dall’Eden dopo aver mentito – perché ormai il suo congiungimento con la Menzogna era avvenuto – ed aver addotto povere scuse al suo peccato, mentre che l’essersi fatto cinture di foglie testimoniava che, non perché erano nudi e di apparir tali a Colui che li aveva creati e conservati vestiti solo di grazia e innocenza si vergognavano, ma perché erano colpevoli, avevano paura di comparire davanti a Dio.
    Castigo giusto, dunque. Privazione di quanto spontaneamente l’uomo aveva spregiato: la Grazia, l’integrità, l’immortalità, l’immunità, la scienza. E perciò la perdita della paterna carità di Dio, del suo aiuto possente; e perciò la debolezza dell’anima ferita, la febbre della carne svegliata, delirante e soverchiante la ragione; e perciò la paura di Dio, la perdita dell’Eden dove senza fatica e dolore era la vita; e perciò la fatica, la morte, la soggezione della donna all’uomo, l’inimicizia tra uomo e uomo, tra i figli di un seno, il delitto, l’abuso, tutti i mali che tormentano l’umanità, la paura di morire e del giudizio, il tormento d’aver provocato il dolore e di trasmetterlo a quelli più amati, in un con la vita. Rm 140-141 – 28.5.48

 

  • Provvidenza anche questo cadere dell’Umanità, questo suo mordere il fango per ricordarsi che è fango animato da Dio, per se stessa soltanto fango; per volontà di Dio, spirito in un fango, a santificarlo, a dargli l’impronta, la somiglianza con l’Inconosciuto, col Perfetto, con lo Spirito, con l’Eterno. Provvidenza questo cadere all’inizio del suo giorno, per avere un lungo espiare e poter risalire tutta la via, tornare al Cielo dall’abisso, tornarvi con la buona volontà, con l’aiuto del Salvatore, con la battaglia contro la tentazione, con la fortezza che spezza le catene della concupiscenza, con la Fede, la Speranza, la Carità, con l’Umiltà santa e la santa Ubbidienza, per giungere a essere meritatamente gloriosi e liberi della libertà gloriosa dei figli di Dio. Az.204 – 7.7.46