Le esperienze mistiche del Purgatorio e dell’Inferno di Santa Veronica Giuliani

Santa Veronica Giuliani ci racconta nel suo diario esperienze sorprendenti dei Luoghi del Purgatorio e dell’Inferno e dei loro Stati. Leggiamone alcuni e meditiamo.

SANTA VERONICA E IL PURGATORIO

Stando io, queste notte, molto travagliata da ogni sorta di tentazioni, e non potendomi applicare a cosa alcuna, ho pensato di spenderla tutta a far del bene per le anime del Purgatorio, affinché esse preghino per tutti i peccati. (S. Veronica Giuliani, Diario, 24 novembre 1696).

La mattina del 2 agosto 1701, appena comunicata, sembrò che Dio mi dicesse : “Ora incomincia il patire. Tutto sia in unione di quello che ebbe il Verbo eterno (incarnato) nel corso di 33 anni (che fu sulla terra). Ricordati che detto patire deve essere un supplemento alle pene che doveva patire l’anima di M. Berioli nel Purgatorio”. Capito che ebbi questo,mi parve che subito fossi spogliata di ogni sentimento. Tornai ai propri sentimenti più morta che viva. Non sapevo se veramente ero comunicata o no. Non avevo sentimento di Dio né di cose spirituale. Pareva che per me tutto fosse finito. Non mi potevo aiutare in nessuna maniera. Mi sentivo come se fossi per spirare. Nell’interno avevo afflizioni di morte; nell’esterno, dove andavo, cosa facevo, con cui trattavo, ogni cosa mi pareva inferno. Non vedevo altro che peccati. Ora mi sentivo tutta ghiacciata e tremante, e gridavo ben forte: “Non ne posso più! Non ne posso più!”. Nello stesso tempo avevo più pene, e pareva che non dovessero finire mai. Oh, Dio! Che pene sono queste! Conoscere le proprie colpe, vedere la grande necessità che uno ha di attendere alle virtù e, nello stesso tempo, trovarsi ingolfata in mille colpe e difetti! Lo spirito vuole eseguire la volontà di Dio, e si vede davanti solo la propria volontà. Che mostro infernale è mai questo! Sentivo internamente un tormento che non posso raccontare. Mi sentivo crepare il cuore, e mi sembrava di averlo già insecchito dentro. Non posso raccontare niente del patire che provavo. In questo stato stetti più e più giorni. (S. Veronica Giuliani, Diario, 2 agosto 1701).

Ebbi un breve rapimento, nel quale capii che Dio voleva farmi la grazia speciale di liberare (dal Purgatorio) quante anime volevo. Mi sembra che gliene chiedessi trentatré per ognuno dei trentatré anni della sua vita sulla terra. Ma in questo punto stesso Dio esigeva da me il consenso a patire maggiormente. Se ciò avessi fatto, la grazia l’avrei ricevuta subito. Diedi il consenso a tutto quello che mi chiedeva Dio. In questo mentre mi pare che Dio mi facesse vedere un  numero grande di anime. Tutte andavano in Paradiso; e pareva che mi ringraziassero con giubilio grande. Tutto capivo, per via di comunicazione; ed apprendevo che Dio mi aveva fatto tal grazia, per i meriti della Passione di Gesù e per la partecipazione delle pene e dei dolori, che sentivo in me. In questo, mi confermò la grazia di farmi sentire molti dolori. L’anima mia diede il consenso a tutto, secondo la volontà di Dio (S. Veronica Giuliani, Diario, 23 marzo 1703).

Stando io ad assistere una moribonda, mi parve che Dio mi facesse vedere lo stato pericoloso in cui si trovava quest’anima. Io, di cuore, la raccomandavo a Dio, e mi esibivo a qualsiasi pena e tormento, purché essa fosse salvata. In un rapimento che ebbi, mi sembrò di capire che la grazia mi sarebbe fatta, ma in cambio di tante pene e che io dessi il consenso a voler patire molti dolori. Diedi il consenso. Nello stesso punto incominciarono le pene, si rinnovò nel cuore e, in un tratto, ebbi quindici di quelle trentatré punture che Dio mi aveva promesso di darmi nel cuore, quando vorrà farmi qualche grazia. Mentre pregavo per quella moribonda, ebbi altre di queste punture. E poco prima che ella spirasse, ne ebbi due. Mi parve di vedere detta persona, poco avanti che spirasse, in un grande contrasto. Ma Dio mi faceva capire che sarebbe andata salva; io, però, dovevo supplire per lei con tante pene. Nell’istante che spirò, mi parve di vedere in quest’anima tutta contentezza; e poi, in un subito, tutta mestizia. Mi parve di capire che fosse contenta perché era in luogo di salute. Ciò fu come in un baleno. La notte, mi comparve, in cella, come un’ombra bianca e, nel tempo stesso, ebbi un rapimento. Pareva che la detta anima mi pregasse che io accettassi il peso che essa aveva. In quell’istante sentii quella ombra così pesante, come se fosse piombo. E mi parve sentire la sua voce naturale, che diceva: “Tutte queste pene le patisco, perché ho tenuto troppe cose, contro la Regola ed i voti”. Sentivo ciò, tornai ai miei sentimenti. Mi parve allora vedere quell’ombra sparire via dalla cella, come baleno; e sentirla di nuovo ripetere quelle parole, con voce spedita e naturale, come ero solita sentirla vivente. Tutto questo mi arrecò un po’ di spavento. Però mi misi con grande sentimento ad esaminare me stessa, per levar via ogni cosa che fosse presso di me e non fosse totalmente necessaria. Stavo con sollecitudine, per dare aiuto alla detta anima, se ne avesse avuto bisogno, perché io non do mai retta a queste cose, e le lascio tutte come stanno davanti al Signore. Sentivo, però, accrescermi le pene e i dolori, e tutto applicavo per quest’anima. Così mi aveva comandato il confessore. Mi parve di aver veduto, più e più volte, la detta anima in Purgatorio. E appena che io mi esibivo a nuovi tormenti, diminuivano le sue pene, non perché il mio patire valesse qualche cosa, ma perché lo univo ai meriti ed alla Passione di Gesù: questi sono quelli che ottengono ogni grazia. Così, ogni volta che offrivo a Dio  Padre il sangue preziosissimo di Gesù, Dio mi prometteva di liberarla presto, se io mi fossi esibita a più patimenti. Ebbi l’ubbidienza dal confessore di esibirmi a pene e tormenti. Per due o tre notti ebbi tanti dolori per tutta la vita, che pensavo di morire. Una mattina, dopo comunicata, mi parve che Dio ,i facesse capire che io andassi dal confessore, e che gli chiedessi l’obbedienza di patire io, per più tempo, le pene del Purgatorio, perché subito, quando lo volevo, avrei avuto la grazia che si liberasse questa anima. Così ebbi l’obbedienza che io chiesi in grazia, alla SS. Vergine, la liberazione di quest’anima. La mattina, nella Comunione, mi parve di capire che la grazia mi sarebbe stata concessa, se io avessi accettato, per un anno, ogni giorno, per due ore, le pene del Purgatorio. Diedi il consenso a tutto, secondo la volontà di Dio e come mi aveva imposto il confessore. Nel tempo stesso. Dio mi fece vedere quest’anima in un luogo oscuratissimo, che pativa acerbissimi dolori; e mi parve di sentire la voce della medesima creatura, come quando fosse vivente, che si lamentava, con un lamento che apportava afflizione di morte. Io, nel tornare ai miei sentimenti, piansi molto; e mi restò una compassione così grande verso le anime del Purgatorio, che avrei accettato tormenti, pene e dolori di ogni sorta. Con efficacia, dicevo a Dio che desse a me le pene che pativa la detta anima, purché venisse liberata. In un istante ebbi tali dolori, che pensavo di morire in quel mentre. Non mi potevo aiutare, né con preghiere né con nulla. E’ nemmeno, mi pareva , avevo nessuno che mi potesse aiutare. Dio! Che abbandono fu mai questo! Mi abbatté tanto l’umanità, che stetti, per due giorni, da non poter fare alcuna cosa. Le pene che provai in quel punto, non c’è modo di poterle raccontare. Solo, mi hanno lasciato una sollecitudine di pregare per queste povere anime. Al solo pensare ad esse, mi sento raccapricciare, da capo a piedi. La mia umanità patisce tanto, in questo, che pare sia un patire superiore a tutti gli altri patimenti passati. Standomi un giorno ad ascoltare la Messa per la detta anima, dopo l’elevazione ebbi un rapimento, e mi pareva di vedere la medesima in grandi pene. Appresi che Dio voleva farmi la grazia; ma si richiedeva ancora il mio consenso, secondo la volontà di Dio, che accettare pene e tormenti di ogni sorta. Allora mi parve di vedere l’angelo custode di quell’anima che la prendesse ed ella cangiasse in grande splendore. Pareva un nuovo sole. Do fronte al sole naturale, essa sarebbe stata più luminosa; ed il sole stesso, di fronte a lei, sarebbe apparso come tenebre. Poi, ad un tratto, mi parve di vedere la medesima come una bambina, e che il suo angelo la tenesse per mano. Mi faceva cenno come per ringraziarmi; e mi disse che mi avrebbe sempre raccomandata. Così avrebbe fatto anche per il mio confessore, perché lui, con l’impormi di patire aveva concorso alla sua liberazione, e le aveva ottenuto un bene così grande. (S. Veronica G., Diario , 26-27 ottobre 1703).

 

SANTA VERONICA E L’INFERNO

«Parvemi che il Signore mi facesse vedere un luogo oscurissimo; ma dava incendio come fosse stata una gran fornace. Erano fiamme e fuoco, ma non si vedeva luce; sentivo stridi e rumori, ma non si vedeva niente; usciva un fetore e fumo orrendo, ma non vi è, in questa vita, cosa da poter paragonare. In questo punto, Iddio mi dà una comunicazione sopra l’ingratitudine delle creature, e quanto gli dispiaccia questo peccato. E qui mi si dimostrò tutto appassionato, flagellato, coronato di spine, con viva, pesante croce in spalla. Così mi disse: “Mira e guarda bene questo luogo che non avrà mai fine. Vi sta, per tormento, la mia giustizia ed il rigoroso mio sdegno”. In questo mentre, mi parve di sentire un gran rumore. Comparvero tanti demoni: tutti, con catene, tenevano bestie legate di diverse specie. Le dette bestie, in un subito, divennero creature (uomini), ma tanto spaventevoli e brutte, che mi davano più terrore che non erano gli stessi demoni. Io stavo tutta tremante, e mi volevo accostare dove stava il Signore. Ma, contuttoché vi fosse poco spazio, non potei mai avvicinarmi più. Il Signore grondava sangue, e sotto quel grave peso stava. O Dio! Io avrei voluto raccogliere il Sangue, e pigliare quella Croce, e con grand’ansia desideravo il significato di tutto. In un istante, quelle creature divennero, di nuovo, in figura di bestie, e poi, tutte furono precipitate in quel luogo oscurissimo, e maledicevano Iddio e i Santi. Qui mi si aggiunge un rapimento, e mi parve che il Signore mi facesse capire, che quel luogo era l’inferno, e quelle anime erano morte, e, per il peccato, erano divenute come bestie, e che, fra esse, vi erano anche dei religiosi […]. Mi pareva di essere trasportata in un luogo deserto, oscuro e solitario, ove non sentivo altro che urli, stridi, fischi di serpenti, rumori di catene, di ruote, di ferri, botti così grandi, che, ad ogni colpo, pensavo sprofondasse tutto il mondo. E io non aveva sussidi ove rivolgermi; non potevo parlare; non potevo invitare il Signore. Mi pareva che fosse luogo di castigo e di sdegno di Dio verso di me, per le tante offese fatte a Sua Divina Maestà. E avevo davanti di me tutti i miei peccati […]. Sentivo un incendio di fuoco, ma non vedevo fiamme; altro che colpi sopra di me; ma non vedevo nessuno. In un subito, sentivo come una fiamma di fuoco che si avvicinava a me, e sentivo percuotermi; ma niente vedevo. Oh! Che pena! Che tormento! Descriverlo non posso; e anche il sol ricordarmi di ciò, mi fa tremare. Alla fine, fra tante tenebre, mi parve di vedere un piccolo lume come per aria. A poco a poco, si dilatò tanto. Mi sembrava che mi sollevasse da tali pene; ma non vedevo altro».

«In un batter d’occhio mi ritrovai in una regione bassa, nera e fetida, piena di muggiti di tori, di urli di leoni, di fischi di serpenti […]. Una grande montagna si alzava a picco davanti a me ed era tutta coperta di aspidi e basilischi legati assieme […]. La montagna viva era un clamore di maledizioni orribili. Essa era l’inferno superiore, cioè l’inferno benigno. Infatti, la montagna si spalancò e nei suoi fianchi aperti vidi una moltitudine di anime e demoni intrecciati con catene di fuoco. I demoni, estremamente furiosi, molestavano le anime le quali urlavano disperate. A questa montagna seguivano altre montagne più orride, le cui viscere erano teatro di atroci e indescrivibili supplizi.
Nel fondo dell’abisso vidi un trono mostruoso, fatto di demoni terrificanti. Al centro una sedia formata dai capi dell’abisso. Satana ci sedeva sopra nel suo indescrivibile orrore e da lì osservava tutti i dannati. Gli angeli mi spiegarono che la visione di Satana forma il tormento dell’inferno, come la visione di Dio forma la delizia del Paradiso. Nel frattempo, notai che il muto cuscino della sedia erano Giuda ed altre anime disperate come lui. Chiesi agli angeli di chi fossero quelle anime ed ebbi questa terribile risposta: “Essi furono dignitari della Chiesa e prelati religiosi».
E in quell’abisso, ella vide precipitare una pioggia di anime… Ed ecco altre visioni della Santa: «Come Dante, anche la nostra Santa, appena su la soglia, ode urli, voci lamentevoli, bestemmie e maledizioni contro Dio. Vede mostri, serpenti, fiamme smisurate. È menata per tutto l’inferno. Precipitano giù, con la furia di densa grandine, le anime dei nuovi abitatori. E a quest’arrivo, si rinnovano pene sopra pene ai dannati. In un luogo ancora più profondo trova ammucchiate migliaia di anime (sono quelle degli assassini), sopra le quali incombe un torchio con una immensa ruota. La ruota gira e fa tremare tutto l’inferno. All’improvviso il torchio piomba su le anime, le riduce quasi a una sola; cosicché ciascuna partecipa alla pena dell’altra. Poi ritornano come prima. Ci sono parecchie anime con un libro in mano. I demoni le battono con verghe di fuoco nella bocca, con mazze di ferro sul capo, e con spuntoni acuti trapassano loro le orecchie. Sono le anime di quei religiosi bastardi, che adattarono la regola a uso e consumo proprio. Altre anime sono rinchiuse in sacchetti e infilzate dai diavoli nella bocca d’un orrendo dragone che in eterno le digruma. Sono le anime degli avari. Altre gorgogliano tuffate in un lago d’immondizie. Di tratto in tratto sgusciano fulmini. Le anime restano incenerite, ma dopo riacquistano lo stato primiero. I peccati che hanno commesso sono i più gravi che mai vivente può immaginare. Tutte le strade dell’inferno appaiono sparse di rasoi, di coltelli, di mannaie taglienti. E mostri, dovunque mostri. E una voce che grida: “Sarà sempre così. Sempre, sempre, sempre”. Veronica è condotta alla presenza di Lucifero. Egli ha d’intorno le anime più graziate dal cielo, che nulla fecero per Iddio, per la sua gloria; e tiene sotto i piedi, a guisa di cuscino, e pesta continuamente le anime di quelli che mancarono ai loro voti. “Via l’intrusa che ci accresce i tormenti”!, urla furibondo ai suoi ministri. Levata dall’inferno, Veronica ripete esterrefatta: “O giustizia di Dio, quanto sei potente”»!