Le Rivelazioni di Gesù e Maria Ss. a Santa Brigida da Svezia

Rivelazioni private date da Gesù e Maria Santissimi a Santa Brigida da Svezia.

BIOGRAFIA
Santa Brigida di Svezia (1302-1373)

Bella come le principesse delle saghe nordiche, que-sta bionda donna svedese fu una bambina felice, una ra-gazza brillante e una padrona di casa oculata. Crebbe otto figli, tra cui una femmina che fu canonizzata; fondò un ordine monastico oggi diffuso in tre continenti; viag-giò moltissimo e, in particolare, fu «il Portavoce, l’Aral-do di Dio» in una Chiesa ferita, in un secolo tormentato come il nostro, quello della Guerra dei Cent’anni. Colei che venne chiamata «la mistica del Nord», oggi cono-sciuta soprattutto grazie alle Quindici orazioni di Nostro Signore, fu celebre a suo tempo per le Rivelazioni celesti e per il ruolo di primo piano svolto presso papi e diri-genti politici svedesi ed europei in genere.

L’infanzia

Brigida nacque il 14 giugno 1302 nel Castello di Finsta, sulle sponde di un lago nella provincia di Up-pland di cui il padre era siniscalco. Era la figlia maggio-re nata dal secondo matrimonio fra Birger Persson, uno dei personaggi più importanti della Svezia, e Ingeborg Bengsdotter, imparentata con i re goti attraverso la fa-miglia regnante dei Folkung. Brigida crebbe in questo paese dove gli inverni sono lunghi, le primavere rapide e le notti estive miti, un paese molto poetico che risuo-na di leggende di foreste e laghi. Sebbene il nome Brigi-da significhi «altissima» in celtico e «brillante» in sasso-ne, nei primi tre anni di vita la bambina non brillò affat-to; era ritenuta muta, ma quando la lingua le si sciolse, la piccola parlò come un’adulta, segno di un carattere riflessivo e molto temprato. Leggere, scrivere, filare, ri-camare, assistere alla messa mattutina nella cappella si-gnorile, ascoltare i racconti della madre sui santi evan-gelizzatori della Svezia – in particolare Sant’Anskar di Piccardia -, correre nei boschi e sui prati, e raccogliersi fra le rocce di Finsta, nella «grotta della preghiera di Santa Brigida»: fu questa la vita della bambina fino alla morte della madre, avvenuta nel 1314. Ma Brigida non aveva ancora compiuto dieci anni quando, una notte, la Vergine le apparve tenendo in mano una corona e le chiese: «La vuoi?» Poi giunse la promessa celeste. La mamma di Brigida, venuta a cono-scenza della cosa, favorì la devozione della bambina la-sciando che ascoltasse delle belle prediche. Una di que-ste diede alla piccola una tale idea delle sofferenze di Cristo, che una sera Brigida non riuscì a prendere son-no; all’improvviso, Brigida ebbe una visione così vivida della croce su cui Gesù sembrava essere stato inchioda-to da poco, avvolta da un immensa luce, che la bambina gridò: «Signore, chi ti ha fatto questo?». La risposta di-vina fu: «Chi disprezza e dimentica il mio amore!». Da allora la Passione di Gesù alimentò in Brigida un amore così profondo, che ella non poteva ricordarsene senza piangere. Non a caso la Croce sarà l’elemento centrale di tutte le sue meditazioni, e il giorno in cui Brigida ma-nifesterà la grande vocazione che c’è in lei, seguirà le tracce del suo Salvatore. Alla morte della madre, Brigida ha dodici anni e vie-ne affidata alla zia Caterina, castellana d’Aspenas, la quale una notte trova la nipote inginocchiata ai piedi del letto. Disobbedienza? Capriccio? La verga sollevata per punire la giovane si spezza. Allora, la donna spaven-tata domanda: «Cosa fai lì?». Brigida risponde: «Rin-graziavo colui che mi aiuta sempre». «Chi è?». «L’uo-mo che ho visto in croce». La zia resta perplessa. Poco tempo dopo, Brigida, intenta a ricamare un disegno dif-ficile nel salone del castello, invoca addolorata l’aiuto della Vergine Maria. Allora donna Caterina vede, china sul lavoro, una giovane donna dalla bellezza straordina-ria, che scompare lasciando meravigliosi fiori e frutti di-segnati e adorni di colori. Domande e stupore! Brigida non ha visto nessuno, ma questa volta la zia custodisce la reliquia. Dei miracoli per questa bambina!… Sempre a quel tempo, una visione del diavolo, crea-tura informe con un numero infinito di piedi e di mani, terrorizza la bambina. Brigida cerca rifugio nella sua ca-mera, ai piedi del crocifisso, ed è confortata dalla cer-tezza che sotto la protezione della croce non avrà mai nulla da temere. Così giovane, ha già il riflesso dei gran-di combattenti spirituali.

Moglie, madre e consigliera di Corte

(Brigida è ormai un’adolescente: bellezza nordica, in-telligente, straordinariamente istruita per l’epoca, vivace, intraprendente, gentile con tutti e molto generosa. Per-fetta? No: orgogliosa, indipendente, amante di un’esi-stenza piena di lussi, difetti di una natura piena di ener-gia e di vita che Brigida, cosciente, combatte soprattutto con l’obbedienza. Nel 1316, il padre la dà in moglie a Ulf Gudmarson d’Ulfasa che ha cinque anni più di lei ed è figlio di un lagman della Vatergotland. Brigida, che preferirebbe cento volte la morte ma non desidera neppure il conven-to, si piega alla decisione paterna. Il matrimonio sarà be-nedetto e i due coniugi avranno quattro figli e quattro fi-glie: Màrta, la maggiore, si sposerà giovane e avrà una vi-ta mondana e orgogliosa che preoccuperà la madre; Karl, un ragazzo bravo ma leggèro; Birger, che morirà durante una Crociata; Gudmar e Bengt, morti in tenera età; Caterina, la gioia di Brigida, che diventerà santa; In-geborg, entrata nell’ordine cistercense e scomparsa gio-vane; e, infine, la piccola Cecilia, la quinta su otto a rag-giungere l’età adulta. Ulf insegna alla sua Brigida l’obbe-dienza verso il marito e il senso di responsabilità. è mol-to cristiano ed è stato cresciuto presso i cistercensi d’Al-vastra; Brigida è ancora più ardente di lui ed è animata da una devozione contemplativa, è ancora più attenta a tutti i suoi doveri ufficiali. Insieme pregano tre volte al giorno, si confessano e fanno la comunione ogni settima-na. Prima di ogni pasto, Brigida serve dodici poveri, lava loro i piedi il giovedì e dà prova di una splendida ospita-lità, mai rifiutata a nessun viandante, ricco o povero. La giovane castellana è allegra e incantevole: il tempo trascorre fra la caccia e la pesca e fra i canti e i balli al suo-no del liuto la sera. Questa felicità dura due anni. Quan-do Ulf parte per la guerra, la devozione di Brigida ha li-bero corso: un duro pagliericcio, digiuni, penitenze, co-me ai tempi dell’infanzia, scandiscono le giornate, e tor-nano le estasi in una profonda unione con Dio. Al rientro di Ulf, la vita attiva e caritatevole ripren-de più vigorosa che mai: i coniugi vanno insieme a ca-vallo o in barca, si occupano del dissodamento delle fo-reste, dello sfruttamento minerario, della coltivazione delle terre. Strada facendo, rendono giustizia e fanno l’elemosina. Poiché il numero dei figli cresce, viene ri-costruita la dimora di Ulfase. Brigida studia i piani e dirige i lavori: ama comandare. Il castello viene arredato riccamente e una sera, davanti al suo letto sontuoso, Brigida sente la frase: «Sulla croce, la mia testa non ave-va dove riposare». Da allora, commossa, la donna dor-mirà per terra ogni volta che potrà. Divenuta terziaria francescana con il marito, impara, non senza difficoltà per una donna indipendente e audace come lei, il costo dell’obbedienza, sottomettendosi con umiltà alle istru-zioni dei superiori. I due sposi amano Dio, lo servono, si amano l’un l’altra, fanno del bene. Ma Dio chiede di più ai suoi amici. Ulf è diventato siniscalco e principe di Nericie. Il re ha regalato loro il bel castello di Vadstena; qui Brigi-da avrà la visione dell’Ordine che dovrà fondare, tra-sformando il palazzo in un monastero, affinché, secon-do le parole stesse di Cristo «questa casa, costruita con il sudore dei poveri e per l’orgoglio dei ricchi, divenga l’abitazione degli indigenti che si serviranno degli og-getti, dei frutti dell’abbondanza e dell’orgoglio, unica-mente per ricondurre gioiosamente i ricchi all’umiltà»; proprio come accadrà all’orgogliosa Brigida che dovrà rinunciare a tutti i suoi impegni. Vanitosa e attaccata al-la ricchezza, lascerà il castello e i suoi beni. Nel 1335, il giovane re Magnus, sposatosi di recente con Bianca di Namur, invita a corte la siniscalca di Ne-ricie, affinché diventi la gran dama di Palazzo. Dopo aver sistemato i figli, Brigida parte per Stoccolma, dove l’attendono due giovani sovrani frivoli. Affascina e stu-pisce la giovane regina e si guadagna l’amore e il rispet-to di quanti la circondano… ma non ne ascoltano i saggi consigli. Su richiesta di Magnus, Brigida dà al re delle regole precise per regnare bene. Ma è una fatica inutile: il sovrano si imbarca in una guerra ingiusta e disastrosa, che lo obbliga a imporre pesanti tasse ai sudditi. Brigi-da, stanca, chiede di potersi allontanare per qualche tempo dalla corte e nel 1341 si reca in pellegrinaggio a Compostela con Ulf. Durante il viaggio attraverso l’Eu-ropa, i due visitano tutti i luoghi santi del tempo: Colo-nia, Aquisgrana, Tarascona, Sainte-Beaume. A Marsi-glia si imbarcano per le coste spagnole dove, con l’aiuto di un bastone da viandanti, giungono a piedi a Compo-stela. Al ritorno attraversano la Francia messa a ferro e fuoco dalla guerra. Ad Arras, Ulf, gravemente ammala-to, guarisce grazie alle preghiere della moglie e dopo aver fatto il voto di entrare in un ordine religioso qualo-ra riveda la sua terra. Egli trascorre gli ultimi tre anni di vita ad Alvastra, presso i monaci cistercensi, dove muo-re nel 1344 in odore di santità. è menzionato nel meno-logio di Citeaux del 12 febbraio.

Sposa di Cristo

Nel 1339, cinque anni prima della morte del marito, Brigida visita la tomba di San Botvid, uno degli evange-lizzatori della Svezia, che le appare in visione e le dice: «Io ed altri santi abbiamo ottenuto da Dio la grazia che tu possa udire, vedere e conoscere le cose dello spirito, e lo Spirito di Dio avvamperà nella tua anima». Pare sia giunto il tempo della profezia. Dolente, dopo la morte di Ulf, ma decisamente distaccata (si era tolta l’anello ri-cevuto dal marito sul letto di morte perché la legava co-me «una catena» al mondo), Brigida distribuisce i suoi beni agli eredi e ai poveri, e si trasferisce ad Alvastra dove conduce una vita austera e semplicissima, in una piccola casa a nord della cinta del monastero. Qui il Signore inizia le sue conversazioni con Brigi-da che desidera avere tutta per sé; inizialmente si tratta di incontri di formazione, poi arrivano le rivelazioni, sempre più precise e profonde, sulla sua missione di profetessa e predicatrice: «Sei mia, e per questo farò di te ciò che voglio. Non amare niente nel modo in cui ami me». Il sottopriore Petrus Olavi, che dubita di queste visioni, riceve una severa ramanzina divina che lo lascia paralizzato fin quando non decide di seguire l’appello divino, che lo vuole segretario, confessore e amico della Santa. E lui che, quando non lo fa Brigida, redige le Ri-velazioni celesti e le traduce in latino. La Vergine Maria conduce Brigida da suo Figlio per-ché egli la riempia di grazie. Una notte di Natale, la don-na avverte una gioia sublime e intensa, ed ha un sussulto al cuore, strano e diverso dai normali battiti, come se in lei vivesse un bambino. Maria le rivela che è stato così l’arrivo del Figlio nel suo seno, e Gesù le confermerà che lo Spirito Santo abita nel suo cuore e lo anima. In que-st’occasione, la Vergine le insegna che ci sono due modi per raggiungere il cuore di Dio – l’umiltà e la vera contri-zione e la contemplazione delle sofferenze del Figlio -‘ e che questo non significa ripiegarsi su di sé, né comporta pietismo, bensì il superamento di se stessi all’ascolto di colui che le insegna: «Contempla la mia bellezza attra-verso la bellezza degli elementi… Guardami. Sono il più bello sul Tabor, ma il più insultato sulla Croce, dove non avevo né forma né bellezza. Guardami e medita… Cor-reggi i tuoi errori! Ascolta la voce con cui ti ho gridato ‘Ho sete di te!’». Brigida trascorre questi anni fra Alva-stra, la corte svedese e Vadstena, che poco a poco si tra-sforma in convento. La regola che vige a Vadstena, det-tata da Cristo stesso, inizia così: «Voglio istituire quest’Ordine in onore di mia Madre…»; seguono trenta capitoli sui tre voti di povertà, castità, obbedienza, sui precetti e sulle regole, la cui originalità ricorda quella dell’Abbazia di Fontevreau: la badessa ha autorità sulle monache di clausura, sessanta al massimo, tredici sacer-doti, quattro diaconi (come gli evangelisti) e otto laici, che aiuteranno i preti nelle attività quotidiane. Questo numero corrisponde ai dodici apostoli e ai settantadue discepoli. Monaci e monache di clausura hanno un loro recinto su entrambi i lati della chiesa dove si raccolgono a pregare. I compiti dei monaci sono unicamente di ca-rattere spirituale. La badessa presenta il monastero di cui è sovrana alla Vergine Maria, Regina degli apostoli e dei discepoli dopo l’Ascensione. Tuttavia la Regola deve es-sere approvata da Roma e nel corso di un viaggio a caval-lo fra Alvastra e Vadnesta, Brigida avrà una lunga visione raccontata nel Libro delle domande (cinquantotto rivela-zioni) che la spingerà a partire. In un primo tempo infatti la sua benefica influenza a corte si traduce in diverse ini-ziative politiche per la pace fra i re di Francia e d’Inghil-terra, e l’arbitrato in questa vicenda di papa Clemente VI, che a quei tempi risiede ad Avignone; ma in seguito Brigida diventa oggetto di critiche e scherno ogni giorno più palesi; nel 1348, inoltre, il Papa annuncia un «giubi-leo» per il 1350, affinché la preghiera fermi la guerra e la peste che sconvolge l’Europa. Tutto, dunque, sembra spingere Brigida a compiere il pellegrinaggio, tanto più che ella ha messo ordine nelle proprie faccende e si ren-de conto, non senza dover lottare, che la preghiera è la migliore protezione che ella possa dare ai suoi. La confortano le parole di Cristo: «Poiché dimentichi tutto per cercarmi, grazie anche alla tua carità, avrò cura di te e dei tuoi figli». Così Brigida lascia la Svezia che non ri-vedrà più, e giunge a Roma nel 1349, nella speranza di incontrarvi il Papa. Ma l’aspetta una grande delusione: né Clemente VI né il successore Innocenzo VI risponde-ranno ai suoi pressanti appelli e moriranno ad Avignone. Nel 1350, la raggiunge a Roma la figlia Caterina. Brigida, che all’età di quarantasette anni si è messa a studiare il latino, in modo da farsi capire e soccorrere gli infelici, fonda un ricovero per i poveri cui si dedi-cherà assieme alla figlia, moltiplicando i miracoli con la carità. A quest’epoca, sotto la dettatura di un angelo, compone L’inno dell’angelo Sermo angelicus, per il fu-turo convento di Vadstena; si tratta di ventun Lettere, da leggere ogni giorno della settimana durante le messe mattutine, in onore della Vergine Maria. Quando Brigida non scrive le Lettere e le Rivelazio-ni, o non studia, visita con Caterina le catacombe e le chiese di Roma per pregare. Presso la chiesa di San Paolo fuori le mura va in estasi davanti a uno stupendo crocifisso, che si può ancora ammirare e venerare, e ha un dialogo appassionato, raccolto nelle quindici Orazio-ni della Passione, la cui devozione avrà grande diffusio-ne. La sua sete di Dio la spinge negli altri santuari italia-ni e per due anni la Santa gira per la penisola, da Assisi a Napoli, passando per Montecassino. Vive con i pove-ri, pellegrina fra i pellegrini, senza disdegnare di fare la questua con loro. Di ritorno a Roma, dove l’ha preceduta la fama dei suoi scritti e dei suoi miracoli, Brigida si prodiga per la conversione dei principi con le sue lettere severe e le sue predizioni intimidatorie, che purtroppo si riveleran-no fondate, e attende il ritorno del Papa a Roma, attesa che durerà diciotto anni. è solo nel 1367 infatti che si avvera la profezia, e Brigida vede entrare nella città eterna papa Urbano V, il quale, però, vi resta solo tre anni. Un decennio dopo, nel 1377, Santa Caterina da Siena riprenderà la lotta e riporterà definitivamente a Roma Gregorio XI successore di Urbano V. Tuttavia, prima di questo trionfo, Brigida, sull’orlo dello scorag-giamento e del dubbio, riceve dalla Vergine l’approva-zione degli sforzi che sta compiendo: chi lavora al-l’evangelizzazione e alla conversione degli altri «anche se converte pochi o nessuno, riceverà una ricompensa pari alla conversione di tutti». La figlia Caterina, divenuta a sua volta vedova in se-guito alla morte del giovane marito rimasto in Svezia, de-ve alla tenerezza e alla fermezza materna la forza di non cadere nella disperazione, e di continuare la sua opera. All’ombra di Brigida, cresce e matura in santità che, gra-zie all’umile abnegazione della ragazza e alla sua purezza, ne fanno una delle sante più affascinanti della Svezia. Nel 1370, la Regola del Santo Salvatore, assimilata a quella di Sant’Agostino, viene riconosciuta dalla Santa Sede, con l’esclusione però della presenza dei monaci nel monastero. Brigida è ormai settantenne. Spossata dai pellegri-naggi e dalle penitenze, continua a obbedire agli ordini di Cristo: «Preparati al viaggio in Palestina». Al mo-mento di levare l’ancora a Ostia con tre dei suoi figli, Karl, Caterina e Birger, mormora: «Torneremo tutti tranne uno di voi che io amo moltissimo». In effetti, du-rante lo scalo a Napoli, la bella regina Giovanna si inva-ghisce di Karl, la cui moglie è rimasta in Svezia e, decisa a fare annullare il suo primo matrimonio, prepara nuo-ve nozze. Brigida, straziata, prega e digiuna, come la Re-gina Bianca che dice a San Luigi: «Figlio mio, ti preferi-rei morto ai miei piedi piuttosto che vederti commettere anche un solo peccato mortale». Ed è quello che succe-de, poiché Karl si ammala gravemente e muore penten-dosi dei propri peccati fra le braccia della madre e della sorella. Brigida riprende il mare e, dopo essersi fermata in Sicilia e a Cipro, dove compie molte opere di bene, sbarca in Terra Santa, non senza perdere l’imbarcazione con tutto il suo carico in prossimità delle coste palesti-nesi. «Rendo grazie a Dio», dice, «per essere giunta po-vera sulla terra dove il Salvatore ha vissuto in povertà». Percorrendo tutta la Terra Santa, ad ogni tappa Bri-gida riceve grazie straordinarie, e nelle sue visioni rive-de tutta la vita della Vergine e del Salvatore. Il fedele Petrus ne annota i racconti in latino, portando avanti il Libro delle Rivelazioni. Un giorno Brigida, inginocchia-ta davanti alla tomba di Gesù, ha la rivelazione dell’in-gresso in cielo di Karl. Una voce le dice: «Si chiamerà per tutta l’eternità figlio delle tue lacrime». Brigida riprende il mare in uno stato di grande debo-lezza e di malattia. Sbarca a Napoli, dove imperversa la peste, e qui viene supplicata affinché ponga fine all’epi-demia. Così, dopo avere pregato, ella chiede nel nome del Signore che la gente faccia penitenza. La regina Gio-vanna, di cui ha toccato il cuore, non vuole più lasciarla partire, ma Brigida, sfinita, viene riportata a Roma, dove deperisce, soffrendo molto nell’anima e nel corpo. Ma, alla fine, viene a consolarla Cristo stesso, e i suoi ultimi giorni di vita si trasformano in un’estasi continua. Il 23 luglio del 1373, durante la messa mattutina cele-brata nella camera di Brigida, quando il sacerdote solleva l’ostia per la consacrazione, Brigida si protende in avanti e dice: «Fra le tue mani, Signore, rimetto il mio spirito», e cade inerte. Tutta la città si reca a venerare il suo corpo rivestito con l’abito dei terziari francescani e in quell’oc-casione si compiono miracoli. Brigida venne inizialmente inumata nella basilica di San Lorenzo, poi Caterina la sposta a Vadstena, dove la madre aveva desiderato vivere e morire. Ovunque, lungo il viaggio di ritorno in Svezia, si moltiplicano i miracoli; sembra addirittura che una stella guidi gli svedesi attraverso gli scogli del Baltico, sparendo all’arrivo in patria. Brigida e Caterina tornano a casa dopo un assenza durata venticinque anni! Caterina è santa come la madre; come lei ha visioni e rivelazioni, ma, a differenza di Brigida, profetessa e portavoce di Dio, tace. è lei che realizza i progetti che il Signore ha sull’unico Ordine svédese esistente, e diven-ta badessa di Vadstena. Brigida viene canonizzata da Bonifacio IX nel 1391 e la veridicità delle sue rivelazioni viene riconosciuta dal Concilio di Costanza nel 1415. Nel 1482, anche Cateri-na assurge agli onori dell’altare. Brigida mette laboriosamente per iscritto ogni vo-lontà divina. Ossessionata, al punto di provare dolore, dalla salvezza delle anime, rinnova gli appelli alla con-versione; le sue rivelazioni più note raccontano le visio-ni avute sul Giudizio finale, sul purgatorio, sull’inferno e sulla Passione di Cristo. Attraverso la bocca dell’aral-do divino, si intuisce l’insegnamento di Dio: fare uscire le anime dal loro torpore materialista; il purgatorio, l’in-ferno esistono, Brigida li ha visti, li ha descritti con par-ticolari terrificanti. Questo salutare risveglio operato dal timore è destinato unicamente a spingere l’anima fra le braccia della Misericordia, inchiodate per lei sulla Cro-ce. Per Brigida, la meditazione della Passione è la mi-gliore scuola della santità, il libro più dotto del mondo, la consolazione di tutte le pene. Le anime sono attratte dalle parole di Cristo in croce: «Cos’è il pane che desi-dero, se non il perfezionamento delle anime e la contri-zione del cuore, il sospiro del divino e l’umiltà che bru-cia d’amore?». Il messaggio di Brigida è contenuto in queste poche parole, che riassumono il desiderio acco-rato dell’Amore-Creatore per la sua creatura.

Brigitte Baudonnet

Brigida temeva che le parole dei suoi libri, frutto di rivelazioni divine, fossero infirmate e calunniate dagli invidiosi e dai malvagi. Nostro Signore le disse: «Ho due braccia: con uno abbraccio il cielo e tutto quello che contiene; con l’altro la terra e il mare. Apro il primo ai miei eletti, onorandoli e consolandoli in terra e in cie-lo. Stendo l’altro sulle cattiverie umane, sopportandole con misericordia e ponendo loro un freno affinché non compiano tutto il male desiderato. Dunque non abbiate timore, tanto più che nessuno potrà infirmare le mie pa-role; esse, anzi, raggiungeranno luoghi e nazioni a me graditi. Ma sappiate che tali parole sono come l’olio, e per questo devono essere meditate, considerate e spie-gate, ora dagli invidiosi, ora da chi le vuole conoscere, ora da chi desidera che si prodighino il mio onore e la mia pazienza». Libro VI. 100

MARIA
La Vergine, vetro puro

«Io sono il Creatore del cielo e della terra, una sola cosa, divina, con il Padre e lo Spirito Santo. Io sono co-lui che parlava ai patriarchi e ai profeti, colui che essi attendevano. è per soddisfare i loro desideri, secondo la mia promessa, che mi sono fatto uomo senza peccato né concupiscenza, entrando nel seno della Vergine, simile a un sole splendente che attraversa il vetro puro e tra-sparente. E, così come il sole attraversa il vetro senza danneggiarlo, la carne di Maria non è stata lesa né offe-sa, quando ho assunto attraverso lei la mia umanità. Ora, ho assunto l’umanità senza tuttavia smettere di es-sere divino. E sebbene fossi nel ventre della Vergine come essere umano, non di meno ero una cosa sola, divina, con il Padre e con lo Spirito Santo, guidando e colmando tut-te le cose, tanto che, così come lo splendore non si se-para mai dal fuoco, allo stesso modo la mia natura divi-na non si è mai separata dalla natura umana, nemmeno nella morte». Libro 1, 1

Maria intercede per i peccatori

…Allora la Madre di Dio, la Santa Vergine Maria, che all’inizio era rimasta in silenzio, parlò in questi ter-mini: «Mio Signore e amatissimo Figlio, nel mio ventre sei stato vero Dio e vero uomo; mi hai santificata con la tua bontà, io che ero un semplice vaso di terra. Ti pre-go, abbi pietà di loro ancora una volta». Allora nostro Signore rispose alla Madre: «Benedet-te siano le parole della tua bocca! Essa si è innalzata verso Dio come un profumo aromatico. Tu sei la gloria e la Regina degli angeli e dei santi, poiché hai in un cer-to qual modo consolato la divinità e rallegrato tutti i santi. E poiché la tua volontà è stata, sin dall’inizio della tua giovinezza, unita alla mia, farò ancora una volta quello che mi chiedi». E disse all’amata celeste: «Poiché hai combattuto con generosità, mi placherò di nuovo grazie alla tua carità. Salverò e guarirò chi è stato op-presso dalla violenza, l’onorerò con una forza cento vol-te superiore alle calunnie espresse nei suoi confronti. Darò la pace e la misericordia a quanti si faranno vio-lenza e mi chiederanno misericordia; e quelli che li di-sprezzeranno sentiranno e proveranno su di sé la mia giustizia». Libro 1, 5

Come lodare Maria e suo Figlio

«Io sono la Regina del cielo. Bisogna cercare con cu-ra il modo in cui lodarmi. Siate certi che qualsiasi lode a mio Figlio è una lode anche a me, e che quanti l’onora-no onorano anche me. Infatti ci siamo amati vicendevol-mente con tanto fervore che siamo stati un cuore solo; egli ha onorato in modo particolare me che ero un sem-plice vaso di terra, e mi ha esaltata al di sopra degli an-geli. è questo dunque il modo in cui dovete lodarmi: Benedetto sii tu, Dio! Creatore di tutte le cose, che ti sei degnato di scendere nel seno della Vergine Maria senza disagio, e di assumere da lei una carne umana sen-za peccato! Benedetto sii tu, Dio! che ti sei incarnato nella Vergine Santa e sei nato da lei senza peccato, col-mando di sussulti di gioia ineffabile la sua anima e tutte le sue membra! Benedetto sii tu, Dio! che hai rallegrato la Vergine Maria, tua Madre, dopo l’Ascensione, dando-le tante meravigliose consolazioni, e che l’hai visitata consolandola in modo divino! Benedetto sii tu, Dio! che hai portato in cielo il corpo e l’anima della Vergine Ma-ria, tua Madre, e che l’hai posta con onore accanto alla divinità, al di sopra di tutti gli angeli. Abbi misericordia di me grazie alle mie preghiere innamorate». Libro 1, 8

Il dolce amore di Gesù per la Vergine

«Io sono la Regina del cielo. Amate mio Figlio, poi-ché è onestissimo; e quando egli sarà in voi, sarete one-sti. Egli è amabilissimo; e quando sarà in voi, avrete tut-to ciò che è amabile. Amatelo perché è virtuosissimo; e quando sarà in voi, avrete ogni virtù. Desidero dirvi con quante delizie ha amato il mio corpo e la mia anima, e quanto ha onorato il mio nome. Ora, avendo io un corpo, Dio, al momento di creare la mia anima, l’ha calata nel mio corpo, e d’un tratto la mia anima e il mio corpo sono stati santificati, anima che gli angeli hanno custodito e conservato giorno e notte non appena è stata creata; e quando la mia anima è stata santificata e unita al mio corpo, mia madre ha provato così tanta gioia che è impossibile esprimere a parole. Dopo avere compiuto la mia esistenza, per pri-ma cosa egli ha innalzato la mia anima, che dominava il corpo, verso Dio, in grado sommamente superiore agli altri, e poi il mio corpo, tanto che il corpo di nessuna creatura è così vicino a Dio come il mio. Potete vedere, dunque, quanto mio Figlio abbia amato il mio corpo e la mia anima. Eppure alcuni hanno uno spirito maligno, e negano che io sia stata elevata verso Dio nel corpo e nell’anima. Potete vedere anche quanto mio Figlio abbia onora-to il mio nome: il mio nome è Maria, come si legge nei Vangeli. Quando gli angeli odono il mio nome, si ralle-grano in cuor loro e rendono grazie a Dio, che ha con-cesso loro una grazia e un favore tali che, attraverso me e con me, essi vedono l’umanità di mio Figlio glorificata in Dio. Quando gli angeli buoni sentono pronunciare il mio nome, si avvicinano subito agli uomini giusti di cui sono i custodi, e gioiscono meravigliosamente dei progressi dei loro protetti. […] Anche i diavoli temono il nome di Maria e lo riveri-scono, poiché, quando lo odono, abbandonano imme-diatamente l’anima che tengono prigioniera, come un uccello rapace che stringe la preda fra gli artigli e nel becco, e la lascia se viene disturbato». Libro 1. 10

La Vergine Maria parla di sé a sua figlia Brigida

«Io sono la Regina del cielo, la Madre di Dio… Da quando, all’inizio dell’infanzia, conobbi il Signore, fui sempre attenta e timorosa per la mia salvezza e la mia obbedienza a lui. Quando seppi che Dio era il mio crea-tore e il giudice di tutte le mie azioni, l’amai intimamen-te; in ogni momento temetti di offenderlo con le mie parole e le mie azioni. Poi, quando seppi che aveva dato la legge e i suoi comandamenti al popolo, e che con essi aveva compiuto molte meraviglie, decisi risolutamente nella mia anima di non amare altri che lui; e le cose del mondo mi davano grande amarezza. Quando, venni a conoscenza anche del fatto che Dio avrebbe riscattato il mondo e sarebbe nato da una Vergine, mi sentii com-mossa e animata da così tanto amore nei suoi confronti, che pensavo solo a lui e non desideravo altri che lui. Mi allontanai il più possibile dai discorsi di tutti i giorni, e dalla presenza di genitori e amici; diedi ai poveri tutto ciò che avevo, e tenni per me solo un abito semplice e poche cose per vivere. Non mi piaceva nulla che non fosse Dio. Nel mio cuore nutrivo il desiderio incessante di vivere fino al giorno della sua nascita, per meritare di essere la serva della Madre di Dio, sebbene non mi rite-nessi degna di ciò. Dentro di me feci voto di rimanere vergine, se ciò era gradito a Dio, e di non possedere nient’altro al mondo. Ora, se la volontà di Dio fosse stata diversa, avrei desiderato che fosse fatta la sua volontà, non la mia, perché temevo che egli non potesse e non volesse niente che fosse utile per me; per questo, dunque, mi rimisi al-la sua volontà. Poiché si avvicinava il tempo della pre-sentazione delle vergini al Tempio, secondo la legge, che i miei genitori rispettavano, venni presentata con le altre fanciulle; dentro di me pensavo che nulla fosse im-possibile a Dio; e poiché egli sapeva che non desideravo né volevo altri che lui, poteva conservarmi nella vergi-nità, se ciò gli era gradito; diversamente, che fosse fatta la sua volontà. Dopo avere udito al Tempio ogni disposizione ed essere tornata a casa, bruciavo ancora di più dell’amore di Dio, ed ogni giorno ero accesa da un nuovo fuoco e da nuovi desideri di lui. Per questo mi allontanai più del consueto da tutti, rimanendo sola giorno e notte, con il grande timore che la mia bocca dicesse e che le mie orecchie udissero qualcosa contrario all’amore di Dio, o che i miei occhi vedessero qualcosa di delizioso. Temevo, inoltre, che il mio silenzio mi impedisse di esprimere quello che invece dovevo dire, ed ebbi cura di non fare quest’errore; essendo così turbata nel mio cuore e riponendo ogni mia speranza in Dio, d’un tratto mi ricordai di pensare all’immensa potenza divina, al modo in cui gli angeli e tutto il creato lo servono, e a quanto la sua gloria sia ineffabile e infinita. In estasi, vidi tre meraviglie: un astro, ma non come quello che splende in cielo; una luce, ma non come quel-la che brilla nel mondo; e sentii un profumo, ma non co-me quello delle erbe o di qualche sostanza aromatica, bensì soavissimo e ineffabile, un profumo di cui fui col-ma; ed ebbi un fremito di grande gioia. A quel punto, udii una voce profonda, ma non era una voce umana; e, dopo averla sentita, ebbi il timore che fosse stata un’illu-sione. D’improvviso mi apparve un angelo, simile a un uomo bellissimo, ma non di carne, che mi disse: «Ti salu-to, piena di grazia…». Dopo averne udito le parole, cer-cai di capirne il significato, o il motivo per cui mi avesse salutato in questo modo, poiché ero persuasa di essere indegna di una cosa simile e di qualsiasi bene mi venisse offerto, ma non ignorai il fatto che nulla era impossibile a Dio, e che egli poteva fare di me ciò che desiderava. Allora l’angelo mi disse per la seconda volta: «Colui che nascerà da te è santo, e si chiamerà Figlio di Dio (cfr. Lc 2); e sarà fatta la sua volontà». Io non credevo di esserne degna, e non chiesi all’angelo perché o quan-do si sarebbe compiuto tale mistero; tuttavia mi infor-mai sul modo in cui sarebbe avvenuto, poiché ero inde-gna di essere la Madre del Signore, e non conoscevo uo-mo; come ebbi pronunciato queste parole, l’angelo mi rispose che nulla era impossibile a Dio, e che ogni suo desiderio si sarebbe realizzato. Dopo aver udito l’angelo, provai un immenso desi-derio di essere la Madre di Dio, e mi sentii ricolma di un grande amore; la mia anima parlava con uno smisu-rato amore incomparabile. Per questo pronunciai le pa-role: ‘Sia fatta in me la tua volontà’. A queste parole, il Figlio di Dio fu immediatamente concepito nel mio seno; la mia anima avvertì una gioia ineffabile e tutte le membra del mio corpo ebbero un sussulto. Lo custodivo in me e lo portavo senza dolore, senza pesantezza, senza disagio; mi umiliavo in ogni co-sa, sapendo che colui che portavo in me era onnipotente. Quando lo diedi alla luce, lo partorii senza dolore e senza peccato, così come l’avevo concepito, ma con una tale gioia nello spirito e nel corpo che i miei piedi quasi non toccavano la terra. E così come era entrato in tutte le mie membra con la gioia universale della mia anima, allo stesso modo ne uscì senza ledere la mia verginità, mentre le mie membra e la mia anima trasalivano di gioia ineffabile. Considerando e ammirando la sua bel-lezza, la mia anima era colma di gioia, poiché sapevo che ero indegna di un simile Figlio. Quando guardavo le sue mani e i suoi piedi nel pun-to in cui sarebbero stati conficcati i chiodi, poiché ave-vo sentito che, secondo i profeti, sarebbe stato crocifis-so, i miei occhi si scioglievano in lacrime, e la tristezza mi straziava il cuore. E quando mio Figlio mi vedeva così sconsolata e lacrimosa, si rattristava tantissimo. Ma quando pensavo alla potenza divina, mi consolavo di nuovo, poiché sapevo che Dio voleva ciò e che era op-portuno che le profezie si avverassero; allora conforma-vo la mia volontà alla sua; così il mio dolore si fondeva sempre con la gioia». Libro 1, 9

Piacevole conversazione fra Maria e suo Figlio

La Madre di Dio dice al Figlio: «Figlio mio, sei re della gloria; sei Signore su tutti i signori; hai creato il cielo, la terra e tutto ciò che contengono: per questo si compia il tuo desiderio e sia fatta la tua volontà». Risponde il Figlio: «Come dice il vecchio proverbio, quello che si è imparato in gioventù, lo si ricorda nella vecchiaia. Così per te, Madre mia! In gioventù hai im-parato a seguire la mia volontà, rinunciando alla tua per amore mio; è per questo che hai detto bene: ‘Sia fatta la tua volontà’. Sei come l’oro prezioso che viene adagiato e sagomato sull’incudine, poiché sei stata forgiata da ogni sorta di tribolazioni e hai sofferto mille mali duran-te la mia indicibile Passione; infatti, quando il mio cor-po era spezzato sulla croce dall’intensità del dolore, il tuo cuore ne era ferito come se fosse stato trafitto con un ferro che strazia, e avresti permesso che fosse lacera-to, se solo lo avessi voluto; in verità, ti saresti opposta alla mia Passione e avresti desiderato la mia vita solo se ciò fosse stato conforme alla mia volontà. Perciò dici a ragion veduta: ‘Sia fatta la tua volontà’». Libro 1, 20

La Chiesa riceve la misericordia di Dio per intercessione della Vergine Maria

Il Padre eterno rivolse le seguenti parole all’intera corte celeste che lo ascoltava: «Davanti a voi mi lamen-to: ho dato mia figlia (la Chiesa) a un uomo che l’afflig-ge troppo e la tiene miseramente in ceppi, tanto che tut-to il suo midollo scorre ai suoi piedi». Il Figlio gli rispo-se: «è colei che ho riscattato con il mio sangue e che ho sposato per amore; ma ora mi viene sottratta con violen-za?». Poi la Madre di Dio disse: «Voi siete mio Dio e mio Signore, e il mio corpo ha accolto le membra di tuo Figlio e del mio vero Figlio. Ora, non vi ho rifiutato nulla quando ero sulla terra: per questo abbiate pietà di vostra figlia per amore delle mie preghiere». Allora il Padre rispose al Figlio: «Figlio mio, le tue lamentele sono le mie, le tue parole le mie, le tue opere le mie. Sei in me ed io sono in te in modo inseparabile. Sia fatta la tua volontà». Poi, disse alla Vergine Santa, Madre di Dio: «Poiché non mi hai rifiutato nulla quan-do eri sulla terra, io non voglio rifiutarti nulla ora che sei in cielo. Sia fatta la tua volontà». Libro 1, 24

La Vergine Maria parla dell’umiltà

(Nel paragrafo precedente, la Vergine parla della su-perbia che paragona a una signora seduta su uno scanno molto alto, dove può sedere soltanto da sola,’ per raggiun-gerlo bisogna passare per tre porte che corrispondono a tre livelli d’orgoglio sempre maggiori) «Io che sono umilissima», dice la Vergine Maria, «siedo in un luogo spazioso, e sopra di me non ci sono né la luna né il sole, bensì una serenità inestimabile e meravigliosa, che deriva dalla maestà divina. Sotto di me non ci sono né terra né pietre, ma un incomparabile riposo in seno alla divina verità. Accanto a me non ci sono mura, ma la gloriosa compagnia degli angeli e del-le anime beate. Sebbene io sia seduta così in alto, odo i gemiti e vedo le lacrime dei miei amici sulla terra. Vedo che le loro pene e la loro forza sono più grandi di quelle di chi combatte per signora Superbia; per questo andrò a visitarli e li metterò sul mio trono, che è spazioso e può contenerli tutti. Tuttavia essi non possono ancora raggiungermi fin tanto che due muri ci separano, muri attraverso cui li condurrò di sicuro, affinché arrivino al mio trono. Il primo muro è il mondo stretto e severo; perciò consolerò i miei servitori. Il secondo è la morte: ma io sono la loro cara Signora e Madre, li guiderò; li assisterò durante il trapasso affinché, nella morte, trovi-no conforto e consolazione. Li terrò accanto a me sul trono della gioia celeste, perché, con dilettazione perpe-tua e gloria eterna, riposino per sempre con gioia ine-sprimibile». Libro 1, 29

La Vergine adorna di una corona e di altri ornamenti

La Santa sposa Brigida vede la Madre di Dio, Regi-na del cielo, che porta sul capo una corona inestimabile. I suoi capelli, luminosi e bellissimi, ricadono sulle spal-le. La Vergine indossa una tunica d’oro scintillante e un mantello blu come il cielo; Brigida cade in un’estasi contemplativa, come se la vita interiore l’alienasse da se stessa. D’un tratto le appare San Giovanni Battista, che le dice: «Ascolta con attenzione: sto per rivelarti il signi-ficato di tutto ciò. La corona indica che la Santa Vergine è Regina, Si-gnora, Madre del Re degli angeli. I capelli sparsi signifi-cano che è vergine purissima e assolutamente perfetta. Il suo mantello blu come il cielo denota che per lei tutte le cose temporali sono morte. La sua tunica d’oro sim-boleggia che ha provato un amore e una carità ardenti, sia interiormente che esteriormente. Suo Figlio ha posto nella sua corona sette gigli, il primo è la sua umiltà; il secondo il timore; il terzo l’ob-bedienza; il quarto la pazienza; il quinto la serenità; il sesto la dolcezza, poiché dare a chiunque chieda si addice a coloro che sono dolci; il settimo è la misericordia nel bisogno: in qualsiasi necessità si trovino gli uomini, essi si salvano se la invocano. Il Figlio di Dio ha posto fra questi sette gigli sette pietre preziose: la prima è la sua eminente virtù, poi-ché negli spiriti non c’è virtù tale che questa Vergine Santa non abbia in sé in sommo grado; la seconda è una purezza perfetta, poiché questa Regina del cielo è stata così pura che in lei non c’è mai stata la minima macchia di peccato, e nessun demone è riuscito a tro-vare in lei alcuna impurità. Ella è davvero purissima, perché era opportuno che il Re della gloria riposasse unicamente in un vaso purissimo e di prima scelta, al di sopra degli angeli e degli uomini. La terza pietra preziosa è la bellezza, tanto che i santi lodano Dio per la bellezza di sua Madre, e si compie così la gioia di tutti gli angeli, di tutti i santi e di tutte le sante. La quarta pietra preziosa della corona è la saggezza della Vergine Madre, poiché, essendo adorna di fulgore e di bellezza, ella è stata colmata e dotata di ogni saggezza da Dio. La quinta è la forza, poiché ella è così forte at-traverso Dio che può distruggere e disperdere tutto ciò che è stato creato. La sesta pietra è il suo sfavillìo e la sua luminosità, poiché gli angeli, i cui occhi sono più chiari della luce, ne sono illuminati, e i demoni, abbacinati dalla sua bellezza, non osano guardare il suo splendore. La settima pietra è la pienezza di ogni dilettazione, di ogni dolcezza spirituale, presente in lei con tale ricchezza che non c’è gioia che non sia accre-sciuta dalla sua, né dilettazione che non si completi con la sua vista beata; poiché ella è stata colmata di grazia al di sopra di tutti i santi; poiché è vaso di pu-rezza in cui si trovano ogni dolcezza e ogni bontà. Suo Figlio ha posto queste pietre fra i gigli che erano sulla corona della Vergine. Onorala, dunque, sposa del Fi-glio! e lodala con tutto il cuore, perché ella è degna di ogni onore e di ogni lode». Libro 1, 31

Il dolore della Vergine accanto alla Croce

«Pensa, figlia mia», diceva la Vergine Maria, «alla Passione di mio figlio, le cui membra sono state quasi le mie membra, e il cui cuore è stato quasi il mio cuore: poiché lui, come gli altri figli, ha abitato nel mio seno, ma è stato concepito con un amore fervente per amore divino. San Giovanni, suo cugino, dice a ragion veduta ‘il Verbo si è fatto carne’, perché con incomparabile ca-rità egli è venuto ed è restato in me. Ora, la Parola e l’Amore lo hanno creato in me. Avevo l’impressione che metà del mio cuore uscisse da me, e quando egli soffri-va, provavo il suo dolore, come se il mio cuore soppor-tasse i suoi tormenti. Infatti, così come, se si punge la parte esterna di una persona, ne risente anche il suo in-terno, così quando mio Figlio veniva percosso e flagella-to, lo stesso provava anche il mio cuore. Io sono stata anche colei che gli è rimasta più vicino durante la Passione. Non mi sono mai separata da lui e sono restata accanto alla croce; così come ciò che è più vicino al cuore è afflitto più duramente, così il suo dolo-re era più amaro per me che per chiunque altro. Quan-do egli mi ha guardato dall’alto della croce ed io gli ho restituito lo sguardo, dai miei occhi sgorgavano fiumi di lacrime; e quando ha visto che ero spezzata dal dolore delle sue piaghe, gli è parso che la sua sofferenza si cal-masse. Perciò oso dire che il suo dolore era il mio dolo-re, poiché il suo cuore era il mio cuore; così come Ada-mo ed Eva hanno venduto il mondo per una mela, così il mio caro Figlio ed io lo abbiamo riscattato con il no-stro cuore». Libro I, 35

Tutte le virtù e tutte le grazie sono custodite nella Vergine Maria

«Ci sono tre cose in particolare per cui sono pia-ciuta a mio Figlio», diceva la Madre di Dio alla sposa: «- l’umiltà, tanto che nessun uomo, nessun angelo e nessuna creatura era più umile di me; – ho eccelso nell’obbedienza, perché mi sono sforzata di obbedire a mio Figlio in ogni cosa; – ho avuto in sommo grado una carità singolare, e per questo sono stata onorata tre volte tanto da lui, poiché per prima cosa sono stata onorata dagli angeli e dagli uomini, tanto che non c’è virtù divina che non risplenda in me, sebbene egli sia l’origine e il Creatore di tutte le cose. Io sono la creatu-ra cui egli ha concesso una grazia più eminente che a tutte le altre creature. In secondo luogo, ho ottenuto una grande potenza, grazie alla mia obbedienza, tanto che non c’è peccatore, per quanto corrotto, che non ottenga il suo perdono se si rivolge a me con cuore contrito e il fermo proposito di fare ammenda. In terzo luogo, attraverso la mia carità, Dio si avvicina a me a tal punto che chi vede Dio, vede me, e chi vede me, può vedere in me, come in uno specchio più perfetto di quello degli altri, la divinità e l’umanità, e me in Dio; infatti chiunque vede Dio, vede in lui tre Persone; e chiunque vede me, vede tre Persone, dato che il Si-gnore mi ha rinchiuso dentro di sé con la mia anima e il mio corpo, e mi ha colmato di ogni genere di virtù, tanto che non c’è virtù in Dio che non risplenda in me, sebbene Dio sia il Padre e l’autore di tutte le virtù. Quando due corpi si uniscono, l’uno riceve quello che riceve l’altro: lo stesso succede tra me e Dio, poiché in lui non c’è dolcezza che non sia per così dire in me, come colui che ha il gheriglio di una noce e ne dà metà a un altro. La mia anima e il mio corpo sono più puri del sole e più lucidi di uno specchio. Così come in uno specchio si possono vedere tre persone, se fossero pre-senti, allo stesso modo è possibile vedere nella mia pu-rezza il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo, poiché ho portato il Figlio nel mio seno; ora lo si vede in me con Dio e l’umanità come in uno specchio, perché sono pie-na di gloria. Sforzati dunque, sposa di mio Figlio! di se-guire la mia umiltà e di non amare altri che mio Figlio». Libro I, 42

Parole di lode scambiate fra la Madre e il Figlio in presenza della sposa

La Vergine Maria parlava a suo Figlio, dicendo: «Sii benedetto, Figlio mio, tu che sei senza inizio e senza fi-ne; tu che sei stato l’uomo più abile e più virtuoso che sia mai esistito; tu che sei stato la creatura più degna del mondo!». Il Figlio rispose dicendo: «Madre mia, le parole che escono dalla tua bocca mi sono gradite, e nutrono i pen-sieri più segreti del mio cuore in modo dolce e soave; tu per me sei più dolce di qualsiasi altra creatura. Sebbene io ami i santi, amo te con amore ancora più ardente, più singolare e più eccelso, perché sono stato generato dalla tua carne. Sei come la mirra di prima qualità, il cui pro-fumo sale fino a Dio e lo conduce nel tuo corpo: lo stes-so profumo ha attirato a sé il tuo corpo e la tua anima. Sii benedetta, perché gli angeli si rallegrano per la tua bellezza; e, grazie alla tua virtù, chiunque ti invochi con cuore puro sarà liberato. Tutti i demoni tremeranno da-vanti alla tua luce». Libro 1, 46

Parole di lode e di benedizione scambiate tra la Madre e il Figlio

La Madre di Dio parlava a suo Figlio, dicendo: «Ca-ro Figlio mio, che il tuo nome sia benedetto in eterno con la tua divinità infinita! Nella tua divinità ci sono tre cose meravigliose: la tua potenza, la tua saggezza e la tua virtù. La tua potenza infinita è come un fuoco che arde, davanti a cui tutto ciò che è forte e rigido si spezza e si rompe, come la paglia seccata dal fuoco. La tua saggez-za imperscrutabile è come il mare, che non può inaridir-si tale è la sua grandezza, che copre le valli e le monta-gne; e come i flutti impetuosi salgono e scendono, allo stesso modo, nessuno può giungere alla conoscenza della tua saggezza, né può trovare la strada per sondarla ed arrivarci. Con quanta saggezza hai creato l’uomo e l’hai formato e messo al di sopra di ogni creatura! Con quan-ta saggezza hai disposto ‘gli uccelli nell’aria, gli animali sulla terra, i pesci nel mare, dando ad ognuno di loro un tempo e un ordine! Con quanta saggezza hai reso saggi gli stolti, e stolti i superbi! La tua virtù, insigne e prodi-giosa, è come la luce del sole che splende in cielo e colma la terra del suo splendore, così come la tua virtù, che sazia le cose del cielo e della terra e le ricolma tutte. Per questo tu sii benedetto, caro Figlio mio! Tu che sei il mio Dio gentile e il mio Signore maestoso!». il Figlio rispose: «Madre amatissima, le tue parole sono dolci e piacevoli per me, perché sono pronunciate dalla tua anima, assolutamente bella e pura. Come la bella e bionda aurora, ti alzi al mattino con luminosità e serenità gettando i tuoi raggi su tutti i cieli, e la tua luce e il tuo fulgore superano ogni angelo. Con la grazia inef-fabile, hai dolcemente attirato a te il sole, ossia la mia divinità, e poiché il sole della mia divinità è giunto a te, si è legato e unito a te; e sei stata riscaldata più di chiun-que altro dal suo calore attraverso il mio amore, e grazie alla mia saggezza divina sei stata illuminata, più di chiunque altro, dal suo splendore. Per merito tuo si so-no dissipate le spesse tenebre della terra e tutti i cieli si sono illuminati. In verità ti dico che la tua incomparabi-le purezza, che mi è piaciuta più di quella degli angeli, ti ha valso la mia adorabile divinità, affinché tu fossi in-fiammata dal fuoco di questo Spirito divino, con il qua-le hai rinchiuso in te il vero Dio e il vero uomo, e attra-verso cui ogni uomo è stato illuminato e gli angeli si so-no rallegrati. Madre mia! Sii dunque benedetta dal tuo Figlio be-nedetto. Per questo non domanderai nulla che non ti sia concesso; e per merito tuo chi mi chiederà misericordia con il desiderio di correggere i propri errori, riceverà la mia grazia, perché, così come il calore proviene dal sole, allo stesso modo attraverso te giungerà ogni misericordia: perché tu sei come una fontana che si espande ovunque e dalla quale la misericordia sgorga sui malvagi». La Madre rispose nuovamente al Figlio: «Figlio mio, che ogni gloria e ogni virtù siano con te. Tu sei mio Dio e mia misericordia. Tutto ciò che mi è caro è tuo. Tu sei come il seme che non è stato seminato, e che tuttavia è cresciuto e ha fatto frutti cento, mille volte tanto. Ogni misericordia trae origine da te; ed essendo indicibile e infinita, può giustamente essere espressa con il numero simbolico cento, sinonimo di perfezione, perché qual-siasi perfezione e qualsiasi beneficio dipende da te». Allora il Figlio disse alla Madre: «Madre mia, mi hai paragonato a ragion veduta al seme che non è stato se-minato, e che tuttavia è cresciuto, perché sono cresciuto in te con la mia divinità e la mia umanità, ed essa non è stata seminata con mescolanza, eppure è cresciuta in te, e da essa è sgorgata in abbondanza la mia misericordia in tutti e per tutti; per questo ti sei espressa bene. Ora, quindi, chiedi tutto ciò che vuoi, e ti sarà dato, perché tu invochi la mia infinita misericordia con la forza e con le dolci parole della tua bocca». La Madre gli rispose dicendo: «Figlio mio, poiché ho ricevuto ed ottenuto la tua misericordia, oso chie-derti misericordia e soccorso per i poveri miserabili. Fi-glio mio e mio Signore, concedi loro la tua misericordia attraverso le mie preghiere». Il Figlio rispose: «Chiunque invochi il tuo nome e abbia fiducia nelle tue preghiere, con la volontà di cor-reggersi e fare ammenda dei suoi errori, dapprima rice-verà queste tre cose, e poi il regno celeste, perché avver-to così tanta dolcezza nelle tue parole, che non posso ri-fiutare quello che mi chiedi; poiché anche tu desideri solo ciò che voglio io. Infine, sei come una fiamma lu-minosa e ardente, attraverso la quale le luci spente si so-no accese e il cui ardore cresce: così, grazie alla tua ca-rità, che è salita al mio cuore e mi ha attirato verso te, chi è stato sorpreso nel peccato dalla morte, rivivrà nel-la vita vivente del mio amore infinito». Libro 1, 50

Maria paragonata a un fiore

La Madre di Dio parlava al Figlio, dicendo: «Il tuo nome sia benedetto in eterno, Gesù Cristo, caro Figlio mio! Alla tua umanità sia reso onore al di sopra di tutto il creato! Sia resa gloria alla tua divinità eterna, sopra ogni cosa, divinità che è Dio con la tua umanità! » Il Figlio rispose: «Carissima Madre mia, sei simile a un fiore che si è schiuso, cresciuto in una valle vicino a cui c’erano cinque montagne. Quel fiore è spuntato da tre radici, con uno stelo dritto, senza nodi; quel fiore aveva cinque foglie colme di ogni soavità e dolcezza. Ora, quest’umile valle si è innalzata con il suo fiore al di sopra delle cinque montagne circostanti, e le sue foglie si sono ingrandite e protese su tutta la distesa del cielo e sopra i cori degli angeli. Questa valle sei tu, Madre ama-tissima, grazie all’umiltà che hai avuto più di chiunque altro. è la tua umiltà che ha superato le cinque monta-gne. Il primo monte era la potenza di Mosè che, attra-verso la mia legge, ha avuto potere sul mio popolo, co-me se questo popolo fosse stato tenuto in suo pugno: ma tu hai rinchiuso nel tuo seno il Signore e il legislato-re divino di tutte le leggi: per questo sei più alta di que-sta montagna. Il secondo monte era Elia, che è stato co-sì santo da cadere in estasi ed essere innalzato nel corpo e nell’anima in un luogo santo: ma la tua anima, carissi-ma Madre mia, è assurta, e con lei il tuo corpo purissi-mo, al di sopra di tutti i cori degli angeli: per questo sei più alta e più eminente di Elia. Il terzo monte era la for-za incomparabile di Sansone, che egli aveva più di ogni altro uomo, eppure il diavolo l’ha convinto e dominato con l’inganno e l’astuzia: ma tu hai dominato il diavolo con forza mirabile; per questo sei più forte di Sansone. Il quarto monte era Davide, che si è comportato secon-do il mio cuore e secondo la mia volontà, ma che, tutta-via, è caduto nel peccato abominevole e crudele: ma tu, Madre mia, hai seguito in tutto e per tutto le sentenze e i decreti della mia volontà, e non hai mai peccato. Il quinto ed ultimo monte era Salomone, che è stato colmato di saggezza e che tuttavia ha perso il senno: ma tu, Madre mia, sei stata riempita di ogni saggezza e non sei mai stata insensata, né indotta in errore né ingannata: per questo sei molto più eminente di Salomone. Ora questo fiore è nato da tre radici, poiché, sin dal-la giovinezza, hai avuto tre cose: l’obbedienza, la carità e l’intelligenza divina. Da queste tre radici è cresciuto uno stelo dritto e senza nodi, ossia la tua volontà che non si è piegata a nulla se non alla mia. Questo fiore ha anche cinque petali, che si sono aperti al di sopra dei cori degli angeli. In verità, Madre mia, sei tu questo fio-re dai cinque petali. Il primo petalo è la tua onestà, tanto che i miei ange-li, mentre l’osservavano, hanno visto che superava la lo-ro, che era molto più eminente in santità ed onestà della loro; per questo motivo sei più eccelsa degli angeli. U secondo petalo è la tua misericordia, così grande che quando vedi la miseria di tutte le anime, provi una grande compassione, ed hai sofferto e sopportato un’im-mensa pena alla mia morte. Gli angeli sono pieni di mise-ricordia; ma non provano dolore: tu, invece, carissima Madre mia, hai avuto pietà dei miserabili, quando avvertivi tutto il dolore della mia morte, hai voluto patire ed hai patito ancora più dolore grazie alla tua misericordia, piut-tosto che esserne esente: per questa ragione la tua miseri-cordia ha oltrepassato e superato quella di tutti gli angeli. Il terzo petalo è la tua dolcezza. Certo, gli angeli so-no buoni e miti, e desiderano il bene di tutti: ma tu, ca-rissima Madre mia, come un angelo, prima di morire hai avuto nell’anima e nel corpo la volontà di compiere del bene per tutti, e lo hai fatto in modo molto partico-lare; ed ora non lo rifiuti a nessuno che ti chieda, a ra-gione, di avere dei benefici: per questo la tua dolcezza è più eccelsa di quella degli angeli. Il quarto petalo è la tua prodigiosa e meravigliosa bellezza, poiché gli angeli, osservando fra di loro la bel-lezza degli uni e degli altri, e ammirando la bellezza di ogni anima e di ogni corpo, vedono che tutta la bellezza della tua anima è superiore all’intera creazione, e che l’onestà del tuo corpo è superiore a quella di tutti gli uomini, creati dal nulla: in questo modo, la tua bellezza supera gli angeli e tutto il creato. Il quinto petalo è la tua divina dilettazione, poiché non ti piace nulla all’infuori di Dio, così come nulla di-letta gli angeli se non Dio, e ognuno di loro sente e av-verte dentro di sé un’indicibile felicità. Ma quando han-no visto quali erano la contentezza e la gioia che provavi per Dio, in tutta coscienza è parso loro che la loro bru-ciasse come una luce nella divina carità; ma vedendo che la tua gioia era come una catasta di legno che brucia a fuoco vivo e ardentissimo, tanto alto che la sua fiam-ma si avvicinava alla mia divinità, ebbene, dolce Madre mia, essi conclusero che la tua felicità bruciava e si in-nalzava al di sopra di tutti i cori degli angeli; per questo dunque questo fiore ha avuto cinque petali, ossia l’one-stà, la misericordia, la dolcezza, la bellezza e l’immensa dilettazione, ed era colmo di ogni dolcezza e di ogni soavità. Ora, chiunque voglia gustare la dolcezza e la soavità, deve avvicinarsi ad esse e riceverle dentro di sé, come hai fatto tu, buona Madre mia; perché sei stata così amorosamente dolce con mio Padre, che egli ti ha accolta interamente nel suo spirito, e la tua dolcezza in-namorata gli è piaciuta fra tutte le altre. Questo fiore porta anche il seme da cui, con il calore e la virtù del sole, cresce il frutto. Ma questo sole bene-detto, ossia la mia divinità, ha ricevuto l’umanità nel tuo seno vergine: perché così come il seme, ovunque cada, genera un certo tipo di fiore, così le mie membra sono state conformi e simili alle tue; tuttavia, sono stato uo-mo, e tu sei stata Vergine Madre. Questa valle e il suo fiore sono stati sommamente innalzati al di sopra di tutte le montagne, quando il tuo corpo e la tua anima santa sono stati posti al di sopra di tutti i cori degli angeli». Libro 1,51

Parole di benedizione e di preghiera della Madre di Dio per suo Figlio

La Beata Vergine Maria parlava a suo Figlio dicen-do: «Sii benedetto, Figlio mio, tu che sei mio Dio, Si-gnore degli angeli e Re della gloria! Ti prego affinché le parole che hai predicato si radichino nel cuore dei tuoi amici, e si fissino e aderiscano al loro spirito come la pe-ce spalmata sull’arca di Noè con aderenza tale che i venti e le tempeste non poterono distruggerla; e che si propaghino e si spargano per il mondo come ramoscelli e fiori soavi e dolci, il cui odore si esala e si diffonde; che diano frutti, e diventino dolci come il dattero, la cui dolcezza diletta l’anima». L’amato Figlio le rispose: «Sii benedetta, cara Ma-dre mia! Il mio angelo Gabriele ti dice: ‘Maria, sii bene-detta fra tutte le donne’; io sono la testimonianza certa che tu sei benedetta e che sei santissima al di sopra di tutti i cori degli angeli. Sei come il fiore sbocciato nel giardino: sebbene sia circondato da fiori che emanano diversi profumi ed effluvi, il suo profumo, la sua bellez-za e la sua virtù superano quelli di ogni altro fiore. Questi fiori sono stati seminati nel giardino del mondo, si sono schiusi e hanno brillato attraverso varie virtù, tutte scelte ed elette da Adamo alla fine del mondo. Ma fra tutti quelli che sono stati e che saranno, hai avuto il profumo più eccelso e umiltà in sommo grado, nella bellezza aggraziata della tua verginità. Io sarò certa-mente testimonianza di te che sei stata più che martire nella mia Passione, più che angelo nella tua misericor-dia e nella tua buona volontà. Ecco perché, avendo udi-to la tua preghiera, radicherò le mie parole affinché, proprio come la pece, aderiscano con forza ai cuori dei miei amici; esse si dilateranno e si diffonderanno come fiori odoriferi e daranno frutti come il dattero, dolcissi-mo e soave». Maria simile all’arca La Vergine Maria parlava al Figlio carissimo, dicen-do: «Sii benedetto, Figlio mio, tu che sei mio Dio e Si-gnore degli angeli! Tu sei colui del quale i profeti han-no udito la voce, di cui gli apostoli hanno visto il corpo, e che gli ebrei e i tuoi nemici hanno ascoltato. Per que-sto sii benedetto, Figlio mio, senza fine e senza inizio!» Il Figlio le rispose dicendo: «Sii benedetta, tu che sei vergine e madre al tempo stesso! Tu sei l’arca che era secondo la legge e conteneva tre oggetti, ossia la ver-ga, la manna e la tavola. Sono state fatte tre cose con la verga: è stata tramutata in un serpente senza veleno; ha diviso le acque e infine ha fatto sgorgare l’acqua dalla pietra. Ed io, che sono restato nel tuo ventre ed ho as-sunto l’umanità da te, sono la rappresentazione di quel-la verga. Prima di tutto, sono tutto terribile e spaventoso per i miei nemici, proprio come il serpente per Mosè; poi-ché mi fuggono, e mi hanno in orrore come un serpen-te, sebbene sia pieno di ogni misericordia, e sia senza il veleno della perversità. Lascio che mi tengano con loro e mi tocchino, se desiderano farlo; se mi cercano mi vol-go a loro; se mi chiamano e invocano il mio aiuto, ac-corro, come la madre che si affretta dal figlio perso che ha ritrovato; se chiedono perdono per gli. errori che hanno commesso, concedo loro la mia misericordia e ri-metto i loro peccati. Faccio tutto questo per loro, anche se faccio loro ribrezzo come un serpente. In secondo luogo, questa verga ha separato il mare dal mare di sangue, e attraverso i fiumi del mio dolore ho liberato il cammino per andare in cielo, sino a quel momento chiuso dal peccato. Allora il mare si è diviso e si è aperta una strada completamente sgombra, quando il dolore di tutte le mie membra si è unito al mio cuore, che si è spezzato, a causa dell’intensità ditale dolore. Quando, in seguito, il popolo è passato attraverso il ma-re, Mosè non lo ha condotto subito nella Terra Promes-sa, ma nel deserto, per istruirlo e metterlo alla prova: al-lo stesso modo, il mio popolo, ora che ha ricevuto la fe-de e i miei comandamenti, non sale subito in cielo; prima è necessario che gli uomini siano messi alla prova nel deserto, ossia nel mondo, per vedere e verificare con quale amore amano Dio. Ma nel deserto il popolo ha provocato e irritato Dio in tre occasioni: in primo luogo quando ha eretto un idolo e l’ha adorato; poi perché ha rimpianto e deside-rato le carni di cui si cibava in Egitto; e ancora perché è stato superbo, quando ha voluto salire e combattere contro i nemici, senza la volontà di Dio. Allo stesso mo-do, ora gli uomini hanno peccato contro di me in que-sto mondo… Eppure io sono così misericordioso che se si convertiranno a me con cuore contrito, mi volgerò a loro e li riceverò come un padre pio riceve i figli. In terzo luogo, questa verga ha fatto sgorgare l’ac-qua dalla roccia. Questa pietra è il cuore indurito degli uomini, che non appena viene colpito dal timore e dal mio amore, fa sgorgare subito lacrime di contrizione e di penitenza. Nessuna persona, per quanto cattiva, non avverte un fremito in tutte le sue membra tale da spin-gerla alla devozione, e versa un fiume di lacrime, se si ri-volge a me; se pensa alla mia Passione nel suo intimo; se osserva la mia potenza; se soppesa e considera con at-tenzione la mia bontà, che dà frutti come la terra e gli alberi. Poi la manna è stata custodita nell’arca: così come il pane degli angeli, delle anime sante e di quelli che sono giusti sulla terra – cui non piace nulla se non la mia dol-cezza, e per i quali tutto il mondo è morto, e che, se so-lo lo volessi, desidererebbero essere privi della carne corporale – è stato custodito in te, che sei vergine e ma-dre nello stesso tempo. Da ultimo, in quest’arca erano conservate le tavole della legge: come avveniva in te, Madre mia, che custo-divi il Signore, il legislatore di tutte le leggi. Per questo Madre mia, sii benedetta fra tutte le cose che sono state create in cielo e in terra». Libro 1, 53

Il modo in cui Gesù viene calato dalla Croce

«Figlia mia» diceva la Santa Vergine Maria «devi pensare a cinque cose: prima di tutto alle membra di mio Figlio che diventarono fredde alla sua morte, e il sangue si congelò al loro interno; alla sua Passione che fu così amara che, trafitto il suo cuore con tanta cru-deltà, colui che gli inflisse una ferita con la punta di una lancia si fermò solo dopo essere passato da parte a par-te. Poi medita e pensa al modo in cui è stato calato dalla Croce. I due che lo tolsero e lo deposero a terra, usaro-no tre scale: una per salire fino ai piedi, la seconda per le braccia, la terza per il corpo. Il primo salì e lo tenne in mezzo. Il secondo, issandosi sull’altra scala, gli tolse dalla mano uno dei chiodi che avevano trapassato la croce e, dopo avere appoggiato la scala dall’altra parte, levò il chiodo anche dall’altra mano. Colui che reggeva il corpo, scese un gradino alla volta, come meglio pote-va, mentre l’altro saliva con la scala sino ai piedi, per strapparne i chiodi; e mentre scendevano, uno sostene-va il corpo per la testa. Io, che ero sua Madre, lo tenevo in mezzo; e con Giu-seppe e Nicodemo, lo appoggiammo su una pietra dove avevamo steso un lenzuolo bianco e pulito, con il quale avvolgemmo il suo corpo; ma non cucii il sudano: sapevo con certezza che non si sarebbe deteriorato nel sepolcro. Più tardi Maria Maddalena e le altre pie donne ci fe-cero visita; vennero anche moltissimi angeli che rende-vano un servizio al loro Creatore. Allora quale fu la mia tristezza? Nessuno può dirlo, perché ero come una don-na che dà alla luce un bambino, e le cui membra trema-no dopo il parto; una donna che, sebbene respiri a fati-ca a causa del dolore, gioisce dentro di sé, per quanto le è possibile, sapendo che il bambino appena nato non soffrirà mai di una simile miseria: allo stesso modo, seb-bene io fossi sommamente afflitta per la morte di mio Figlio, mi rallegrai, perché sapevo che non sarebbe morto mai più e che era destinato alla vita eterna; per questo la mia tristezza si confondeva con la gioia. In ve-rità posso dire che, quando mio Figlio fu sepolto, nel sepolcro ci furono due cuori. Non si dice forse che il vostro cuore è là dove si trova il vostro tesoro? Allo stesso modo, il mio cuore e il mio pensiero erano sem-pre nel sepolcro di mio Figlio, mio tesoro e mio cuore». Libro II, 21

La Santa Vergine parla alla sposa di Gesù Cristo della propria perfezione

La Santa Vergine Maria disse: «Io sono colei che è da sempre nell’amore divino, e sin dall’infanzia lo Spiri-to Santo è stato perfettamente con me. Come esempio, pensa alla noce che cresce quando si sviluppa il guscio esterno; anche il gheriglio all’interno cresce, e in questo modo la noce, sviluppandosi, è sempre piena, e non la-scia spazio a nulla di esterno. Allo stesso modo, sin dall’infanzia sono stata colma dello Spirito Santo, ed es-so mi ha talmente riempito con grande abbondanza, man mano che crescevo nel corpo e negli anni, che non ha lasciato nessuno spazio vuoto, in modo da non per-mettere al peccato né di entrare né di stabilirsi in me. Così, sono colei che non ha mai commesso un pec-cato veniale né mortale, perché sono stata così ardente nell’amore di Dio che non mi è piaciuto nulla del mon-do se non la perfezione della volontà divina, poiché il fuoco dell’amore divino bruciava incessantemente nel mio cuore. Anche Dio, benedetto sopra ogni cosa, che mi ha creato con la sua potenza e mi ha colmato di virtù dello Spirito Santo, mi ha amato ardentemente. Il fervo-re del suo amore è stato tale che mi ha inviato un mes-saggero per farmi conoscere la sua volontà, ossia che so-no Madre di Dio; e avendo saputo che era la volontà di-vina, d’un tratto il fuoco dell’amore che avevo nel cuore mi ha fatto pronunciare le parole di obbedienza, con cui ho risposto al messaggero: Sia fatta la tua parola; e in quello stesso istante il Verbo si è incarnato in me, così il Figlio di Dio è stato Figlio mio ed abbiamo uno stesso Figlio che è Dio e uomo e, similmente, io sono Vergine Madre. Gesù è un uomo molto saggio e vero Dio e, abi-tando nel mio ventre, mi ha dato così tanto discernimento che non solo posso intendere la saggezza di tutti i dottori, ma persino vederla nel loro cuore, poiché Dio me la rende manifesta, e sono in grado di capire se le lo-ro parole sgorgano dalla carità divina oppure dall’artifi-cio della loro scienza». Libro III, 8

Maria paragonata a un arcobaleno

«Ora, sono la Vergine che assiste al di sopra del mondo in continua preghiera, come sulle nuvole dell’ar-cobaleno che sembra tendere verso la terra e toccarla con le estremità. L’arcobaleno sono io, io che, attraver-so la preghiera, mi piego e mi abbasso verso gli abitanti della terra, sia buoni sia cattivi. Mi chino verso i buoni, affinché siano fermi e costanti nelle cose comandate lo-ro dalla Santa Chiesa, e verso i cattivi perché non avan-zino nella loro cattiveria». Libro III, 10

Similitudine di Maria con il Tempio di Salomone

Per il giorno della Natività della Santa Vergine. «Sii benedetta, Madre di Dio! Tempio di Salomone, dalle mura dorate; dal tetto splendido, dal pavimento disseminato di pietre preziose, dalla composizione e dalla struttura splendente, dagli interni perfetti, belli e deliziosi alla vista! Tu sei in tutto simile a questo Tem-pio, in cui ha camminato e si è seduto il vero Salomone; nel quale egli ha portato l’arca della gloria e il candela-bro per fare luce. Allo stesso modo, Vergine benedetta, sei il Tempio di quel Salomone che ha riportato la pace fra Dio e gli uomini, che ha riconciliato i colpevoli, dato vita ai morti, e liberato i poveri dai creditori. In verità, il tuo corpo e la tua anima sono stati il Tempio della divinità, il tuo corpo e la tua anima sono stati il tetto della carità divina, sotto il quale il Figlio di Dio, uscendo dal Padre, è venuto a te ed ha abitato gioiosamente con te. Il pavimento di questo Tempio è stato la tua vita, perfetta in ogni cosa, e l’esercizio assi-duo delle virtù, poiché la tua onestà è stata in te, dato che tutte le cose sono state stabilite in te, umili, devote, e assolutamente perfette e compiute. I muri di questo Tempio avevano forma quadrangolare, poiché non sei stata turbata da nessun obbrobrio, non sei andata orgo-gliosa di nessun onore, non ti sei inquietata per nessuna impazienza, e non ti sei legata a nulla che non fosse l’onore e l’amore di Dio. I dipinti di questo tempio so-no stati i fuochi continui dello Spirito Santo, il quale ha infiammato e innalzato la tua anima tanto che non c era virtù che non fosse presente in te con maggior perfezio-ne e compimento rispetto alle altre creature. In questo Tempio ha camminato Dio; egli ha river-sato in te le dolcezze e le soavità della sua visita, e vi ha trovato riposo quando la divinità si è unita all’umanità. Per questo sii benedetta, Vergine Beata in cui il grande Dio si è fatto bambino, e l’antico Signore un fanciullo; in cui Dio eterno e Creatore invisibile si è fat-to visibile fra le creature. Per questo, dunque, essendo tu molto pia e Signora potentissima, guardami, ti prego, ed abbi misericordia di me, perché sei la Madre di Salo-mone, non del figlio di Davide, ma di colui che è Padre di Davide, e Signore di Salomone, che edificava questo Tempio meraviglioso, tua prefigurazione; poiché il Fi-glio esaudirà la Madre, una Madre così grande! Prega, dunque, affinché il Figlio Salomone, che portasti in grembo come se dormisse, vegli in me, affinché non mi ferisca nessuna dilettazione del peccato, e la contrizione dei peccati commessi sia sempre in me; affinché le cose terrene siano morte in me, la mia pazienza perseveri in me e la mia penitenza dia i suoi frutti, perché non pos-siedo altra virtù che questa parola: Misericordia, Maria! Poiché il mio Tempio è l’esatto contrario del tuo: è oscurato da vizi, fango, lussuria, è corrotto dal tarlo del-la cupidigia, ed incostante per la superbia, vile a causa della vanità delle cose mondane». La Madre rispose: «Benedetto sia Dio, che ti ha ispirato questo saluto, perché tu comprenda quanta dolcezza e quanta bontà sono in Dio. Ma perché mi paragoni a Salomone e al suo Tempio, dato che sono Madre di colui che non ha né inizio né fine, e del quale si legge che non ha avuto né padre né madre, ossia Melchisedech, poiché sta scritto che fu sacerdote, e il Tempio di Dio appartiene ai sacerdoti, e dunque, io sono la Vergine Madre del sovrano Sacerdote? In ve-rità ti dico che sono l’una e l’altra, ossia la Madre di re Salomone e la Madre del sacerdote che riappacifica e accorda ogni cosa; poiché il Figlio di Dio, che è anche Figlio mio, è l’uno e l’altro, sacerdote e Re dei re. Del resto, nel mio ventre egli si è rivestito spiritualmente delle vesti sacerdotali, nelle quali ha offerto il sacrificio per il mondo. Nella città regale è stato incoronato con un diadema regale, ma aguzzo e straziante; fuori, inve-ce, correva per i campi come un atleta forte e si eserci-tava nella lotta. Ora posso lamentarmi a ragione, poiché mio Figlio è dimenticato e trascurato dai sacerdoti e dai re. I re si gloriano dei loro palazzi, dei loro eserciti e del crescente onore che il mondo tributa loro, e i sacerdoti si inorgo-gliscono dei beni e dei possedimenti temporali delle anime. Infatti così come hai detto che il Tempio era di-pinto d’oro, allo stesso modo i templi dei sacerdoti sono pieni di vanità e di curiosità mondane, poiché la simo-nia domina i loro pensieri. L’arca del Testamento è scomparsa; le luci delle virtù si sono spente; la tavola della devozione è desolata». La sposa rispose: «Madre di misericordia, abbi pietà e prega per loro». La Madre rispose: «Il Dio d’eternità ha amato i suoi a tal punto, che non soltanto desidera esaudire coloro che pregano nelle loro preghiere, ma anche che gli altri avvertano l’effetto della loro richiesta. E affinché siano esaudite le preghiere formulate per gli altri, servono due cose: la volontà di abbandonare il peccato, e il desiderio di progredire nel bene, poiché le mie preghiere giove-ranno a quanti pregheranno così». Libro III, 29

Maria paragonata a un giglio

Per il giorno di Sant’Agnese. Sant’Agnese parla alla sposa, dicendo: «Figlia, ama la Madre di misericordia, poiché è simile a un giglio so-migliante a un gladio; esso presenta due estremità aguz-ze e la punta sottile; è più alto e più grande degli altri fiori. Così la Santa Vergine è il fiore dei fiori, che cresce nelle valli e cresce su tutte le montagne; un fiore che venne nutrito a Nazareth ed era diffuso sino in Libano. Questo fiore era il più alto, perché la Regina del cielo primeggia su tutte le creature in dignità e potenza. Il suo cuore è combattuto fra la passione per il Figlio e la costanza nella lotta contro gli attacchi del diavolo, poi-ché ella non ha mai ceduto al peccato. Quanta chiaro-veggenza ebbe il vecchio che profetizzò Il gladio trafig-gerà il vostro cuore, poiché la Vergine ha sopportato e sofferto spiritualmente tanti contraccolpi e gladi quanti furono i colpi sopportati da Gesù, ed ha visto e provato su di sé le piaghe del Figlio! Ella ha avuto anche una libertà eccessiva, ossia una misericordia quasi incomprensibile, poiché è stata tal-mente pia e misericordiosa da preferire ogni sorta di tri-bolazione, affinché le anime fossèro riscattate, piuttosto di non patire. Ora, essendo unita a suo Figlio, ella non dimentica la sua naturale bontà, ma estende e prodiga la sua misericordia a tutti, persino ai malvagi; e così come il sole illumina e riscalda la terra, allo stesso modo non c e nessuno che, data la dolcezza di Maria, non riceva, se lo chiede, la sua pietà e la sua clemenza. Ella ha una punta molto acuta, ossia l’umiltà, poiché attraverso essa, è piaciuta all’angelo quando ha detto che era la serva di Dio, sebbene fosse destinata ad essere sublime Signora. Con queste stesse parole, ella ha concepito il Figlio di Dio, poiché non ha voluto piacere ai superbi. Così è as-surta al trono sovrano, non avendo amato nulla all’in-fuori di Dio. Vai dunque, anima carnale!, e saluta la Madre di misericordia che arriva proprio ora». Libro III, 30

Maria paragonata a una calamita

La Madre di Dio parla alla sposa, dicendo: «Qual-cuno, cercando delle pietre, trovò la calamita, e pren-dendola in mano, la pose e la custodì fra i suoi tesori, poiché ella conduce le navi in porto. Così mio Figlio, cercando le tue pietre, che sono i santi, mi ha scelto in modo particolare come Madre, affinché, attraverso me, gli uomini fossero condotti nel porto della salvezza e nell’oasi del cielo. Dunque, così come la calamita che, con una dolce attrazione, richiama a sé il ferro, io attiro a Dio i più duri di cuore; per questo non dovete essere turbati se a volte il vostro cuore si indurisce: ciò vi varrà corone più grandi». Libro III, 32

Per il giorno dell’annunciazione della Santa Vergine

Sant’Agnese disse: «Maria, Madre e Vergine delle vergini! Tu puoi essere chiamata a buon diritto aurora illuminata da Gesù Cristo, il vero Sole. Non ti chiamo aurora perché sei di stirpe regale, o per le tue ricchezze e gli onori, bensì perché a ragion veduta sei stata chia-mata aurora per la tua umiltà, per l’illuminazione della fede e per il tuo particolare voto di castità. Anticipi il sole e sei la sua protettrice, la gioia dei giusti, la conso-lazione dei peccatori e metti in fuga i demoni. Sei davvero madre di entrambi, Vergine e sposa, poiché per te sono state celebrate delle nozze bellissi-me quando Dio si è fatto uomo in te con un matrimo-nio, un’alleanza e un’unione santa, senza confusione e senza che la sua divinità ne fosse sminuita. La verginità e la maternità si sono fuse senza ferire il candore della verginità stessa. Sei stata fatta contemporaneamente madre e figlia del tuo Creatore, poiché hai generato corporalmente colui che è eternamente creato dal Pa-dre, e hai fatto ogni cosa con il Padre; poiché lo Spirito Santo è stato in te, fuori di te, e ovunque con te; ti ha reso feconda e consenziente all’annunzio divino. Lo stesso Figlio di Dio, nato in questo giorno da te, era in voi attraverso la grazia prima che il suo messaggero giungesse a te». Libro IV, 11

La Bellezza di Maria. Maria paragonata a un orefice

Per il giorno della festa della natività della Santa Vergine. «Dolce Maria! Bellezza novella, bellezza splendente, vieni in mio aiuto, affinché la mia bruttezza e la mia difformità scompaiano, e in me si accenda la carità, per-ché la tua bellezza conferisce tre cose alla mente: purifica la memoria affinché le parole di Dio entrino con dolcezza e piacere; poi fa sì che ricordi con dilettazione ciò che ha udito; e ancora lo comunichi al prossimo con amore. La tua bellezza fa tre doni al cuore: lo libera dal pe-so della pigrizia e della viltà; fa sgorgare le lacrime dagli occhi quando contemplano la tua purezza e la tua pa-zienza; gli dona per sempre il fervore della dolcezza con tale sincerità che ci porta a pensare alla tua bellezza. Si-gnora, sei davvero bellezza preziosissima, bellezza asso-lutamente desiderabile, perché soccorri gli infermi, con-soli gli afflitti e fai da mediatrice per tutti. Chiunque ti conosca può dire: ‘Vieni, bellezza fulgi-dissima, e liberaci dal nostro obbrobrio! Vieni, bellezza dolcissima, e addolcisci la nostra asprezza! Vieni, bel-lezza potentissima, e liberaci dalla nostra prigionia! Vie-ni, bellezza onestissima e cancella la nostra bruttezza! Sii benedetta bellezza che tutti i patriarchi desideravano vedere, per la quale i profeti hanno tessuto le lodi, e di cui gli eletti si rallegrano!’» La Madre di Dio rispose: «Sii benedetto, mio Dio! La mia bellezza ti fa dire simili parole. Per questo ti di-co che l’antichissima bellezza, eterna e fulgidissima, che mi ha fatto e creato, ti recherà conforto. La bellezza an-tichissima e nuova che rinnova ogni cosa, che è stata in me e che è uscita da me, insegnerà a tutti cose meravi-gliose. La bellezza agognata, che si rallegra di ogni cosa, infiammerà la vostra anima con il suo amore. Abbiate dunque fiducia in Dio, poiché quando comparirà la bel-lezza celeste, ogni bellezza terrestre sarà confusa». Poi, il Figlio di Dio disse a sua Madre: «Madre be-nedetta, sei simile all’orefice che prepara una bella ope-ra. Tutti coloro che la vedranno, gioiranno, e allora of-friranno le loro pietre preziose o dell’oro per perfezio-narla. Allo stesso modo tu, amatissima Madre mia, vai in soccorso di tutti coloro che si sforzano di arrivare a Dio, e non lasci nessun vuoto con le tue consolazioni. Per questo puoi essere chiamata, a ragione, sangue del mio cuore, poiché così come con il sangue tutte le mem-bra del corpo vengono confortate e corroborate, allo stesso modo attraverso te ognuno resuscita dal peccato e dà frutti agli occhi di Dio». Libro IV, 19

La Santa Vergine Maria, Madre di misericordia

«Al mondo non c’è peccatore che, credendo since-ramente che mio Figlio sia il Creatore e il Redentore di tutti e suo amico intimo e sincero, non mi abbia imme-diatamente al suo fianco, come una madre caritatevole che si reca dal figlio, abbracciandolo e dicendogli: ‘Cosa ti piace, figlio mio?’ E se anche avesse meritato le orri-bili pene dell’inferno ma fosse deciso a rinunciare agli onori del mondo, alla cupidigia e agli affetti della carne, che la Chiesa detesta, e non desiderasse altro che la pro-pria salvezza, allora lui ed io saremo subito amici». Libro IV, 32

Maria intercede per i buoni e i cattivi

«Quanto a me, sono la Vergine nel cui seno il Figlio di Dio si è degnato di scendere con la divinità e lo Spiri-to Santo, senza nessuna malvagia dilettazione corporale. E colui che è il Figlio di Dio eterno è nato dal mio ven-tre senza rottura, con la divinità e l’umanità, e lo Spirito Santo, con una grande consolazione e senza fatica. Sono rimasta vicino alla croce quando lui dominava l’inferno con grande pazienza, e apriva il cielo con il sangue del suo cuore. In verità ero sulla montagna, quando il Figlio di Dio in persona, che in realtà è Figlio mio, saliva in cielo. Inoltre ho conosciuto con chiarezza tutta la fede cristiana che egli ha insegnato evangeliz-zando tutti coloro che desiderano entrare in cielo. Dunque rimango sulla terra con la mia assidua pre-ghiera per il mio carissimo Figlio, come l’arco sulle nu-vole del cielo, che sembra tendere verso terra e raggiun-gerla con le estremità. Per questo mi chino verso gli abi-tanti dell’universo, toccandoli con le due estremità delle mie orazioni, i buoni e i cattivi. Mi abbasso verso i buo-ni, perché siano costanti e fermi in tutto ciò che la Santa Madre Chiesa comanda, e verso i cattivi, affinché non avanzino nella cattiveria, peggiorando». Libro IV, 78

Maria simile a un fiore da cui le api colgono la dolcezza

La Madre di Dio parla: «Io sono la Regina e la Ma-dre di misericordia. Mio Figlio, Creatore di tutte le co-se, è commosso da tutta la dolcezza che c’è in me che mi ha dato la comprensione spirituale di tutte le cose create. Così somiglio a un fiore, da cui le api colgono la dolcezza; sebbene esse ne prendano molta, la dolcezza non finisce mai; allo stesso modo sono in grado di pro-digare le grazie a tutti, e ne ho in sovrabbondanza. I miei eletti sono come le api e, con tutta la devozione di cui sono capaci, sono sensibili a qualsiasi cosa minacci il mio onore; poiché come le api essi lavorano con grande cura, facendo tutto ciò di cui sono capaci. Essi hanno anche due ali, ossia sono talmente umili che si ritengo-no indegni di lodarmi, ed obbediscono a chiunque per quanto riguarda il mio onore. Essi hanno, infine, un pungiglione, e se ne sono privi, muoiono. Allo stesso modo, gli amici di Dio sono sommersi da un mare di tribolazioni mondane, di cui non saranno privati in vita, affinché possano conservare le loro virtù; ma lui, che è oceano e Dio di ogni consolazione, li consolerà». Libro IV, 86

Prerogative della Madre di Dio

«Dunque vi chiedete perché io abbia avvantaggiato con grandi prerogative la Madre di Dio, mettendola al di sopra e al di là di tutte le creature: ebbene in lei c’era un segno incontrovertibile e vero della virtù; infatti, così co-me il fuoco si accende all’improvviso quando il legno è di-sposto bene, così il fuoco del mio amore si accese in mia Madre con maggiore ardore, poiché ella era disposta me-glio di chiunque altro: allorché l’amore divino, di per sé immutabile ed eterno, iniziò a comparire e a bruciare quando la mia divinità si incarnò, non c’era creatura più idonea e maggiormente in grado della Santa Vergine di ri-cevere le fiamme del mio amore, poiché nessuna aveva tanta carità come lei; e sebbene il suo amore si fosse mani-festato alla fine dei tempi, ella era conosciuta prima ancora che iniziasse il tempo stesso, e come tale era predefinita da sempre nella divinità; così come nessuna la eguagliava in amore, ella non ha avuto pari in grazia e in benedizione». Libro V, 3

Maria incorona suo Figlio

Parla il Figlio di Dio e dice: «Sono stato incoronato re nella mia divinità, senza inizio e senza fine. Questa corona simboleggia la mia potenza, che è ineguagliabile. Ho tenuto un’altra corona in me, ossia me stesso. Ora, tale corona è stata preparata per l’anima che avrebbe provato un’immensa carità e un grandissimo amore nei miei confronti. Sei tu, Madre mia, che hai meritato e guadagnato questa corona, con la giustizia e l’amore, poiché gli angeli ne rendono testimonianza, e i santi di-cono che la tua carità e il tuo amore sono stati più ar-denti nei miei confronti, e la tua castità più pura e più eccelsa di quella di chiunque altro, ed essa mi è piaciuta ed è gradita più di tutte. La tua testa è come i raggi del sole, perché la tua verginità purissima in te è guida delle altre virtù, le quali si sono manifestate davanti a me e mi sono particolarmente piaciute con l’umiltà che le ha sempre accompagnate. Per questo a ragion veduta ti chiamano Regina, in-coronata sopra ogni altra creatura. Tu sei Regina grazie alla tua purezza e sei stata incoronata per la tua perfe-zione. Il tuo viso era di una bellezza incomparabile e di un candore mirabile, simbolo del pudore della tua coscien-za, in cui c’era la pienezza della scienza umana, e la dol-cezza della saggezza divina risplendeva su ogni cosa nel-la tua bellezza. Davanti a mio Padre, i tuoi occhi erano così lumino-si che ci si specchiava in essi, e gli occhi della tua anima erano così splendenti che mio Padre vedeva in essi che la tua volontà non voleva e non desiderava altri che lui. Le tue orecchie erano purissime e aperte come fine-stre chiarissime, quando Gabriele ti ha comunicato la mia volontà; e quando io, Dio, mi sono incarnato in te, le tue gote hanno assunto una bellezza perfetta e piace-vole, dovuta alla simmetria e all’accostamento dei due colori, il bianco e il rosso, ossia alla fama delle tue lode-voli opere di bene. Il fulgore delle tue abitudini, che cresceva di giorno in giorno, mi è piaciuto in modo in-dicibile. Certamente, il Padre eterno si rallegrava per la bellez-za dei tuoi costumi; egli non ha mai distolto gli occhi da te e, grazie alla tua carità, tutti hanno ricevuto l’amore. La tua bocca era come una lampada ardente all’in-terno e rilucente all’esterno, perché intimamente le pa-role e gli affetti della tua anima sono state ardenti grazie al fuoco della divinità, ed esteriormente splendevano per la lodevole disposizione dei gesti del tuo corpo, e per il dolce e gentile accordo delle tue virtù. In verità, Madre carissima, le parole pronunciate dalla tua bocca hanno attratto in qualche modo la mia divinità, e il favore della tua dolcezza divina non mi se-parava mai da te. Il tuo collo tendeva in alto in modo eccellente, poi-ché la giustizia della tua anima è interamente rivolta a me, e si muove secondo la mia volontà; la tua anima non è stata mai incline alla superbia, poiché, così come il collo si china sotto la testa, allo stesso modo tutte le tue intenzioni e tutte le tue opere si piegano al mio vo-lere. Il tuo petto era colmo di dolcezza e soavità di ogni genere, tanto che sembra non ci sia del bene in me sen-za che esista anche in te; infatti hai attirato a te tutto il bene con la potente dolcezza del tuo comportamento allorché alla mia divinità è piaciuto entrare in te, e la mia umanità ha gradito abitare in te, e succhiare il latte dal tuo seno. Le tue braccia erano belle per lo splendore dell’ob-bedienza, e per la sofferenza e il compimento delle ope-re di bene: per questo ho voluto che le tue mani toccas-sero e si prendessero cura della mia umanità, ed io mi sono riposato fra le tue braccia. Il tuo ventre sacro era purissimo come l’avorio e co-me un vaso adorno di pietre preziose, tanto che la co-stanza della tua coscienza e della fede non si è mai affie-volita né rilassata nella tribolazione. Le pareti di questo ventre, ossia della tua fede, erano simili all’oro purissi-mo, e attraverso esse si esprime la forza delle tue emi-nenti virtù: la tua prudenza, la tua giustizia e la tua tem-peranza, accompagnate da una perfetta perseveranza, poiché tutte le tue virtù sono state perfette e completate dall’amore divino. I tuoi piedi erano purissimi e come se fossero stati lavati con erbe aromatiche, poiché la tua speranza e il tuo amore erano rivolti a me, che sono il tuo Dio. Il tuo ventre, dunque, luogo sia spirituale che corporale, era per me così desiderabile, e la tua anima era per me così gradevole, che per me è stato un piacere scendere dall’alto dei cieli per raggiungerti. Perciò, carissima Ma-dre mia, questa corona, custodita in me, non è altro che me stesso, il tuo Dio; dovendo incarnarmi, non poteva essere posta su nessun altro capo se non il tuo di Madre e Vergine, Imperatrice di tutte le regine. Esiste una specie d’uva il cui vino è così forte che esce da solo dai grappoli, senza che sia necessario pres-sarli. Il proprietario delle vigne, vedendo che sono giun-ti a perfetta maturazione, pone sotto questi grappoli dei vasi, e non è il vino che attende i recipienti bensì i vasi che attendono il vino; se si dispongono più contenitori, il vino scorre in quello più vicino. Quest’uva è la mia di-vinità, la quale è talmente ripiena del vino fervente della mia natura divina, che tutti i cuori degli angeli ne sono colmi, e tutte le cose ne partecipano. Ma poiché l’uomo si è ribellato, ne è diventato indegno. Il Padre ha inviato il suo vino, ossia me, suo Figlio, nel vaso più vicino e meglio disposto, che attendeva con grande desiderio l’arrivo di questo nettare. Questo vaso era il seno della Santa Vergine Maria, che più di ogni altra creatura ha nutrito un amore fervente. Ora, questa Vergine non amava altri che me e desiderava essere la mia serva, per questo ha ottenuto il vino di prima qualità. Questo vino aveva tre caratteristiche: una grande forza poiché io uscii senza contatto umano; un colore bellissimo, poiché sono disceso dal cielo per combatte-re, essendo io il più forte degli uomini; una soavità dol-cissima, che inebria fiumi di benedizione eterna. Questo vino, dunque, che sono io, è entrato nel seno di mia Madre. Così il Dio indivisibile è diventato visibile, e l’uomo perso è stato accolto nuovamente nella salvezza. Perché sono restato tanti mesi in seno alla Santa Vergine? Io sono il Creatore della natura, ed ho dispo-sto e distribuito ogni cosa, e le ho ordinato il modo e il momento della mia nascita. Se dunque io, che sono il Creatore di tutte le cose, avessi voluto nascere appena dopo essere stato concepito, avrei agito contro la natu-rale disposizione e l’ordine che avevo impartito, e si sa-rebbe pensato che la mia umanità non fosse reale, ma fantastica; per questo, dunque, sono rimasto in seno alla Vergine proprio come gli altri esseri umani, compiendo attraverso me stesso ciò che avevo ordinato prima del tempo». Libro V, 4

Perché non vi ho mostrato con segni evidenti che mia Madre era vergine e madre?

«Ho dichiarato ai profeti tutti i misteri della mia in-carnazione ineffabile, affinché fossero creduti con sicu-rezza. Ora, che la mia carissima Madre fosse vergine e madre nello stesso tempo, è provato dalla testimonianza di San Giuseppe, che è stato fedele custode e testimone della sua verginità. Benché la sua verginità fosse stata ri-velata con un miracolo manifesto, le bestemmie dei mal-vagi e degli infedeli non sono cessate; essi, infatti, non credono che il concepimento della Santa Vergine sia stato operato dalla potenza divina, perché dimenticano che ciò è facilissimo per me, più facile dell’atto con cui il sole attraversa il vetro. La stessa giustizia divina ha vo-luto che il mistero ineffabile dell’incarnazione fosse na-scosto al diavolo, e che venisse rivelato agli uomini al tempo della grazia. Ora, vi dico che mia Madre è veramente vergine e madre. E così come in Adamo ed Eva la potenza della divinità si mostrò in modo meraviglioso, e la loro vita in comune fu caratterizzata da una deliziosa onestà, allo stesso modo la mia natura divina scese nel vaso sigillato senza nessuna frattura né violenza. La mia dimora al suo interno fu piacevole perché io, Dio, ero contenuto nell’umanità ed ero ovunque con la mia mirabile divi-nità. Anche lì la mia potenza fu meravigliosa, poiché io, Dio, uscii da un ventre umano, custodendo l’inviolabi-lità del chiostro della verginità». Libro V, 6

Elogio del Padre nei confronti di Maria

Così parla il Padre: «Questo vaso di cui ti ho parlato era Maria, figlia di Gioacchino, Madre dell’umanità di Gesù Cristo, poiché ella era un vaso chiuso al diavolo e non a Dio. Come un fiume che, desiderando uscire dal suo letto, cerca i canali e le deviazioni, così il diavolo, come un fiume di vizi, ricorreva a ogni stratagemma ed astuzia per avvicinarsi al cuore della Santa Vergine; ma non ha mai potuto inclinare la sua anima verso qualche peccato, perché ella era chiusa a qualsiasi tentazione, in quanto il fiume del mio Spirito scorreva in lei ed aveva colmato il suo cuore di grazia spirituale. Maria, Madre di mio Figlio, era un vaso piccolo e grande al tempo stesso; piccolo nell’umiltà e nel disprez-zo di se stessa, grande nell’amore della mia divinità. La Santa Vergine Maria era un vaso vuoto e pieno al tempo stesso; vuoto di qualsiasi genere di voluttà e di peccato, e pieno della dolcezza celeste e di ogni bontà. La Santa Vergine era un vaso luminoso e opaco; lu-minoso, poiché l’anima viene creata da me nel suo splendore; ma Gesù ha creato l’anima di Maria in ogni perfezione della luce, affinché mio Figlio si incarnasse nella sua anima, della cui bellezza il cielo e la terra si rallegrano; ma questo vaso divino non era luminoso da-vanti agli uomini, poiché Maria disprezzava gli onori e le ricchezze del mondo. Maria era un vaso puro e impuro; puro, in quanto era bellissima, e in lei non c’era nulla di immondo. Ma ella era impura perché proveniva dalla stirpe di Adamo ed era nata da peccatori, sebbene fosse stata concepita senza peccato, affinché mio Figlio nascesse da lei senza peccato. Per questo colui che andrà là dove Maria è nata ed è stata nutrita e cresciuta, non soltanto sarà purificato, ma sarà a sua volta un vaso in mio onore». Libro V, 13

La Santa Vergine, Madre di Dio, parla a Santa Brigida della bellezza di Gesù Cristo

La Madre di Dio parlava alla sposa, dicendo: «Io so-no la Regina del Cielo. Mio Figlio ti ama con tutto il cuore. Perciò ti consiglio di non amare nulla all’infuori di lui, perché egli è così piacevole e bello che la bellezza degli elementi e della luce al confronto del suo fulgore non sono che ombra; ciò spiega perché, quando nutrivo mio figlio, lo trovavo così bello che persino chi lo guar-dava era sollevato dai propri dolori e consolato nella tri-stezza. Per questo, quando gli ebrei erano colpiti da qualche afflizione, dicevano: ‘Rechiamoci a vedere il fi-glio di Maria, affinché ci sentiamo consolati’. E anche se ignoravano che fosse il Figlio di Dio, la sua vista era per loro una grande consolazione». Libro VI, 1

Maria paragonata a uno sciame d’api

La Beata Vergine parla alla sposa, dicendo: «Sposa di mio Figlio, mi saluti e mi paragoni a uno sciame d’api. In verità sono stata un alveare, poiché il mio cor-po era simile a un albero, quando l’anima ne fu separata perché Dio l’elevasse nel mio corpo fino alla divinità. Quest’albero è divenuto uno sciame d’api, quando l’ape beata, mio Figlio, è uscito e disceso dal cielo, Dio viven-te nel mio seno. In me, inoltre, Gesù è stato come un favo di miele dolcissimo e purissimo, preparato con ogni cura per ricevere il soavissimo miele della grazia dello Spirito Santo. Questo favo, dunque, è stato colmato, quando il Figlio di Dio è disceso in me con la sua po-tenza, il suo amore e la sua onestà. Egli è giunto con la sua potenza, poiché è mio Dio e mio Signore. E’ venuto con amore, perché per amore si è incarnato ed ha ricevuto la morte sul patibolo. E’ arri-vato con onestà, poiché qualsiasi bassezza del peccato di Adamo è stata allontanata da me, e per questo il Fi-glio di Dio purissimo è disceso in una carne umana pu-rissima. Egli ha un pungiglione, ma non lo usa per pun-gere; l’ago della giustizia severa di mio ‘Figlio, infatti, non punge se non è provocato dai peccati. Eppure que-st’ape è stata ripagata male, perché la sua potenza è sta-ta posta in mani inique e il suo amore in mani crudeli; la sua onestà è stata spogliata e sferzata con grande cru-deltà. Benedetta sia dunque quest’ape che ha fatto del mio albero un alveare, e l’ha riempito del suo miele con così tanta abbondanza che, attraverso la dolcezza che mi ha trasmesso, tutte le bocche sono state svuotate dell’amaro veleno». Libro IV, 12

Sul digiuno

Parla la Madre di Dio: «Se qualcuno, desiderando fare un digiuno, avesse voglia di mangiare, ma la sua vo-lontà resistesse al desiderio e il superiore a cui deve ob-bedire gli ordinasse di mangiare ed egli mangiasse per obbedienza, ebbene in questo caso mangiare sarebbe un merito più grande del digiuno». Libro VI, 49

La Vergine Maria dice a Santa Brigida perché si purificò e parla anche del gladio che trafisse il suo cuore

La Santa Vergine Maria dice alla sposa di suo Figlio: «Figlia mia, sappi che non avevo bisogno di essere puri-ficata come le altre donne, perché lo aveva già fatto mio Figlio, che è nato da me, ed io non avevo contratto la benché minima macchia quando generai Gesù, che è la purezza fatta persona. Tuttavia, affinché la legge e i profeti fossero soddisfatti, ho desiderato vivere nella legge, non secondo i grandi del secolo, e conversavo umilmente con gli umili. Non ho voluto avere in me co-se particolari, tale era il mio amore per tutto ciò che si esprimeva con umiltà! Un giorno come tanti, il mio dolore crebbe, perché, malgrado sapessi per ispirazione divina che mio Figlio avrebbe sofferto, quando Simeone disse che per me Ge-sù sarebbe stato il gladio del dolore e il segno che gli uomini avrebbero contraddetto, il dolore trafisse il mio cuore con maggiore amarezza – benché fosse temprato dalle consolazioni dello Spirito Santo – e non lo abban-donò finché nell’anima e nel corpo non fui assunta in cielo. Desidero che tu sappia che quel giorno il mio do-lore si espresse in sei modi: nella conoscenza, poiché ogni volta che guardavo mio Figlio, che lo vestivo, che vedevo le sue mani e i suoi piedi, il mio spirito sprofon-dava in nuovo dolore, perché pensavo a come lo avreb-bero crocifisso. Nell’udito, poiché ogni volta che sentivo gli obbro-bri che la gente vomitava su mio Figlio, le menzogne e le insidie, il mio spirito era sopraffatto dal dolore, tanto che solo a stento riuscivo a contenerlo; ma la virtù divi-na mi indicò il giusto modo e l’onestà, affinché in me non si notasse nulla d’imperfetto. Nella vista, perché quando vidi che flagellavano mio Figlio, che lo inchiodavano e lo appendevano alla forca, rimasi in piedi accanto a lui e sopportai tutto ciò con ta-le pazienza che in me i miei nemici e gli altri videro solo dolore. Nel tatto, poiché quando io e gli altri calammo mio Figlio dalla croce lo avvolsi in un sudario e lo posi nel sepolcro e così facendo il mio dolore crebbe a tal punto che le mie mani e miei piedi mi reggevano a stento. Co-me avrei voluto essere sepolta con mio Figlio! Soffrivo per il desiderio ardente di andare in cielo, dopo che mio Figlio fu salito in paradiso, perché il lun-go soggiorno sulla terra dopo la sua partenza accresceva enormemente il mio dolore. Soffrivo a causa della tribolazione degli apostoli e degli amici di Dio, il cui dolore era il mio, temendo in continuazione che soccombessero alle tentazioni e alle pene; ero addolorata perché ogni cosa contraddiceva le parole di mio Figlio. Ora, sebbene la grazia di Dio fosse con me e la mia volontà fosse consona alla sua, il mio dolore fu continuo, malgrado la consolazione, finché non venni assunta nel corpo e nell’anima accanto a mio Figlio. Per questo, figlia mia, che questo dolore non venga mai meno nel tuo cuore, perché senza le tribola-zioni si salverebbero solo in pochi». Libro VI, 57

La Santa Vergine racconta i dolori provati quando dovette fuggire in Egitto

La Santa Vergine Maria parla alla sposa di suo Fi-glio, dicendo: «Ti ho parlato dei miei dolori; ma anche il dolore che ho provato durante la fuga in Egitto con mio Figlio è stato grande, soprattutto quando udii che ammazzavano dei bambini innocenti e che Erode per-seguitava Gesù; benché sapessi ciò che stava scritto di mio Figlio, per la grandezza dell’amore che provavo nei suoi confronti il mio cuore era colmo di dolore e d’amarezza. Forse ti chiederai cosa fece Gesù per tutto quel tempo, prima della Passione, ed io ti rispondo co-me il Vangelo: era sottomesso ai suoi genitori, e si com-portava come gli altri bambini, fino a quando non rag-giunse l’età adulta. In gioventù fece dei miracoli, mo-strando il modo in cui le creature servivano il loro Creatore. Di come tacquero gli idoli e di come diversi di essi caddero al suo arrivo in Egitto; di come i Magi annunciarono che mio Figlio sarebbe stato il segno di grandi cose future; di come apparve anche il ministero degli angeli; di come nel suo corpo e sui capelli non ci fosse mai nulla di immondo: di tutto questo non è ne-cessario che tu abbia conoscenza, poiché il Vangelo contiene segni della divinità e dell’umanità che possono edificare te e gli altri. Ora, diventato più grande, si dedicava costantemen-te alla preghiera e obbediva sempre. Venne con noi alle feste indette a Gerusalemme e in altri luoghi; il suo aspetto e la sua parola erano piacevoli e suscitavano am-mirazione, tanto che molte persone afflitte dicevano: ‘Rechiamoci a vedere il figlio di Maria, affinché troviamo consolazione’. Man mano che cresceva, faceva dei lavori manuali; discorreva su Dio con noi e in particolare aveva per noi parole di conforto, e in questo modo eravamo continuamente colmi di gioie indicibili. Ma quando ci facevamo cogliere dal timore della povertà, non ci dava né oro né denaro e ci esortava, invece, alla pazienza; inoltre ci difese e ci protesse dagli invidiosi. Quanto alle necessità, ci aiutavano la gente per bene e il nostro lavo-ro, cosicché eravamo soccorsi solo nel necessario e non avevamo nulla di superfluo perché tutto quello che cer-cavamo di fare era servire Dio. Gesù, poi, conversava di buon grado con chi veniva a trovarlo a casa per la diffici-le interpretazione della legge e il significato delle figure, e talvolta disputava pubblicamente con i saggi, destan-done l’ammirazione, al punto che essi dicevano: ‘Ecco che il figlio di Giuseppe insegna ai maestri: che spirito grande parla in lui’. Un giorno ero intenta a pensare alla sua Passione e provavo un’immensa tristezza. Allora egli disse: ‘Madre mia, non credi che io sia in mio Padre e che mio Padre sia in me? Cosa è successo? Sei triste? Sai che il Padre mio vuole che io patisca la morte e la mia volontà è quella del Padre mio. Quello che ricevo da mio Padre non può soffrire, ma soffre la carne che ho ricevuto da te, affinché la carne altrui sia riscattata e il suo spirito salvato’. Infine, era così obbediente che quando Giu-seppe gli diceva qualcosa senza pensarci: ‘Fai questo o fai quello’ egli lo faceva e in questo modo nascondeva il potere della sua divinità, di cui eravamo al corrente solo Giuseppe ed io; infatti lo abbiamo spesso visto circon-dato da una luce stupenda, ed abbiamo udito le voci e i concerti degli angeli che cantavano sopra di lui. Abbia-mo visto anche gli spiriti immondi, che non temevano gli esorcisti riconosciuti dalla legge, uscire alla vista di mio Figlio. Che queste cose siano continuamente presenti alla tua memoria, e ringrazia Dio di aver voluto manifestare attraverso te la sua infanzia». Libro VI, 58

La Santa Vergine racconta ciò che accadde durante la visita a Santa Elisabetta…

La Madre di Dio dice a Santa Brigida: «Quando l’angelo mi annunciò che il Figlio di Dio sarebbe nato da me, non appena ebbi acconsentito avvertii in me qualcosa di mirabile ed inconsueto; stupita, decisi im-mediatamente di recarmi in visita da Santa Elisabetta, mia cugina, che era incinta, per starle vicino e parlare con lei di quello che mi aveva detto l’angelo; ma quan-do giunsi alla fontana e ci baciammo ed abbracciammo, il bambino che ella portava in grembo gioì in modo me-raviglioso. Allora in cuor mio provai di nuovo felicità, tanto che la mia lingua proferì parole divine incompren-sibili, che la mia anima capì a sténto, tale era la gioia che provava! Ora, Elisabetta contemplava il fervore dello Spirito che parlava in me, ed io contemplavo similmente in lei la grazia di Dio; così, trascorremmo alcuni giorni insie-me, benedicendo Dio. Poi un pensiero iniziò a interro-gare la mia mente su quale devozione e quale comporta-mento avrei dovuto assumere dopo aver ricevuto una grazia del genere; cosa dovevo rispondere a quanti mi avrebbero chiesto come avessi concepito il bambino e chi fosse suo padre, e cosa avrei detto a Giuseppe, qua-lora il nemico avesse insinuato in lui dei sospetti nei miei confronti. Mentre nella mia mente si susseguivano questi pen-sieri, un angelo, simile a quello che mi era apparso in precedenza, mi disse: ‘Nostro Dio, che è eterno, è con te e in te: dunque non temere, perché egli ti darà la gra-zia della parola; guiderà i tuoi passi e ti condurrà, com-pirà la sua opera con te con potenza e saggezza. Ora, Giuseppe, cui sei stata affidata, si stupirà quando saprà che aspetti un figlio, e riterrà indegno vivere con te’. E poiché Giuseppe era stato in ansia e non sapeva cosa fare, l’angelo gli comparve in sogno, dicendogli: ‘Non allontanarti dalla Vergine che ti è stata affidata, perché, come ti ha detto lei stessa, ha concepito il bam-bino con lo Spirito di Dio, e darà alla luce un Figlio che sarà il Salvatore del mondo. Per questo servila fedel-mente, e sii testimone e custode del suo pudore’. Da quel giorno, Giuseppe mi servì come la sua pa-drona, ed io mi umiliai fino a compiere le sue opere più umili. Pregai in continuazione». Libro VI, 59

Perché Maria ha vissuto a lungo dopo l’Ascensione di Gesù

«Secondo la volontà divina, ho vissuto a lungo dopo l’Ascensione di mio Figlio, affinché le anime si conver-tissero a Dio, dopo aver visto la mia pazienza invincibile e la regolatezza dei miei costumi, ed affinché i miei apo-stoli e i miei eletti si rafforzassero. La naturale predispo-sizione del mio corpo era tale che mi permise di vivere duramente, in modo che la mia corona aumentasse, per-ché durante il tempo che ho vissuto dopo l’Ascensione di mio Figlio ho visitato i luoghi in cui egli ha sofferto o ha manifestato le sue meraviglie, tanto la sua Passione era impressa nel mio cuore. I miei sensi erano astratti e lontani dalle cose del mondo, perché ero costantemente infiammata da nuovi desideri e vicendevolmente afflitta dai dolori; tuttavia, il mio dolore e la mia gioia erano così temprati che non omettevo nulla di quello che riguardava il servizio di Dio. Conversavo con gli esseri umani, ma partecipavo pochissimo a ciò che piaceva loro. La mia assunzione non era nota a molti e non era stata annunciata tramite Dio, che è mio Figlio; egli così ha voluto, affinché la fe-de nella sua Ascensione al cielo fosse maggiormente ra-dicata e temprata nel cuore degli uomini». Libro VI, 61

La dormizione della Santa Vergine

Parla la Madre di Dio e dice: «Un giorno, diversi an-ni dopo l’Ascensione di mio Figlio, provai molta afflizione per il desiderio di andare in cielo e vedere mio Figlio. Allora vidi un angelo luminoso, come già mi era capitato in passato, che mi disse: ‘Tuo Figlio, Dio e nostro Signo-re, mi manda a te per annunciare che è arrivato il mo-mento in cui devi raggiungerlo con il corpo, per ricevere la corona che è stata preparata per te. Al che, risposi: ‘Sai il giorno e l’ora in cui devo andar-mene da questo mondo per passare nell’altro?’ E l’angelo disse: ‘Gli amici di tuo Figlio seppelliranno il tuo corpo. Dopo aver pronunciato queste parole, l’angelo scom-parve ed io mi preparai all’evento, visitando, come di consueto, ogni luogo in cui aveva sofferto mio Figlio. Un giorno il mio spirito era sospeso nell’ammirazione della carità divina, quando la mia anima, in contemplazione, fu colma di così tante delizie che le sosteneva a stento, e in tale contemplazione e gioia essa fu separata dal corpo. Quante cose magnifiche vide la mia anima in quel mo-mento, e con che onore fu accolta dal Padre, dal Figlio e dallo Spirito Santo, e che moltitudine d’angeli la in-nalzò! Purtroppo non puoi capirlo, ed io non posso esprimerlo senza che anche la tua anima si separi dal corpo, sebbene ti abbia indicato qualcosa in questa pre-ghiera, che ti ha ispirato mio Figlio. Ora, chi era in casa con me quando resi l’anima capì immediatamente, per via dell’insolita luce, le cose divi-ne che si stavano compiendo in me in quel momento. In seguito, gli amici di mio Figlio, inviati da Dio, seppelli-rono il mio corpo nella valle di Giosafat, e con loro c’era un’infinità di angeli simile agli atomi del sole. Ma i numerosi spiriti non osavano avvicinarsi. Il mio corpo restò qualche giorno sulla terra, poi fu rapito e fu porta-to in cielo da una moltitudine d’angeli». Libro VI, 62

Il gladio di dolore che trafisse l’anima della Santa Vergine

Il giorno della purificazione della Santa Vergine, quando Brigida, sposa di Cristo si trovava a Roma, la Santa cadde in estasi e vide che in cielo si facevano tanti preparativi per questa grande festa; e vide una specie di Tempio dalla mirabile bellezza, in cui si trovava il vene-rabile Simeone, anziano e giusto, preparato a ricevere il bambin Gesù fra le proprie braccia con un desiderio grande e una gioia indicibile; ella contemplò anche la Santa Vergine che avanzava con grande maestà, portan-do il piccolo Gesù per offrirlo al Tempio, secondo la legge del Signore; poi, una grande moltitudine di angeli, di santi di ordini diversi, di vergini sante e di altre don-ne precedevano la Santa Vergine, circondandola con grande esultanza e devozione; davanti a lei un angelo reggeva un gladio molto lungo e largo, coperto di san-gue, simbolo dei dolori che la Santa Vergine aveva pati-to alla morte del Figlio, quel gladio che, come aveva predetto il giusto Simeone, aveva trafitto il suo cuore. Perciò con grande gioia di tutta la corte celeste, alla spo-sa venne detto: «Vedi quanto onore e gloria si rendono oggi alla Regina del cielo con questa festa, per il gladio di dolore che ella ha sofferto durante la Passione del suo caro Figlio». E a quel punto la visione scomparve. Libro VII, 2

L’umiltà del Figlio di Dio e della Vergine

Parla la Madre di Dio e dice: «Grande è l’umiltà di mio Figlio che nella potenza della sua divinità, giaceva nella mangiatoia, fra due animali e benché sapesse ogni cosa secondo la natura divina, parlava secondo quella umana. Allo stesso modo, ora, seduto alla destra del Pa-dre, sente tutti coloro che gli parlano con amore, e ri-sponde loro attraverso lo Spirito Santo. Come lui, an-ch’io che sono Madre di Dio, sono umile nel mio corpo, che è superiore a tutte le creature, proprio come lo ero quando mi sposò Giuseppe. Sappi che lo Spirito Santo informò Giuseppe che avevo fatto voto di verginità a Dio, e che ero pura nelle parole, nei pensieri e nelle intenzioni; ed egli mi sposò non come moglie ma per trattarmi come la sua padrona e servirmi. Lo Spirito Santo mi fece sapere, inoltre, che la mia verginità si sarebbe conservata in eterno, sebbene, per una segreta disposizione divina, fossi sposata; ma dopo che ebbi dato il mio consenso all’ambasciatore di Dio, vedendo che il ventre cresceva in virtù dello Spirito San-to, Giuseppe si spaventò molto – non che meditasse qualcosa contro di me – ma si ricordò di quello che ave-vano annunciato i profeti, ossia che il Figlio sarebbe na-to da una Vergine; egli si ritenne indegno di servire una Madre come me, finché l’angelo non gli apparve in so-gno ordinandogli di non avere timore e di servirmi con carità. Giuseppe ed io non accumulammo nessuna ric-chezza, se non il necessario per vivere in onore di Dio; lasciammo il resto per l’amore divino. Ora, poiché si av-vicinava il tempo della nascita di mio Figlio, che avevo previsto con precisione, mi recai a Betlemme, secondo la prescienza divina, portando con me un abito purissimo e dei panni per mio Figlio, nessuno dei quali era stato usa-to e avvolsi colui che nacque da me con ogni purezza. E sebbene ignorassi che da sempre Dio aveva deciso che mi sarei seduta sui sublimi scanni, al di sopra di tutte le creature e di tutti gli uomini, quando ne fui informata, non disdegnai di preparare e di servire per San Giusep-pe e per me tutto ciò di cui avevamo bisogno; e poiché ero umile, conosciuta solo da Dio e da San Giuseppe, mi sono mantenuta umile, seduta sullo scanno più sublime, pronta a presentare a Dio tutte le orazioni e le domande assennate. Ad alcuni rispondo con ispirazioni divine, ad altri con parole più intime come piace a Dio». Libro VII, 25

Maria paragonata a un giardiniere

«Sono io, la Regina del cielo, che vi parlo. Sono come un giardiniere in questo mondo, poiché quando il giardi-niere vede soffiare il vento impetuoso che danneggia le piante e gli arboscelli, si reca subito in giardino, e li lega e li sorregge con pali e sostegni, prendendo ogni precauzio-ne possibile affinché non si rovinino, non si rompano e non si sradichino. Ebbene io faccio lo stesso: essendo Ma-dre di misericordia nel giardino di questo mondo, quando vedo che si alzano i venti impetuosi delle tentazioni, che le tempeste di Satana soffiano contro i cuori degli uomini, mi rivolgo subito a Dio, mio Figlio, con le preghiere, per aiutarli e implorandolo di versare nei loro cuori l’ispira-zione dello Spirito Santo, affinché siano sostenuti, confer-mati, e infine protetti dai venti impetuosi delle tentazioni del demone infernale; perché il diavolo non domini gli uommi, dissipandone le anime e lo spirito di devozione, e gli uomini, accettando il mio aiuto e il mio soccorso con cuore umile, siano immediatamente liberati dalle tentazio-ni del diavolo e, rimanendo costanti nello stato di grazia, portino a Dio e a me il loro frutto soave quando è tempo e stagione. Ma chi disprezza l’aiuto di mio Figlio e il mio, si lascia portare via dal vento delle tentazioni. Libro VII, 28

Maria paragonata a un vaso colmo che riempie

La Regina del cielo apparve alla sposa e disse: «Ascolta, tu che capisci ciò che è spirituale e vieni con me ad assistere alle conversazioni dello Spirito Santo. Sono un vaso colmo che riempie a sua volta, poiché co-me un vaso si riempie quando viene immerso in un fiu-me, così la mia anima, quando fu creata e congiunta al corpo, venne riempita dal torrente dello Spirito Santo, di cui non si è mai vuotata. Per questo chiunque venga a me con umiltà e purezza di cuore avrà l’aiuto dello Spirito Santo. Ecco perché sono definita a ragione un vaso colmo: quando ero al mondo, il Figlio di Dio è di-sceso nel mio corpo con il suo torrente, assumendo at-traverso me la carne e il sangue; egli è rimasto in me fi-no alla nascita e quando è nato ed io l’ho tenuto fra le mani, gli angeli hanno gioito e annunciato la pace in terra». Libro VIII, 47

La Santa Vergine si è rimessa alla volontà di Dio

«Le Scritture dicono che la città assediata da una grande potenza, sarà liberata con la saggezza del povero e nessuno si ricorderà di lui. Questa città è la creatura umana, che il diavolo ha stretto d’assedio su ogni lato con quattro tipi di peccati: la ribellione ai comanda-menti divini; la trasgressione della legge naturale; la malvagia cupidigia e l’ostinazione dello spirito. Mia Ma-dre», dice Gesù Cristo, «in un certo senso ha liberato tale creatura, quando si è rimessa alla mia volontà ed ha voluto patire ogni genere di tribolazione per la salvezza delle anime, perché la vera saggezza consiste nel sotto-mettere la propria volontà alla volontà divina, e nel compiacersi di soffrire per l’amore di Dio. Dunque, at-traverso questa volontà, io, Figlio di Dio, sono stato fat-to uomo attraverso la Santa Vergine, il cui cuore era co-me il mio; in questo modo posso dire che mia Madre ed io abbiamo salvato l’uomo con un cuore solo, io sof-frendo nel mio cuore e nella mia carne e lei con il dolo-re del cuore e dell’amore. Questa Vergine era davvero povera; non desiderava nessuna ricchezza terrena e il suo spirito non ha com-messo mai il minimo peccato. Alcuni non hanno beni, ma in cuor loro li desiderano perché sono mossi da cu-pidigia e superbia; questi non sono i poveri di cui parla il mio Vangelo. Altri abbondano in ricchezze, ma sono poveri di spirito. Ritengono di non essere altro che pol-vere e cenere e di dover morire di li a poco; desiderano essere con Dio e possiedono solo il necessario e quanto è utile al prossimo. Sono questi i veri poveri e i veri ric-chi di Dio, fra questi era mia Madre».

Le rivelazioni supplementari, 3

La Vergine disputa un luogo al diavolo

La Vergine disse al diavolo: «Devi andartene perché sei il signore delle pene e il principe della collera; io, in-vece, sono la Madre di misericordia e la Regina del cie-lo, per questo ho pietà di tutti coloro che mi invocano». Poi la Vergine chiese al Giudice: «Figlio mio, un servitore è seduto in una casa ed entra il suo padrone; se questi desidera restare nella stessa casa o sedersi su quella stessa sedia, cosa farà il servitore?». Il Giudice rispose: «E’ giusto che il servitore si alzi e che il padrone si sieda dove vuole». Allora la Vergine disse al diavolo: «Poiché sei servo e suddito di mio Figlio ed io sono la tua padrona, è giu-sto che tu te ne vada e che io mi sieda dove voglio». Poi il Giudice disse alla Vergine: «Madre mia, que-sto luogo è tuo e ti è dovuto di diritto ed essendoti do-vuto di diritto io te lo assegno. Così come in questo luo-go sono stati uditi i singhiozzi e la miseria di quanti veni-vano a me dalla terra gridando vendetta, così ora in que-sto luogo, che è stato luogo di tormenti e di oppressione terreni, si sentirà la voce di chi ti loderà, e qui si riuni-ranno coloro che chiederanno misericordia e indulgenza per i vivi e per i defunti, ed essi placheranno la mia ira, quando sarò irritato nei confronti degli uomini». Poi il Giudice aggiunse, parlando alla Vergine: «Madre mia, il tuo nemico è stato a lungo padrone di questo luogo, ma d’ora innanzi qui tu sola sarai padrona e Regina».

Le rivelazioni supplementari; 24

Maria madre e figlia

«Maria, mia Madre, può essere chiamata madre e fi-glia: madre perché mi ha generato, figlia perché ha imi-tato la mia volontà, in quanto la somiglianza del suo corpo splendeva nella mia carne e la somiglianza di tut-te le virtù ha brillato alla perfezione nel suo cuore e nel-le sue opere».

Le rivelazioni supplementari, 37

Lode di Gesù nei confronti di sua Madre

«Sii benedetta, Madre del Re di gloria e Regina de-gli angeli! Le tue parole sono vere e dolcissime. Madre mia carissima hai detto a ragione che ho fatto ogni cosa in misericordia e giustizia. Sii benedetta, poiché sei stata così dolce che la Divinità si è compiaciuta di scendere in te e di non separarsi mai da te! Sei stata come una casa purissima e assolutamente linda, profumata con le virtù, abbellita da un fulgore straordinario. Hai brillato come una stella luminosa che brucia senza consumarsi: hai bruciato con il fuoco dell’amore senza consumarti. Per questo ti chiamano piena di carità e di misericordia, perché tutta la carità fiorisce in te e tutti trovano la misericordia attraverso te; infatti hai circondato e custodito in te l’autore della mi-sericordia, e saresti persino capace di avere misericordia del diavolo, se lo chiedesse con umiltà! Per questo io ti darò tutto quello che mi domanderai e che desidererai». La Madre rispose: «Figlio mio, conosci la richiesta che ti faccio da sempre. Dunque, affinché questa sposa capisca ciò che è spirituale, ti supplico perché le parole che mi dici siano radicate nel cuore dei tuoi amici e per-mettano loro di raggiungere la perfezione estrema». Il Figlio riprese: «Sii benedetta da tutti gli abitanti celesti! Sei come un’aurora che si eleva in un amore ric-co di virtù. Sei come un astro che si dirige verso il sole, che precede la mia giustizia con la sua pietà. Sei una mediatrice saggia, che pacifica il dissenso degli uomini e di Dio stesso; per questo le tue richieste saranno esaudi-te e le mie parole si compiranno, come desideri».

Le rivelazioni supplementari 50

GESÙ

Il grande re Gesù Cristo

«Sono come un re grande e potente. Un re deve ave-re quattro requisiti: deve essere ricco, mite, saggio, cari-tatevole. Io sono il Re degli angeli e degli uomini ed ho le quattro condizioni richieste: sono molto ricco io che do a tutti ciò di cui hanno bisogno e malgrado questo la mia ricchezza non diminuisce. Sono molto mite, io che sono disposto a dare a chiunque mi domandi qualcosa. Sono molto saggio, io che so ciò che è dovuto e quello di cui ognuno ha bisogno. Sono molto caritatevole, io che sono pronto a dare appena qualcuno mi chiede qualcosa. Ho due forzieri: il primo contiene ciò che è pesante e massic-cio come il piombo e la stanza in cui si trova tale forziere è circondata da punte acuminate. Queste due casseforti sembrano leggerissime per chi inizia a spostarle e a tra-sportarle, ma in realtà sono pesanti come il piombo. Co-sì, ciò che sembrava pesantissimo diventa leggero e ciò che sembrava aspro e straziante diventa dolce. Nel se-condo forziere, sembrano essere rinchiusi dell’oro splen-dido, pietre preziose, profumi e dolci: in realtà, l’oro non è che fango, e questi profumi non sono che veleno. Queste due casseforti non sono altro che il mio amore e l’amore del mondo: ma per raggiungerle ci sono due strade: l’abnegazione assoluta della propria vo-lontà, che conduce al mio amore, e la carne, che con-duce all’amore del mondo. Ora, alcuni credono che nel mio amore ci siano dei pesi, dei fardelli pesanti e massicci come il piombo, per-ché quando questi devono contenere i loro desideri hanno l’impressione di trasportare del piombo. Se odo-no delle parole ingiuriose, se hanno preso i voti o sono intenti a pregare, si sentono come se fossero sotto un pungolo e sono costantemente oppressi e in preda all’angoscia. Ora, colui che desidera bruciare con il mio amore deve innanzi tutto trasformare il suo fardello nel desiderio e nell’amore delle buone azioni, e poi deve trarne graduale sollievo; faccia ciò che può, pensando di poterlo compiere, se Dio gli concede la grazia; e poi perseveri nell’opera che ha cominciato con tanta gioia ed immenso coraggio, inizi a portare con agio ciò che gli sembrava pesante, e tutto il rigore dei digiuni, delle veglie e di altri esercizi pesanti come il piombo, gli sia leggero come una piuma. E su questo scanno che ripo-sano i miei amici, e su di esso trovano immenso riposo, dolce come le rose. Per giungere a questo forziere esiste una strada mae-stra, ossia il disprezzo della propria volontà; infatti, l’uomo che pensa alla mia Passione e al mio amore, resi-ste con tutte le forze alla propria volontà e tende inces-santemente verso quanto c’è di migliore. Sebbene all’inizio questa strada sia un po’ dura, man mano che si procede diventa più leggera, e ciò che all’inizio sembra-va impossibile diventa leggerissimo e facilissimo, e si di-ce a ragion veduta: ‘Il giogo di Dio è dolce’. Il mondo è il secondo forziere: l’oro, le pietre pre-ziose, i beveraggi e i profumi in esso custoditi sono amari. I piaceri al suo interno sembrano dolci, ma mari-discono l’uomo. Questa cassaforte conduce alla propria volontà… Uomini! Ascoltate le mie parole che conducono sulla strada della vita eterna, perché sono vere e potete rendervene conto, in quanto vi parlo con chiarezza. Se non le ascoltate o non potete ascoltarle, per lo meno guardatele con gli occhi della fede e dello spirito, poi-ché le mie parole sono vere: così come l’occhio vede l’oggetto visibile, allo stesso modo’ con gli occhi della fe-de si vede e si crede ciò che è invisibile. Infine, nella Chiesa ci sono diverse anime semplici che compiono poche buone azioni, eppure sono salvate dalla fede, perché mi credono il Creatore e Redentore». Libro I, 15

Piacevole conversazione di Dio Padre con il Figlio

il Padre parlava al Figlio, dicendogli: «Sono andato con amore dalla Vergine ed ho lavorato all’ineffabile in-carnazione: per questo sei in me ed io sono in te. Così co-me il fuoco e il calore non si separano mai, allo stesso mo-do è impossibile che la divinità si separi dall’umanità». il Figlio rispose: «Ti siano resi tutto l’onore e tutta la gloria, Padre! Sia fatta la tua volontà in me e la mia in te». Il Padre disse: «Ecco, Figlio mio, ti do questa nuova sposa per guidarla e nutrirla come una pecora. Ne sei signore e padrone. Ella ti darà il latte da bere affinché tu possa rinfrescarti, e la lana per vestirti. In quanto a te, sposa, devi obbedirgli; occorre infatti che tu abbia tre cose: la pazienza, l’obbedienza e la franchezza». Allora il Figlio rispose al Padre: «Sia fatta la tua vo-lontà con la potenza, la potenza con l’umiltà, l’umiltà con la saggezza, la saggezza con la misericordia, che è senza inizio e senza fine in me. Io la prendo nel mio amore, nella tua potenza e nella guida dello Spirito San-to, che non sono delle divinità a sé stanti, bensì un Dio unico e trino». Allora lo Sposo disse alla carissima sposa: «Hai udi-to che mio Padre ti ha dato a me come una pecora: bi-sogna, dunque, che tu sia semplice e paziente come una pecora feconda, per nutrire e vestire i tuoi figli spiritua-li, poiché ci sono tre cose al mondo: la prima è nuda, la seconda è assetata, la terza è famelica. La prima simboleggia la fede della mia Chiesa, che è nuda, poiché tutti hanno vergogna di parlare della fede e dei miei comandamenti; e se qualcuno ne parla, ci si beffa di lui e lo si accusa di menzogna. Per questo le pa-role che escono dalla mia bocca devono in qualche mo-do rivestire di lana questa fede, poiché così come la lana cresce sul corpo della pecora grazie al calore naturale, allo stesso modo dal calore della mia divinità e della mia umiltà escono parole che toccano il vostro cuore, nel quale rivestono la mia fede santa con la testimonianza della verità e della saggezza e mostrano che è vera, seb-bene ora venga ritenuta finta e vana. Ciò affinché chi fi-no ad oggi è stato così vigliacco da non rivestire la sua fede con le buone azioni, dopo aver sentito le mie paro-le piene di carità, sia illuminato e spinto a parlare con fedeltà e a compiere con generosità opere di bene. La seconda cosa simboleggia i miei amici; con un ar-dore pari a quello di chi, divorato dalla sete, desidera bere, essi vogliono compiere il mio onore e si turbano quando io vengo disonorato: avendo gustato la dolcezza delle mie parole, questi uomini sono inebriati da una carità più grande e anche gli stessi morti sono, insieme a loro, infiammati dal mio amore, poiché vedono quanti favori faccio ai peccatori. La terza cosa simboleggia chi dice in cuor suo: ‘Se conoscessi la volontà di Dio e il modo in cui dovrei vi-vere, e se fossi guidato sulla strada della vita perfetta, fa-rei tutto quanto è in mio potere’. Persone come queste sono fameliche: bruciano di conoscere la mia volontà e non riescono a saziarsi di nulla, perché nulla indica loro perfettamente ciò che bisogna fare; e se anche lo si mo-stra loro, nessuno si adegua. E per questo farò vedere loro di persona quello che devono fare, e li sazierò con la mia dolcezza, perché le cose temporali e visibili sono desiderate ardentemente quasi da tutti, eppure non sa-ziano l’uomo ed anzi stimolano sempre di più il suo de-siderio di averle. Ma le mie parole e il mio cuore sazie-ranno gli uomini e li colmeranno di consolazioni indicibili e in abbondanza. Quindi, sposa mia, che sei la mia pecora, cerca di essere paziente e di obbedire, perché mi appartieni e devi seguire la mia volontà. Ora, colui che vuole seguire la mia volontà deve avere tre cose: es-sere d’accordo, compiere opere simili, abbandonare i nemici. E chi sono i miei nemici, se non l’insopportabile superbia e tutti i peccati? Abbandonali, dunque, se de-sideri seguire la mia volontà». Libro I, 38

La legge nuova

«Io sono il Dio eterno un tempo chiamato Dio di Abramo, Dio di Isacco e Dio di Giacobbe. Io sono Dio, il legislatore che ha dato la legge a Mosè, e tale legge era come un abito. Come la madre che porta un bambino dentro di sé e prepara gli abiti per il piccolo, similmente Dio ha preparato una legge costituita semplicemente da un abito e dalle cose che si devono fare. Io sono coperto dall’abito della legge; così come il bambino, divenuto più grande, si spoglia dei vestiti vecchi per indossarne di nuovi, allo stesso modo io, dopo aver utilizzato e tol-to l’abito della vecchia legge, mi sono rivestito con una veste nuova, ossia con una legge nuova e l’ho data a tut-ti coloro che hanno voluto essere vestiti come me. Ora, quest’abito non è né stretto né difficile da portare, poi-ché è moderato e proporzionato in tutto. Infatti io non ho comandato di digiunare all’eccesso o di lavorare troppo, né di fare l’impossibile, bensì di compiere cose giuste e consone, per mortificare o moderare l’anima e il corpo. Infatti, quando il corpo è eccessivamente attac-cato al peccato, quest’ultimo lo consuma e lo annienta. Per tale motivo, la nuova legge contiene due cose: una temperanza moderata, ed un uso giusto e legittimo di tutto ciò che serve all’anima e al corpo; la facilità di cu-stodire la legge stessa, perché colui che non riesce a li-mitarsi in una cosa, può farlo in un’altra. La legge pre-vede che colui che non può essere vergine può essere sposato; colui che cade può rialzarsi… In verità ci sono due tipi di pane: uno degli angeli, di cui essi si cibano nel mio Regno, per saziarsi di una gloria ineffabile, e uno che si riceve sull’altare. Non c’è pericolo che gli angeli mi tradiscano; essi, infatti, non vogliono altro che la mia volontà. Invece può rinnegar-mi chi si nutre del mio pane ricevuto sull’altare. In ve-rità io sono il pane che presenta tre cose: l’aspetto, il gu-sto e la rotondità. Io sono questo pane perché, così co-me senza pane qualsiasi carne è insipida e per nulla so-stanziosa, allo stesso modo senza di me qualunque cosa è priva di gusto, debole e vana. Del pane ho anche l’aspetto: infatti appartengo alla terra perché sono nato da una Madre vergine della stirpe di Adamo, che è fi-glio della terra. Ed ho anche la rotondità del pane, nella quale non ci sono né inizio né fine, perché io sono senza inizio né fine. Nessuno può immaginare né trovare la fi-ne e l’inizio nella mia incredibile saggezza, nella mia in-finita potenza, nella mia eterna carità. Io sono mirabile in ogni cosa, al di sopra di tutte le cose e al di fuori di ogni cosa. Se anche qualcuno rubasse senza sosta e con la rapidità di un fulmine, non troverebbe mai né la fine né il fondo della mia potenza e della mia virtù. Dunque, per queste tre cose, ossia il gusto, l’aspetto e la rotondità, io sono il pane chè si vede e si assapora sull’altare; esso viene tramutato nel mio corpo, che è stato crocifisso. Infatti, così come una cosa arida e secca brucia all’improvviso, se le viene dato fuoco e nello stes-so tempo si consuma e non rimane niente del legno che alimenta la fiamma, ma tutto viene divorato dal fuoco, similmente quando vengono pronunciate le parole Que-sto è il mio corpo, ciò che era pane in quello stesso istan-te viene cambiato e transustanziato nel mio corpo, e non è bruciato dal fuoco, come il legno, ma dalla Divi-nità. Per questo mi tradisce chi mangia il mio pane e non ne è degno. Libro I, 47

Gesù prefirgurato da Salomone

La Madre di Dio parlava a suo Figlio, dicendo: «Figlio mio, la tua sposa piange perché hai tanti nemici e pochi amici». Il Figlio rispose: «Sta scritto che i figli del Regno sa-ranno espulsi, e che gli stranieri ne avranno l’eredità. Sta scritto anche che da lontano giunse una regina per vedere le ricchezze di Salomone e udirne la saggezza; e quando le ebbe viste, fu come se fosse caduta in estasi. Chi, essendo nel suo regno, non pensava alla saggezza o non ne ammirava le ricchezze? Ora, io sono il vero Salomone prefigurato, ma sono molto più ricco e più sag-gio di lui, poiché ogni saggezza viene da me, anche il fatto stesso che qualcuno sia saggio; le mie ricchezze danno la vita eterna e una gloria indicibile. Io ho pro-messo tutto ciò ai cristiani, e ho dato loro come ai miei figli, affinché, se imitano e credono alle mie parole, essi posseggano queste ricchezze in eterno. Ma essi non considerano la mia saggezza, disprezzano le mie opere e valutano meno di nulla le mie promesse e le mie ric-chezze. Dunque, cosa devo fare loro? Poiché i figli non desiderano la mia eredità, la avranno gli stranieri, ossia i pagani; questi ultimi, infatti, al pari di una regina stra-niera e delle anime infedeli, verranno e ammireranno le ricchezze della mia gloria e del mio amore, e ne saranno infiammati al punto che si vuoteranno dell’infedeltà e si colmeranno del mio Spirito». Libro lI, 4

Gesù prefigurato da Davide

«Io sono Dio, non di pietra, né di legno, non mi creò nessuno e sono Creatore adorabile di tutte le cose, senza inizio e senza fine. Io sono colui che discese nella Vergine senza perdere la propria natura divina, ma so-no anche colui destinato all’umanità attraverso la Vergi-ne, senza abbandonare la propria divinità. Sono una co-sa sola con il Padre e lo Spirito Santo, che regnava in cielo e sulla terra grazie alla mia divinità; tramite lo Spi-rito Santo infiammai la Santa Vergine ma senza che lo Spirito fosse scisso da me; anzi, lo stesso Spirito che l’infiammò era una cosa sola con il Padre e con me, che sono il Figlio, e il Padre e il Figlio erano in lui; queste tre Persone non sono tre divinità, ma un Dio solo. Somiglio al re Davide, che ebbe tre figli: uno si chia-mava Assalonne, e desiderava mettere a morte il padre; il secondo, Adonia, voleva allontanarlo dal regno; il ter-zo, Salomone, ebbe il regno paterno. Il primo simboleg-gia gli ebrei, che volevano mettermi a morte e disprezza-vano i miei consigli: per questo ora, avendo conosciuto la loro ingratitudine, posso dire di loro quello che Davi-de disse di suo figlio quando questi morì: ‘Assalonne, fi-glio mio, ossia ebrei, figli miei, che fine hanno fatto i vo-stri desideri e le vostre aspettative? Figli miei, che fine hanno fatto gli scopi che vi eravate posti?’ Vi compativo quando volevate la mia venuta, annunciata da numero-sissimi segni, e quando desideravate cose passeggere che vi erano già sfuggite tutte. Ma ora provo ancora più compassione per voi, proprio come un altro Davide che ripeteva sovente l’ultima parola, dicendo: ‘Figlio mio, Assalonne! Assalonne, figlio mio! Poiché adesso vedo la tua fine nella miseria della morte, e per questo, come Davide, dico ancora con grande amore: Figlio mio, chi mi darà la morte per riaverti in cambio?’ Davide sapeva bene che con la sua morte non avrebbe potuto resusci-tare il figlio, ma in questo mostrava il suo amore paterno e come fosse pronto a morire per resuscitarlo, se fosse stato possibile. Ora io dico lo stesso: ‘Ebrei, figli miei, sebbene abbiate dimostrato cattiva volontà nei miei con-fronti, se fosse ancora possibile e piacesse a mio Padre, tornerei a morire volentieri per amore vostro, tale è la compassione che provo per la vostra miseria, che vi siete dati voi stessi, perché vi ho detto a parole cosa bisogna-va fare e ve l’ho mostrato con l’esempio. Vi ho guidati come una chioccia, riscaldandovi sotto le ali del mio amore; ma voi avete disprezzato tutto. Adonia, il secondo figlio di Davide, rappresenta i cattivi cristiani. Egli offese l’anziano padre perché nel suo intimo pensò: ‘Mio padre è vecchio e gli mancano le forze. Se gli parlerò di eventi infausti, non rispon-derà; se commetterò qualcosa contro di lui, non si ven-dicherà; se gli arrecherò danno, sopporterà con pazien-za; farò dunque ciò che vorrò. Così salì in una foresta dove c’erano pochi alberi, con un pugno di servi del padre, per stabilirvi il suo re-gno. Ma quando la saggezza paterna fu chiara, e si fu manifestata la volontà del padre, i disegni di Adonia mutarono e quanti erano con lui vennero denigrati e di-sprezzati. Allo stesso modo, i cristiani pensano così di me e dicono: ‘I segni di Dio e i suoi giudizi non sono noti; adesso come prima, possiamo dire quello che vo-gliamo, perché egli è misericordioso e non se ne cura. Facciamo, dunque, quello che vogliamo, poiché perdo-na facilmente’. Essi non credono alla mia onnipotenza, come se ora fossi meno in grado che in passato di fare quello che voglio; pensano che il mio amore sia dimi-nuito, ritengono che i miei giudizi siano delle canzona-ture e la mia giustizia vanità; per questo salgono nelle foreste di Davide con qualche servo per regnare in tutta tranquillità. Qual è questa foresta in cui ci sono pochissimi albe-ri, se non la Santa Chiesa, che continua ad esistere gra-zie ai sette sacramenti, simili a queste poche piante? Es-si entrano in questa Chiesa con qualche servitore di Da-vide, ossia con qualche piccola buona azione, affinché, in tutta tranquillità, ottengano il Regno di Dio. Poiché fanno queste poche buone azioni, cui si affidano com-pletamente malgrado abbiano commesso peccati e cri-mini abominevoli, essi credono di avere il Regno dei cieli come per diritto di successione. Ma, così come il fi-glio di Davide, che desiderava avere il regno paterno, fu respinto in modo disonorevole, poiché, essendo ingiu-sto, voleva arrogarselo con l’ingiustizia, – e il regno ven-ne dato a un uomo più saggio e migliore di lui -‘ simil-mente questi cristiani saranno espulsi dal mio Regno, ed esso sarà dato a chi compie la volontà di Dio, perché potranno avere il Regno dei cieli solo quanti saranno animati dalla carità, e potranno avvicinarsi alla mia pu-rezza solo coloro che sono puri secondo il mio cuore. Il terzo figlio di Davide era Salomone, che simbo-leggia i pagani. Poiché Betsabea aveva udito che era sta-to eletto un altro al posto di Salomone, cui tuttavia Da-vide aveva promesso il regno, si recò da Davide e gli disse: ‘Mio Signore, mi avevi giurato che dopo di te avrebbe regnato Salomone, ma è stato eletto un altro; se così sarà, io verrò condannata al rogo come adultera e mio figlio sarà illegittimo’. All’udire queste cose, Davide si alzò e disse: ‘Giuro per il Signore che dopo di me regnerà Salomone’. E co-mandò ai servi di elevare Salomone al trono del regno, e di dichiarare re solo colui che era stato scelto da Davi-de; essi eseguirono gli ordini del loro signore ed esalta-rono Salomone con grandi onori. Chi è Betsabea, se non la fede pagana? Infatti non c’è adulterio più pernicioso di quello che allontana da Dio e dalla giusta fede e che porta a credere qualcuno, che non è Dio, Creatore di tutte le cose; ma come Betsa-bea, alcuni gentili vengono a Dio, dicendo con cuore umile e contrito: ‘Signore, ci avevi promesso che in futu-ro saremmo stati cristiani: mantieni dunque la promessa. Se fra di noi è nato un altro re, ossia un’altra fede, e se ti allontani da noi, cammineremo come miserabili e mori-remo come adultere che hanno preso un adultero come marito legittimo. E benché tu viva in eterno, tu morirai per noi, e noi per te, poiché con la grazia ti allontani dal nostro cuore e noi ci opponiamo a te con la nostra diffi-denza. Mantieni dunque la promessa; conforta la nostra infermità e illumina le nostre tenebre, perché se indugi, ossia se ti allontani da noi, periremo’. All’udire queste cose, come un altro Davide, deside-ro innalzarli con la mia grazia e la mia misericordia. Giuro dunque per la mia divinità, che è con la mia uma-nità e attraverso la mia umanità, che è nel mio Spirito e attraverso il mio Spirito, che è nella mia natura divina e nella mia umanità, che manterrò la promessa. Manderò i miei amici affinché introducano Salomone, mio figlio, ossia i pagani, nella Chiesa, che continua ad esistere in virtù dei sette sacramenti come sette alberi: il battesimo, la penitenza, la cresima, l’eucarestia, il sacerdozio, il matrimonio e l’estrema unzione; ed essi si riposeranno sul mio scanno, ossia nella fede giusta della Santa Chie-sa; gioiranno dell’eredità perpetua e della dolcezza che preparerò loro». Libro lI, 5

Nostro Signore paragonato a un operaio

«Io sono come un orefice che, mandando il servo a vendere il suo oro per il mondo, gli dice: ‘Devi stare at-tento a tre cose… Il mio nemico, infatti, ha tre cose dalle quali ti devi guardare: vuole renderti pigro e ozioso nel mostrare lo spirito e il valore del mio oro; poi vuole me-scolare qualcosa d’impuro al mio oro, affinché quanti lo vedranno e lo controlleranno, credano che il mio oro non è altro che fango e marciume; e infine mette in boc-ca ai suoi amici i mezzi per resistere ai tuoi disegni, per-ché dicano ad alta voce e con impudenza che il mio oro non è di qualità’. Io sono l’operaio che ha fatto tutto quanto è nei cie-li e sulla terra, non con martelli e utensili, ma con mirabile potenza e meravigliosa virtù; e tutte le cose sono state, sono e saranno in mia presenza, perché il più pic-colo vermicello e il più piccolo granello non esistono senza di me e non possono sopravvivere senza di me, né qualsiasi cosa, per quanto piccola, può nascondersi alla mia presenza, perché tutte le cose’ sono mie e dipendo-no da me. Tuttavia, fra tutte le cose che ho fatto, le parole che ho detto con la mia bocca sono più degne di tutte le co-se suddette, così come l’oro è più prezioso di tutti i me-talli… Dunque, che le mie parole non siano nascoste ai miei amici, poiché, sentendo parlare delle mie grazie e dei miei favori, possano essere stimolati a una maggiore devozione… I miei amici diranno queste parole a chi li contraddice: ‘Nelle parole che ci sono mostrate non ci sono che tre vocaboli, perché esse insegnano a temere con accortezza, ad amare con devozione e a desiderare con saggezza le cose celesti’» . Libro lI, 14

Le sofferenze di Gesù dal giorno della sua nascita fino alla Passione

«Ora, essendo venuto sulla terra, ho lavorato dal na-scere del giorno al calar del sole, ossia dalla mia ineffa-bile incarnazione alla Passione e alla mia odiosa morte in croce. Ho operato la salvezza degli uomini, fuggendo sin dall’inizio in questa solitudine, poiché Erode mi per-seguitava. Sono stato tentato dal diavolo ed ho patito le persecuzioni degli uomini. Poi ho sofferto e sopportato un numero infinito di infamie. Mangiavo e bevevo, ed ho assolto le necessità della natura senza peccare, per l’istituzione della fede, e per dimostrare e manifestare che avevo assunto in modo straordinario la natura uma-na, preparando la strada per andare nella città celeste e distruggendo quella che va in senso opposto; le spine strazianti hanno trafitto crudelmente il mio capo e i chiodi hanno ferito dolorosamente le mie mani; i miei piedi e le mie mani, i miei denti e le mie guance sono stati flagellati con crudeltà. Ora, io, sopportando tutto ciò con pazienza, non mi sono tirato indietro, ma sono andato avanti con maggiore fervore. Come un animale spinto dalla fame, vedendo che l’uomo gli tende la lancia, si avventa su di essa per il de-siderio di divorare il cacciatore e più questi affonda la lancia nel ventre dell’animale e più l’animale si avventa sulla lancia per avvicinarsi maggiormente all’uomo, fin-ché le sue viscere, il suo ventre e il suo corpo sono com-pletamente lacerati; così io ho bruciato con il fuoco di un amore così grande nei confronti dell’anima, che più l’uomo si avvicinava di sua volontà per uccidermi, più io ardevo dal desiderio di patire per la salvezza delle ani-me. Per questo, dunque, cammino nella solitudine del mondo, nella fatica e nella miseria, ed ho preparato la gioia del cielo, nel mio sangue e nel mio sudore… Esau-dendo con misericordia il desiderio, lungamente nutrito e ardente, di una salvezza futura, sono venuto sulla terra come pellegrino, per lavorare; ed essendo sconosciuto, come disposto dalla mia potenza e dalla mia divinità, ho preparato la strada che conduce in cielo. I miei amici, vedendo questa strada e pensando alle mie fatiche, alle mie pene e alla generosità del mio spiri-to, mi hanno seguito fedelmente e con gioia per molto tempo. Ma ora, la voce che gridava: ‘Sii pronto, è cam-biata, e con essa la mia strada, e in questa solitudine so-no tornati a crescere spine e rovi, tanto che non vi cam-mina più nessuno…’ In verità, io sono come una madre che precede il fi-glio errante e vagabondo e gli illumina la via perché ve-da il cammino; ella lo precede, spinta dall’amore, accor-ciando il suo cammino e, avvicinandosi al figlio, lo ab-braccia e si congratula con lui. Io faccio lo stesso con tutti coloro che tornano a me, e precederò con amore tutti i miei amici, e ne illumi-nerò lo spirito e l’anima affinché vedano la saggezza di-vina. Desidero cingerli con ogni genere di gloria, e con tutte le mie schiere celesti, là dove in basso non ci sono né il cielo né la terra, ma la visione divina; là dove non ci sono né cibo né bevanda, ma una divina dilettazio-ne… Vi dico queste parole e vi manifesto il mio amore, affinché coloro che si sono allontanati tornino a me e mi riconoscano come loro Creatore, il Creatore che hanno dimenticato». Libro II, 15

San Giovanni evangelista dice alla sposa che la Bibbia supera tutte le scritture

«La Scrittura, che chiamate santa, parla in questi termini: Nessun’opera sara’ senza ricompensa. Questa Scrittura, che voi chiamate Bibbia, illumina come un so-le che splende infinitamente più dell’oro, e fruttifica co-me il seme che genera cento frutti; infatti, così come l’oro eccelle fra tutti i metalli, così la Scrittura, che chia-mate santa e che in cielo chiamiamo dorata, eccelle fra tutte le scritture, perché rende noto il nome di Dio e lo onora; in essa, vengono riferite le opere dei patriarchi e dei profeti». Libro IV ,1

La Madre di Dio racconta i sette beni di Gesù e i sette contrari ripresi dagli uomini

La Madre di Dio parla, dicendo: «Mio Figlio ha sette beni: è molto potente, come un fuoco che divora ogni cosa; è molto saggio, la sua saggezza è superiore alla co-noscenza degli uomini, poiché essi non riuscirebbero a inaridire il mare; è molto forte, come una montagna im-mobile; è molto virtuoso, come l’erba gradita alle api; è molto bello, come un sole splendente; è molto giusto, come un re che non perdona nessuno se ciò va contro la giustizia; è molto pio, come un signore che dà se stesso per la vita del suo servo. D’altro canto, ha sopportato molti dispiaceri: infatti, per la sua potenza, è stato ridotto a un verme; per la sua saggezza, è stato ritenuto folle; malgrado la sua forza, lo hanno trattato come un bambino in fasce; per la sua bellezza, lo hanno considerato lebbroso; per la sua virtù, era nudo e lo attaccavano; per la sua giustizia, era ritenuto menzognero; ed è morto per la sua pietà». Libro IV, 119

Il battesimo di Gesù

«Perché ho voluto essere battezzato? E’ necessario che chi desidera intraprendere una strada nuova, prece-da gli altri su questo stesso cammino. Anticamente, al popolo era stata indicata una strada carnale: la circonci-sione; essa era un segno di obbedienza e di futura puri-ficazione e nelle persone fedeli e rispettose della legge, prima che venisse Gesù ossia la verità, aveva l’effetto di una grazia futura e della promessa. Ma poiché giunse la verità e la legge non era che un’ombra, da sempre era stato stabilito che si rinunciasse a seguire l’antica strada, perché non aveva effetto. Dunque, affinché emergesse la verità, l’ombra svanisse e venisse indicata la strada più facile per andare in cielo, essendo Dio e uomo ho voluto essere battezzato per l’umiltà e l’esempio delle moltitudini, e per aprire il cielo ai credenti e ai fedeli; e in segno di ciò, quando venni battezzato, il cielo si aprì, si udì la voce del Padre ed apparve lo Spirito Santo sot-to forma di colomba. è stato provato che io, Figlio di Dio, sono vero Dio e uomo, perché le persone fedeli sappiano e credano che il Padre eterno apre i cieli ai battezzati e ai fedeli. Lo Spirito Santo è con colui che battezza. La virtù della mia natura umana si trova nell’elemento stesso, benché l’opera di mio Padre, mia e dello Spirito Santo non sia che espressione di una volontà unica. Questo accadde quando la verità fu palese. Io che sono la verità, dissipai le ombre. Essendo stato spezzato il guscio della legge, comparve il nocciolo; si cessò, dun-que, di ricorrere alla circoncisione, e il battesimo venne confermato in me, affinché il cielo si aprisse ai grandi e ai piccoli e i figli del peccato diventassero figli della gra-zia e della vita eterna».

Libro V, 4, Interrogazione 10, IV

La fuga in Egitto

«Perché sono fuggito in Egitto? Così si è manifesta-ta l’infermità della mia umanità, si è avverata la profezia e ho dato l’esempio ai posteri, affinché sappiano che a volte bisogna evitare e sottrarsi alle persecuzioni; ma poiché sono stato ricercato e braccato da coloro che mi perseguitavano, il consiglio divino ha prevalso sugli es-seri umani. Non è facile battagliare contro Dio. Per quanto riguarda i bambini che sono stati massacrati, essi hanno rappresentato la mia Passione, il miste-ro di quanti sono chiamati a Dio e sono stati il simbolo dell’amore divino; poiché, sebbene i fanciulli non mi abbiano reso testimonianza con la parola, lo hanno fatto con la morte, come si addiceva alla mia infanzia. Era stato predetto che la lode divina si sarebbe compiuta con il sangue degli innocenti, perché, nonostante la cat-tiveria degli ingiusti li abbia ingiustamente afflitti, il mio permesso, sempre giusto e buono, li ha esposti giusta-mente alla morte, per mostrare la perversità degli uomi-ni, i consigli incomprensibili della mia divinità e la gran-dezza della mia pietà. Se, dunque, nei bambini l’ingiusta cattiveria si è mo-strata con furia, in essi la mia misericordia e il merito sono stati presenti in sovrabbondanza; e là dove sono mancate la parola, la confessione e l’età, ebbene là il sangue sparso rendeva perfetto il bene». Libro V, 6, Interrogazione 12, IV

LA PASSIONE

La Beata Vergine parlava alla sposa Santa Brigida, dicendo: «Novella sposa di mio figlio! Rimettiti i tuoi abiti e al collo indossa il collare, ossia la Passione di mio Fi-glio» (Libro I, 54)

Racconto della Passione di Gesù Cristo

«Poiché si avvicinava il tempo della Passione di mio Figlio, tutti i suoi nemici lo trascinarono via con percos-se sulle guance e sul collo; e dopo avergli sputato ad-dosso, si presero beffa di lui. Poi lo condussero alla co-lonna; qui si tolse gli abiti da solo e si avvicinò alla co-lonna con le proprie mani che i nemici legarono senza misericordia. Era tenuto in lacci e non aveva nulla per coprirsi: era nudo e dovette sopportare e patire la ver-gogna della nudità. I suoi amici erano fuggiti e i suoi ne-mici, sollevandolo, lo circondarono da ogni parte e fru-starono il suo corpo puro con ogni corruzione e ogni peccato… Vidi il suo corpo flagellato e straziato fino alle ossa, tanto che gli si scorgevano le costole e la cosa più amara fu che, quando smisero di flagellarlo, ne scavaro-no e straziarono le carni. E quando mio Figlio, rosso di sangue e trafitto, rimase in piedi in questo stato, tanto che in lui non restava nulla di sano, ripresero a flagellar-lo e qualcuno disse con apprensione: ‘Come? Lo farete morire senza averlo giudicato?’ E subito gli tagliò i lac-ci. Così mio Figlio si rimise i suoi abiti; e allora vidi che i suoi piedi erano in una pozza di sangue; i suoi nemici non tollerarono che si vestisse, e lo spinsero obbligan-dolo a camminare. Quando lo portarono via come un ladro, mio Figlio si asciugò il sangue dagli occhi; e quando l’ebbero giu-dicato, gli fecero portare la croce; e dopo che l’ebbe portata per un pezzo, qualcun altro la prese e la portò per lui. Tuttavia, mentre si avvicinava in questo modo al luogo della Passione, alcuni lo colpivano al collo, altri al volto; fu percosso con forza e violenza e sebbene non vedessi chi lo picchiava, ne sentivo i colpi. Quando ar-rivò sul posto della Passione, vidi che erano stati ap-prontati tutti gli strumenti destinati a dargli la morte; mio Figlio si tolse da solo gli abiti, mentre i soldati dice-vano fra di loro: ‘Le sue vesti sono nostre, poiché non le riavrà: è stato condannato a morte’. Mio Figlio era lì, nudo come quando era nato; allo-ra qualcuno gli porse un velo per coprire la sua nudità e ciò gli diede grande gioia interiore. Poi i boia, duri e crudeli, lo presero e lo fecero stendere sulla croce, in-chiodando per prima la mano destra al palo, che era stato perforato in modo da far passare il chiodo. E gli trafissero la mano proprio nel punto in cui l’osso è più duro e forte; e, tirando l’altra mano verso il foro con una corda, lo crocifissero. Poi fissarono con due chio-di il piede destro e il sinistro, che si tesero rompendo tutti i nervi e tutte le vene. Dopo aver fatto ciò, essi gli misero sul capo una corona di spine, la quale trafisse così profondamente la testa di mio Figlio che i suoi oc-chi si coprirono di sangue, e così pure le orecchie e la barba! Egli, rosso di sangue e ferito, ebbe pietà di me, che assistevo addolorata e gemente e lanciò uno sguardo a San Giovanni, figlio di mia sorella, raccomandandomi a lui… Vedendo me e i suoi amici che piangevano inconso-labili, mio Figlio disse ad alta voce con tono implorante: ‘Padre mio, perché mi hai abbandonato?’ Come se di-cesse: ‘Sei l’unico che abbia pietà di me, Padre mio!’ Allora vidi i suoi occhi tramortiti, le gote bagnate, il vi-so dolente e la bocca aperta, con la lingua rossa di san-gue; il ventre aderiva al dorso, tutti i liquidi erano fuo-riusciti, come se non ci fossero più le viscere. Vidi il suo corpo pallido e sfinito, a causa del sangue che aveva perso, con le mani e i piedi rigidi e tesi sulla croce, con la barba e i capelli intrisi di sangue. Il cuore di mio Figlio, straziato, livido, solo, batteva ancora perché era di fibra buona e forte, in quanto ave-va assunto dalla mia carne un corpo puro, sano e di buona costituzione. La sua pelle era così morbida e de-licata che bastava colpirla leggermente per farne sgorga-re il sangue. Il suo sangue era così vivo che lo si vedeva scorrere sotto la pelle. Ed essendo mio Figlio di natura forte, la vita lottava contro la morte in un corpo lacera-to. Quando il dolore saliva dalle membra e dai nervi tra-fitti del corpo al cuore, la parte più sensibile e più pura in lui, il cuore provava una sofferenza incredibile; e quando il dolore scendeva dal cuore alle membra lace-re, egli ritardava con amarezza la sua morte… La morte si avvicinava, e poiché il cuore di mio Fi-glio si spezzò per l’intensità del dolore, tutte le membra ebbero un sussulto; egli protese un poco il capo e poi lo reclinò. Vedemmo la sua bocca aperta e la lingua coper-ta di sangue; le sue mani si erano scostate leggermente dal foro della croce e per questo i piedi sostenevano un carico maggiore; le dita e le braccia si distesero e la schiena aderì al tronco. Allora alcuni mi dissero: ‘Maria, tuo Figlio è morto’; e altri: ‘Tuo Figlio è morto ma resu-sciterà’. Mentre pronunciavano queste parole, venne un sol-dato e affondò a tal punto la lancia nel costato di mio Figlio che quasi usciva dall’altro lato! E non appena eb-be ritratto la lancia, il petto si coprì di sangue. Allora, vedendo che il cuore del mio amato Figlio era stato la-cerato, mi parve che lo fosse anche il mio. Poi egli venne calato dalla croce ed io lo presi sulle mie ginocchia come un lebbroso, completamente livido e straziato, poiché i suoi occhi erano morti e pieni di sangue, la bocca era fredda come la neve, la barba sem-brava corda e il volto era contratto; le mani erano tal-mente rigide che non si riusciva a piegarle sull’ombeli-co; essendo stato in croce, mentre lo tenevo sulle ginoc-chia aveva tutte le membra irrigidite. Fu immediata-mente avvolto in un lenzuolo pulito e bianco; e gli de-tersi le piaghe e le membra con un panno; gli chiusi gli occhi e la bocca, che erano rimasti aperti nel momento della morte. Infine venne posto nel sepolcro. Ecco, fi-glia mia! Cos’ha sofferto per voi mio Figlio». LibroI, 10

Gesù rivela alla sua sposa come si diede liberamente alla Passione

Il Figlio di Dio parlava alla sua sposa dicendo: «Io sono il Creatore del cielo e della terra e il corpo che è consacrato sull’altare è il mio vero corpo. Amami con tutto il cuore, perché io ti ho amato. Ho dato libera-mente me stesso ai nemici, e i miei amici e mia Madre sono stati colti da un dolore amarissimo e si sono sciolti in lacrime. Quando vidi la lancia, i chiodi, le fruste e gli altri strumenti preparati per la mia Passione, mi accostai co-munque a loro con gioia. E sotto la corona di spine, sebbene il capo grondasse di sangue e il mio sangue scorresse ovunque ed i nemici mi ferissero al cuore, avrei preferito essere straziato in due piuttosto di non averti e non amarti. Per questo saresti davvero ingrata se non mi amassi come riconoscenza del grande amore di cui ho dato prova nei tuoi confronti. Se il mio capo è stato trafitto dalle spine e si è piegato sulla croce, la tua testa deve chinarsi con umiltà; e poiché i miei occhi era-no pieni di sangue e di lacrime, devi astenerti da ciò che diletta la vista; e poiché le mie orecchie erano colme di sangue e hanno sentito che venivo denigrato, le tue orecchie non devono ascoltare parole beffarde, sciocche e leggere; e poiché hanno bagnato la mia bocca con una bevanda amara anziché gradevole, devi chiudere la boc-ca alle parole cattive e aprirla a quelle buone; e poiché le mie mani sono state distese e inchiodate sul patibolo, le tue opere, simboleggiate dalle mani, devono essere te-se ai poveri e ai miei comandamenti; i tuoi piedi, ossia gli affetti ‘con cui devi venire a me, devono essere croci-fissi ad ogni voluttà; e poiché ho sofferto in tutte le mie membra, così le tue devono essere pronte e disposte a ubbidirmi, perché esigo un maggior servizio da te che dagli altri, in quanto ti ho dotata e arricchita di una gra-zia più grande ed eccelsa». Libro I, 11

I dolori di Maria durante la Passione di Gesù

«Alla morte di mio Figlio, avevo il cuore trafitto da cinque lance: la prima lancia era vedere il mio amatissi-mo Figlio onnipotente nudo, legato alla colonna, senza poterlo coprire. La seconda erano le accuse delle be-stemmie vomitate su di lui, in quanto era accusato di es-sere un traditore, un uomo bugiardo e perfido, e una spia sleale, lui che sapevo giusto, veridico; lui che non aveva mai voluto offendere nessuno. La terza lancia era la corona di spine che aveva trafitto il suo capo in modo così disumano che il sangue gli colava in bocca, nella barba e nelle orecchie. La quarta era la sua voce lamen-tevole sulla croce, mentre diceva: ‘Padre mio, perché mi hai abbandonato?’, come se intendesse dire: ‘Sei l’unico che possa avere misericordia di me’. La quinta lancia che ha trapassato il mio cuore era la sua morte amarissi-ma, e mi sono sentita come se il mio cuore fosse stato ferito con altrettante lance, tanto che dalle vene è sgor-gato il sangue. Le vene dei suoi piedi e delle sue mani sono state trafitte, e il dolore dei nervi spezzati ha rispo-sto con forte intensità al cuore, e dal cuore ai nervi sen-za tregua, poiché il suo cuore era delicatissimo, e la sua vita e la sua morte lottavano una contro l’altra: così la sua vita si protrasse in mezzo a dolori lancinanti. Ma poiché la morte si avvicinava, il suo cuore si spezzò per il dolore insopportabile; allora d’un tratto le sue mem-bra ebbero un sussulto e il suo capo, che era reclinato, si alzò leggermente; gli occhi semichiusi si aprirono un poco. Anche la bocca era aperta e si vedeva la lingua in-sanguinata; le dita e le braccia, che si erano ritratte, si distesero. Ma quando ebbe esalato l’ultimo respiro, la testa si piegò sul petto, le mani si staccarono leggermen-te dalla croce nel punto delle ferite e i piedi dovettero reggere un peso maggiore. Vedendo mio figlio più disprezzato di un lebbroso, uniformai la mia volontà alla sua, ben sapendo che tutte le cose erano state compiute secondo la sua volontà e che non si poteva fare nulla senza il suo permesso e lo ringraziai per tutto ciò. La sua gioia si accompagnava al dolore, poiché vedevo che era innocente e che aveva vo-luto soffrire con così tanto amore per i peccatori. Dun-que, tutti coloro che sono al mondo si rendano conto che ho assistito alla morte amara e crudele di mio Fi-glio, e gli occhi del loro spirito lo ricordino sempre». Libro I, 27

«Sposa di mio Figlio, vestiti e sii salda, perché mio Figlio si avvicina a te» diceva la Madre di Dio alla spo-sa. «La sua carne è stata schiacciata come in una pressa: perché, così come l’uomo ha mancato con perversità in tutte le membra, allo stesso modo mio Figlio ha soddi-sfatto proporzionalmente in tutte le sue. I suoi capelli erano sparsi, i nervi spezzati, le giunture staccate, le ossa straziate, le mani e i piedi inchiodati; il suo spirito era turbato, il cuore afflitto dal dolore; e le sue viscere ade-rivano alla schiena, perché l’uomo ha peccato in tutte le sue membra». Libro I, 45

Per il giorno della Passione

«Egli fu trascinato e gettato a terra con tale crudeltà, che la testa urtò il suolo e i denti vibrarono e fu percos-so con così tanta forza al collo e sulle guance, che il suo-no e il contraccolpo giunsero alle mie orecchie e al mio cuore. Poi, su ordine del boia, si spogliò da solo, ab-bracciando con decisione la colonna; il suo corpo venne straziato e piagato con molti colpi di frusta. Alla prima percossa fui colpita al cuore dal contraccolpo e per po-co non svenni; poi, riprendendo coscienza, vidi il suo corpo interamente straziato, perché mentre lo flagellavano era nudo. Allora uno dei boia che assistevano alla scena disse: ‘Come? Lo volete far morire senza che ven-ga giudicato e, così facendo, causare anche la vostra morte?’ E dicendo ciò tagliò i lacci. E mio Figlio, essen-do stato slegato dalla colonna, per prima cosa si coprì; ma non gli diedero il tempo di rivestirsi; mentre lo tra-scinavano via, infilò le braccia nelle maniche. Le sue or-me attorno alla colonna erano talmente piene di sangue, che potevo individuarle una ad una, e capivo dove era passato dalle macchie di sangue che aveva lasciato. Al-lora si sfregò il viso insanguinato con la tunica. Poi, do-po che lo ebbero giudicato ed ebbe preso la croce, fu condotto sul Calvario; ma lungo la strada fermarono un altro uomo perché lo aiutasse a portare la croce. Giunto sul luogo in cui dovevano crocifiggerlo, vide subito un martello e quattro chiodi appuntiti; gli ordi-narono immediatamente di spogliarsi e lui obbedì co-prendosi con un piccolo panno, cosa che gli recò un po di conforto; poi andò a farsi crocifiggere. La croce pog-giava per terra e i bracci erano in alto, di modo che l’in-crocio fra le travi veniva a trovarsi fra le spalle di mio Figlio; il capo poggiava contro la croce, e la tavola dell’iscrizione era stata fissata sopra la testa e le braccia. Le braccia erano state inchiodate più in alto della testa. Non appena gli fu ordinato di stendersi sulla croce, egli si sdraiò volgendo le spalle alle assi. Gli dissero di porgere la mano: diede per prima la destra; e poiché la sinistra non arrivava al foro, la tesero; nemmeno i piedi arrivavano ai buchi, allora li tirarono e li incrociarono un po’ più in basso delle cosce; poiché erano separati, vennero inchiodati alla croce con un chiodo ciascuno, conficcato là dove l’osso era duro, come avevano fatto alle mani. Al primo colpo di martello quasi caddi in estasi e nella veglia vidi mio Figlio e udivo che gli uomini parla-vano di lui in vari modi; alcuni dicevano: ‘Cos’ha fatto? Ha commesso un furto, una rapina o detto una menzo-gna?’ Altri rispondevano che era un mentitore. Allora gli posero sul capo la corona di spine che scendeva fino a metà della fronte. Diversi fiotti di sangue, aperti dalle spine, colavano lungo tutto il suo volto, riempiendo i capelli, gli occhi, la barba, al punto che tutto mi sem-brava sangue; egli non poté vedermi mentre assistevo alla scena, poiché il sangue gli era colato persino negli occhi. Dopo avermi raccomandata al suo discepolo ed aver levato al cielo la testa e gli occhi pieni di lacrime, gridò con una voce che nasceva dal cuore: ‘Mio Dio! Mio Dio! perché mi hai abbandonato?’ Era una voce che non potei mai dimenticare finché non salii al cielo; infatti aveva pronunciato queste parole perché era com-mosso più per la mia sofferenza che per la sua. Il colore della morte ne ricoprì tutte le membra, tan-to che si potevano vedere le sue mascelle attraverso il sangue, e le sue gote aderire ai denti; le costole sporge-vano talmente che era possibile contarle; il ventre aderi-va alla schiena; il cuore, vicino alla piaga, fece tremare tutto il corpo e la barba ricadde sul petto. Allora io, ri-dotta a un cencio, caddi per terra. La sua bocca era aperta, come quando aveva esalato l’ultimo respiro e si vedevano la lingua, i denti e il sangue; gli occhi erano semichiusi, rivolti in basso e il corpo già morto pendeva tutto ripiegato su di sé; le ginocchia erano curve verso un fianco e i piedi erano spostati sui chiodi che sporge-vano in basso come ganci. In seguito, dato che il costato era stato aperto, quando ne estrassero la lancia sulla punta dell’asta com-parve una specie di colore bruno, e capimmo che il suo cuore era stato passato da parte a parte; questo colpo penetrò talmente nel mio cuore che mi stupisco di non esserne morta. Gli altri se ne andarono ma io non potei; provavo un po’ di consolazione poiché il suo corpo era stato deposto e calato dalla croce, tanto che potevo toc-carlo, tenerlo in grembo, sondare le piaghe e toglierne il sangue. Poi gli chiusi gli occhi e la bocca con le dita. Le braccia erano rigide e non riuscii a piegarle per incro-ciarle sul petto, ma solo sul ventre; non riuscii neanche a stendere le ginocchia poiché erano incurvate così co-me si erano irrigidite sulla croce». Libro IV, 70

è cosa giusta meditare sulla Passione di Cristo

Lo scudo spirituale, simbolo della considerazione dell’amarissima Passione di Nostro Signore, deve essere infilato sul braccio sinistro, vicino al cuore; così ogni volta che la voluttà della carne diletta lo spirito, potre-mo ripensare con attenzione alle piaghe di nostro Si-gnore; ogni volta che ci offendono e avviliscono il di-sprezzo dello spirito e le quotidiane avversità mondane, mediteremo sulla povertà e sugli obbrobri subiti da Ge-sù Cristo; e ogni volta che ci solleticano l’onore e il pia-cere momentaneo di questa vita mortale, considereremo e contempleremo la Passione e l’amara morte di Gesù. Libro IV, 74

Parla la Madre di Dio, e dice: «Il cuore di mio Fi-glio è soavissimo come il miele e purissimo come una fontana purissima, poiché tutte le bontà sparse in que-st’universo procedono da lui come dalla loro fonte, in quanto egli è dolcissimo. In verità, cosa c’è di più dolce per un uomo assennato se non considerare l’amore di Dio per noi attraverso la creazione, la redenzione, le fa-tiche e la dottrina, nella sua grazia e nella sua invincibile pazienza, poiché la sua carità non scorre e non passa co-me l’acqua, ma si spande in lontananza e dura, dato che il suo amore resta con l’uomo sino alla morte? Perché se anche un peccatore fosse prossimo alla sua perdita e al-la rovina totale, ma gridasse con la volontà di fare am-menda, sarebbe senz’altro liberato. Del resto, per giungere al cuore di Dio ci sono due strade: la prima è l’umiltà di una contrizione sincera, che conduce e introduce l’uomo nel cuore di Dio e nel-le conversazioni spirituali. La seconda è la considerazio-ne della Passione di mio Figlio, che vince l’insensibilità del cuore umano e lo fa correre con gioia verso il cuore di Dio». Libro IV, 101

Accompagnate il pane di carità con l’acqua. Qual è quest’acqua se non la continua considerazione del-l’amarezza della Passione patita da Gesù Cristo quando chiese al Padre di allontanare il calice da lui e quando le gocce di sangue colavano lungo il suo corpo? Il sudore di Gesù era sangue a tutti gli effetti perché il sangue dell’umanità di Dio era divorato dal timore naturale che provava Cristo, per mostrare che questi era un vero uo-mo e non un essere irreale, alieno da ogni sofferenza. Bevete dunque quest’acqua, meditando come Dio sia comparso davanti a Erode e a Pilato, quanto fosse dolente e misero sulla croce, e come la lancia abbia tra-fitto il suo sacro costato». Libro IV, 126

MISERICORDIA DIVINA

Nella casa di Dio deve regnare l’umiltà

«Nella mia casa deve regnare l’umiltà assoluta, ep-pure essa è sommamente disprezzata… Infatti, chi in questo momento edifica case nel mio nome si comporta come gli architetti che prendono per i capelli il padrone dell’edificio quando vi entra, lo gettano per terra, e ren-dono onore al fango mentre calpestano l’oro. Ebbene costui fa lo stesso, perché edifica il fango, ossia innalza fino al cielo le cose temporali e periture e non si occupa delle anime, che sono più preziose dell’oro. Se desidero entrare nel suo cuore con la predicazione oppure con l’ispirazione e la contemplazione, mi prende per i capel-li e mi getta per terra, ossia maledice le mie parole e le disprezza come il fango e nonostante ciò si ritiene molto saggio. In verità, se volesse innalzare dei palazzi per me, edificherebbe innanzi tutto nel mio onore e per la sal-vezza delle anime… Ti mostrerò cosa significhi la casa che intendo co-struire. Questa casa è la religione, di cui io sono le fonda-menta, io che ho creato ogni cosa e attraverso cui ogni cosa è stata fatta ed esiste. In questa casa ci sono quat-tro muri: il primo è la mia giustizia, con cui giudicherò tutti quelli che vi si oppongono e la detestano; il secon-do è la mia saggezza, con la quale, grazie al mio splen-dore, illumino tutti coloro che vi abitano; il terzo è la mia potenza, con essa li conforterò e li rafforzerò contro le insidie del diavolo; il quarto è la mia misericordia, che riceve tutti quelli che la invocano. In questo muro si apre la porta della grazia, attra-verso cui vengono accolti coloro che me la chiedono. Il tetto della casa è la carità, con la quale copro i peccati di quanti mi amano, affinché tali peccati non ne causino la dannazione. La finestra del tetto, da dove entra il so-le, è la considerazione della mia grazia, attraverso cui il calore della mia divinità penetra nel cuore di chi abita in questa casa. Per quanto riguarda il fatto che il muro debba esse-re grande e forte, questo significa che nessuno può in-debolire le mie parole né distruggerle. Il fatto che que-sto muro debba essere poco alto indica che la mia sag-gezza può essere intesa e compresa in parte ma non del tutto. Le finestre, semplici e luminose, significano che attraverso le mie parole, sebbene semplici, la luce della conoscenza divina entra comunque nel mondo. L’altez-za limitata del tetto significa che le mie parole si manife-stano non in modo incomprensibile, bensì intelligibile».

Libro I, 18

In che modo Dio concede la propria misericordia ai malvagi

«La mia misericordia perdona anche i malvagi in tre modi. Prima di tutto, grazie all’abbondanza del mio amore, poiché la pena eterna è lunga; con la mia grande carità, dunque, li sostengo sino alla fine della loro vita, ritardando di molto l’inizio delle lunghe pene che devo-no sopportare. In secondo luogo, con la mia bontà, af-finché la loro natura si consumi con il peccato e invec-chi perdendo la forza della gioventù; infatti, se morisse-ro giovani, troverebbero troppo lunga e amara la morte temporale. In terzo luogo, mediante la perfezione dei buoni e la conversione di qualche cattivo; infatti quan-do gli uomini buoni e giusti sono afflitti dai malvagi, ciò reca loro un vantaggio, poiché impedisce che pecchino e li rende meritevoli. Similmente, talvolta il fatto che i cattivi vivano fianco a fianco genera il bene, perché quando i malvagi considerano le azioni compiute da chi è come loro e la loro iniquità, dicono fra sé e sé: ‘A che pro imitarli? Essendo Dio così paziente, conviene con-vertirsi piuttosto che offenderlo’. In questo modo, spes-so chi si era allontanato da me torna, perché detesta commettere le stesse cose dei malvagi; la sua coscienza, infatti, gli suggerisce che essi non devono fare cose simi-li. Per questo motivo si dice che chi è punto dallo scor-pione guarisce all’improvviso, se viene cosparso con l’olio di un altro scorpione morto: allo stesso modo un malvagio, vedendo le azioni funeste di un suo simile, si pente e, pensando alla vanità e all’iniquità altrui, guari-sce le proprie». Libro I, 25

Come nostro Signore sarebbe pronto a morire nuovamente per i peccatori

«Io sono Dio. I miei poteri sono infiniti. Ho creato tutte le cose perché fossero utili agli uomini e servissero tutte a istruire l’uomo; ma questi abusa di ognuna di es-se a suo svantaggio. E del resto si preoccupa poco di Dio e l’ama meno degli altri uomini. Durante la Passione, gli ebrei adirati mi inflissero tre tipi di pena: una fu il legno sul quale venni inchioda-to, flagellato e incoronato; l’altra fu il ferro con cui mi legarono i piedi e le mani; la terza fu il fiele che mi die-dero da bere. Inoltre bestemmiarono contro di me dicendo che ero uno stolto, poiché in tutta libertà mi ero esposto alla morte, e mi accusarono di dire menzogne. Quante persone di questa fatta ci sono al giorno d’oggi, persone che mi danno ben poche consolazioni poiché mi legano al legno con la loro volontà di pecca-re; mi flagellano con la loro impazienza, perché non una di loro tollera una parola per amore mio; e mi incorona-no con spine di superbia, in quanto desiderano essere più grandi di me. Mi trafiggono le mani e i piedi con il ferro della loro insensibilità, poiché si gloriano di aver peccato e diventano duri in modo da non temermi. Con il fiele mi offrono tribolazioni insopportabili; per la do-lorosa Passione che avevo accettato con gioia, mi credo-no uno sciocco e dicono che sono un bugiardo. In realtà sono così potente da sommergerli, e l’inte-ro mondo con loro, per via dei loro peccati, se solo lo volessi; e se li sommergessi, quelli che resterebbero mi servirebbero per timore; ma ciò non sarebbe giusto ed equo, poiché in realtà dovrebbero servirmi fedelmente per amore. Ora, se apparissi loro in modo visibile e di persona, i loro occhi non mi potrebbero guardare, né le loro orecchie sentirmi. Infatti, come può un mortale ve-dere un immortale? Certo che morirei senza tirarmi in-dietro, se fosse necessario e possibile, spinto dall’incom-parabile amore che provo per l’uomo». Allora apparve la Beata Vergine Maria, e suo Figlio le disse: «Cosa desideri, amatissima Madre mia?» Ed el-la rispose: «Ahimè! Figlio mio, abbi misericordia degli uomini per amore del tuo amore». E nostro Signore ri-prese: «Avrò misericordia di loro ancora una volta per amore tuo». Poi lo Sposo, nostro Signore, parlò alla sposa dicendo: «Sono Dio e Signore degli angeli. Sono Signore della morte e della vita. Io in persona desidero restare nel tuo cuore. Ecco quanto amore nutro per te: il cielo, la terra e tutto quello che contengono non può contenere me, eppure desidero rimanere nel tuo cuore, che è un semplice brandello di carne. E allora chi do-vrai temere? Di chi potresti avere bisogno dopo aver ri-cevuto dentro di te il Dio onnipotente che custodisce in sé ogni bene? Bisogna dunque che ci siano tre cose nel cuore che deve essere la mia dimora: il letto su cui riposarsi, la se-dia su cui sedersi, la luce per essere illuminati. Quindi, che nel tuo cuore ci sia un letto per il riposo e la quiete, affinché tu possa abbandonare i pensieri perversi e i de-sideri del mondo, e pensare incessantemente alla gioia eterna. La sedia deve essere la volontà di abitare con me, sebbene a volte tu ne abbia in eccesso: infatti è con-tro l’ordine naturale delle cose essere sempre nella me-desima condizione. Ora, rimane sempre nella stessa condizione chi desidera stare al mondo e non sedersi mai con me. La luce deve essere la fede, con la quale tu credi che io possa tutto e sia onnipotente al di sopra di ogni cosa». Libro 1, 30

I tre tipi di misericordia

Nostro Signore rispose all’angelo che pregava per la sposa del suo Signore, dicendogli: «Sei come un soldato che non abbandona mai il suo elmo, nemmeno quando è insoddisfatto e a cui la paura non fa mai distogliere gli occhi dalla lotta, benché sia cruenta. Sei saldo come una montagna, ardente come una fiamma. Sei come un mondo fulgido e per questo sei senza macchia. Doman-di misericordia per la mia sposa, nonostante tu sappia ogni cosa e la veda in me. Eppure, dimmi in sua presen-za quale misericordia chiedi per lei, perché ce ne sono tre tipi. La prima è quella con cui punire il corpo e per-donare l’anima, come venne fatto a Giobbe, mio servi-tore, la cui carne venne sottoposta a ogni genere di do-lore e la cui anima fu salvata. La seconda è quella con cui si perdonano il corpo e l’anima, liberandoli dalla pe-na, come accadde a quel re che godette di ogni sorta di piacere e che, durante la vita terrena, non provò nessun tipo di dolore nel corpo e nello spirito. Il terzo tipo di misericordia è quello con cui vengono puniti il corpo e l’anima, affinché si provino la tribolazione nella carne e il dolore nel cuore, come nel caso di San Pietro, San Paolo ed altri santi ancora. Sulla terra, infatti, gli uomini si dividono in tre stati: nel primo si trovano quelli che cadono nel peccato e si rialzano di nuovo; lascio che talvolta siano afflitti dalle tribolazioni fisiche, in modo che si salvino. Nel secondo ci sono coloro che vivrebbero volentie-ri per sempre in modo da peccare in eterno; i loro desi-deri sono legati e guastati dal mondo, tanto che se fan-no qualcosa per me, è con l’intento di aumentare ed ac-crescere le cose temporali. Essi non provano né tribola-zioni corporali, né una grande afflizione spirituale, ma vengono lasciati in balia della loro potenza e nella loro volontà, poiché, in cambio di un bene modesto compiu-to per amore mio, in questo mondo ricevano la loro ri-compensa, ma subiscano la dannazione eterna nell’altro: essendo eterna la loro volontà di peccare, eterna sarà anche la loro pena. Al terzo stato appartengono coloro che temono più di offendermi che la pena che ne conseguirebbe, e pre-ferirebbero essere tormentati in eterno da supplizi intol-lerabili piuttosto che provocare la mia collera e la mia indignazione. Ad essi sono date le tribolazioni corporali e spirituali – come a San Pietro, a San Paolo e ad altri santi ancora – perché facciano ammenda, in questo mondo, di tutto quanto hanno compiuto sulla terra, op-pure siano purificati per qualche tempo, in modo da ot-tenere in seguito una gloria maggiore e dare il buon esempio. Ebbene, io manifesto questa triplice misericordia in questo regno a tre persone che conosci. Ora, angelo e mio servitore, che misericordia chiedi per la mia sposa?» L’angelo rispose: «Chiedo la misericordia dell’anima e del corpo, affinché ella faccia ammenda in questo mondo di tutti i suoi errori e non venga giudicato nes-suno dei suoi peccati». Nostro Signore riprese: «Sia fatta la tua volontà». Poi parlò alla sposa: «Sei mia, per questo farò di te ciò che vorrò. Non amare altro che me e purificati dal pec-cato, seguendo gli avvertimenti e i consigli di coloro ai quali ti ho affidata. Non nascondere loro nessun pecca-to ed esaminali tutti; non pensare di aver commesso peccati di secondaria importanza e non trascurarne nemmeno uno, perché terrò a mente ogni cosa che tralascerai, e la giudicherò. Nessuno dei tuoi peccati com-messi in questa vita, che non sia stato cancellato dalla penitenza, sfuggirà al mio giudizio terribile; i peccati per i quali non avrai fatto penitenza nella vita terrena, saranno scontati in purgatorio o in qualche altro modo oppure con giudizio segreto, qualora non vengano scontati in questo mondo con giusta soddisfazione». Libro I, 36

Come la fede, la speranza e la carità abbiano animato Gesù Cristo durante la Passione, e si trovino a livello imperfetto in noi, esseri miserabili

«Ho avuto tre cose nella mia morte: la prima, la fede o, per meglio dire, un consenso, ben sapendo che mio Padre avrebbe potuto liberarmi dalla Passione se lo avessi supplicato in ginocchio. La seconda, la speranza, ossia un’aspettativa, mentre ripetevo: ‘Non sia fatta la mia volontà, ma quella del Padre’. La terza, l’amore, quando dicevo: ‘Sia fatta la tua volontà’. Provai anche delle angosce corporali dovute al natu-rale timore della Passione, quando dal mio corpo uscì un sudore di sangue affinché i miei amici non credesse-ro di essere stati abbandonati nelle paure e nelle tribola-zioni. Attraverso me ho mostrato loro che l’infermità della carne si sottrae sempre alle pene; tuttavia forse ti chiederai in che modo dal mio corpo sia uscito il sudore di sangue. Ebbene, così come il sangue di un infermo si asciuga e si consuma nelle vene, per il dolore naturale causato dalla morte ormai prossima anche il mio sangue si era consumato. Infine l’amore di mio Padre – desideroso di indicare la strada che conduce in cielo e di mostrare che l’uo-mo, dopo esserne stato cacciato, poteva farvi ritorno – mi ha abbandonato nella Passione, affinché in seguito il mio corpo fosse glorificato: di diritto e per giustizia, la mia umanità non poteva giungere diversamente alla gloria, sebbene potesse farlo grazie alla potenza della mia divinità. Allora come possono meritare di entrare nella gloria quelli che hanno poca fede, una speranza vana e una ca-rità nulla? Se credessero alle gioie eterne ed ai supplizi terribili, non vorrebbero altro che me. Se si convinces-sero che vedo e so ogni cosa, che sono potente in tutto e chiedo conto di tutto, troverebbero meschino il mondo, ed avrebbero timore di offendermi più per il rispetto che nutrono nei miei confronti che per lo sguardo degli uomini. Se avessero una speranza salda, allora il loro spirito e i loro pensieri sarebbero per me. Se fossero ca-ritatevoli, penserebbero a tutto quello che ho fatto per amore loro, quali siano stati la mia pena nella predica-zione e il mio dolore nella Passione, preferendo morire piuttosto che abbandonarli alla perdizione. Ma la loro fede vacilla e minaccia di crollare, perché sono convinti di non essere tentati, e diffidano di me quando sono contrariati. La loro speranza è vana, poi-ché sperano che i loro peccati siano perdonati senza la giustizia e la verità del giudizio. Pensano di ottenere gratuitamente il Regno dei cieli; desiderano ricevere mi-sericordia senza giustizia. La loro carità nei miei con-fronti è fredda, perché non si infiammano mai al punto di cercarmi, se non sono costretti dalle tribolazioni. Co-me potrei essere con loro se non hanno una fede retta, una speranza salda, un amore fervido? Per questo, quando gridano e chiedono misericor-dia, non meritano né di essere ascoltati, né di essere nel-la mia misericordia; nessun soldato, infatti, può essere stimato dai superiori, né pensare di ottenere la grazia dopo la caduta, se non si è umiliato per l’errore di cui si è reso colpevole». Libro 1,39

In questo mondo ci sono cinque case in cui vivono cinque tipi di abitanti

«è inammissibile il fatto che il Signore di tutte le co-se e il Re della gloria sia disprezzato» diceva la Santa Vergine Maria. «Si è spostato da un luogo all’altro come un pellegrino e un viaggiatore, picchiando su ogni porta per essere accolto. Il mondo, infatti, era come un terre-no in cui c’erano cinque case. Quando mio Figlio giunse alla prima casa con abiti da pellegrino, bussando parlò così: ‘Amico mio, aprimi; introducimi nel tuo riposo e nella tua abitazione, perché ho paura che mi assalgano gli animali selvatici e che la rugiada o la pioggia cadano su di me. Dammi i tuoi ve-stiti per proteggermi dal freddo è coprirmi quando so-no nudo. Dammi il tuo cibo per saziare la mia fame, le tue bevande per calmare la mia sete, e per questo rice-verai la ricompensa del tuo Dio’. Chi si trovava in casa rispose: ‘Sei troppo impazien-te: perciò non puoi andare d’accordo né abitare con noi. Sei troppo grande e quindi non abbiamo di che ve-stirti. Sei troppo avido e ingordo, dunque non potrem-mo saziarti: la tua cupidigia non ha fine’. Nostro Signore, che stava fuori come un pellegrino, rispose nuovamente: ‘Amico mio, fammi entrare con gioia e schiettezza, perché non occupo spazio. Dammi i tuoi abiti: ce ne sono in casa tua, andrà bene anche una povera veste per riscaldarmi. Dammi il tuo cibo, poiché basta una briciola per saziarmi, e una piccola goccia d’acqua mi rinfrescherà e mi infonderà nuovo vigore’. Colui che era nella casa rispose di nuovo: ‘Ti cono-sciamo benissimo: sei umile a parole e importuno con le domande. Sembri modesto e dai l’impressione di accon-tentarti di poco, ma sei troppo affamato per essere sod-disfatto. Sei molto freddoloso ed è difficilissimo coprir-ti. Vattene, non ti ospiterò’. Allora si recò alla seconda casa e disse: ‘Amico mio, aprimi e guardami, perché ti darò tutto ciò di cui hai bi-sogno e ti difenderò dai tuoi nemici’. Chi era dentro rispose: ‘I miei occhi sono deboli, la tua presenza nuocerebbe loro. Possiedo tutto in abbon-danza e non mi interessa quello che hai tu; sono forte e potente: chi potrebbe danneggiarmi?’ Allora, giungendo alla terza casa, disse: ‘Amico mio, ascoltami; stendi la tua mano e toccami; apri la bocca e assaporami’. Chi era dentro la casa gli disse: ‘Grida più forte e ti accontenterò. Se sei morbido ti toccherò; se sei amabile ti riceverò; se sei gentile ti farò entrare’. Gesù se ne andò alla quarta casa, la cui porta era socchiusa, e disse: ‘Amico mio, se ritieni che il tuo tem-po sia impiegato male, accoglimi nella tua casa. Se tu riuscissi a sentire quello che ho fatto per te, proveresti compassione per me. Se pensassi con attenzione a quante volte mi hai offeso, gemeresti e mi chiederesti perdono’. Il proprietario rispose: ‘Siamo mezzi morti dal desi-derio a forza di aspettarti, per questo abbi compassione delle nostre miserie e noi ti daremo liberamente quello che chiedi. Guarda la nostra povertà, pensa all’ango-scia del nostro corpo, e saremo pronti a tutto ciò che vorrai’. Allora arrivò alla quinta casa, la cui porta era com-pletamente aperta, e disse: ‘Amico mio, desidero entra-re qui liberamente; ma sappi che cerco un riposo mi-gliore di quello che danno le piume; un calore maggiore di quello che dà la lana; una carne più fresca di quella che possono dare gli animali’. Quelli che erano all’interno, gli risposero: ‘Ai nostri piedi ci sono dei martelli con i quali spaccheremo le os-sa dei nostri piedi e delle nostre cosce per darti il midol-lo necessario al tuo riposo. Apriremo le nostre viscere: entra dentro di loro se le desideri, poiché così come per te nulla è più morbido del midollo, allo stesso modo nulla ti terrà più caldo delle nostre viscere. Il nostro cuore è più fresco e ricco di quello degli animali: lo ta-glieremo affinché tu te ne possa cibare. Devi semplice-mente entrare. Sei dolce affinché possiamo assaporarti e desiderabile perché possiamo gioire di te’. I cinque abitanti di queste case simboleggiano cin-que condizioni in cui si trovano gli uomini: i primi sono i cristiani infedeli, secondo i quali i giudizi di mio Figlio sono ingiusti, le sue promesse vane e i suoi comanda-menti intollerabili. Sono coloro che dicono dei predica-tori di mio Figlio: ‘Parlano secondo i loro pensieri; pre-dicano secondo la loro intelligenza; dicono delle be-stemmie’. Se fosse onnipotente, egli si vendicherebbe delle ingiurie subite; è tanto alto e grande che non può essere vestito; così insaziabile da non potersi saziare; co-sì impaziente da non poter vivere con nessuno. Pensano che sia lontano perché, a causa della loro pusillanimità nelle azioni e nell’amore, non si sforzano di andare in-contro alla sua bontà; lo definiscono grande perché la loro lubricità non ha né limite né misura; hanno un’opi-nione pessima ed errata di lui e ne pensano male ancora prima di conoscerlo; poiché il cielo e la terra non basta-no loro, lo accusano di essere insaziabile in quanto esige che l’uomo dia tutto quello che ha di meglio per l’ani-ma; lo credono molto impaziente per potergli attribuire dei vizi e sostenere che suscita sentimenti contraddittori nella volontà delle persone. Ora, mio Figlio è onnipotente in cielo e sulla terra; Creatore di tutte le cose, non è stato creato da nessuna di esse, poiché viene prima delle cose e dopo di lui non molto grande in ogni cosa e al di sopra di tutte. Sebbe-ne sia potente, desidera la salvezza degli uomini, lui che non ha bisogno di abiti, lui che copre ogni cosa, lui che è vestito in eterno e invariabilmente dell’onore e della gloria perpetua. Lui, pane degli angeli e degli uomini, che sazia tutte le cose e che non ha bisogno di nulla, de-sidera essere saziato dall’amore degli uomini. Lui, il riformatore e il creatore stesso della pace, chiede loro la pace. Dunque, chiunque lo vorrà dentro di sé, potrà sa-ziarlo con spirito gioioso e buona volontà; sarà suffi-ciente una sola briciola di pane; bastano una rete per vestirlo se la carità è ardente, e una goccia d’acqua per placare la sua sete se l’amore è puro e onesto. Chi ha una devozione ardente e costante, può riceverlo nel suo cuore e parlargli, perché Dio è spirito. Per questo desi-dera tramutare le cose corporali in spirituali e le cose periture in eterne. Inoltre ritiene che venga fatto a lui tutto ciò che viene fatto ai suoi amici, e non considera soltanto le opere in sé e la loro portata, ma la volontà fervida e l’intento con cui è stata compiuta una certa azione. Tuttavia più mio Figlio grida nella loro anima con ispirazione segreta e intelligibile e li avverte mediante i suoi predicatori, più gli uomini rendono insensibile la loro volontà e irrigidiscono il loro spirito contro di lui. Essi non lo ascoltano, non gli aprono la porta del loro cuore e non lo fanno entrare con opere d’amore e di ca-rità. Perciò verrà il tempo in cui la falsità su cui fondano le loro vite sarà annientata, mentre verrà esaltata la ve-rità e si manifesterà la gloria di Dio. Per quanto riguarda il secondo tipo di persone, esse si reputano molto assennate; ritengono che la loro sag-gezza sia giustizia legale; predicano da sé le proprie opere e le preferiscono a tutte le altre. Se sentono parla-re delle azioni di mio Figlio, le ritengono vili e sprege-voli; se odono le sue parole e i suoi comandamenti, si indignano; si ritengono peccatori é infetti, se pensano e sentono quello che lo riguarda. Si credono ancora più infelici e miserabili se ne imitano le opere. Finché go-dranno di buona salute, penseranno di essere potenti al punto di fare affidamento esclusivamente sulle proprie forze. Per questo la loro speranza sarà annientata e la loro gloria si tramuterà in confusione. Il terzo tipo di persone grida e si beffa di lui: ‘Chi è Cristo? Se è mite e generoso nel dare le cose presenti, lo riceveremo volentieri; se è clemente nel perdonare i peccati, l’onoreremo liberamente’. Ma l’occhio dell’in-telligenza di queste persone è chiuso, perché esse non comprendono la giustizia e la misericordia divina; si tappano le orecchie per non sentire quello che mio Fi-glio ha fatto per amore loro e per amore di tutti; si chiu-dono con forza la bocca e non si interrogano su ciò che è loro utile e conveniente; chiudono le mani e non vo-gliono lavorare; non desiderano cercare la strada con cui potrebbero sottrarsi alla menzogna e trovare la ve-rità. Poiché non vogliono ascoltare e prestare attenzione pur avendone il tempo, cadranno con la loro casa e sa-ranno sepolti nella tempesta. Il quarto tipo di abitanti è costituito da persone che sarebbero volentieri cristiane se sapessero in che modo accontentare mio Figlio e se qualcuno le aiutasse e le istruisse. Attraverso il clamore interiore dell’amore ed altri segni, esse avvertono quanto mio Figlio abbia sof-ferto per tutti. Perciò gli gridano con fiducia: ‘Signore! Siamo venuti a sapere che hai promesso di darci te stes-so, e ti aspettiamo. Vieni e tieni fede alla tua promessa, perché vediamo che nei servitori dei falsi dei non c’è virtù divina, né carità per le anime, né grande castità, bensì amicizia per le cose corporali e piacere per l’ono-re terreno. Abbiamo sentito anche qualcosa della tua legge e udito le tue prodigiose meraviglie di misericor-dia e giustizia. Dalle parole dei profeti abbiamo appreso che attendevano colui di cui avevano predetto la venu-ta. Per questo, Signore pio e clemente, vieni perché ti daremo volentieri noi stessi e abbiamo udito che nell’amore delle anime stanno l’uso discreto di tutte le cose, la purezza perfetta e la vita eterna. Vieni presto, dunque, perché siamo quasi morti a forza di aspettarti. Vieni e illuminaci’. Questo gridano a mio Figlio, perciò la loro porta è semiaperta. In effetti, hanno una reale volontà di com-piere il bene, che, tuttavia, non si è ancora manifestata. Sono loro che meritano la grazia e la consolazione di mio Figlio. Nella quinta casa si trovano i miei amici e i miei fi-gli; la porta interna del loro spirito è completamente spalancata a mio Figlio. Essi odono con schiettezza il suo appello e la sua invocazione e non solo gli aprono la porta di casa quando bussa, ma lo precedono con gioia quando lo vedono arrivare; rompono e spezzano con il martello dei precetti divini tutto ciò che non è giusto e retto in loro e preparano il riposo di mio Figlio non in un letto di piume, bensì nella melodia e nell’accordo delle virtù e nella mortificazione dei loro affetti, che so-no il midollo delle virtù. Essi danno a mio Figlio un calore che non è generato dalla lana ma dall’amore ardente; infatti gli prepara-no un pasto più fresco della carne e tale che, nel loro cuore, non desiderano niente e non amano nulla all’infuori di Dio. Nel loro cuore abita il Signore del cielo, e Dio, che pasce tutti, è saziato dal loro amore. Essi hanno sempre lo sguardo fisso sulla porta, per paura che entri il nemico; le loro orecchie sono sempre tese verso il Signore, ma le mani sono pronte per com-battere lo straniero. Fai il possibile per imitarli, figlia mia, perché le loro fondamenta sono edificate sulla pie-tra dura, mentre le altre case sono state erette sul fango e dunque crollano al primo soffio di vento». Libro Il, 3

La Santa Vergine Maria dichiara la propria umiltà a sua figlia, Santa Brigida

Il mantello simbolo di umiltà e le condizioni della vera umiltà e dei suoi mirabili frutti

«Numerose persone si stupiscono e si meravigliano del fatto che parli con te: in verità,

lo faccio per manife-stare la mia umiltà; poiché, così come il cuore non gioi-sce se una parte del corpo marcisce e non torna ad esse-re sana come prima, allo stesso modo io non mi rallegro se un peccatore qualsiasi non torna a me con cuore sin-cero e facendo davvero ammenda, cosa che mi dispor-rebbe subito ad accoglierlo con favore. Tutti mi chia-mano Madre di misericordia. In verità, figlia mia, la mi-sericordia di mio Figlio mi ha reso misericordiosa. Per questo sarà miserabile chi non si accosta alla misericor-dia nonostante abbia la possibilità di farlo. Vieni dunque, vieni figlia mia, e nasconditi sotto il mio mantello: fuori è poco pregiato ma dentro è molto utile grazie a tre qualità: protegge dai venti temporaleschi e dalle tempeste; dall’inclemenza del tempo e dal rigore del clima e ripara dalle nuvole e dalla pioggia. Questo mantello non è altro che la mia umiltà: essa sembra spregevole a chi è legato alle cose terrene, e as-surda per poter essere imitata: infatti cosa c’è di così spregevole se non essere chiamati stolti o andare in col-lera quando si è offesi, e non rispondere a tono agli al-tri? Cosa c’è di così disprezzabile se non lasciare tutto per poi averne bisogno? Cosa c’è di così duro e doloro-so per chi è legato alle cose di questo mondo, se non dissimulare le ingiurie ricevute e credersi, sentirsi e rite-nersi il più umile e indegno di tutti? Figlia mia, tali era-no la mia umiltà e la mia gioia e tale era la mia volontà di non piacere ad altri che a mio Figlio. In verità, quest’umiltà ha tre vantaggi per chiunque mi imiti. Innanzitutto difende dalle tempeste e dalle bu-fere, dagli obbrobri degli uomini e dal loro disprezzo: infatti, così come il vento forte e impetuoso spinge l’uo-mo dove vuole lui e gli fa soffrire il freddo, allo stesso modo gli obbrobri prostrano con facilità l’uomo impa-ziente e legato alle cose del mondo e scatenano in lui le passioni. Ma chiunque aspiri alla mia umiltà, pensi al fat-to che io, Signora del mondo, sento tutto e che le sue pa-role non sono come il vento, poiché subito dopo averle ascoltate con umiltà, sarà consolato. Per che motivo le persone legate alle cose terrene non hanno la pazienza di tollerare le parole e gli obbrobri, se non perché cercano più la loro lode che quella di Dio e sono privi di umiltà? Infatti la loro bocca e il loro occhio sono sempre pronti a peccare. Dunque, sebbene la giustizia scritta dica che non bisogna ascoltare né sopportare senza motivo parole ingiuriose, è comunque una grande virtù e un grande merito ascoltarle e sopportarle per amore di Dio. In secondo luogo, la mia umiltà difende dal freddo, ossia dall’amicizia della carne che ci brucia e ci raffred-da nei confronti dell’amore divino, un’amicizia nella quale l’uomo è amato non per quello che è, ma per amore delle cose presenti. Come chi parla in questi ter-mini: ‘Cibatemi ed io vi ciberò, perché non ho di che nutrirvi dopo la morte; onoratemi ed io vi onorerò, per-ché mi importa poco dell’onore futuro’. Senza dubbio quest’amicizia è fredda e non è riscaldata da Dio; essa è dura come neve gelata nei confronti dell’amore e della compassione per il prossimo in difficoltà, e non conosce reciprocità; infatti non appena la compagnia e la tavola vengono sciolte, l’utilità dell’amicizia si perde e svani-scono i suoi frutti. Ora, chiunque imiti la mia amicizia, fa del bene a tutti per amore mio, sia agli amici che ai nemici: agli amici, in quanto essi rimangono costante-mente nell’onore di Dio; ai nemici, perché sono creatu-re di Dio e forse un giorno saranno davvero buoni. In terzo luogo, meditare sulla mia umiltà difende dalla pioggia e dall’inondazione dell’acqua che cade dalle nubi: infatti da dove arrivano le nuvole se non da-gli umori e dai vapori terrestri che salgono verso l’alto? Attratte dai raggi di sole, si congelano in aria e qui si tramutano in pioggia, grandine e neve. Ora, proprio co-me le nuvole, il corpo ha tre caratteristiche: vede, ascol-ta e sente. Poiché vede, desidera quello che vedono i suoi oc-chi e aspira a possedere il bene e la bellezza in grande quantità. Ora, cos’è tutto questo se non una pioggia che contamina l’anima con il desiderio di avere e di accu-mulare beni, e che l’agita con le preoccupazioni, dissi-pandola con pensieri inutili e turbandola per ciò che ha perso? Tra le cose che ascolta, il corpo fa attenzione alle proprie lodi e ai propri onori, all’amicizia del mondo e a tutto quanto è piacevole e delizioso per il corpo stesso e miserabile per l’anima. Tutte queste cose non sono al-tro che neve destinata a sciogliersi subito, che raffredda l’anima nei riguardi dell’amore per Dio, la rende insen-sibile e l’irrigidisce nei confronti dell’umiltà. Infine, di quello che sente, il corpo avverte quanto riguarda la sua voluttà e il suo riposo. E tutto questo cos’è se non grandine fatta d’acqua gelata, che rende l’anima arida e sterile nei confronti delle cose spirituali, forte per le cose del mondo, facile e incline ai piaceri del corpo? Per questo chiunque desideri essere libero e al sicu-ro da questa grandine, cerchi la protezione della mia umiltà e la segua, perché attraverso essa l’anima è scevra dalla cupidigia della vista e quindi non desidera ciò che è illecito. Grazie all’umiltà, essa è tenuta al riparo dai pericoli dei piaceri dell’udito, in modo che non ascolti nulla che vada contro la verità, ed è tenuta lontano dalla voluttà della carne, affinché non cada nelle sue azioni illecite. In verità vi dico che meditare sulla mia umiltà – non solo con il pensiero, ma anche con le opere – è utile come un mantello che tiene caldo a chi lo porta; perché il mantello non riscalda se non lo si indossa; né la mia umiltà reca vantaggio a quanti la considerano sì con at-tenzione, ma non si sforzano, a seconda delle loro capa-cità, di seguirla, di metterla in pratica e di imitarla. Per questo, figlia mia, rivestiti di quest’umiltà nella misura delle tue possibilità. Le donne legate alle cose del mondo si mettono mantelli superbi fuori e di scarso valore dentro; rifuggi da questi abiti, perché non potrai mai avere il mantello dell’umiltà se, innanzitutto, non disprezzerai l’amore per il mondo; se non avrai conside-rato con maturità la misericordia divina e la tua ingrati-tudine; se non avrai meditato ed esaminato quello che hai fatto e che fai e quale condanna meriterai il giorno del giudizio. Perché pensi che io, Vergine e Madre di Dio, mi sia umiliata moltissimo – motivo per cui ho meritato così tanta grazia -, se non per il fatto che ho sempre pensato e saputo che non avevo nulla di mio e che nulla di buo-no derivava da me come mio? Conscia di ciò, non ho voluto essere lodata per questa mia umiltà, anzi l’ho at-tribuita al mio Dio che ne è autore e Creatore. Per questo, figlia mia, cerca rifugio nel mantello del-la mia umiltà e pensa che sei più peccatrice di tutte le creature del mondo; perché anche se vedi alcune perso-ne comportarsi male, non puoi sapere che fine faranno domani, né quali mire e intenzioni determinino le loro azioni, se il loro comportamento sia intenzionale o do-vuto a una debolezza. Per questo non preferire né giu-dicare nessuno nel tuo cuore». Libro 11, 23

Come non dimenticare i peccati veniali, affinché non ci inducano in peccati mortali

Il Figlio di Dio eterno parlò alla sua sposa, dicendo-le: «Perché sei inquieta e provi ansia?» Ella rispose: «Perché sono assalita da una moltitudine di pensieri va-ri e inutili che non riesco a scacciare; e sentir parlare dei tuoi terribili giudizi mi turba». Il Figlio di Dio rispose: «è questa la vera giustizia: così come prima godevi degli affetti del mondo contro la mia volontà, allo stesso modo ora permetto che sva-riati pensieri ti importunino contro la tua volontà. Tut-tavia, temi con moderazione e abbi fiducia in me, tuo Dio, sapendo con certezza che quando la volontà non prova piacere nei pensieri del peccato ed anzi li scaccia perché li detesta, essi fungono da purificazione e da co-rona per l’anima. Se provi piacere nel commettere qualche piccolo peccato che sai essere tale e malgrado questo lo compi, nutrendo fiducia nell’astinenza e nella presunzione del-la grazia, senza pentirti né dare altra soddisfazione, eb-bene sappi che ciò ti dispone al peccato mortale. Se, dunque, la tua volontà si diletta in un qualsiasi peccato, pensa subito alle conseguenze e pentitene, perché nel momento in cui la natura è debilitata dal peccato lo commette più di sovente; non c’è uomo, infatti, che non pecchi almeno venialmente. Ma Dio, nella sua immensa misericordia, ha fornito all’uomo il rimedio della vera contrizione di tutte le colpe, anche quelle che abbiamo scontato, per paura che non siano state espiate a sufficienza; il Padre, infat-ti, non odia nulla quanto il peccato e quanto l’insensi-bilità di chi non si cura di abbandonarlo e crede di me-ritare più degli altri; tuttavia Dio ti permetterà di com-piere il male, perché fai anche del bene; quand’anche tu stessa compissi mille buone azioni per ogni peccato, non potresti compensare uno dei mali minori commes-si, né soddisfare Dio, l’amore che nutre nei tuoi con-fronti e la bontà che ti ha trasmesso. Se non riesci a scacciare i pensieri, sopportali dunque con pazienza e sforzati di opporti ad essi con la volontà, anche se si in-sinuano nella tua mente; sebbene tu non possa impedi-re loro di entrarvi, puoi comunque fare in modo di non trarne diletto. Evita con timore che la superbia, tuo malgrado, sia causa della tua rovina, perché chiunque resiste senza ca-dere, permane nella virtù dell’unico Dio. Il timore, quindi, permette di accedere al cielo; molti, infatti, sono caduti nei precipizi e nella morte perché avevano ab-bandonato questa paura, e hanno avuto vergogna di confessare i loro peccati davanti agli uomini, mentre non si sono vergognati di commetterli davanti a Dio: es-si, infatti, non si sono preoccupati di chiedere perdono per un piccolo peccato. Poiché non mi degnerò di rimettere e perdonare la loro colpa, i peccati si moltiplicheranno in ogni loro azione; quindi ciò che era veniale e remissibile con la contrizione, sarà aggravato dal disprezzo, come puoi ve-dere in quest’anima giudicata ora. Ella, infatti, dopo aver commesso un atto veniale e remissibile, lo ha acui-to con la consuetudine, fidando in qualche buona azio-ne compiuta, senza considerare che io giudico ogni mi-nima cosa; così l’anima, lasciandosi andare ai piaceri sregolati che le erano consueti, non li ha corretti, né ha represso la volontà del peccato, finché non ha visto ap-prossimarsi il Giudizio e la fine dell’esistenza. Per que-sto, al volgere della vita, d’un tratto la sua coscienza è caduta in uno stato di sciagurata confusione: da una parte le doleva essere prossima alla morte, non volendo separarsi dalle misere cose temporali che amava; dall’al-tra sapeva che Dio soffriva e che l’avrebbe attesa sino all’ultimo momento. Ella, infatti, avrebbe voluto abban-donare la volontà libertina che la spingeva a commette-re il peccato, ma poiché tale volontà non si correggeva, l’anima era tormentata in modo incessante. Il diavolo, sapendo che ognuno viene giudicato se-condo la propria coscienza e la propria volontà, cerca particolarmente di illudere l’anima, per farla deviare dalla retta via; e Dio lo permette perché l’anima non ha voluto vegliare su di sé quando invece avrebbe dovuto farlo». Libro III, 19

Nostro Signore Gesù Cristo dichiara il mistero ineffabile della Santa Trinità.

Parla il Figlio di Dio: «Sono il Creatore del cielo e della terra, Dio vero con il Padre e con lo Spirito Santo, perché il Padre è Dio e lo Spirito Santo è Dio: non tre divinità, bensì tre Persone in un Dio. Potresti domandarmi: ‘Perché ci sono tre Persone e un Dio solo?’ Rispondo che non c’è altro Dio se non la potenza, la sapienza e la bontà stesse, da cui derivano qualsiasi forma di potenza sotto il cielo e nel cielo, e qualsiasi forma concepibile o immaginabile di saggezza e di pietà. Ora, Dio è uno e trino, uno in natura e trino nelle Persone, perché il Padre è la potenza e la saggezza da cui ogni cosa deriva ed è preceduta; egli è potente, non perché riceva potenza da qualcos’altro, ma perché la riceve da se stesso, da sempre. Anche il Figlio, come il Padre, è potenza e saggezza, ma trae potenza non da se stesso bensì dal Padre, in modo vigoroso e ineffabile, ed è principio del Principe che non è mai separato dal Padre. Anche lo Spirito Santo è potenza e saggezza, e poiché procede dal Padre e dal Figlio, ha pari potenza e maestà. Dunque, ci sono un Dio e tre Persone, e un’opera-zione di tre Persone, una volontà, una gloria e una po-tenza. Egli è talmente un’essenza unica che esiste co-munque una distinzione fra le Persone, in quanto tutto il Padre è nel Figlio e nello Spirito Santo, il Figlio è nel Padre e nello Spirito Santo, e lo Spirito Santo è in en-trambi, in una natura divina, non anteriore o posteriore, ma in un modo ineffabile dove non esistono né prece-denza né posteriorità e dove nessuno è maggiore dell’al-tro. Per questo sta scritto, a ragion veduta, che Dio è mirabile e sommamente lodevole». Libro III, 26

 

L’abito non fa il monaco.

Il monaco è custode di se stesso; il suo abito rappre-senta l’obbedienza e l’osservanza della sua professione, perché così come il corpo è coperto dai vestiti, allo stes-so modo l’anima deve essere arricchita di virtù. Per questo l’abito esteriore non trae beneficio se manca l’abito interiore: la virtù e non l’abito fa il monaco. Libro IV, 121

Risposte ad alcune domande

Il giudice rispose: «Amico mio, da molto tempo la superbia degli uomini è tollerata grazie alla mia pazien-za, affinché l’umiltà sia esaltata e la mia virtù manifesta; e poiché la superbia non è una creazione mia bensì del diavolo, bisogna evitarla. Occorre mantenersi umili, per-ché l’umiltà conduce in cielo; è grazie a questa virtù che ho insegnato con la parola e l’esempio. Ho dato all’uomo i beni temporali perché ne faccia un uso ragionevole e le cose create siano tramutate in onore, ossia in me, loro Dio; l’uomo, perciò, deve lodar-mi, ringraziarmi e onorarmi per tutti i beni di cui l’ho colmato, e non vivere e abusarne secondo i desideri del-la carne. Sono io che ho stabilito la giustizia e la legge, perché fossero compiute nella carità suprema e nella compas-sione mirabile, e affinché tra gli uomini si consolidasse-ro l’unità divina e la concordia. Se ho dato all’uomo il riposo del corpo, l’ho fatto per rinvigorire la carne inferma e perché l’anima fosse più forte e più virtuosa. Ma, poiché la carne diventa spesso insolente, occorre sopportare le tribolazioni, le angosce e tutto quanto concorre alla correzione». Libro V, 1, Interrogazione 2

«Ho dato all’uomo il libero arbitrio, affinché abban-donasse la propria volontà per amore mio, che sono il suo Dio e per questo avesse più merito. Ho dato all’uomo il cuore, perché io, Dio, che sono ovunque e incomprensibile, possa essere contenuto per amore nel suo cuore e l’uomo, pensando di essere in me, ne ricavi piaceri indicibili». Libro V, 1, Interrogazione 3

«Chiunque goda del libero arbitrio, deve temere e capire veramente che nulla conduce più facilmente alla dannazione eterna di una volontà priva di guida. Per questo chi abbandona la propria volontà e l’affida a me, che sono il suo Dio, entrerà in cielo senza fatica». Libro V, 1, Interrogazione 4

«Tutte le cose che ho creato non sono semplicemen-te buone, ma buone in sommo grado e sono state fatte per essere impiegate dall’uomo, o per metterlo alla pro-va, o ancora per l’utilità degli animali e affinché l’uomo stesso serva ancora più umilmente il suo Dio, che eccel-le in felicità. Ma, poiché l’uomo, peccando, si è rivoltato contro di me, suo Dio, tutte le cose si sono rivoltate contro di lui». Libro V, 1, Interrogazione 5

«Alla domanda perché le avversità assalgono il giusto, rispondo con le seguenti parole.

La mia giustizia desidera che ogni uomo giusto ottenga ciò che desidera; ma non è un uomo giusto chi non è disposto a soffrire per l’amore dell’obbedienza e per la perfezione della giustizia, così come non è un giusto colui che non ha la carità di fare del bene al prossimo. Per questo motivo i miei amici – considerando che sono il loro Dio e Redentore, pensan-do a ciò che ho fatto e promesso loro e vedendo la per-versità che anima il mondo -, chiedono con maggior de-cisione di sopportare le avversità temporali, per evitare i peccati, essere più avveduti ed avere la salvezza eterna. Per questa ragione permetto che le loro tribolazioni siano frequenti, sebbene alcuni non le tollerino con suf-ficiente pazienza; tuttavia ammetto le loro sofferenze a ragion veduta, e li aiuto a sopportarle. Infatti, io sono come la madre che, colma di carità, corregge il proprio figlio adolescente e questi non la ringrazia nemmeno perché non comprende le motivazioni materne e tutta-via raggiunta la maturità la ringrazia, cosciente che la guida della madre lo ha distolto dalle cattive abitudini educandolo ai buoni costumi; ebbene io mi comporto nello stesso modo con i miei eletti, poiché essi rimetto-no la loro volontà alla mia, e mi amano sopra ogni cosa. Perciò permetto che talvolta siano afflitti da tribola-zioni e, sebbene al momento essi non capiscano com-pletamente la grandezza di tale beneficio, compio cose di cui in futuro trarranno dei vantaggi». Libro V1, Interrogazione 6

Dio Padre parla a Santa Brigida, istruendola sulla virtù dei pellegrinaggi ai cinque luoghi che sorgono a Gerusalemme e a Betlemme

«Esistono cinque luoghi. Tutti coloro che vi si re-cheranno avranno cinque tipi di frutti, se li visitano con cuore puro, senza superbia e ferventi d’amore… Colui che andrà dove è nata Maria, non solo sarà purificato, ma sarà un vaso in mio onore (cfr. capitolo su Maria). Il secondo luogo è Betlemme, dove mio Figlio è na-to come un leone, in quanto tale era visto e considerato dal punto di vista umano; tuttavia egli era invisibile e sconosciuto secondo la divinità. Il terzo luogo è il Calvario, dove mio figlio è stato ferito come un agnello innocente e senza macchia e do-ve è morto; ma egli era impassibile e immortale secondo la divinità. Il quarto luogo è il giardino del sepolcro di mio Fi-glio, in cui venne nascosto come una serpe spregevole; là giaceva la sua umanità, sebbene egli si trovasse ovun-que secondo la sua divinità. Il quinto luogo è il monte degli Ulivi da cui mio Fi-glio, secondo l’umanità, spiccò il volo come un’aquila in cielo, dove si trovava sempre secondo la divinità; egli fu rigenerato e si riposò secondo l’umanità, poiché, secon-do la divinità, riposava e non era mutato. Perciò chi si recherà in questi posti con cuore buo-no e puro, assaporerà la dolcezza e la soavità di me che sono Dio in tutto. Quando sarai giunta in questi luoghi, ti mostrerò diverse cose». Libro V, 13

Nostro Signore Gesù Cristo rivela alla sua sposa il modo in cui; grazie a tre beni contenuti nel cuore vuoto degli apostoli, lo Spirito Santo sia sceso su di loro in tre modi

Per il giorno della santa Pentecoste. «Sono colui che ti parla, colui che un giorno ha mandato ai suoi apostoli lo Spirito Santo scendendo su di loro in tre modi: come un torrente, un fuoco e sotto forma di lingue. Sono sceso su di loro a porte chiuse, poiché si erano ritirati ed avevano tre tipi di beni: la volontà di mante-nersi casti e di vivere castamente in ogni cosa, una profonda umiltà; ogni loro desiderio tendeva a Dio, tan-to che non sospiravano altri che lui. Essi erano come va-si puri e vuoti; per questo lo Spirito Santo scese su di loro e li riempì di sé. Giunse come un torrente, perché li colmò interamente con la sua dolcezza e la sua divina consolazione. Giunse come un fuoco, poiché infiammò talmente i loro cuori di fervore per l’amore divino, che essi non amarono e non temettero altri che Dio. Giunse sotto forma di lingue; infatti così come la lingua si trova in bocca e non le nuoce, anzi le serve per parlare, simil-mente lo Spirito Santo, essendo nelle loro anime, li spinse a non desiderare altri che lui; la saggezza divina li rese eloquenti e la virtù dello Spirito Santo, svolgendo il compito della lingua, disse ogni verità. Poiché questi vasi erano vuoti e desideravano Dio sopra ogni cosa, furono degni di ricevere lo Spirito San-to, perché questi non entra in chi è già colmo e pieno». Libro VI, 36

Esortazione alla contemplazione e alla penitenza

Parla nostro Signore Gesù Cristo: «Io sono il Dio di tutti, di cui Mosè udì la voce nel cespuglio, Giovanni nel Giordano e Pietro sulla montagna. Vi ho gridato, uomini, con misericordia; ho gridato in croce per voi, in lacrime. Aprite gli occhi e guardatemi, perché io che parlo sono molto potente, molto pietoso e bello in som-mo grado. Guardate e informatevi sulla mia potenza se-condo la legge antica e la troverete nella creazione di tutte le creature. Inoltre sono mirabile e formidabile: troverete la mia forza nei re che sono stati ribelli, la mia saggezza nella creazione e la disposizione dei volti uma-ni nella saggezza dei profeti. Informatevi circa il domi-nio della legge e la liberazione del mio popolo. Guarda-te la mia giustizia nel primo angelo e nel primo uomo; guardatela nel diluvio; guardatela nel sovvertimento di paesi e città; guardate la mia pazienza nel sopportare i nemici; guardatela negli ammonimenti dei miei profeti; infine guardate e considerate la mia bellezza nello splendore e nell’azione degli elementi, nella glorificazio-ne di Mosè; allora vedrete con quale dignità mi amate e dovete amarmi. Guardate ancora: sono proprio colui che parlava secondo la nuova legge, potentissimo e po-verissimo: potentissimo nell’adorazione dei Magi e nell’indicazione della stella; poverissimo, tanto che do-vettero avvolgermi in fasce e ripormi in una mangiatoia. Guardatemi ancora, considerato molto saggio eppure folle: molto saggio, al punto che gli avversari non pote-vano rispondermi; folle, perché arrestato con l’accusa di menzogna, e giudicato colpevole. Guardatemi: somma-mente virtuoso eppure altamente disprezzato: somma-mente virtuoso nella guarigione dei malati e nello scac-ciare i demoni; altamente disprezzato, perché venni fla-gellato su tutto il corpo. Vedete che, sebbene io sia giu-stissimo, vengo ritenuto del tutto ingiusto: giustissimo nell’istituzione della verità e della giustizia; ritenuto del tutto ingiusto, in quanto mi condannarono a una morte orrenda. Guardatemi ancora, molto pio eppure trattato in modo empio: molto pio nella redenzione e nell’aboli-zione dei peccati; trattato in modo empio, poiché ero sul patibolo in compagnia di ladroni. Guardatemi, infi-ne, bellissimo sul monte, orrendo in croce perché ero privo sia di presenza che di splendore. Vedete, sono colui che vi parla, colui che ha sofferto per amore vostro. Contemplatemi non con gli occhi del-la carne, ma con quelli dello spirito. Vedete quello che vi chiedo, quello che vi ho dato e quello che mi renderete. Vi ho dato l’anima non corrotta, rendetemela non corrotta; soffrivo per voi, affinché mi seguiste; vi ho in-segnato affinché viveste, non secondo la vostra volontà ma secondo la mia. Ascoltate la mia voce che vi dice: ‘Fate penitenza’. Ascoltate la mia voce che sul patibolo gridava: ‘Ho sete di voi…’». Rivelazioni supplementari 82.

LA CONDOTTA DELL’ANIMA

Gesù diceva: «Imita la mia umiltà; perché io sono Re di gloria e Re degli angeli, sono stato rivestito di vec-chi stracci e legato nudo alla colonna. Ho udito ogni obbrobrio, ogni calunnia vomitata addosso a me. Prefe-risci la mia volontà alla tua, perché per tutta la sua vita Maria, mia Madre e tua Signora, non ha mai fatto altro che la mia volontà. Se la farai anche tu, il tuo cuore sarà nel mio e sarà infiammato dal mio amore; e così come ciò che è secco e arido prende fuoco facilmente, allo stesso modo la tua anima sarà colma di me ed io sarò in te, in modo che tutte le cose temporali ti risultino amare e qualsiasi voluttà carnale sia un veleno per te. Ti riposerai fra le braccia della mia divinità, che è to-talmente priva di ogni voluttà carnale, ma contiene gioia e diletto dello spirito; infatti l’anima colma di gioia inte-riore ed esteriore non pensa né desidera altro che la gioia che la fa vibrare. Perciò non amare nulla all’infuori di me; in questo modo avrai tutto quello che vorrai a profusione. Non sta forse scritto che l’olio della vedova non viene mai meno? E che nostro Signore ha dato la pioggia alla terra, secondo le parole del profeta? Ora, io sono il vero profeta. Se credi alle mie parole e le segui, in te l’olio, la gioia, l’esultanza non verranno mai meno». Libro I, 1

Gesù sposo dell’anima

«Ti ho scelta e presa in sposa per manifestarti i miei segreti, poiché questa è la mia volontà. Del resto mi ap-partieni di diritto, in quanto alla morte di tuo marito hai rassegnato la tua volontà nelle mie mani, visto che, an-che dopo la sua scomparsa, hai pensato e pregato di es-sere povera e hai voluto lasciare ogni cosa per amore mio. Per questo mi appartieni di diritto. Era necessario che, con un amore così grande, mi prendessi cura di te; così ti prendo in sposa e per il mio diletto, il diletto che Dio prova per un’anima casta. La sposa, dunque, deve essere pronta quando lo sposo desidera solennizzare le nozze, affinché ella sia ricca a sufficienza, ornata e puri-ficata dal peccato di Adamo; quante volte, caduta nel peccato, ti ho sorretto e sostenuto. La sposa, inoltre, de-ve portare sul petto le insegne e la livrea del suo sposo; questo significa che devi fare attenzione ai benefici di cui ti ho colmato, alle opere che ho compiuto per te, os-sia: con quanta nobiltà ti ho creato dandoti un corpo e un’anima; di quanta eminenza ti ho dotato dandoti la salute e i beni temporali; con quanta dolcezza ti ho gui-dato, quando sono morto per te e ti ho trasmesso la mia eredità, se desideri averla. La sposa, poi, deve fare la vo-lontà del suo sposo; qual è la mia volontà, se non il fatto che tu mi ami al di sopra di ogni cosa e non desideri al-tro che me? Ora, sposa mia, se non desideri altro che me e se di-sprezzi tutto per amore mio, non solo ti darò come dol-ce e preziosa ricompensa figli e genitori, ma anche ric-chezze e onori, non l’oro e l’argento, ma me stesso; io che sono Re di gloria, ti darò me stesso come Sposo e premio. Se provi vergogna nell’essere povera e disprezzata, pensa che io, tuo Dio, ti ho preceduto lungo questa strada; i miei servitori e i miei amici, infatti, mi hanno abbandonato sulla terra, poiché non ho cercato gli amici della terra, ma del cielo. Inoltre, se temi il peso della fatica e dell’infermità, pensa quanto è doloroso bruciare nel fuoco. Cosa ti meriteresti se avessi offeso qualcuno così come hai offeso me? Anche se ti amo con tutto il cuore, non vengo mai meno alla mia giustizia: poiché mi hai offeso in tutte le tue membra, in esse troverai soddi-sfazione. Tuttavia, data la buona volontà che dimostri e i tuoi propositi di fare ammenda, tramuto la mia giusti-zia in misericordia, rimettendo, in cambio di una picco-la espiazione, i supplizi più dolorosi. Accetta dunque con entusiasmo una piccola pena, cosicché, purificata, tu ottenga più velocemente una ri-compensa più grande; è più ragionevole, infatti, che la sposa soffra e lavori con lo sposo, affinché possa riposa-re con lui con maggiore fedeltà». Libro I, 2

Rimani umile

«Io sono il tuo Dio e il Signore che onori. Sono co-lui che con la sua potenza regge il cielo e la terra, e che non ha alcun sostegno né appoggio. Sono colui che, sot-to le specie del pane e del vino, vero Dio e vero uomo, viene immolato ogni giorno. Sono colui che ti ha scelto. Onora il Padre mio; amami; obbedisci al mio Spirito, rendi grande onore a mia Madre, tua Signora. Onora tutti i miei santi; mantieni la retta fede che ti insegnerà colui che ha provato di persona il conflitto della verità e della falsità e che ha vinto grazie al mio soccorso. Man-tieni vera la mia umiltà. Qual è la vera umiltà se non quella di manifestare ciò che si è, e lodare Dio per i be-ni che ci ha dato? Ora, se vuoi amarmi, ti attirerò a me con la carità, come la calamita attira il ferro; e ti racchiuderò nella forza del mio braccio, così potente che nessuno può stenderlo, così fermo che quando è disteso nessuno può piegarlo o curvarlo; ed è pure così dolce che supera ogni aroma e non può essere paragonato con i piaceri del mondo, perché li supera tutti». Libro I, 3

Le parole con cui la gloriosa Vergine Maria ha insegnato a Santa Brigida come vestirsi

«Io sono Maria, che ha generato il vero Dio e vero uomo, il Figlio di Dio. Sono la Regina degli angeli. Mio Figlio ti ama con tutto il cuore, e per questo ricambialo. Devi ornarti di abiti onesti, dunque ti mostrerò quali sono e come devono essere. Per prima cosa ti è stata data una camicia, poi hai ri-cevuto una tunica, delle scarpe, un mantello e un collare per il tuo petto; allo stesso modo spiritualmente devi avere la camicia della contrizione: così come la camicia è maggiormente a contatto con la carne, allo stesso modo la contrizione e la confessione sono la prima strada per andare verso Dio, la strada attraverso cui l’anima che gioiva del peccato viene purificata e la carne rivestita. Le scarpe sono i due affetti, ossia: la volontà di fare ammenda delle colpe commesse, e la volontà di compie-re il bene e astenersi dal male. La tua tunica è la speran-za, con cui aspiri a Dio: infatti così come la tunica ha due maniche, allo stesso modo la giustizia e la miseri-cordia sono contenute nella tua speranza, affinché tu possa sperare in Dio in modo da non trascurarne la giu-stizia. Inoltre pensa alla sua giustizia e al suo giudizio a tal punto di non dimenticarne la misericordia, perché non c’è giustizia senza misericordia, né misericordia senza giustizia. Il mantello è la fede: in effetti, così come il mantello copre tutto, allo stesso modo l’uomo, me-diante la fede, può capire e raggiungere ogni cosa. Que-sto mantello deve essere disseminato dei segni dell’amo-re del tuo caro sposo: come ti ha creato, riscattato, nu-trito e introdotto nel suo spirito, e aperto gli occhi dello spirito. Il collare è il pensiero della Passione, che deve essere costantemente sul tuo petto: il modo in cui mio Figlio è stato schernito, flagellato e coperto di sangue; il modo in cui è stato steso sulla croce con i nervi trapas-sati, e in cui tutto il suo corpo ha tremato nella morte a causa dell’immenso dolore che provava; e il modo in cui ha rimesso il suo spirito nelle mani del Padre. Che que-sto collare penda sempre sul tuo petto. Che la sua coro-na sia sulla tua testa; in altre parole, ama profondamen-te la castità; di conseguenza sii pudica e onesta; non pensare a nulla, non desiderare altro che il tuo Dio, il tuo Creatore: quando avrai lui, avrai tutto; e così ornata e adorna aspetterai l’arrivo del tuo caro Sposo». Libro I, 7

Come pregare

«Io sono il tuo Dio – vero Dio e vero uomo in una persona – che, messo in croce, è tutti i giorni nelle mani dei sacerdoti. Quando mi rivolgi una preghiera, finiscila sempre con queste parole: ‘Sia fatta la tua volontà, e non la mia’. A volte desideri cose contrarie alla tua sal-vezza e per questo è necessario che tu sottometta la tua volontà alla mia, perché io so tutto e provvedo a ogni cosa ti sia utile. Certo, diversi uomini mi pregano, ma non con il giusto intento; per questo motivo non meri-tano di essere esauditi». Libro I, 14

Il modo in cui la sposa deve prepararsi alle nozze

La Santa Vergine parlava alla sposa, dicendo: «Spo-sa di mio Figlio, amalo perché egli ti ama; onora i santi, che sono alla sua presenza, perché essi sono simili a in-numerevoli stelle; il loro fulgore e il loro splendore non possono essere paragonati a nessuna luce temporale; perché così come la luce del mondo è diversa dalle te-nebre, allo stesso modo c’è molta più differenza fra la luce dei santi e la luce di questo mondo». Poi il Figlio della Vergine parlò alla sua sposa, di-cendo: «Mia sposa, devi avere quattro cose: essere pronta per le nozze della mia divinità, nelle quali non c’è nessuna volontà carnale, bensì un grande piacere spirituale, come è giusto che provi Dio per l’anima ca-sta, in modo che l’amore per i tuoi figli, i beni e i geni-tori non ti distolga dall’amore per me, evitando così che tu faccia la fine delle vergini stolte (Mt 25), che non era-no pronte quando nostro Signore volle invitarle alle nozze; perciò ne furono escluse. Poi devi credere alle mie parole, perché io sono la Verità, fonte di verità, dalla mia bocca non è mai uscito altro che la verità, e nelle mie parole c’è solo la verità; per questo a volte ciò che dico va inteso in senso spiri-tuale, altre volte va preso alla lettera; perciò le mie paro-le devono essere capite nel modo dovuto; e nessuno può accusarmi di menzogna. Devi inoltre essere ubbidiente… Obbedisci con umiltà e gioia a quelli cui devi obbedire; non fare ciò che ti sem-bra utile e ragionevole se è contrario all’ubbidienza. Infat-ti, conviene che tu rinunci per obbedienza alla tua vo-lontà, sebbene essa sia buona e segua la volontà di colui che comanda, se ciò che egli ti ordina non è contrario alla salvezza della tua anima o se non è irragionevole. Infine devi essere umile, perché sei unita da un ma-trimonio spirituale: per questo devi essere umile e pudi-ca all’arrivo del tuo sposo. Che il tuo servitore, ossia il tuo corpo, sia moderato. Sarai certamente fertile e fe-conda grazie al seme spirituale e sarai d’aiuto a più per-sone. Quando in un tronco secco viene inserito un inne-sto, il tronco fiorisce senza dare frutti; tu, invece, dovrai sia fiorire sia fruttificare attraverso la mia grazia che ti inebrierà, affinché l’intera corte celeste si rallegri del vi-no di dolcezza che ti devo dare. Non sfidare la mia bontà. Ti garantisco che, così come Zaccaria ed Elisa-betta hanno avvertito interiormente una gioia ineffabile quando venne loro promessa la nascita di un figlio, an-che tu gioirai intimamente delle grazie di cui voglio col-marti e gli altri gioiranno attraverso te». Libro I, 20

Come da un bene modesto l’uomo assurge a un bene perfetto

«Talvolta da un bene modesto deriva una grande ri-compensa», diceva il Figlio di Dio alla sposa. «Il dattero ha un profumo buonissimo e contiene un nocciolo: se lo si mette nella terra grassa, questo cresce e genera frutti e a poco a poco diventa un albero; ma se viene posto in un terreno sterile, si secca perché quella terra, troppo arida per fruttificare, si diletta e gode nel peccato e non diventa grassa nemmeno se viene gettato il seme delle virtù. Viceversa è ricca la terra dello spirito di colui che conosce il peccato e si pente di averlo commesso; se in essa viene seminato il nocciolo del dattero, ossia la seve-rità del mio giudizio e della mia potenza, nel suo spirito crescono tre radici. La prima radice sono quegli uomini che pensano di non poter far nulla senza il mio soccorso; dunque si ri-volgono a me in preghiera. La seconda sono quelli che iniziano con il fare una piccola elemosina in nome mio. La terza quelli che si disfano e si liberano dalle cose che li vincolano per servirmi, si dedicano al digiuno e ab-bandonano la loro volontà: questo è il tronco dell’albe-ro. In seguito, attirando a sé tutti i beni possibili, rendo-no possibile la crescita dei rami della carità; quando, in-fine, insegnano agli altri tutto quello che sanno, il frutto giunge a maturazione. Essi cercano il modo di compiere ciò con l’intento di aumentare il mio onore; per questo un frutto del genere mi è molto gradito. Così, dunque, da un bene modesto essi assurgono a un bene perfetto e compiuto. Inizialmente queste per-sone gettano le radici con devozione mediocre; poi, però, il corpo cresce mediante l’astinenza, i rami si mol-tiplicano con la carità e il frutto cresce grazie alla predi-cazione». Libro I, 43

La Passione di Cristo deve essere sempre presente nei nostri cuori

«Io sono il tuo Creatore e il Redentore delle anime; sono il Dio che ami sopra ogni cosa. Guarda e medita: le anime che ho riscattato con il mio sangue sono come le anime di quelli che ignorano Dio; queste ultime giac-ciono nell’orribile prigionia del diavolo che le affligge furiosamente in tutte le loro membra, come un torchio implacabile. Per questo, se assapori e conosci le mie piaghe nel tuo spirito, se in esso è sempre presente la mia flagellazione e se provi dolore per la reputazione di qualcuno, mostra ai tuoi poveri quanto mi ami, dichiara in pubblico le parole che ho pronunciato con la mia stessa bocca e annunciale di persona ai vertici della Chiesa. Certo, ti darò il mio Spirito. Ovunque ci sia dissenso fra due individui, se essi credono nel mio nome, potrai riunirli e riconciliarli mediante la virtù che ti è data. Inoltre, affinché le mie parole abbiano maggior rilievo, ne porterai la testimo-nianza al pontefice: gli uomini di Chiesa le gustano e ne gioiscono, perché le mie parole sono come il grasso che si fonde e si liquefa con facilità quanto più è caldo; ma quando è privo di calore, non fa presa e non pene-tra all’interno. Lo stesso succede con le mie parole, perché più l’uomo è infiammato dalla mia carità, più le medita e le divora e più assimila il grasso della mia dolcezza, della gioia celeste e di quella del mio amore e maggiore è l’ardore con cui si infiamma nel mio amore». Libro 1, 52

Dialogo e consigli di Gesù alla sua sposa

«Diverse persone si stupiscono perché parlo con te e non con gli altri che conducono un’esistenza migliore e mi hanno servito più a lungo di te. Io rispondo loro con un esempio. Un signore aveva diverse vigne, situate in più luo-ghi, il cui vino aveva l’odore e il gusto della terra di ogni vigna. Ora, dopo che l’uva fu pigiata e il vino fil-trato, il padrone della vigna bevve i vini di qualità me-diocre e inferiore, ma non quello migliore. Se qualcu-no dei presenti e degli aiutanti gli avesse chiesto il mo-tivo di ciò, egli avrebbe risposto che quest’ultimo tipo di vino era certamente di suo gradimento e gli pareva il più dolce, ma che il padrone della vigna non versa il vino migliore, né lo disprezza, ma lo conserva sino a quando non sia giunto il momento di fargli onore e di renderlo utile, dandone un po’ a ciascuno. Io con te faccio lo stesso. Ho diversi amici la cui vita mi è più dolce del miele, più deliziosa del vino e più lu-minosa ai miei occhi che non il sole. Tuttavia mi è pia-ciuto eleggerti nel mio spirito, non perché tu fossi mi-gliore o al loro livello, o perché fossi più degna di loro quanto a meriti, ma perché io ho voluto così; infatti ren-do saggi gli stolti, giusti i peccatori; né l’averti fatto una grazia del genere significa che disprezzi gli altri, anzi li riservo per la mia utilità e il mio onore, come esigerà la mia giustizia. Per questo motivo umiliati in ogni cosa, e curati unicamente dei tuoi peccati. Ama tutti, anche co-loro che sembrano odiarti di più ed essere i tuoi detrat-tori principali, perché essi costituiscono l’occasione mi-gliore per guadagnarsi una corona. In particolare ti vie-to di fare tre cose, ti permetto di farne tre e ti consiglio di farne altrettante. Prima di tutto non devi desiderare altro che Dio e occorre che tu respinga ogni forma di superbia e di ar-roganza e che eviti sempre la lussuria della carne. Ti vie-to per prima cosa di amare le parole vuote e frivole; se-condariamente di cercare le superfluità del cibo e delle altre cose; e in terzo luogo di concederti alla superficia-lità del mondo e alle sue gioie. Viceversa ti permetto di fare tre cose: la prima, di dormire, con moderazione, per avere una buona complessione; la seconda, di bada-re con temperanza all’esercizio del corpo; la terza, di mangiare, con moderazione, per fortificare e sostentare il corpo stesso. Poi ti consiglio tre cose: lavorare nel digiuno e com-piere opere di bene, cui è promesso il Regno dei cieli; disporre nel modo dovuto di ogni cosa che rende onore e grazia a Dio; meditare senza sosta due cose nel tuo cuore: quello che ho fatto per te, soffrendo e morendo per amore tuo, poiché questo pensiero stimola l’amore per Dio; e pensare alla mia giustizia e al mio terribile giudizio, perché ciò stimola il timore. Infine, quello che ti comando e ordino, consiglio e permetto, è che tu mi obbedisca come sei tenuta a fare. Te lo comando, perché sono il tuo Dio; te lo ordino, perché sono il tuo Signore; te lo permetto, perché sono il tuo Sposo; te lo consiglio perché sono il tuo amico». Libro II, 16

La Saggezza Divina non sta nelle Scritture ma nel cuore e in un’esistenza retta

«Io che ti parlo sono il Creatore di tutte le cose e non sono stato creato da nessuno. Prima di me non c’era nulla, né ci sarà dopo di me. Senza di me non po-teva esistere niente, perché sono il Signore alla cui po-tenza non può resistere nessuno e dal quale dipendono qualsiasi potenza e qualsiasi dominio. Ti parlo come un uomo parla alla sua sposa. Mia sposa, dobbiamo avere tre case e in esse devono esserci il pane, una bevanda e della carne. Forse mi chiederai cosa intendo per pane: ‘Non è il pane che si trova sull’altare?’. Certamente lo è, ma oc-corre pronunciare per bene le parole: ‘Questo è il mio corpo’; non è pane, bensì il corpo che ho assunto nel ventre verginale di Maria, e che è stato crocifisso. E’ questo il pane che dobbiamo avere in casa e consiste in una volontà buona e sincera. Il pane corporale, se è puro, ha due effetti positivi: innanzitutto nutre e rafforza le vene, le arterie e i nervi; poi elimina la cancrena interna e la espelle, purificando l’uomo. Lo stesso succede con la volontà pura: conforta l’uomo, perché, se questi vuole solo quello che vuole Dio, non si tormenta e non si dà pena, ma cerca l’onore e la gloria del Padre; desidera con tutto il cuore lasciare le cose del mondo e stare con Dio. Tale volontà confor-ta l’uomo stimolandolo a compiere il bene e accrescen-do il suo amore per Dio, lo spinge a detestare il mondo, ne fortifica la pazienza e ne rafforza la speranza di otte-nere la gloria, tanto che egli tollera e sopporta con gioia ogni genere di cosa. Una buona volontà sradica e re-spinge ogni cancrena. Quale corruzione nuoce all’anima se non la superbia, la cupidigia e la lussuria? Quando la cancrena della superbia e di altri vizi coglie lo spirito dell’uomo, questi la scaccia se la ritiene vana, perché non è decente che l’uomo lodi se stesso per quello che riceve, mentre è giusto che lodi colui da cui riceve. La cupidigia è vana, in quanto tutto ciò che è della terra ci lascerà nel giorno della morte. Se si ha orrore della lus-suria e si desidera seguire la volontà di Dio, il cui pre-mio è senza fine e i cui beni non invecchiano mai, allora scompare la tentazione della superbia e della cupidigia e la volontà rimane nel bene. La bevanda da tenere nelle nostre case è quella della divina lungimiranza in ogni cosa che dobbiamo fare. Le bevande corporali hanno due effetti positivi: innanzitut-to permettono una buona digestione; infatti, chiunque si proponga e intenda compiere del bene – se esamina con attenzione, valutando quale onore ne ricaverà Dio, quale utilità il prossimo e quale vantaggio l’anima -, ve-drà che nelle sue azioni c’è un’utilità divina. Queste opere avranno uno sviluppo positivo, proprio come una buona digestione; se egli riscontra qualche sconsidera-tezza nel compimento delle proprie azioni, la scoprirà immediatamente; se vi trova qualcosa di iniquo, lo cor-reggerà subito e a quel punto il suo operato sarà retto, giusto, assennato e fonte di edificazione per gli uomini. Infatti colui le cui opere non sono state meditate in an-ticipo secondo i criteri divini, non cerca né l’utilità dell’anima, né l’onore di Dio; e benché inizialmente la sua opera abbia dei risultati felici, l’intento con cui l’ha compiuta sarà vano se alla fine egli non apporterà delle correzioni. Inoltre, le bevande dissetano: quale sete è peggiore del peccato? Se l’uomo pensa in anticipo alle conse-guenze dei peccati e alla miseria che comportano, alle ricompense di chi resiste a questa malvagia e inappaga-bile sete di vizi, allora la grazia divina estinguerà all’istante questa stessa sete; in lui si accenderà l’ardore della carità divina e dei desideri buoni; egli proverà la gioia di non aver ceduto al male che covava nello spiri-to, ed eviterà ciò che l’avrebbe fatto cadere se non fosse stato soccorso dalla meditazione e se essa non l’avesse reso più attento in futuro. Mia sposa, è questa la bevan-da che dobbiamo tenere in casa. In terzo luogo, nella nostra abitazione ci deve essere della carne da mangiare, perché essa svolge due funzio-ni: prima di tutto rende saporiti gli altri cibi ed è più adatta al corpo che non il pane da solo; poi fa buon san-gue, meglio del pane e del vino non accompagnati. Tale è l’effetto anche della carne spirituale. Ora, qual è que-sta carne se non la saggezza divina? Infatti, qualunque uomo di buona volontà desidera unicamente ciò che ap-partiene a Dio e la divina meditazione dei suoi misteri e non fa nulla se non reca maggiore onore a Dio stesso; persone come queste sono molto sagge. Potresti chiederti quale sia la saggezza divina; da una parte, infatti, ci sono molte persone semplici che cono-scono solo il Pater noster e ancora a stento; altre, invece sono molto sagge: sono forse queste ultime ad avere la saggezza divina? No, perché essa non sta propriamente nelle Scritture, ma nel cuore e in un’esistenza retta. …Chi si abbandona il più possibile all’amore di Dio ha il cibo della saggezza – che rende più saporita la buona volontà – e medita in anticipo sulle proprie azio-ni: infatti quando l’uomo pensa alla morte e nella morte alla completa privazione di ogni cosa…, ritiene sia più ragionevole amare ciò che è eterno piuttosto che le cose periture. La saggezza divina, dunque, non sta esatta-mente nelle Scritture, ma nelle buone azioni… Perciò, mia sposa, raccogliamo e accumuliamo nei nostri granai queste tre cose: la buona volontà, la medi-tazione divina sulle azioni che vogliamo compiere e la saggezza di Dio, perché di queste tre cose dobbiamo gioire, sebbene io debba avvertire te e tutti i miei eletti che l’anima di ogni giusto è mia sposa, perché io sono il Creatore e il Redentore». Libro II, 25

La Santa Vergine diceva a Santa Brigida: «Imprimi nel tuo cuore il ricco ornamento dell’amarissima Passione di mio Figlio…»

Giunse il Figlio, e questi parlò alla sposa dicendo: «Ti ho detto tutto quello che bisogna tenere nelle no-stre case. Ma oltre a ciò devi avere tre tipi di abiti: il pri-mo è un vestito di lino, ottenuto da una pianta che cre-sce dalla terra; il secondo è costituito da pelli d’animale; il terzo è fatto con la seta prodotta dai bachi. L’abito di lino ha due qualità positive: è morbido e soffice sulla pelle e non perde mai il suo colore candido; anzi, più lo si lava, più è bianco. Anche il secondo vestito, quello di pelle, ha due vantaggi: copre il corpo e lo tiene caldo quando fa freddo. Pure il terzo abito, quello di seta, ha due caratteristiche: è molto bello e delicato ed è molto prezioso. L’abito di lino, adatto per coprire il corpo nudo, e simbolo di pace e concordia. L’anima pia e devota deve avere questa pace con il suo Dio, non desiderando altro che fare la sua volontà e nel modo a lui gradito; non de-ve provocarne l’ira con il peccato, perché fra Dio e l’anima non c’è pace se essa non abbandona il peccato e persegue, invece, la strada della concupiscenza. L’anima inoltre deve essere in pace con il prossimo: non deve nuocergli ma anzi soccorrerlo e soffrire se ha peccato contro di lui; perché cosa c’è di più infelice del pecca-to? L’anima che desidera peccare non trae mai soddi-sfazione né felicità dal peccato, poiché lo desidera senza sosta e non ha mai tregua. Cosa c’è di più amaro e cosa affligge più crudelmente l’anima che si cruccia nei con-fronti del prossimo e nutre invidia per i suoi progressi e per le sue virtù? L’anima, dunque, deve essere in pace con Dio e con il prossimo, perché non c’è maggior ripo-so al mondo – e modo migliore per non essere incalzato né confuso dalle cose mondane – che smettere di pecca-re. Similmente non c’è nulla di più dolce della presenza del bene, del progresso del prossimo e del fatto di desi-derare per lui ciò che si desidera per se stessi. L’abito di lino, che deve aderire alla pelle, significa che la pace, fra le altre virtù, deve essere più vicina e manifesta nel cuore in cui vuole riposare Dio, perché in-troduce e custodisce Dio nel cuore stesso. Questa pace e la pazienza nascono dal pensiero della propria infermità; come il lino, anche l’uomo viene dalla terra e deve medi-tare sulla propria infermità, perché nel momento stesso in cui è offeso, si irrita e si lamenta e si sente leso. Se pensasse a sé nel modo dovuto, non farebbe agli altri quello che lui stesso non può sopportare, perché il suo prossimo è infermo quanto lui e come lui, neanche il suo prossimo vuole patire pene simili. Allora la pace non perderebbe il suo colore, ossia la sua stabilità, ed anzi diventerebbe più costante, perché il pensiero dell’infermità del prossimo e della propria fa si che l’uo-mo sopporti con pazienza le ingiurie. Ora, se a causa dell’impazienza, la pace viene infangata e oscurata, essa diventa ancora più bianca davanti a Dio nel momento in cui viene purgata dalla penitenza. La pace, inoltre, è tanto più gioiosa e forte nei confronti della sofferenza, quanto più viene messa alla prova e lavata e quanto più si guarda dall’impazienza, perché gioisce della speranza delle ricompense che attendono l’anima pacifica. Il secondo abito, quello di pelle, simboleggia le ope-re di misericordia; questi vestiti sono fatti con la pelle di animali morti. Ora, chi sono questi animali se non i miei santi, che sono semplicissimi? L’anima deve essere co-perta con le loro pelli, ossia deve imitare e compiere le loro opere di misericordia. Questi vestiti servono a due cose: a coprire la nudità dell’anima peccatrice, purifi-candola dalla corruzione, affinché compaia pura davan-ti a me e a proteggere dal freddo; infatti, cos’è il freddo dell’anima se non la tenacia nel commettere il peccato e l’insensibilità verso i sentimenti ispirati dal mio amore? Le opere di misericordia difendono con efficacia da questo freddo, poiché rivestono l’anima. Grazie alla mi-sericordia, Dio visita l’anima ed essa si avvicina mag-giormente a lui. Il terzo vestito, quello di seta costosa e prodotta dai bachi, è simbolo di astinenza, poiché quest’ultima è bel-la davanti a Dio, agli angeli e agli uomini. Anch’essa co-sta molto a colui che l’acquista perché purtroppo l’uo-mo trova duro e difficile mordersi e frenare la lingua per non pronunciare parole vuote. Per lui è amaro mor-tificare la concupiscenza della carne, privarsi delle cose superflue e abbandonare i piaceri ed è difficile infrange-re e contravvenire alla propria volontà. Eppure è cosa sommamente utile e buona. Per questo, mia sposa, per mezzo della quale mi ri-ferisco a tutti i fedeli, raccogliamo e accumuliamo nella nostra seconda casa la pace con Dio e con il prossimo, compatendo e aiutando i poveri attraverso le opere di misericordia». Libro Il, 26

Le qualità necessarie per compiere le opere di Dio

Il Figlio di Dio, generato prima del tempo, parlava alla sua sposa dicendo: «L’uomo non deve fare nulla per acquistare gli onori né per essere lodato dai suoi si-mili: spinto dall’amore, deve agire per avere una ricom-pensa eterna. Così l’uomo esamini con diligenza e precisione le proprie opere e le intenzioni, lo scopo e la ricompensa con cui le ha compiute; questo perché, qualora riscontri nelle proprie azioni una qualche vanità, possa strappar-la con la vanga della discrezione; così come all’esterno coltiva il suo prossimo – che è estraneo alla casa, ossia al di fuori della compagnia dei miei amici a causa dei suoi peccati -, similmente all’interno raccoglie i propri frutti attraverso la carità divina. Per questo occorre non sol-tanto arare con efficacia all’esterno, ma anche conside-rare accuratamente nel proprio intimo il modo e l’inten-zione con cui si agisce e si lavora. Nella terza casa ci devono essere degli strumenti animati, ad esempio i cavalli, per trasportare ciò che è morto e vivo. Tali strumenti indicano la vera confessio-ne; essa, infatti, fa andare avanti i vivi e i morti. Cosa significa ciò che è vivo, se non l’anima che ha creato la mia divinità e che vive in eterno? Attraverso la confessione, essa si avvicina sempre di più a Dio; infatti, l’animale nutrito meglio più di frequente trasporta i ca-richi con maggior facilità ed è più bello da guardare, e lo stesso dicasi per la confessione: ‘più è frequente, più è puntuale sia per le colpe grandi che quelle piccole ed è tanto più gradita a Dio in quanto introduce l’anima nel cuore di Dio stesso. Per questo mia sposa, nome con il quale mi rivolgo a tutti i miei amici buoni e fedeli, raccogliamo e accu-muliamo nelle nostre case le cose di cui nostro Signore Dio vuole dilettarsi spiritualmente nell’anima santa. Nella prima casa, dobbiamo accumulare il pane di una volontà sincera, desiderando esclusivamente quello che vuole Dio; la bevanda della meditazione divina che precede le azioni, in modo che ogni opera si prefigga l’onore di Dio e la carne della saggezza divina, pensan-do sempre a quello che ci deve succedere e al modo in cui disporre e ordinare le cose presenti. Nella seconda casa, dobbiamo accumulare: la pace con Dio, abbandonando il peccato, rifuggendo da qual-siasi disputa e discordia; le opere di misericordia, attra-verso cui ci rendiamo utili al prossimo; la completa asti-nenza, mediante la quale reprimiamo e tratteniamo qualsiasi cosa possa turbare la nostra pace. Nella terza casa, dobbiamo accumulare: i pensieri buoni e ragionevoli, per arricchire e nobilitare interior-mente la nostra casa; i sensi composti e mortificati, per innalzare esteriormente i nostri amici; una confessione vera e buona, attraverso la quale se siamo morti, possia-mo tornare a vivere. Eppure, malgrado le persone abbiano delle case, non riescono a custodire al loro interno ciò che hanno accumulato se non con delle porte, che non possono aprirsi senza cardini, né essere chiuse senza serrature. Per rendere sicuro quello che è stato accumulato, oc-corre dunque che la casa abbia una porta, simbolo della speranza ferma, sicura, non indebolita dalle avversità, una speranza che deve essere fondata su questi due punti: non disperare di poter acquistare la gloria e non perdere la fiducia di evitare i supplizi dell’inferno. In ogni avversità, infatti, bisogna confidare sempre nella misericordia divina e sperare in cose migliori; la ser-ratura di questa porta è la carità divina, mediante la quale custodire la porta stessa affinché il nemico non entri in casa; infatti a cosa servirebbe una porta priva di serratu-ra? Sarebbe come nutrire una speranza priva di carità, perché se qualcuno spera nelle cose presenti e dispera della misericordia divina, non ha timor di Dio e non lo ama; ha una porta senza serratura attraverso cui il nemico entra quando vuole per massacrarlo ed ucciderlo. Ora, la speranza giusta e retta è che chi spera non si limiti a ciò ma faccia del bene nella misura del possibile; se infatti, pur potendo fare delle buone azioni, non le ha compiute, egli non gioirà delle cose celesti. Se qual-cuno non ha compiuto il bene nonostante ciò fosse nel-le sue possibilità, abbia la buona volontà di compiere il bene che potrà; quando non potrà farlo, speri ferma-mente di potersi avvicinare a Dio con la buona volontà e la carità divina. Occorre inoltre nutrire un fervore ardente nell’ama-re Dio, e molta cura del modo in cui lo si imiterà e pro-vare dolore per non poter fare tutto il bene che si vor-rebbe e che si dovrebbe. Bisogna infine avere l’umiltà, attraverso cui l’uomo stima meno di nulla le proprie azioni se pensa ai propri peccati. La serratura sia muni-ta dei necessari meccanismi che la fanno funzionare, per paura che il diavolo apra facilmente la serratura della carità, nella quale Dio riversa il proprio amore. Ora, la chiave con cui si chiude e si apre la serratura deve esse-re il desiderio di un solo Dio; tale desiderio deve ac-compagnarsi alla carità e all’opera divina, in modo che l’uomo desideri unicamente Dio grazie a un grandissi-mo amore nei suoi confronti, in quanto il desiderio rac-chiude Dio nei nostri cuori e i nostri cuori in Dio. Ora, la sposa e lo Sposo devono semplicemente ave-re con sé questa chiave, in altre parole Dio e l’anima, af-finché ogni volta che Dio desidera entrare nei nostri cuori e gioire dei beni e delle virtù dell’anima, abbia li-bero accesso grazie alla chiave dei desideri fermi e co-stanti del cuore stesso; da parte sua l’anima, ogni volta che vorrà entrare nel cuore di Dio, dovrà poterlo fare in piena libertà, poiché non desidera altro che Dio. Questa chiave va custodita anche attraverso la potenza di Dio e la carità divina, affinché il posto dell’anima non sia pre-so dal diavolo. Vedi, mia sposa, qual è l’amore che Dio nutre nei confronti dell’anima. Per questo rimani salda e compila mia volontà». Libro II, 27

Dio paragonato a un uccello che si occupa dei suoi piccoli

San Giovanni Battista parlava alla sposa di Gesù Cristo, dicendo: «C’è un uccello chiamato gazza che ama molto i suoi piccoli, perché ha portato nel proprio ventre le uova da cui sono nati. Quest’uccello costruisce il suo nido con frammenti e cose vecchie per tre motivi: per il riposo, per ripararsi dalla pioggia e dal caldo ec-cessivo e per avere un luogo in cui nutrire i propri pic-coli. Una volta che questi ultimi sono nati e diventati grandicelli, la madre li stimola a volare in tre modi: nu-trendoli con il cibo con cui nutre se stessa, richiaman-doli con la sua voce e volando per dare l’esempio. Ma gli uccellini, che amano la loro madre e sono abituati al cibo materno, progrediscono poco per volta seguendo la gazza nel nido; poi, se le forze aumentano, si spingo-no oltre, finché l’abitudine e l’esperienza non li rendo-no perfettamente atti al volo. Quest’uccello rappresenta Dio, che esiste da sempre e non cambia mai; da lui dipendono tutte le anime as-sennate, così come le giovani gazze dipendono dal ven-tre della madre. Ad ogni anima viene destinato un nido nel quale Dio nutre l’anima con il cibo degli affetti buo-ni, ne protegge le orecchie dalle parole cattive, e la pone al riparo dalla pioggia delle cattive azioni. Ora, ogni anima è congiunta al corpo per guidarlo, non per esserne retta, per stimolarlo al lavoro e averne cura in modo assennato. Dio, dunque, come una brava madre, insegna all’anima a trarre vantaggio e a progre-dire nelle cose migliori; insegna a uscire da ciò che è an-gusto per aprirsi a quello che va fatto e detestare ciò che occorre evitare; questo avviene in primo luogo nei con-fronti della carne, conferendole il raziocinio, la ragione e l’intelligenza secondo le capacità di ciascuno, mo-strandogli ciò che è obbligatorio e ciò che è vietato, quello che bisogna fare e quello che invece occorre evi-tare. Ma, così come la madre insegna e cresce i suoi pic-coli nel nido, allo stesso modo l’uomo impara innanzi-tutto a meditare sulle cose celesti e a pensare quanto li-mitato e vile sia il nido del corpo, quanto siano fulgide e luminose le cose celesti, e quanto sia piacevole ciò che è eterno. Dio guida l’anima anche con la voce, quando dice: ‘Chi mi segue avrà la vita; chi mi segue non morira. Questa voce conduce in cielo; chi non l’ascolta è sordo o ingrato alla dilettazione materna. In terzo luogo, Dio guida e attira l’anima a sé con il volo, ossia con l’esempio della propria umiltà. L’uma-nità gloriosa di Gesù Cristo ha ricevuto due specie d’ali: di purezza assoluta e che compiono ogni genere di be-ne. L’umanità di Gesù volava verso il mondo con que-ste due ali. L’anima, dunque, segua il volo di queste due ali fin-ché potrà e, non riuscendo a farlo con le opere, almeno lo faccia con l’amore e con il desiderio». Libro Il, 29

Tre cose con cui evitare il peccato

«Le tre cose con cui evitare il peccato sono: una peni-tenza perfetta, l’intenzione di non voler mai peccare e fa-re ammenda secondo il consiglio di chi ha disprezzato il mondo. E le tre cose per ottenere l’amore sono: l’umiltà, la misericordia e l’opera della carità, perché chiunque di-ca anche un solo Pater noster per ottenere la carità, avver-tirà ben presto gli effetti della carità su di sé». Libro III, 12

Tutta la Santa Trinità rende testimonianza alla sposa

«Mio Dio dolcissimo! Ti prego per i peccatori, fra i quali ci sono anch’io, affinché tu abbia misericordia di loro». Dio Padre rispose: «So e ho sentito la tua volontà; per questo motivo la tua preghiera caritatevole sarà sod-disfatta. Come dice oggi San Giovanni nella sua Episto-la, o meglio come dico io attraverso lui: ‘Sono in tre a rendere testimonianza in terra: lo Spirito, l’acqua e il sangue; e tre in cielo: il Padre, il Figlio e lo Spirito San-to’. Poi ci sono tre cose che ti rendono testimonianza: perché lo Spirito, che ti ha custodito nel ventre materno, attesta alla tua anima che tu appartieni a Dio grazie alla fede del battesimo che i tuoi genitori hanno professato per te. L’acqua del battesimo ti testimonia che sei figlia dell’umanità di Gesù Cristo, grazie alla rinuncia e alla correzione della prima trasgressione. Anche il sangue di Gesù Cristo ti rende testimonianza che sei stata riscatta-ta, che sei figlia della Divinità e che sei stata separata dalla potenza del diavolo con i sacramenti della Chiesa. Anche noi, Padre, Figlio e Spirito Santo, tre in una Persona, ma uno in sostanza e potenza, ti rendiamo te-stimonianza del fatto che ci appartieni attraverso la fede e come te tutti quelli che imitano la retta fede della San-ta Chiesa. Come testimonianza che vuoi compiere la no-stra volontà, avvicinati e ricevi il corpo e il sangue dell’umanità di Gesù Cristo, affinché il Figlio ti renda testimonianza che appartieni a colui del quale ricevi il corpo per fortificare l’anima. Il Padre che è nel Figlio ti rende testimonianza che sei del Padre e del Figlio. Lo Spirito Santo, inoltre, ti rende testimonianza che è nel Padre e nel Figlio, e che appartieni a questa Trinità e unità mediante la vera fede e la dilettazione devota». Libro III, 23

La Santa Vergine istruisce la sposa sul modo in cui amare

La Madre di Dio parlò alla sposa, dicendo: «Figlia mia, non mi ami?» Ella rispose: «Signora, insegnami come amare, per-ché la mia anima è stata oscurata dalla dilettazione sba-gliata e non sa provare quella vera». «Ti insegnerò», disse la Madre di Dio, «poiché esistono quattro città in cui si trovano quattro carità; infatti si può parlare a ra-gion veduta di carità solo là dove Dio e l’anima sono congiunti nell’unione delle virtù. La prima città è il mondo in cui viene posto l’uomo affinché sia messo alla prova il suo amore per Dio e do-ve egli sperimenti la propria infermità, abbia le virtù con cui tornare alla gloria e, purificandosi sulla terra, sia incoronato con maggiore gloria nei cieli. In questa città, si trova una carità disordinata, ossia quella che si prova quando si ama più la carne dell’anima, quando si desi-dera con maggior fervore il corpo al posto dello spirito, quando si onora il vizio e si disprezza la virtù, quando si preferisce essere in pellegrinaggio che in patria, quando si ha più timore di un piccolo uomo mortale che di Dio, il quale regnerà in eterno. La seconda città è quella della purificazione: qui si lava la corruzione dell’anima, perché piacque a Dio or-dinare luoghi simili in cui chi deve essere incoronato viene purificato e dove chi, pur essendo stato insolente per avere trascurato la propria libertà, ha sempre timor di Dio. In questa città si trova la dilettazione imperfetta, perché sebbene Dio sia amato nella speranza che liberi da la prigionia, questo sentimento non si nutre del fer-vore dell’affetto e si basa, invece, sull’amarezza e sul di-sgusto con cui questi uomini soddisfano le loro colpe. La terza città è quella del dolore, ed è sede dell’inferno. Qui regna il piacere per ogni genere di perversità… La quarta città è quella della gloria: qui si trovano la gioia perfetta e la carità decorosa; tutto quello che si de-sidera in questo posto è Dio e per Dio stesso. Per giun-gere alla perfezione di questa città, è necessario avere quattro tipi di carità: quella decorosa, quella pura, quella vera e quella perfetta. La carità decorosa è quella con cui si amano la carne unicamente in quanto sostegno, il mondo senza eccedere, il prossimo per amore di Dio, l’amico per la purezza della sua vita, il nemico per la so-la ricompensa. La carità pura è quella che si raggiunge con la virtù quando non si ama il vizio, quando si disprezzano i co-stumi corrotti, quando non si scusano i propri peccati. La carità vera è quando si ama Dio con tutto il cuore, con tutto l’affetto; quando si considera l’onore che dob-biamo a Dio e quanto dobbiamo temerlo in tutte le no-stre azioni; quando, forti delle nostre opere di bene, non commettiamo il minimo peccato; quando ci mode-riamo da soli, in maniera da non eccedere per troppo fervore e quando non ci lasciamo trascinare verso il peccato dalla pusillanimità e dall’ignoranza delle tenta-zioni. La carità perfetta è quando per l’uomo nulla è più dolce di Dio; essa inizia rinnovando l’amore in questa vita e si compie in cielo». Libro III, 28

Come gli amici di Dio non devono preoccuparsi delle proprie tribolazioni

«Dio non dimentica l’amore che nutre per noi e in ogni istante, data l’ingratitudine degli uomini, manifesta la sua pietà, perché somiglia a un bravo maniscalco che in certi momenti riscalda il ferro, in altri lo raffredda. Allo stesso modo Dio, eccellente operaio che creò il mondo dal nulla, manifestò il proprio amore ad Adamo e ai suoi posteri. Ma gli uomini si raffreddarono talmen-te che, stimando Dio meno di nulla, commisero peccati abominevoli ed enormi. Così, dopo aver mostrato la propria misericordia e impartito i suoi salutari consigli, Dio diede sfogo al fu-rore della sua giustizia con il diluvio. Dopo il diluvio, Dio strinse un’alleanza con Abramo, gli mostrò i segni del proprio amore e guidò tutta la sua stirpe con mira-coli e prodigi. Dio, inoltre, diede la legge al popolo con la propria bocca e confermò le sue parole e i suoi co-mandamenti con segni manifesti. Il popolo trascorse un certo periodo di tempo nelle vanità, raffreddandosi e la-sciandosi andare a così tante follie da rendere culto agli idoli; allora Dio, desiderando accendere e riscaldare nuovamente gli uomini diventati freddi, mandò sulla terra suo Figlio, che ci ha insegnato la strada del cielo e ci ha mostrato la vera umanità da seguire. Ora, sebbene siano troppi coloro che l’hanno dimenticato, o addirit-tura trascurato, egli mostra e manifesta le sue parole di misericordia… Dio è eterno e incomprensibile e in lui sono la giu-stizia, la ricompensa eterna e una misericordia che va al di là dei nostri pensieri. Diversamente, se Dio non aves-se manifestato la sua giustizia ai primi angeli, come si conoscerebbe questa giustizia che giudica tutte le cose con equità? E se per di più non avesse avuto misericor-dia dell’uomo creandolo e liberandolo con segni infiniti, come si conoscerebbero la sua bontà e il suo amore im-menso e perfetto? Quindi, essendo Dio eterno, lo è anche la sua giustizia, alla quale non occorre aggiungere o togliere nulla, come invece si fa con l’uomo che pensa di svolgere la mia opera o il mio disegno in questo o in quel modo, in questo o in quel giorno. Ora, quando Dio ha misericor-dia o fa giustizia, le manifesta compiutamente, perché ai suoi occhi il passato, il presente e il futuro sono presenti da sempre. Per questo gli amici di Dio devono mantenersi con pazienza nel suo amore, senza preoccuparsi anche se ve-dono prosperare chi è legato alle cose del mondo; Dio, infatti, è come una brava lavandaia che lava i panni sporchi fra le onde e i flutti, perché, con il moto dell’ac-qua, diventino bianchi e puliti ed evita con cura le cre-ste delle onde, per paura che possano sommergere i panni stessi. Similmente in questa vita Dio pone i suoi amici fra le tempeste delle tribolazioni e delle meschi-nità, affinché, attraverso esse, siano purificati per la vita eterna, facendo attenzione che non sprofondino in qualche infelicità eccessiva o in una pena intollerabile». Libro III, 30

L’anima è simboleggiata da un anello e il corpo da un panno

La Madre di Dio parla dicendo: «Se qualcuno riceve un anello troppo piccolo per le sue dita, chiede cosa fa-re all’amico. Questi risponde: ‘Tagliati il dito, così l’anello sarà della misura perfetta’. Ma l’altro risponde: ‘No, piuttosto allargherò l’anello con un martello’. Se qualcuno vuole colare e filtrare la bevanda del Signore onnipotente attraverso un tessuto puro, e chiede consi-glio all’amico, questi gli dirà: ‘Togli dal panno tutto ciò che è immondo e filtra la bevanda di nostro Signore là dove troverai qualcosa di puro’. Ma l’altro risponde: ‘No, piuttosto laverò e pulirò il tessuto, poi lo userò per filtrare la bevanda’. Lo stesso vale per le cose dello spi-rito. L’anello rappresenta l’anima e il panno il corpo: dunque, l’anima, che deve essere l’anello di Dio, va estesa con il martello della purificazione e della discre-zione. Quanto al corpo, non deve essere ucciso, ma pu-lito con l’astinenza, in modo che attraverso lui le parole di Dio siano diffuse ovunque». Libro III, 34

Le tribolazioni e le consolazioni spirituali

Parla la Madre di Dio: «Gli amici di Dio dicono: ‘Vediamo il mondo ora afflitto da una tribolazione spi-rituale, ora rincuorato da una consolazione spirituale’. La consolazione spirituale è un’infusione dello Spirito Santo, consiste nel considerare le grandezze delle opere di Dio e nell’ammirare la sua pazienza e la si prova quando tutte queste cose sono compiute con piacere mediante le opere. La tribolazione spirituale sono i pensieri cattivi, im-mondi ed eccessivamente importuni che si insinuano nello spirito; è lo spirito angustiato dal disonore nei con-fronti di Dio e dal peccato delle anime; lo spirito co-stretto a calarsi nelle incombenze del mondo. Similmen-te talvolta gli amici di Dio possono trovare conforto nel-le consolazioni temporali, come le parole di edificazione e le ricreazioni oneste, oppure parlando delle virtù di qualcuno senza denigrarle né dire alcunché di disone-sto. Potrai comprendere meglio attraverso questo esem-pio: se si tenesse sempre chiuso il pugno, i nervi si ritrar-rebbero oppure la mano si indebolirebbe; lo stesso suc-cede durante gli esercizi spirituali: se l’anima fosse co-stantemente in contemplazione o perdesse coscienza di sé, verrebbe meno per la superbia oppure si assistereb-be al dominio della corona di gloria. Per questo talvolta gli amici di Dio trovano consolazione nell’infusione del-lo Spirito Santo; altre volte, invece, sono afflitti con il permesso divino perché, dopo aver sradicato le tribola-zioni e le radici del peccato, possano radicarsi i frutti della giustizia; tuttavia Dio, che vede nei cuori e com-prende ogni cosa, modera le tentazioni dei suoi amici, affinché esse siano a loro vantaggio; egli, infatti, fa e per-mette tutte le cose con considerazione e moderazione. In questo modo, tu che sei chiamata nello Spirito di-vino non sollecitare la longanimità di Dio, perché sta scritto che nessuno va al Padre se Dio non lo attrae: se il pastore attira e lusinga con un fascio di fiori le pecore verso la sua casa – che è sicura perché non ha uscite, in quanto è circondata da mura, ed ha il tetto alto e le por-te chiuse -,lo fa perché le pecore si abituino a mangiare il fieno dalle sue mani. La stessa cosa è stata fatta per te, perché quello che prima ti sembrava difficile e insop-portabile, ora ti è dolce e facile, tanto che non ti piace nulla all’infuori di Dio». Libro IV,12

Quali sono le lacrime che piacciono a Dio

Il Figlio di Dio dice a Santa Brigida: «Ecco il motivo per cui non esaudisco chi vedi spargere le lacrime e da-re molto ai poveri per il mio onore. Per prima cosa ti ri-spondo: dove zampillano due fontane e una confluisce nell’altra, se una delle due è torbida, anche l’altra lo di-venterà e allora chi potrà berne l’acqua? Lo stesso suc-cede con le lacrime: molti piangono, ma in diversi casi semplicemente perché sono inclini al pianto. A volte le tribolazioni del mondo e il timore dell’in-ferno rendono impure queste lacrime, in quanto non de-rivano dall’amore di Dio. Tuttavia queste lacrime mi so-no gradite poiché sono dovute al pensiero dei benefici di Dio, alla meditazione dei propri peccati e dell’amore di Dio. Lacrime del genere innalzano l’anima dalla terra al cielo e rigenerano l’uomo elevandolo alla vita eterna, perché sono portatrici di una duplice generazione spiri-tuale. La generazione carnale porta l’uomo dall’impurità alla purezza, piange i danni e i guasti della carne e sop-porta con gioia le pene del mondo. I figli di questo tipo di persone non sono figli delle lacrime, perché con que-ste lacrime non si acquista la vita eterna; dà alla luce un figlio delle lacrime invece la generazione che deplora i peccati dell’anima e fa attenzione che suo figlio non of-fenda Dio. Una madre come questa è più vicina al pro-prio figlio che non colei che l’ha generato nella carne, perché solo con questa generazione si può acquistare la vita beata». Libro IV, 13

Gesù Cristo spiega alla propria sposa per che motivo i buoni sono afflitti in questa vita mentre i cattivi prosperano

Parla nostro Signore e dice: «Vedi che l’amico di Dio, anziché riverito, è afflitto; al suo posto viene reso onore al nemico di Dio, che credevi dovesse essere co-me nella visione precedente. La spiegazione è la seguen-te. Le mie parole vanno intese sia in senso spirituale che fisico, perché le tribolazioni del mondo non sono altro che una preparazione e un’elevazione alla corona, men-tre la prosperità del mondo, per chi abusa della grazia, è soltanto una discesa verso la perdizione. Dunque, essere afflitto sulla terra è una vera e propria esaltazione verso la vita; viceversa per un uomo ingiusto prosperare in questo mondo significa scendere all’inferno… Così Dio promette di sovente cose piccole, con cui intende cose eccelse, affinché l’uomo attraverso le cose temporali impari a considerare quelle eterne… Spesso Dio promette cose temporali; talvolta pro-mette cose materiali per riferirsi a cose spirituali affinché il vostro spirito si senta stimolato, mediante i doni rice-vuti, verso il fervore divino e perché, tramite l’intelligen-za spirituale, si umili in modo da non presumere di sé. è quanto fece Dio con Israele: in primo luogo gli promise e gli diede ricchezze temporali e con esse fece grandi meraviglie per istruirlo nelle cose spirituali. In seguito, essendo maggiore la conoscenza della divinità nel loro spirito, per bocca dei profeti disse a Israele parole oscure e difficili da comprendere, accompa-gnandole con cose destinate a consolare e a rallegrare, ossia: promise al popolo il ritorno in patria, la pace perpetua e la ricostruzione di quanto era stato distrut-to. E il popolo intese tutto ciò in senso materiale e co-me tale lo volle possedere, sebbene Dio avesse ordina-to e disposto alcune cose secondo la carne, altre se-condo lo spirito. Ma tu mi chiedi perché Dio, in ogni istante cono-sciuto, non abbia predetto nei particolari ogni cosa e ti domandi quando o per che motivo abbia detto alcune cose e si sia solo limitato ad accennarne altre. La mia ri-sposta è la seguente: Israele viveva nella materia e desi-derava tutto secondo questa e poteva conoscere e rag-giungere le cose invisibili solo attraverso quelle visibili. Per questo piacque a Dio di istruire il suo popolo in di-versi modi, affinché quanti credevano alle promesse di-vine fossero incoronati con maggior eminenza per via della loro fede e, progredendo verso il bene, divenissero più ferventi. Dio fece questo anche perché i trasgressori smettessero di offendere la Divinità con tanta libertà e gli afflitti tollerassero le loro miserie con più pazienza; e perché quelli che lavoravano resistessero con maggior piacere e, attendendo Dio attraverso le sue promesse oscure e velate, fossero incoronati in modo più sublime e glorioso. Infatti, se Dio si fosse limitato a promettere agli uomini propensi per le cose materiali ciò che era unicamente spirituale, essi sarebbero stati disgustati dall’amore per le cose celesti. D’altra parte, se Dio aves-se promesso loro ciò che era materiale, che differenza ci sarebbe stata fra l’uomo e le bestie da soma? Ma Dio, pio e saggio, ha dato all’uomo ciò che è materiale in modo che governi il proprio corpo con mo-derazione ed equità e desideri quello che è celeste. Così gli ha mostrato i suoi benefici e i suoi grandi miracoli e, affinché abbia paura del peccato, gli ha manifestato i suoi terribili giudizi e gli ha mandato dei messaggi tra-mite gli angeli cattivi; questo perché colui che mantiene le promesse ed è autore della saggezza sia atteso e desi-derato… Oggi Dio valuta i giudizi spirituali secondo similitu-dini spirituali; e parlando di un onore materiale, inten-de un onore spirituale, affinché si attribuisca a Dio ogni sorta di dottrina. Cos’è, infatti, l’onore del mondo se non vento, fatica e diminuzione della consolazione divi-na? Cosa sono le tribolazioni se non una preparazione e una disposizione alle virtù? Dunque, promettere al giu-sto l’onore del mondo non è altro che privarlo dei beni spirituali; e promettergli le tribolazioni del mondo, cos’è se non un antidoto, una medicina per curare una malattia grave? Perciò, figlia mia, le parole di Dio possono essere intese in varie maniere; ma, proprio per questo non bi-sogna pensare che Dio sia mutevole, ma essere coscienti della costanza della sua mirabile e formidabile saggezza. Dunque se è vero che attraverso i profeti ho annunciato diverse cose in senso materiale che avevano un riscontro in senso materiale, è anche vero che ho detto diverse cose in senso materiale da intendere e compiere in sen-so spirituale». Libro IV, 15

Disposizione interiore dell’anima

Così come il corpo esternamente è composto da membra, allo stesso modo interiormente l’anima deve essere disposta in senso spirituale. Il corpo è provvisto di ossa, midollo e carne e nella carne scorre il sangue e il sangue è nella carne; similmente l’anima deve avere tre cose: la memoria, la coscienza e l’intelletto. Alcuni, infatti, comprendono cose sublimi sulle sacre Scritture, ma non hanno la ragione: manca loro una parte prezio-sa. Altri hanno una coscienza assennata, tuttavia sono privi dell’intelligenza. Altri ancora hanno l’intelletto ma non la memoria, e ciò li rende molto infermi. Invece so-no fiorenti nell’anima coloro che hanno la ragione sana, la memoria e l’intelletto. Del resto, il corpo ha tre ricettacoli: il primo è il cuore, rivestito da una membrana fragile che lo proteg-ge da qualsiasi cosa immonda, perché, se anche avesse la minima macchia, l’uomo morirebbe in men che non si dica. Il secondo ricettacolo è lo stomaco. Il terzo sono le viscere, tramite cui viene espulsa ogni cosa nociva. Allo stesso modo l’anima deve avere tre ricettacoli di tipo spirituale: il primo è un desiderio divino e ar-dente come un cuore acceso, in modo che essa non de-sideri nulla al di fuori di me che sono il suo Dio; diver-samente, se la colpisse una qualche affezione perniciosa, benché piccola di per sé, ne sarebbe subito macchiata. Il secondo ricettacolo è lo stomaco, ossia una segreta di-sposizione del tempo e delle opere, poiché ogni cibo viene digerito nello stomaco: similmente i pensieri e le opere devono sempre essere assimilati e disposti secon-do l’ordine della divina Provvidenza, con saggezza e uti-lità. Il terzo ricettacolo sono le viscere, ossia la contri-zione divina attraverso cui vengono purificate le cose immonde e il cibo della saggezza divina viene gustato meglio. D’altra parte, il corpo ha tre cose mediante cui pro-gredisce: la testa, le mani e i piedi. La testa rappresenta la carità divina; infatti, così come la testa custodisce i cinque sensi, allo stesso modo l’anima assapora nella ca-rità divina tutto ciò che è vista e udito e compie con grande costanza tutto ciò che viene ordinato. Di conse-guenza, così come l’uomo privo della testa muore, allo stesso modo muore l’anima priva di carità nei confronti di Dio, che è la vita dell anima. Le mani dell’anima simboleggiano la fede: la mano è una ma composta da varie dita e allo stesso modo la fede, benché unica, custodisce diversi articoli; per questo motivo la fede perfetta permette il compimento della di-vina volontà, e deve partecipare a ogni opera di bene; infatti, così come esteriormente si compiono le opere con la mano, allo stesso modo, grazie alla fede perfetta, lo Spirito Santo opera a livello intimo nell’anima, essen-do la fede il fondamento di ogni virtù; infatti, là dove non c’è fede, la carità e le opere di bene sono svilite. I piedi dell’anima sono la speranza, in quanto attraverso essa l’anima va verso Dio; il corpo cammina grazie ai piedi e similmente l’anima si avvicina a Dio con il passo dei desideri ardenti e della speranza. La pelle che copre tutte le membra rappresenta la consolazione divina, che placa l’anima turbata. E benché talvolta al diavolo sia permesso turbare la memoria, oppure altre volte le mani o i piedi, Dio difende sempre l’anima come un lottatore, la consola come un padre pio e la cura come un medico, perché non muoia». Libro IV, 115

Dio va incontro a quanti lo desiderano

Mentre qualcuno recitava il Pater noster, la sposa udì la risposta dello Spirito Santo, che diceva: «Amica mia, per prima cosa ti rispondo, da parte della Divinità, che avrai l’eredità con tuo Padre; secondariamente, da parte dell’umanità, che sarai il mio tempio; in terzo luo-go, da parte dello Spirito, che non sarai tentata più di quanto tu possa sopportare: perché il Padre ti difen-derà, l’umanità ti assisterà, e lo Spirito Santo ti infiam-merà. Perché così come la madre, all’udire la voce del figlio, va incontro a lui con gioia e così come il padre, vedendo il figlio che lavora, gli si fa incontro a metà del cammino e lo aiuta a portare il fardello, allo stesso mo-do io vado incontro ai miei amici, rendo facili tutte le cose difficili e le faccio portare loro con gioia. E come qualcuno che, vedendo una cosa bella, non trova conso-lazione se non la condivide col prossimo, allo stesso modo io mi accosto a chi mi desidera». Libro IV, 117

Il Figlio dell’Eterno è lo Sposo dell’anima

Il Figlio dell’Eterno dice alla sua cara sposa: «Sono come lo sposo che ha preso una sposa che gli reclamano il padre, la madre, il fratello e la sorella. ll padre, infatti, dice: ‘Rendimi mia figlia, perché è nata dal mio sangue’. La madre dice: ‘Rendimi mia figlia, perché è stata nutrita con il mio latte’. Il fratello dice: ‘Rendimi mia sorella, perché è compito mio guidarla’. La sorella dice: ‘Rendimi mia sorella, perché si è sfamata con me’. Lo sposo rispon-de loro: ‘Padre, se tua figlia è nata dal tuo sangue, ora de-ve essere colma del mio sangue. Madre, se l’hai nutrita con il tuo latte, adesso la ciberò con le mie delizie. Fratel-lo, se finora l’hai guidata secondo i tuoi costumi, adesso si abituerà ai miei. E tu sorella, se è stata sfamata con te, ora lo sarà con me compiendo il mio volere’. Lo stesso è stato fatto con te, perché se ti richiede il padre, sappi che ti colmerò di carità e amore. Se ti ri-chiede la madre, ossia le incombenze del mondo, è compito mio colmarti con il latte delle mie indicibili consolazioni. Se ti richiede il fratello, ossia la tua vo-lontà, rispondi che sei obbligata a compiere la mia vo-lontà. Se ti richiede la sorella, ossia l’abitudine alla con-versazione umana, di’ che devi fare il mio volere». Libro IV, 123

Sant’Agnese parla a Santa Brigida di una corona di sette pietre preziose

Sant’Agnese parla dicendo: «Vieni, figlia mia, e porrò sul tuo capo una corona con sette pietre preziose. Cos’è questa corona se non la prova di una pazienza in-superabile, fatta di afflizioni, e a sua volta ornata e arric-chita da Dio con delle corone? Dunque, la prima pietra di questa corona è un dia-spro che ti è stato posto sul capo da colui che vomitava su di te parole ingiuriose, dicendo che non sapeva di quale spirito tu parlassi e che era meglio che tu ti dedi-cassi alla filatura come sanno fare le donne, anziché di-scutere della sacra Scrittura. Di conseguenza, così come il diaspro rafforza la vista ed accende la gioia dell’ani-ma, allo stesso modo Dio suscita la gioia dell’anima con le tribolazioni e illumina lo spirito per comprendere le cose spirituali. La seconda pietra è uno zaffiro che ha posto nella tua corona chi ti lodava alla tua presenza e sparlava di te in tua assenza. Dunque, così come lo zaffiro è del co-lore del cielo e mantiene sane le membra, allo stesso modo la cattiveria degli uomini mette alla prova il giu-sto affinché diventi celeste e mantiene forte l’anima af-finché non diventi preda della superbia. La terza pietra è uno smeraldo che è stato aggiunto alla tua corona da chi sostiene che hai parlato senza pensare e senza sapere quello che dicevi. Infatti, così come lo smeraldo, sebbene fragile per sua natura, è bel-lo e verde, allo stesso modo la menzogna di simili perso-ne verrà messa subito a tacere, ma renderà bella la tua anima grazie al premio e alla ricompensa di una pazien-za insuperabile. La quarta pietra è la perla che ti ha dato chi in tua presenza ha offeso con ingiurie l’amico di Dio, ingiurie delle quali hai provato più risentimento che se fossero state rivolte direttamente a te. Di conseguenza, così co-me la perla, che è bella e bianca, allevia le passioni del cuore, allo stesso modo le pene d’amore introducono Dio nell’anima e placano le passioni della collera e dell’impazienza. La quinta pietra è un topazio. Chi ti parlava con amarezza ti ha dato questa pietra, che tu invece hai be-nedetto. Per questo, così come il topazio ha il colore dell’oro e custodisce la castità e la bellezza, similmente non c’è nulla di più bello e gradito a Dio che amare quanti ci hanno danneggiato e offeso e pregare Dio per quelli che ci perseguitano. La sesta pietra è un diamante. Questa pietra ti è sta-ta data da chi ha ferito gravemente il tuo corpo, cosa che hai tollerato con grande pazienza, a tal punto che non hai voluto disonorarlo. Perciò, così come il diaman-te non si rompe con dei colpi ma con il sangue di capro, allo stesso modo Dio gradisce molto che non si cerchi la vendetta e si dimentichi invece ogni danno ricevuto per amore di Dio, pensando senza sosta a ciò che Dio stesso compie per amore dell’uomo. La settima pietra è un granato. Questa pietra ti è stata data da colui che ti ha recato notizie false, dicendo che tuo figlio Carlo era morto, annuncio che hai accolto con pazienza e rassegnazione. Di conseguenza, così co-me il granato risplende in una casa e sta molto bene in-castonato in un anello, l’uomo sopporta con pazienza la perdita di qualcosa che gli è molto caro, che spinge Dio ad amarlo, che risplende alla presenza dei santi e che ri-sulta gradevole come una pietra preziosa». Libro IV, 124

Tre cose che suscitano amore

«Le tre cose che suscitano amore sono: pregare Dio perché ci soccorra; pregarlo perché ci liberi dalle dilet-tazioni perniciose e pregarlo perché ci dia la volontà di piacergli in ogni cosa; infatti non si ottiene l’amore divi-no se non lo si desidera e tale desiderio non è assennato se non è fondato in Dio. Di conseguenza, nell’uomo si trovano tre cose prima che la carità entri in lui; e altre tre cose entrano in lui dopo che la carità è stata riversata nel suo cuore. Infatti, prima che la carità sia versata e sparsa nell’uomo, egli è turbato dal giorno della morte, dalla diminuzione dei suoi onori e delle sue amicizie, dalle avversità del mon-do e dall’infermità della carne. Tuttavia, dopo aver otte-nuto la carità, la sua anima, afflitta dalle tribolazioni delle cose terrene, gioisce e lo spirito che provava ango-scia per le occupazioni del mondo si dilata e gode nell’onorare Dio e nell’essere afflitto per la sua gloria. Un altro motivo che induce alla carità è lavorare per amore, perché anche recitando un solo Pater noster per ottenere la carità, si farà cosa gradita a Dio e la carità si avvicinerà a noi». Libro IV, 124

L’importanza della confessione

Parla il Figlio di Dio: «La casa in cui c’è il fuoco de-ve essere provvista di un’apertura, affinché esca il fumo e chi vi abita goda del calore del focolare senza inconve-nienti. Similmente è utile che chi desidera conservare il mio Spirito Santo e la mia grazia si confessi di frequen-te, in modo che evapori il fumo dei suoi peccati». Libro V, 7

Sul digiuno

La Santa Vergine parlò alla sposa: «Devi fare ogni cosa con obbedienza e discrezione: mio Figlio preferi-sce che si mangi anziché digiunare, se fare astinenza è contrario all’ubbidienza. Dunque devi osservare tre co-se riguardo al digiuno: innanzitutto non devi astenerti invano dal cibo, come chi, per ostentazione e per esse-re allo stesso livello di quanti digiunano, lo fa senza in-tenzione: ciò è del tutto irragionevole. Bisogna intra-prendere il digiuno con discrezione, a seconda della necessità di moderare i desideri illeciti, e in modo tolle-rabile per la natura; in secondo luogo non digiunare in maniera sconsiderata, come chi lo vuole fare in ugual misura sia nella malattia che quando gode di buona sa-lute: queste persone sfidano la misericordia di mio Fi-glio, come se egli desiderasse parimenti la malattia e le loro opere di bene e la loro buona volontà. Per questo, figlia mia, digiuna con grande saggezza e non appena dovesse assalirti qualche malattia sii più benevola nei confronti del tuo corpo ed abbi la stessa pietà che gli animali, benché irragionevoli, mostrano nei propri ri-guardi, affinché tu non soccomba sotto un fardello ec-cessivo. Infine fai attenzione a non digiunare in modo sconsiderato, come chi si astiene dal cibo per avere una ricompensa e un onore maggiori delle altre persone. Costoro sono come chi digiuna e fissa la propria ricom-pensa nel digiuno. Dunque tu digiuna per piacere a mio Figlio e nella misura in cui te lo concede la natura. Regola il digiuno a seconda delle tue forze e confida sempre nella miseri-cordia di mio Figlio, pur ritenendotene indegna in ogni cosa; e non pensare che qualche tua pena o sofferenza meriti la remissione dei peccati, men che meno una ri-compensa eterna, poiché ciò dipende solo dal fatto che mio Figlio ha misericordia di te». Rivelazioni supplementari 58

La Santa Vergine spiega cosa significhi vivere o morire spiritualmente

Sei giorni prima che morisse Brigida, la Vergine ap-parve alla Santa e le disse: «I medici non affermano for-se che non morirai? In verità essi non capiscono cosa si-gnifichi morire. Muore chi si separa da Dio e chi, incal-lito nel proprio peccato, non desidera espellere l’obbro-brio delle sue iniquità mediante la confessione; muore chi non crede in Dio e non ama il proprio Creatore; vi-ve in eterno chi ha timore di Dio e chi, confessandosi di frequente, purga le sue colpe per giungere a lui. Poiché il Dio che ti parla è l’Autore della natura, di cui dispo-ne, e tiene la tua vita nelle sue mani, non ci si deve aspettare la salvezza né la vita dalle medicine. Non biso-gna affidare le proprie speranze alla medicina, poiché per qualche tempo il tuo corpo ha bisogno soltanto di un po’ di cibo». Rivelazioni supplementari 68

Chi non vuole abbandonare il peccato, non è degno della grazia dello Spirito Santo

La Santa Vergine Maria dice: «Sei abituata a dare qualcosa a chi viene a te con una borsa pura e pulita, e a giudicare indegno di ricevere qualcosa da te chi non vuole aprire né pulire la sua borsa piena di fango e di sporcizia. Lo stesso succede nella vita spirituale: quan-do la volontà non intende abbandonare le sue offese, la giustizia non vuole che goda dell’influenza dello Spirito Santo; e quando una persona è priva della volontà di correggere la propria vita, non merita il cibo dello Spiri-to Santo, che si tratti di un re, di un imperatore, di un sacerdote, di un povero o di un ricco». Rivelazioni spirituali; 87

GLI ANGELI

In che modo l’angelo prega per la sposa

Il bravo angelo custode della sposa sembrava pre-gare Gesù Cristo per lei; nostro Signore gli rispose: «Chi desidera pregare per un altro deve pregare per la sua salvezza; infatti voi angeli siete come il fuoco che non si spegne mai, che brucia incessantemente del mio amore. Voi vedete e sapete tutto, quando mi vedete; non volete nulla, se non la mia volontà. Di’, dunque, cosa occorre a questa nuova sposa?» Allora l’angelo ri-spose: «Mio Signore, tu sai tutto». Nostro Signore re-plicò: «Certo, tutto quanto è stato fatto e sarà, è eter-namente in me; ho conosciuto tutto ciò che è in cielo e sulla terra, e nonostante questo non ci sono cambia-menti in me. Ma ora, affinché questa sposa capisca la mia volontà, di’ alla sua presenza ciò di cui necessita». L’angelo disse: «Il suo cuore è orgoglioso e stolto, per-ciò ha bisogno di una verga per essere castigata». Allo-ra nostro Signore gli disse: «Dunque cosa chiedi per lei, amico mio?» L’angelo disse: «Chiedo che trovi mi-sericordia e che essa abbia la possibilità di corregger-si». Nostro Signore riprese: «Per amore tuo, le farò ciò che domandi, poiché la mia giustizia non è mai senza misericordia. Questa sposa, dunque, deve amarmi con tutto il cuore». Libro I, 12

Parole di lode degli angeli per Dio

Davanti a Dio c’era una schiera di angeli che diceva: «Signore, lode e onore a te, a te che sei ed eri senza fi-ne! Siamo i tuoi servitori. Ti lodiamo e onoriamo innan-zitutto perché ci hai creato con la tua mano potente, af-finché gioissimo con te, per averci dato la luce ineffabi-le, affinché provassimo una grande gioia indicibile ed eterna; in secondo luogo, perché tutte le cose vengono create nella tua volontà, persistono nella tua stabilità, sussistono secondo il tuo volere e sono permanenti nella tua parola; e ancora perché hai creato l’uomo, per il quale hai assunto l’umanità e questo è per noi motivo di grande gioia e contentezza poiché la tua beneamata Ma-dre ha meritato di portare colui che i cieli non potevano avvolgere né contenere. Che la tua gloria e la tua bene-dizione regnino su ogni cosa, per la dignità angelica di cui ci hai investiti e per il grande onore che ci hai fatto! Che il tuo amore sia con l’uomo che hai creato! Tu solo sei desiderabile grazie al tuo amore; tu solo sei amabile per la tua stabilità; per questo ti siano sempre resi onore e gloria per tutti i secoli dei secoli. Così sia!»

Libro I, 26

Lode degli angeli a Dio

Poi parlò il Figlio di Dio e in presenza delle schiere celesti disse: «Sebbene sappiate che ogni cosa viene fat-ta da me, per via della mia sposa qui presente prendo la parola e vi chiedo, angeli, cosa significhi che Dio è stato senza inizio e senza fine e cosa voglia dire che egli ha creato tutte le cose e che non è stato creato da nessuno. Rispondete e testimoniate ciò». Gli angeli risposero in coro: «Signore, sei colui che è, e noi ti renderemo testimonianza poiché sei il nostro adorabile Creatore e il Creatore di tutte le cose che so-no in cielo e in terra; poiché sei senza inizio, sarai senza fine e la tua temibile potenza durerà in eterno: perché senza di te non viene fatto nulla e senza di te non può esistere né durare nulla; e ancora poiché vediamo in te la tua giustizia in tutte le cose che sono state e saranno». Libro I, 45

Parole dell’angelo alla sposa Santa Brigida, riguardanti la sostanza degli angeli

L’angelo diceva alla sposa Santa Brigida che ci sono due spiriti: «Il primo ha tre caratteristiche: è caldo, dolce, è pu-ro e chiaro. Siccome è caldo riscalda quando l’anima brucia nell’amore di Dio; e questa sua capacità gli deri-va non dalle cose create ma per sua virtù, poiché è con il Padre e il Figlio onnipotente e creatore di tutte le co-se. è dolce quando all’ anima non piace nulla all’infuori di Dio, ed essa non prova altra dolcezza e non assapora altro che lui e il ricordo dei suoi benefici e delle sue mi-rabili opere. è puro e chiaro, tanto che in lui non c’è nessun peccato, nulla di difforme, niente di corruttibile né di mutevole. Egli riscalda, non come il fuoco materiale né come il sole visibile, che fonde e infiacchisce le cose; il suo calo-re, infatti, è l’amore interiore dell’anima che colma il desiderio e l’abisso in Dio. Egli è dolce per l’anima, non come il buon vino o la miserabile voluttà, o qualche al-tra cosa mondana, ma la dolcezza di questo spirito è su-periore a qualsiasi dolcezza temporale e nessuno può raggiungerne la conoscenza e la coscienza. Infine, que-sto spirito è puro e chiaro come i raggi del sole, però senza macchie né corruzione. Il secondo spirito è amaro, perché, trovando amaro qualsiasi bene, desidera che gli altri siano tali nei suoi confronti; a differenza del primo, è impuro, in quanto ogni suo consenso ed ogni suo piacere sono nell’impu-rità ed egli cerca di circondarsi di persone simili a lui. Mi chiederai: ‘Per che motivo, allora, non sei così?’ La mia risposta è che in verità sono stato creato dallo stesso Dio dell’altro spirito – poiché c’è un solo Dio: il, Padre, il Figlio e lo Spirito Santo, che non sono tre divi-nità, ma una sola -‘ ed entrambi siamo creati per il be-ne, poiché tutto quello che ha creato Dio è buono. Tut-tavia io sono come una stella, perché sono restato nella bontà e nella carità di Dio, dove sono stato creato; l’al-tro spirito, invece, è oscuro come il carbone, perché si è allontanato dall’amore di Dio. Così come le stelle non sono mai senza luminosità, allo stesso modo gli angeli buoni, simili a stelle, non so-no mai senza luce, ossia lo Spirito Santo, perché tutto quello che hanno, l’hanno ricevuto da Dio – ossia dal Padre, dal Figlio e dallo Spirito Santo -‘ per amore del quale si riscaldano e risplendono attraverso la sua luce. Questi angeli sono sempre legati a Dio e si conformano interamente alla sua volontà e non desiderano altro che lui; perciò bruciano e sono puri e chiari. E così come l’angelo brilla con la luce di Dio e brucia incessante-mente del suo amore, allo stesso modo il diavolo brucia poiché è prigioniero, soffocato e afflitto senza sosta dal fuoco della sua cattiveria furente. E così come egli è in-saziabile di questa sua cattiveria, similmente sono ine-narrabili la bontà dello Spirito di Dio e la sua grazia. In-fatti non c’è persona al mondo, per quanto radicata nel diavolo, che lo Spirito non visiti di tanto in tanto e non stimoli toccandone il cuore. E non c’è nessuno, per quanto buono, che il diavolo non tormenti con qualche tentazione». Libro I, 54

Lodi degli angeli

Santa Brigida vide una moltitudine di angeli che cantava melodiosamente sul monte Gargano, dicendo: «Sii benedetto, nostro Dio, che sei stato, sei e sarai sen-za inizio e senza fine! Ci hai creato spiriti, ci hai posto al tuo servizio e a quello degli uomini, per la consolazione degli uomini e per la loro custodia, affinché potessimo giovare loro; fa’ che non siamo mai privati della tua dol-cezza, consolazione e visione. Ma poiché sembriamo sconosciuti agli uomini, hai voluto mostrare in questo luogo le tue benedizioni e la dignità e l’eccellenza che ci hai dato, affinché l’uomo imparasse ad amarti e a desi-derare il nostro soccorso». Libro IV, 131

Creazione degli angeli

«All’inizio, prima del tempo, ho creato gli spiriti li-beri (angeli), perché gioissero in me della mia bontà e della mia gloria secondo la mia volontà; alcuni di loro, inorgogliendosi del bene, ne fecero la loro sventura, op-ponendo la loro libertà alla regola della ragione. E poi-ché non c’era nulla di male nella natura e nella creazio-ne, eccetto la sregolatezza della loro volontà, causa delle loro sciagure eterne, alcuni spiriti scelsero di restare umilmente con me, che sono il loro Dio; per questo mo-tivo hanno meritato la costanza eterna del bene con me, Dio Creatore di tutte le cose e loro Signore assoluto. Ci sono anche degli spiriti più raffinati e più agili delle creature che mi obbediscono. Ma poiché non era conveniente che il mio esercito diminuisse, ho dato la vita a un’altra creatura, ossia l’uomo, al posto di quelle cadute; con la grazia egli avrebbe meritato il libero arbitrio e con la volontà la stessa dignità che avevano perso gli angeli ribelli. Se l’uomo avesse solo l’anima e non il corpo, non potreb-be, con tanta facilità e sublimità, meritare un bene così alto, perché non dovrebbe sopportare le sofferenze fisi-che; così, affinché l’uomo ottenesse i beni eterni e l’ono-re del cielo, all’anima è stato congiunto il corpo. Le tri-bolazioni degli uomini, dunque, sono aumentate affin-ché essi sperimentino la propria libertà e le proprie in-fermità, e non diventino superbi, desiderando invece la gloria per la quale sono stati creati…» Libro V, 3

Presenza degli angeli all’eucarestia

«Dopo che il sacerdote ebbe pronunciato le parole divine sul pane, mi parve che quello stesso pane avesse assunto tre figure, sebbene fosse rimasto nelle mani del prete. Quel pane divenne un agnello vivo; nell’agnello si vedeva il volto di un uomo e all’interno e al di fuori dell’agnello e di quel viso c’era una fiamma ardente. Poi-ché guardavo con attenzione il volto, senza distoglierne lo sguardo, in esso vidi l’agnello. E guardando l’agnello vedevo quella stessa faccia nell’agnello. Una vergine in-coronata sedeva con l’agnello e tutti gli angeli la servivano; ce n’era un numero pari a quello degli atomi del sole e l’agnello emanava uno splendore meraviglioso. Anche la moltitudine delle anime sante era così numerosa che i miei occhi non la contenevano tutta, né in lunghezza, né in larghezza, né in profondità. Vidi anche alcuni scanni vuoti che dovevano essere occupati per la gloria di Dio». Libro VIII; 54

La creazione

La Santa Vergine diceva: «Sii benedetto, Figlio mio, Figlio carissimo senza inizio e senza fine! In te sono la saggezza, la potenza e la virtù. Hai manifestato la tua saggezza in tutto quello che si trova in cielo, sulla terra e in mare; la tua potenza nella creazione del mondo, creandolo dal nulla; la tua virtù, quando sei stato man-dato nelle mie viscere. Inoltre sei misericordioso e giu-sto. Hai manifestato la tua saggezza divina, quando hai disposto tutte le cose con misericordia, quando hai combattuto e vinto il più forte. Hai mostrato la tua virtù nella misericordia e nella giustizia, quando hai voluto nascere da me e riscattare chi poteva cadere da solo ma non era in grado di rialzarsi senza il tuo aiuto». Il Figlio rispose: «Sii benedetta, Madre del Re di gloria e Regina degli angeli! Le tue parole sono vere e dolci. Hai detto bene: faccio ogni cosa con misericordia e giustizia. Ciò è risultato evidente nella creazione del mondo e degli angeli: in quell’istante essi hanno visto nella loro coscienza com’ero, sebbene non mi conoscessero: per questo alcuni di loro, servendosi molto bene della li-bertà della loro volontà, hanno deciso di rimanere fer-mamente nella carità secondo la mia volontà; altri sono divenuti orgogliosi ed hanno rivolto la loro volontà con-tro di me e contro la ragione. Era dunque giusto che i superbi cadessero e che i giusti assaporassero la mia dolcezza e ne fossero rinvigoriti». Rivelazioni supplementari 5

IL DEMONIO

Il Figlio di Dio parlava alla sposa, dicendole: «Quan-do il diavolo ti tenta, digli queste tre cose: ‘le parole di Dio non possono che corrispondere alla verità; nulla è im-possibile a Dio; diavolo, non puoi darmi lo stesso amore fervente che mi da Dio’». (Libro Il, 1)

Il nemico di Dio custodisce tre demoni

«Il mio nemico ha tre demoni dentro di sé: il primo risiede negli organi sessuali, il secondo nel suo cuore, il terzo in bocca. Il primo è come un pilota che fa entrare nel vascello l’acqua che poco alla volta lo riempie; quando l’acqua straripa, il vascello viene sommerso. Questa nave è il corpo agitato dalle tentazioni dei demoni e assalito dai venti della loro cupidigia; così come le acque della vo-luttà entrano nel vascello, allo stesso modo la volontà entra nel corpo attraverso il piacere che il corpo stesso prova con i pensieri voluttuosi; e poiché esso non vi si oppone con la penitenza, né con l’astinenza, l’acqua della voluttà aumenta e aggiunge il consenso, e lo stesso fa nella nave, affinché non raggiunga il porto della sal-vezza. Il secondo demone, che risiede nel cuore, è simile al verme della mela, il quale inizialmente rosicchia l’inter-no, poi, dopo avervi lasciato i suoi escrementi, rode tut-to il frutto finché non l’ha guastato per intero. Il diavolo agisce nello stesso modo: dapprima intacca la volontà e i suoi desideri buoni, paragonabili al cervello in cui ri-siedono tutta la forza e tutto il bene dello spirito; poi, dopo aver svuotato il cuore di ogni bene, introduce al suo interno i pensieri e gli affetti del mondo; infine spinge il corpo ai suoi piaceri, attenuando la forza divi-na e indebolendo la conoscenza; da questo hanno origi-ne il disgusto e lo sdegno per la vita. Certo, quest’uomo è una mela senza cervello, in altre parole un uomo senza cuore; senza cuore, infatti, entra nella mia Chiesa, giac-ché non prova nessuna carità divina. Il terzo demone è simile a un arciere che spia dalla finestra chi non si guarda da lui. Come mai il demone non domina colui senza il quale non parla mai? Perché quello che si ama di più è ciò di cui si parla più spesso. Le parole amare con cui egli ferisce gli altri sono come frecce affilate, scagliate ogni volta che nomina il diavo-lo; in quel momento l’innocente è lacerato da quello che dice e i semplici ne sono scandalizzati. Perciò io che sono la Verità, giuro che lo condan-nerò come un’abominevole cortigiana al fuoco dello zolfo; tuttavia, finché il corpo e l’anima saranno con-giunti in questa vita, gli offro la mia misericordia. Ora, ecco quello che chiedo ed esigo da lui: che assista di so-vente alle cose divine; che non tema nessun obbrobrio; che non desideri nessun onore e che non pronunci mai il sinistro nome del diavolo». Libro I; 13

Dialogo fra il Signore e il diavolo

Nostro Signore disse al demone: «Tu che sei stato creato da me, che hai visto la mia giustizia, dimmi alla presenza di lei perché sei caduto così miseramente, o cosa pensavi quando sei caduto». Il diavolo rispose: «Ho visto tre cose in te: ho capito quanto fosse grande la tua gloria, pensando alla mia bel-lezza e al mio splendore; ritenevo che tu dovessi essere onorato sopra ogni cosa, osservando la mia gloria; per questo mi inorgoglii e decisi di non limitarmi ad essere tuo pari ma di superarti. Poi seppi che eri più potente di tutti e per questo desiderai essere più potente di te. In terzo luogo, vidi le cose future quali si presentano necessariamente e che la tua gloria e il tuo onore sono senza inizio e senza fine. Ebbene invidiai queste cose e dentro di me pensai che avrei sopportato di buon grado pene e tormenti purché tu cessassi di esistere e con que-sto pensiero caddi miseramente; ecco perché esiste l’in-ferno». Libro I; 34

Come opporsi al diavolo

«Sappi che il diavolo è come un cane da caccia sfug-gito al guinzaglio: quando ti vede ricevere l’influsso del-lo Spirito Santo, ti corre incontro con le sue tentazioni e i suoi consigli; ma se gli opponi qualcosa di duro e ama-ro, fastidioso per i suoi denti, si allontana subito e non ti nuoce. Ora, cosa c’è di duro che si può opporre al diavolo, se non l’amore di Dio e l’obbedienza ai suoi co-mandamenti? Quando vedrà che quest’amore e quest’obbedienza si compiono alla perfezione in te, i suoi assalti, i suoi sforzi e la sua volontà verranno subito vanificati e in-franti, poiché penserà che preferisci qualsiasi sofferenza piuttosto che contravvenire ai comandamenti di Dio. Libro IV 14

LA CHIESA

La Chiesa militante

«Io sono il Creatore di tutte le cose. Sono il Re della gloria e il Signore degli angeli. Ho creato un nobile campo in cui ho posto i miei eletti… Questo campo è la Chiesa militante che ho edificato con il sangue mio e dei miei santi; l’ho legata e congiun-ta con il mio amore ed ho posto al suo interno i miei eletti e i miei amici. Le sue fondamenta sono la fede, ossia credere che sono un giudice giusto e misericordioso. Ora le fondamenta sono state gettate poiché tutti credono in me e proclamano la mia misericordia; eppure quasi nessuno mi dichiara giudice giusto, né crede che io giudichi con giustizia. In realtà sarebbe iniquo il giudice che, mosso dalla misericordia, non punisse i cattivi, per-mettendo che opprimano sempre di più i giusti. Io, inve-ce, sono un giudice giusto e misericordioso nel contem-po; di conseguenza non lascio impunito il minimo pec-cato, né trascuro di ricompensare il minimo bene. Chi pecca senza timore, chi nega che io sia giusto e turba i miei amici, è entrato nella santa Chiesa attraverso la breccia delle mura, e rende infelici e inconsolabili quelli che mi amano, vomitando su di loro ogni genere di in-giuria, e tormentandoli come degli indemoniati. Se par-lano di me, i miei amici vengono rifiutati e accusati di menzogna; alcuni di loro desiderano ardentemente dire o sentir parlare di cose buone, ma nessuno li ascolta né parla loro di cose giuste. Inoltre vengono pronunciate bestemmie contro di me, che sono Signore e Creatore; i miei nemici, infatti, dicono: ‘Non sappiamo se esiste un Dio; e se c’è, non ce ne curiamo’. Gettano per terra il vessillo della mia croce e lo calpestano, dicendo: ‘Perché ha sofferto? A cosa ci serve ciò? Siamo ben contenti se vuole soddisfare i nostri appetiti e i nostri desideri terre-ni, ma si tenga pure il suo regno e il suo cielo’. Io deside-ro entrare nei loro cuori, ma essi dicono: ‘Preferiamo morire piuttosto che abbandonare la nostra volontà’. Vedi, mia sposa, come sono fatti: io li ho creati e con una parola potrei eliminarli e distruggerli, eppure guarda come diventano superbi nei miei confronti. Ora, grazie alle preghiere di mia Madre e di tutti i santi, sono ancora misericordioso e paziente e voglio trasmettere loro le parole uscite dalla mia bocca e offrire loro la mia misericordia. Se desiderano riceverla, mi placherò e li amerò; diversamente farò sentire loro la mia giustizia, essi verranno umiliati pubblicamente davanti agli angeli e agli uomini e tutti li giudicheranno come dei ladroni». Libro I; 5

Preghiere per ottenere la grazia per la Chiesa

«Davanti a voi mi lamento: ho dato mia figlia a un uomo che l’affligge oltre misura e la tiene miseramente in ceppi». Suo Figlio gli rispose: «è colei che ho riscattato con il mio sangue e che ho sposa-to con il mio amore; ma ora mi è stata rapita con la vio-lenza». Poi la Madre di Dio disse: «Sei mio Dio e mio Si-gnore e il mio corpo ha custodito le membra di tuo Fi-glio. Ora, non ti ho rifiutato nulla sulla terra: abbi dun-que pietà di tua figlia per amore delle mie preghiere». Poi parlarono gli angeli e dissero: «Sei nostro Dio e nostro Signore, in te riceviamo ogni forma di bene e non abbiamo bisogno che di te. Quando ti scegliesti questa sposa, ci complimentammo tutti; ma ora siamo giustamente avviliti, in quanto è stata consegnata a un malvagio che l’umilia miseramente e la copre di ingiu-rie. Per questo abbi misericordia di lei: la sua miseria è immensa, e non c’è nessuno che la consoli e la liberi se non tu, Signore, Dio onnipotente!» Allora il Padre rispose al Figlio: «Figlio mio, condivi-do il tuo lamento, la tua parola è la mia, le tue opere so-no le mie. Sei in me ed io in te in modo inseparabile. Sia fatta la tua volontà». Poi disse alla Vergine santa, Madre di Dio: «Poiché non mi hai rifiutato niente sulla terra, non voglio rifiutarti niente in cielo. Sia fatta la tua vo-lontà». E disse agli angeli: «Voi siete miei amici e la fiam-ma del vostro amore brucia nel mio cuore. Avrò miseri-cordia di mia figlia per amore delle vostre preghiere». Libro I; 24

Orazione di Santa Brigida alla Vergine

Il Padre eterno rivolse le seguenti parole all’intera corte celeste che lo ascoltava: Maria, Madre dell’Onnipotente, sebbene io non sia stata dolce e buona, invoco il tuo aiuto e ti supplico af-finché ti sia gradito pregare per Roma, città eccellente e santa, perché con gli occhi del mio corpo vedo chiese, in cui riposano le spoglie e le reliquie dei santi, desolate e demolite. Altre sono frequentate, ma i costumi di quanti le governano sono molto lontani da Dio. Libro III, 27

I sette sacramenti

«Io sono colui su cui si udiva la voce del Padre eter-no: Questi è mio Figlio… Per questo mi sono lamentato poiché gli uomini non vogliono sentirmi. Gridavo e di-cevo: ‘Sono il principio, se credete in me, avrete la vita eterna’. Ma essi hanno disprezzato le mie parole. Essi hanno visto e conosciuto la potenza della mia Divinità, quando resuscitavo i morti e compivo grandi meravi-glie; eppure non si sono curati di me. Mi lamento anche poiché non c’è nessuno cui importi quello che ho isti-tuito nella Chiesa. In verità, nella Chiesa ho posto sette vasi che saran-no tutti completamente purificati poiché ho istituito la penitenza in remissione di tutti i peccati e le parole san-te e sacre con cui santificare e somministrare i sacra-menti. Ho istituito il sacerdozio nella dignità, nella co-noscenza e nella memoria della carità divina; il matri-monio nell’unione dei cuori. Benché questi sacramenti debbano essere ricevuti con umiltà, custoditi con purez-za, conferiti senza avarizia, ora vengono accolti con su-perbia, tenuti in vasi immondi e dati con ambizione e cupidigia. Inoltre lamento che, essendo nato e morto per la salvezza degli uomini, se essi non volessero amarmi per averli creati, dovrebbero comunque amarmi per averli riscattati. Tuttavia ora mi cacciano dal loro cuore come un lebbroso e mi detestano come un lenzuolo infetto. Mi lamento anche poiché gli uomini non vogliono esse-re consolati e non si curano dell’amore che io nutro nei loro confronti». Libro IV, 116

Il rispetto delle reliquie dei santi

Quando Santa Brigida era dama della regina Bianca, un tempo regina di Svezia, aveva una cassaforte d’avo-rio piena di varie reliquie, fra cui quelle di San Luigi, che ella aveva portato dalla Francia. Per sbaglio i servi-tori misero la cassaforte in un luogo meno conveniente ed essa rimase lì, dimenticata, fino al giorno in cui Santa Brigida non vide che dalla cassa si sprigionava una grande luce. Ammirando il prodigio, Brigida sentì una voce che le parlò così: «Ecco che il tesoro di Dio, ogget-to di grande lode in cielo, viene disprezzato sulla terra: portiamolo dunque in un altro luogo». All’udire ciò, la Santa fece deporre con grande dignità quelle reliquie sull’altare. Rivelazioni supplementari 59

I SACERDOTI

Parole con cui il Signore mette in guardia la sua sposa, affinché ella possa discernere la vera saggezza da quella falsa

I miei amici sono come degli scolari che hanno una coscienza e un’intelligenza, la saggezza che non hanno appreso dagli uomini ma da me, poiché io stesso l’inse-gno interiormente, dolcezze e gioie divine con cui domi-nano il diavolo. Ma ora gli uomini imparano alla rove-scia e desiderano solo essere dotti per andarne orgogliosi ed essere ritenuti dei buoni chierici, acquisire ricchezze per progredire sulla strada degli onori e degli alti uffici. Per questo motivo quando entrano ed escono di scuola, mi allontano da loro, perché essi imparano per insuperbirsi di ciò che hanno appreso, mentre io ho in-segnato loro l’umiltà. Vanno a scuola per la cupidigia di possedere, mentre io non ho avuto nulla, nemmeno un cuscino su cui appoggiare il capo. Vi si recano per otte-nere cariche e dignità, invidiando chi passa loro davan-ti, mentre io venivo giudicato da Pilato ed ero lo zim-bello di Erode. Dunque mi allontano da loro, perché non apprendono la mia dottrina. Ciononostante, essen-do buono e mite, do quello che mi viene chiesto, perché chi mi domanda del pane l’avrà e chi mi domanda un letto lo riceverà. Chi apprende la mia mirabile saggezza, ossia come servirmi bene, viene servito dagli angeli buoni che lo nutrono di una consolazione indicibile e di un lavoro delizioso. Ma gli angeli cattivi assistono i saggi del mon-do suggeriscono e suscitano in loro desideri inutili, se-condo la propria volontà, ispirando loro pensieri tor-mentosi. In verità se si rivolgessero a me e si convertis-sero, potrei dare loro il pane senza fatica. Il mondo ne fornisce loro ma essi non ne sono mai sazi, poiché tra-mutano la dolcezza in amarezza». Libro I; 33

I sacerdoti custodi del corpo di Gesù

Il Figlio di Dio disse: «Sono simile al signore che, dopo aver combattuto con fedeltà nel paese in cui si è recato in pellegrinaggio, torna con gioia nella terra nata-le. Questo signore ha un tesoro molto prezioso, la cui vista dà gioia agli occhi lacrimosi, consola gli infelici, rinvigorisce gli infermi e resuscita i morti. Ma, affinché questo tesoro venga custodito con onestà e determina-zione, viene edificata una casa con magnificenza e glo-ria, abbastanza alta e dotata di sette livelli attraverso i quali si accede al tesoro stesso. Ora, Dio ha mostrato questo tesoro ai suoi servitori e lo ha affidato loro affin-ché ne abbiano cura e lo custodiscano con purezza, in modo che vengano apprezzate la carità del signore ver-so i suoi servitori e la fedeltà dei suoi servitori nei con-fronti del signore. Ma dopo qualche tempo il tesoro ini-zia ad essere disprezzato, la casa viene frequentata di ra-do, le cure dei custodi diminuiscono e l’amore di Dio viene trascurato… Io sono quel signore che è venuto al mondo per umiltà come un pellegrino, sebbene fossi potente in ter-ra e in cielo secondo la divinità; perché in verità sulla terra ho dovuto sostenere una lotta tale che tutti i nervi delle mie mani e dei miei piedi si sono rotti per la salvezza delle anime. Salendo in cielo, da cui non mi sono mai allontanato, ho lasciato al mondo un memoriale al-tamente degno, ossia il mio corpo santissimo; infatti co-sì come l’antica legge si gloriava dell’arca, della manna, delle tavole del Testamento e di altre cerimonie, allo stesso modo l’uomo nuovo si rallegra di una legge nuo-va, ossia il mio corpo crocifisso, che era insito nella leg-ge stessa. Affinché al mio corpo fossero tributati gloria e onore, ho istituito la casa della Santa Chiesa, dove es-so sarebbe stato custodito e conservato. I sacerdoti so-no dei custodi particolari, in un certo senso più eminen-ti degli angeli, poiché toccano con la bocca e le mani colui che gli angeli hanno paura di sfiorare, dato il ri-spetto che provano nei suoi confronti. Ho reso ai sacerdoti sette tipi di onore, corrispon-denti a sette caratteristiche: i preti devono portare il se-gno del sacerdozio e distinguersi come miei amici per la purezza dello spirito e del corpo, perché la purezza è il primo livello per avvicinarsi a Dio, al quale non si addi-ce nulla di corrotto; ai ministri della legge, che avevano il permesso di contrarre il matrimonio, non era conces-so fare dei sacrifici, ma ciò non deve stupire: essi aveva-no solo la scorza e non il nocciolo. Ora, poiché questa figura è stata eliminata con l’avvento della verità, è ne-cessario che si consacrino tutti alla purezza; il nocciolo, infatti, è più dolce della scorza… I chierici sono istituiti perché siano degli uomini an-gelici dotati di ogni sorta di umiltà; è vero infatti che con l’umiltà del corpo e dello spirito si entra in cielo e si vince la superbia del diavolo; a questo livello i sacerdoti vengono nominati per cacciare il diavolo, perché l’uo-mo umile è elevato al cielo da cui la superbia ha fatto sprofondare il demonio. I preti vengono ordinati per essere discepoli di Dio attraverso la continua lettura dei testi sacri; per questo motivo la sacra Scrittura viene data ai sacerdoti come la spada al soldato; essi, infatti, devono sapere come pla-care la collera di Dio con la preghiera e la meditazione, affinché il popolo non muoia. I sacerdoti sono designati custodi del tempio di Dio e studiosi delle anime; per questo motivo il vescovo consegna loro le chiavi: essi devono prendersi cura della salvezza delle anime dei loro fratelli, promuoverne il progresso con la parola e l’esempio e incitare gli infermi alla perfezione assoluta. A loro viene affidata la cura dell’altare, perché, servendo sull’altare, vivano dell’alta-re stesso e non si occupino affatto delle cose mondane, se non per ciò che attiene alla loro carica ecclesiastica. Vengono ordinati per essere uomini apostolici, che pre-dicano la verità evangelica e conformano i loro costumi a ciò che predicano. Sono istituiti in modo da mediare fra Dio e l’uomo attraverso il sacrificio del mio corpo. Per questo motivo i sacerdoti sono in un certo modo superiori alla dignità degli angeli. Ora, mi lamento perché queste caratteristiche sono gravemente disattese, in quanto la superbia viene prefe-rita all’umiltà, l’impudicizia alla continenza; non ci si at-tiene più ai libri di Dio, ma a quelli del mondo; gli altari vengono trascurati e la saggezza divina è reputata follia. Non ci si preoccupa affatto della salvezza delle anime e, come se non bastasse, si gettano via le mie vesti e si di-sprezzano le mie armi. E’ vero, sul monte Sinai ho mostrato a Mosè gli abiti che dovevano indossare i sacerdoti; questo non perché nella celeste abitazione di Dio ci fosse qualcosa di mate-riale, ma perché non si possono comprendere le cose spirituali senza quelle materiali. Quindi mostro ciò che è spirituale attraverso il mondo fisico: occorre sapere che a quanti detengono la verità viene richiesta la pu-rezza e non una pura apparenza. A che scopo, dunque, avrei mostrato a Mosè un tale splendore di vesti materiali, se non perché attraverso esse si comprendessero lo splendore e la bellezza dell’anima?… Dall’oblazione dei ministri di Dio conseguono tre beni: la mia pazienza che è lodata da tutte le schiere ce-lesti, perché sono la medesima Persona tra le mani di un prete buono e di uno cattivo; non traggo senso dalla persona, infatti questo sacramento non dipende dai me-riti o demeriti di chi lo somministra, bensì dalle mie pa-role; tale oblazione è utile per tutti, indipendentemente dal prete che l’offre, inoltre giova anche a chi l’offre, sebbene cattivo; quando ho pronunciato le parole Io so-no, tutti i miei nemici sono caduti all’indietro; simil-mente, all’udire le parole: Questo è il mio corpo, i diavo-li fuggono via e cessano di tentare le anime che fanno queste sante oblazioni, né oserebbero tornare ad asse-diarle con rinnovata audacia se in esse non si insinuasse una propensione a peccare. Per questo la mia misericordia perdona tutti e li tol-lera, ma la mia giustizia grida vendetta: perciò io grido e quanti siano quelli che mi rispondono, lo vedi da te. Ciononostante invierò ancora la mia Parola: chi l’ascol-terà, trascorrerà e terminerà i suoi giorni con una gioia così grande che non è possibile dire, né pensare la dol-cezza della mia Parola senza farle torto…» Libro IV, 58

Il sacerdote deve avere un libro e l’olio

«Il sacerdote deve avere anche un libro e dell’olio: un libro per istruire gli imperfetti; infatti così come nel libro è contenuta la dottrina del corpo e dello spirito, allo stes-so modo il ministro di Dio deve avere la saggezza… La scienza spirituale serve a istruire gli ignoranti, a correg-gere le persone dissolute e a spronare quelle progredite. Nell’olio sono la dolcezza della preghiera e i buoni esem-pi, poiché così come l’olio è più grasso del pane, allo stesso modo l’orazione d’amore e carità e gli esempi di una vita buona, sono più efficaci di qualsiasi altra cosa per attirare gli uomini a Dio e per placare Dio stesso. In verità ti dico, figlia mia, che il nome del prete è grande, poiché egli è un angelo e un mediatore; ma più grande ancora è il suo ufficio, in quanto egli tocca Dio, che è incommensurabile e tiene nelle sue mani le cose sante». Libro IV, 59

Il Signore ha rimesso il suo corpo nelle mani del sacerdote

«Io sono» dice la Saggezza eterna, «come un uomo che, dovendo abbandonare il mondo, lascia ai suoi ami-ci più cari ciò che ha di meglio; io ho fatto lo stesso con i sacerdoti che ho scelto al di sopra degli angeli e degli uomini: ho offerto loro il mio corpo preziosissimo quando ho lasciato il mondo e ho affidato loro molti doni: la mia fede; due chiavi, quella dell’inferno e quella del cielo; la possibilità di tramutare il nemico in un an-gelo; di poter consacrare il mio corpo, cosa che non possono fare gli angeli e infine di toccare con le mani il mio corpo preziosissimo e purissimo. Ora, essi si comportano con me come gli ebrei, i quali negavano che avevo resuscitato Lazzaro e compiu-to altre meraviglie. Mi accusavano sostenendo che vole-vo diventare re, che avevo vietato di dare i tributi a Ce-sare e che avrei ricostruito il Tempio in tre giorni; simil-mente i ministri di Dio non divulgano i miei prodigi né insegnano la mia dottrina, ma diffondono in ogni dove l’amore del mondo e ovunque predicano la loro vo-lontà, poiché stimano meno di nulla tutto quello che ho fatto per loro. In secondo luogo, hanno perduto la chiave con cui dovevano aprire il cielo ai miserabili; amano e prediligono la chiave che apre l’inferno e la tengono avvolta in un panno pulito. In terzo luogo, fanno di un giusto un ingiusto, di un semplice un diavolo, di un sano un malato, perché oggi chi si avvicina loro con tre malattie, se ne allontana con una quarta in più; se qualcuno si reca da loro con quat-tro malattie, se ne parte con cinque, perché il peccatore, vedendo l’esempio cattivo e depravato dei sacerdoti, imbocca una nuova strada, si rafforza nel peccato ed inizia a gloriarsi del peccato stesso di cui aveva vergogna…In quarto luogo, quelli che mi dovevano santificare con la bocca, mi vendono per cupidigia; sono peggio di Giuda, perché Giuda in un certo senso ha riconosciuto il proprio peccato ed ha fatto penitenza, sebbene inutil-mente. Essi si definiscono e si reputano giusti. Giuda, invece, ha riportato il frutto del suo peccato ai sommi sacerdoti e agli anziani, e questi hanno messo la sua confessione al servizio del loro ingegno e del loro uso. Giuda mi ha venduto prima che riscattassi il mondo, ma costoro mi vendono dopo e non hanno compassione del mio sangue che grida vendetta con maggior ragione che non il sangue di Abele. Giuda mi ha venduto per trenta denari, ma costoro mi vendono con ogni sorta di maldi-cenza, perché non si avvicinano mai a me se non per ri-cevere qualche vantaggio. In quinto luogo, si comportano come gli ebrei. Ora, cosa hanno fatto questi ultimi? Mi hanno posto sulle- gno della croce, ma costoro mi mettono su un torchio e mi stringono con forza. Ti chiederai: ‘Come può acca-dere ciò, se la mia divinità è inattaccabile dalla sofferen-za e Dio non è predisposto al dolore?’ è vero, ma la vo-lontà ostinata con cui i sacerdoti perseverano nel pecca-to è tale che ciò mi risulta ancora più duro e doloroso, proprio come se venissi posto su un torchio. Ora, questi preti hanno due peccati: la lussuria e la cupidigia e mi mettono e lasciano tra questi due vizi; tanto che, dopo aver fatto penitenza e aver celebrato la messa, sono nuovamente animati dalla volontà di peccare e di nuovo mi fanno sentire come se venissi stretto in una pressa…» Libro IV, 132

Il modo in cui il Signore onora i sacerdoti

Ascoltate dunque, eserciti ed angeli miei! Ho scelto dei sacerdoti al di sopra degli angeli e degli altri uomini e ho dato loro il potere di consacrare il mio cor-po e di toccarlo. Se avessi voluto, avrei potuto affidare una funzione del genere agli angeli, ma amo a tal punto i sacerdoti che li ho innalzati a un simile onore e li ho ordinati affinché presenziassero davanti a me, disposti in sette livelli. Dovevano essere pazienti come pecore, costanti come muri dalle fondamenta stabili, pieni di vi-ta e generosi come soldati, saggi come serpenti, pudichi come vergini, puri come angeli, animati da un amore ar-dente come quello di una sposa che si avvicina al talamo nuziale. Ora, si sono allontanati da me con cattiveria, sono selvaggi come lupi che rapiscono le pecore, imbattibili quanto a fame e avidità. Non onorano nessuno e non hanno vergogna di chicchessia. In secondo luogo, sono incostanti come le pietre di una muraglia in rovina, perché diffidano delle fondamen-ta, ossia del loro Dio, come se egli non potesse soddisfare le loro esigenze o non volesse nutrirli e sostentarli. In terzo luogo, sono sprofondati e sono stati avvolti dalle tenebre, come dei ladroni che camminano nella cecità dei propri vizi. Non hanno affatto il coraggio dei soldati, necessario per combattere per l’onore e la gloria di Dio, né hanno la generosità che occorre per compie-re azioni eroiche. In quarto luogo, diventano pigri come asini che ten-gono la testa bassa: similmente sono stolti e insensati poiché pensano sempre alle cose mondane, senza rivol-gere la mente al cielo e alle cose future. In quinto luogo, sono impudenti come cortigiane: mi camminano davanti con insolenza nei loro abiti im-pertinenti e tutte le loro membra esprimono la loro lus-suria. In sesto luogo, sono sudici come la pece: tutti quelli che si avvicinano loro ne sono offuscati e imbrattati. In settimo luogo, sono abominevoli… Solo certi preti si accostano a me con dissimulazione, come se fossero dei traditori, Tuttavia io, che sono Dio e Signore di tutte le creature in cielo come in terra, vado loro incontro; dopo che il sacerdote ha pronunciato le parole Questo è il mio corpo sull’altare, davanti a lui io sono vero Dio e vero uomo. Mi affretto verso i miei ministri come uno sposo innamorato, per provare e gustare assieme a loro i sacri piaceri della mia divinità; ma, ahimè, non trovo posto nel loro cuore. Ascoltate ancora, amici miei, quanta dignità conferisco ai sacerdoti al di sopra degli angeli e degli uomini: ho dato loro il potere di fare cinque cose: legare e sciogliere in terra e in cielo; trasformare i miei nemici in amici di Dio, e i demoni peccatori in angeli virtuosi; predicare la mia parola; consacrare e santificare il mio corpo, cosa che nessun angelo può fare; toccare il mio corpo, cosa che nessuno di voi oserebbe fare». Libro IV, 133

Il Signore chiama i sacerdoti come uno sposo

«Io sono come lo sposo che conduce la sposa nella sua casa con mille prove d’amore. Ho unito a tal punto i preti a me, tramite il mio corpo, che erano in me ed io in loro; ma essi rispondono a quest’unione come un’adulte-ra che dice al marito: ‘Le tue parole non mi piacciono; le tue ricchezze sono vane; la tua voluttà è come un veleno. Ci sono altre cose che voglio amare e seguire’. A queste parole lo sposo, dolce e mansueto, risponderà: ‘Mia spo-sa, ascoltami, abbi pazienza. Le tue parole devono essere le mie, le mie ricchezze le tue; la mia volontà deve essere la tua, la tua voluttà la mia contentezza… Attiro a me i preti come uno sposo la sua sposa; fac-cio tutto quello che posso per loro; ma più li chiamo, più fuggono da me. Le mie parole non piacciono loro; essi considerano un peso le mie ricchezze; detestano la dolcezza delle mie parole come se fosse veleno. Li inse-guo avvertendoli come un padre colmo di pietà, tolle-randoli come un signore pieno di clemenza, attraendoli con doni come un dolce sposo; ma più li chiamo, più si allontanano da me». Libro IV, 135

I VESCOVI

Consigli per un vescovo

«Ascoltate voi cui è data per grazia divina la capa-cità di udire le cose dello spirito. Se un vescovo si prefigge di seguire la via stretta e perfetta lungo cui passano poche persone, per prima cosa deponga il peso gravoso che lo circonda ed oppri-me, ossia la cupidigia delle cose temporali, ricorrendo al mondo solo per lo stretto necessario, conformemente all’umile tenore di vita che si confà ad un vescovo. Il buon Matteo fece lo stesso, lui che, chiamato da Dio, non esitò ad abbandonare il carico gravoso del mondo, trovando così un peso leggero. Un vescovo, inoltre, deve essere cinto, conforme-mente alla sacra Scrittura che dice: ‘Tobia, pronto per partire, trovò un angelo in piedi e cinto dalla testa ai piedi’. Cosa significava quell’angelo se non il fatto che ogni vescovo deve indossare la cintura della giustizia e dell’amore divino, ed essere pronto a percorrere le strade lungo cui camminò colui che disse: ‘Io sono il Buon Pastore che dà la propria vita per le sue pecore’? Egli, inoltre, deve essere pronto a dire la verità nuda e cruda attraverso le sue parole. Deve essere deciso a cu-stodire con le proprie opere l’equità e la giustizia, in se stesso come negli altri, senza abbandonare mai la giu-stizia né per le minacce, né per gli obbrobri, né per la falsa amicizia, né per il vano timore. Perciò il vescovo che sarà cinto in questo modo vedrà Tobia, ossia gli uomini giusti, venire a lui, seguire la sua strada e imita-re la sua vita. In terzo luogo, deve mangiare e bere dell’acqua pri-ma di mettersi in cammino, come si legge a proposito di Elia, che al suo risveglio trovò al suo capezzale un po’ di pane e di acqua. Cos’è, dunque, il pane che venne dato al Profeta se non il bene corporale e spirituale che gli veniva somministrato? Nel deserto, infatti, gli veniva preparato del pane materiale come esempio, benché Dio potesse sostentarlo nella carne e senza pane, ciò af-finché l’uomo capisse che era gradito alla Divinità im-piegare i beni con sobrietà e temperanza per la consola-zione della carne. Anche l’infusione spirituale veniva ispirata al Profeta, poiché Elia camminò quaranta giorni grazie alla forza di questo pane; infatti se non gli fosse stata ispirata l’intima unzione della grazia, egli sarebbe certamente venuto meno per la lunga fatica, perché la sua complessione era debole; tuttavia egli fu rinvigorito in modo da affrontare un cammino così impegnativo. Dunque, poiché l’uomo vive della Parola di Dio, av-vertiamo il vescovo di prendere un boccone di pane, ossia di amare Dio sopra ogni cosa. Egli troverà questo pane al suo capezzale; in altre parole, la ragione gli dirà che bisogna amare Dio sopra ogni cosa, sia per la crea-zione e la redenzione sia per la sua lunga pazienza e la sua bontà. Lo preghiamo anche di bere un po’ d’acqua, ossia di considerare intimamente le amarezze della Pas-sione di Gesù Cristo; infatti chi può meditare degna-mente le angosce patite dall’umanità di Cristo, quando questi chiedeva che il calice fosse allontanato da lui e quando le sue gocce di sangue bagnavano la terra? Il vescovo, dunque, beva quest’acqua di grazia e mangi il pane d’amore; in questo modo sarà riconfortato per se-guire la strada di Gesù. Quindi, dopo aver intrapreso la via della salvezza, se il vescovo desidera andare oltre lungo questo cammino, la mattina gli sarà molto utile rendere grazie a Dio con tutto il cuore, considerare con attenzione ogni propria azione e chiedere aiuto a Dio per compiere con grande fedeltà la sua divina volontà». Libro III; 1

La Madre di Dio diceva: «Desidero spiegare a un vescovo cosa è tenuto a fare e qual è l’onore da rendere a Dio»

«Il Vescovo deve avere la mitra e custodirla fra le braccia, non venderla per denaro, né darla agli altri per amore carnale, né perderla per negligenza e debolezza. Ora, cosa rappresenta questa mitra episcopale se non la dignità, la potenza episcopale di ordinare i chierici, di impartire i sacri crismi, di ricondurre all’ovile le pecore che si perdono e di stimolare gli indolenti con l’esempio? La mitra che deve tenere con cura fra le braccia in-dica la grande attenzione con cui deve considerare qua-le sia la potenza episcopale, in che maniera gli sia stata conferita, quali siano i suoi frutti e quali gli obiettivi. Se il vescovo desidera sapere come sia diventato tale, si chieda se ha voluto questa carica più per fini personali che per l’amore di Dio… In seguito, pensando al motivo per cui ha accettato l’episcopato, si renderà conto che lo ha fatto per essere il padre dei poveri, il consolatore e il mediatore delle anime, perché i beni di un vescovo sono proprio le anime: se egli dissipa i beni, le anime grideranno vendetta contro gli ingiusti dispensatori. Ora, quale sarà il frutto della dignità episcopale? Sarà di due tipi, come dice San Paolo: corporale e spiri-tuale. Sulla terra, infatti, il vescovo è vicario di Dio, per l’onore di Dio e viene onorato proprio come un dio in terra. In cielo, il frutto sarà corporale e spirituale, per via della glorificazione del corpo e dello spirito: là, in-fatti, il servitore sarà con il padrone, sia per la vita epi-scopale che ha condotto sulla terra, sia per l’esempio di umiltà con cui ha spinto gli altri a seguirlo sulla strada della gloria… Oltre a ciò, desidero che sappiate che il vescovo, es-sendo un pastore, deve portare sotto il braccio un fascio di fiori con cui chiamare a sé le pecore vicine e lontane, in modo che corrano subito verso di lui, attratte dal profumo dei suoi fiori. Questo fascio di fiori simboleg-gia la predicazione divina che il vescovo è tenuto a fare; le due braccia su cui reca tale predicazione, indicano due opere che il vescovo deve compiere, una pubblica e l’altra privata, affinché le pecore vicine al suo episcopa-to, vedendo la carità delle opere del loro vescovo e capendo quanto sia buona la sua reputazione, desiderino seguirlo; infatti questo fascio, che è molto profumato, non ha vergogna della verità, né dell’umiltà, né di inse-gnare il bene e di mettere in pratica ciò che insegna, né di essere umile negli onori che gli sono tributati e devo-to nelle sue miserie. Quando il vescovo avrà compiuto il cammino e sarà giunto alla porta, avrà bisogno di presentare un’offerta al Giudice supremo; per questo tenga in mano un vaso molto caro e vuoto da offrire a quel Re sovrano. Ora, questo vaso vuoto che reca come offerta, non è altro che il cuore che giorno e notte dobbiamo svuotare da qualsiasi voluttà e da tutti i desideri di una gloria, in realtà, peritura. Quando sarà giunto il momento di introdurre que-sto vescovo nel regno della gloria, il Signore Gesù Cri-sto, vero Dio e vero uomo, gli si farà incontro assieme a tutte le schiere celesti. Allora udirà gli angeli dire: ‘Nostro Dio! Nostra gioia! Nostro bene! Questo vescovo è stato puro nella carne, generoso nelle opere: è dunque giusto che te lo presentiamo, perché ha sempre deside-rato la nostra compagnia. Perciò esaudisci i suoi deside-ri, e attraverso il suo arrivo in cielo accresci la nostra gloria’. Allora tutti i santi diranno: ‘Dio eterno! La no-stra gioia proviene da te, è in te, emana da te e noi non abbiamo bisogno d’altro che di te. Tuttavia la nostra gioia è esaltata dalla gioia di questo vescovo, che ti ha desiderato quanto ha potuto, poiché ha portato dei fiori profumatissimi in bocca con i quali ha accresciuto il no-stro numero. Ne ha portati anche nelle sue opere ed erano fiori che rinfrescavano chi abitava vicino o lonta-no da lui. Per questo concedigli la grazia di gioire con noi ed anche tu, rallegrati, poiché morendo gli hai au-gurato tanta gioia’. Allora il Re della gloria dirà loro: ‘Amico mio, sei venuto a presentarmi il vaso del tuo cuore svuotato da te medesimo e dalla tua stessa volontà. Per questo moti-vo ti colmo di desideri indicibili e della mia gloria eter-na; la mia gioia sarà la tua ed io non avrò mai fine, ma conserverò in eterno la tua gloria». Libro III; 3

Consiglio di Maria a un vescovo a proposito di come deve comportarsi nei confronti delle anime che gli sono affidate

La Madre di Dio parlava alla sposa di suo Figlio, di-cendo: «Questo vescovo chiede la mia carità; per questo deve fare ciò che mi è molto caro. Infatti io conosco un tesoro: chi lo troverà non sarà mai miserabile; chi lo ve-drà non sarà mai afflitto dalle tribolazioni né dalla mor-te. Chiunque lo desideri avrà il cuore colmo di felicità e proverà esaltazione e gioia. Ora, questo tesoro è nasco-sto in un castello chiuso da quattro serrature e circon-dato da mura molto alte, molto spesse e molto forti. All’esterno delle mura si trovano due fossati larghi e profondi. Per questo motivo supplico questa persona di superare con un salto quei fossati, di valicare con un passo le mura e di spezzare con un colpo le serrature, perché, così facendo, mi porti una cosa preziosa. Ora, ti dirò cosa significa tutto ciò. Tu chiami tesoro ciò che si adopera e maneggia di rado. Questo tesoro sono le parole di mio Figlio e le preziose opere che ha compiuto prima e durante la Pas-sione e le mirabili opere che ha fatto quando il Verbo si è incarnato nel mio seno e quando sull’altare, giorno dopo giorno, il pane si transustanzia nel suo corpo gra-zie alla forza delle parole di Dio. Ma, benché queste co-se siano un prezioso tesoro, attualmente sono così tra-scurate e dimenticate che pochi ne ricordano e se ne servono per progredire. Cionondimeno, il glorioso corpo del Figlio è rac-chiuso in un castello fortificato, ossia nella virtù della Divinità, perché così come egli difende il castello dai nemici, allo stesso modo la potenza della divinità di mio Figlio difende l’umanità del suo corpo, affinché nessun nemico possa danneggiarlo. Le quattro serrature sono quattro peccati a causa dei quali molti sono restii alla partecipazione del corpo di Gesù Cristo. Il primo di questi peccati consiste nella su-perbia e nelle ambizioni degli onori del mondo; il secon-do nei desideri dei beni del mondo; il terzo nella volontà sporca e brutale che tende a invadere il corpo in modo smodato e feroce; il quarto nella collera, nell’invidia e nella negligenza nei confronti della propria salvezza… Per questo ho detto che egli ha spezzato con un colpo le serrature. Tale colpo rappresenta il fervore delle anime, mediante il quale il vescovo deve rompere i peccati e le opere di giustizia fatte con spirito di carità, affinché, do-po aver spezzato le serrature del peccato, il peccatore possa giungere a questo prezioso tesoro… Tutti sappiano che questo vescovo detesta i propri peccati e quelli al-trui; allora, al di sopra di tutti i cieli, alla presenza di Dio eterno e degli angeli, si udirà questo colpo vibrato con zelo e molti si convertiranno e diventeranno migliori, di-cendo: ‘Non odia noi ma i nostri peccati. Per questo fac-ciamo ammenda e saremo amici suoi e di Dio. Ora le tre muraglie che circondano il castello sono tre virtù: la prima consiste nell’abbandonare i piaceri del corpo e nel compiere la volontà divina; la seconda nel preferire danni ed obbrobri pur di vedere trionfare la verità e la giustizia, piuttosto che godere degli onori e dei beni del mondo nascondendo la verità stessa; la ter-za è il fervore della salvezza di ogni cristiano. Ho ordi-nato al mio amico di valicare le mura con un passo sol-tanto; infatti tu chiami passo il rapido superamento di una grande distanza con il corpo: lo stesso deve avveni-re con il passo compiuto dallo spirito, poiché quando il corpo e sulla terra e l’amore del cuore in cielo, allora si superano queste tre mura. In quel momento, infatti, grazie alla considerazione delle cose celesti all’uomo è gradito abbandonare la propria volontà, patire l’emargi-nazione, le ingiurie e le persecuzioni per la giustizia e l’equità, e morire per la gloria di Dio. I due fossati all’esterno delle mita sono la ‘bellezza del mondo, la presenza e il piacere dei suoi amici… E per questo che i due fossati vanno oltrepassati con un salto; in effetti, cos’è un salto spirituale se non il fatto di strappare il proprio cuore alle cose vane e di protender-si dalla terra al cielo? Certamente la divinità esiste da sempre, è senza ini-zio ed è, in quanto non può avere né principio né fine. L’umanità è stata nel mio corpo e da me ha ricevuto la carne ed il sangue; e se prima non c’era mentre adesso c’è, si tratta di una cosa molto preziosa. Dunque, quan-do l’anima del giusto accoglie al suo interno con amore il corpo di Dio, quest’ultimo la riempie di qualcosa di inestimabile; infatti, sebbene la divinità sia in tre Perso-ne senza principio né fine in sé, quando il Padre ha mandato il Figlio e in esso è sopraggiunto lo Spirito Santo, attraverso me il Figlio ha ricevuto il suo corpo prezioso. Ora mostrerò a questo vescovo come presentare al Signore una cosa preziosa. Dove l’amico di Dio troverà il peccatore nelle cui parole c’è poco amore per Dio stesso e molto per il mondo, là troverà un’anima vuota da portare al Padre. Così come l’amico di Dio, che pro-va amore nei confronti del Padre, si sentirà desolato nel vedere che l’anima riscattata dal sangue del Creatore è lontana da Dio, – e per questo proverà compassione nei suoi riguardi e pregherà Dio affinché ne abbia miseri-cordia -‘ allo stesso modo, se potrà accordare Dio e l’anima, con mani felici egli presenterà al Creatore una cosa preziosa; infatti, quando il corpo di Dio, che è sta-to in me e l’anima creata da Dio stesso sono in amicizia, questa cosa mi è molto cara. E non deve meravigliare il fatto che io ami mio Fi-glio, perché ero presente quando egli, cavaliere genero-so, di Gerusalemme per sostenere una lotta così dura che gli si tesero tutti i nervi delle braccia; il suo corpo divenne livido e si coprì di sangue; le mani e i piedi furono trafitti da chiodi, gli occhi e le orecchie si riempirono di sangue; anche il collo era piegato quando mio Figlio rese lo spirito e il suo cuore fu aperto con la punta di una lancia. Così, con grande dolore e pena, egli ha riscattato le anime ed ora che risiede nella gloria tende le braccia agli uomini! Ma, ahimè, sono pochi quelli che gli presentano una sposa. Per questo l’amico di Dio non si risparmia nell’aiutare gli altri e nel presen-tarli a mio Figlio. Dite inoltre a quel vescovo, poiché desidera che di-venti una sua cara amica, che intendo dargli la mia fede e legarmi a lui con un’unione importante, perché il cor-po di Dio è stato dentro di me ed io riceverò la sua ani-ma in me con grande amore e grande carità. Infatti, così come il Padre con il Figlio è stato in me, che ho avuto il mio corpo e la mia anima in lui, e così come lo Spirito Santo, che con il Padre e il Figlio è stato ovunque con me che custodivo mio Figlio dentro di me, allo stesso modo questo mio servitore sarà legato con il medesimo spirito; perché quando egli ama la Passione di mio Figlio e ne ha molto caro il corpo nel proprio cuore, allora avrà l’umanità che ha dentro e fuori di sé; la divinità di Dio è in lui, e lui in Dio, come Dio è in me ed io in lui. Ora, se il mio servitore ed io abbiamo uno stesso Dio, abbiamo anche uno stesso legame di carità e godiamo dei favori dello Spirito Santo, che è Dio con il Padre e il Figlio». Libro III, 13

La Santa Vergine presenta un’eccellente dottrina e un ottimo modello secondo cui i vescovi devono vivere e governare i loro sudditi spiritualmente e con devozione

Poi la Madre di Dio aggiunse, parlando alla sposa: «Ascoltami, tu cui è concesso di intendere e compren-dere le cose spirituali: in primo luogo ti ho detto che quando questo vescovo cercherà la strada, gliela mo-strerò. Se desidera intraprendere il cammino indicato dal Vangelo, e in questo modo far parte di un numero ristretto di persone, svegliandosi di notte, deve ringra-ziare immediatamente Dio per l’amore che gli ha mo-strato nella creazione, per la Passione nella redenzione, per la pazienza con cui ha sopportato i peccati così a lungo… Ogni volta che sarà a tavola, il vescovo dovrà onora-re e glorificare Dio, affinché i commensali siano raffor-zati nelle cose dell’anima e rinfrancati nello spirito; op-pure dovrà dare disposizione di leggere un libro di ca-rattere edificante, affinché durante la refezione del cor-po quest’ultimo sia rincuorato e l’anima rinvigorita. Do-po il pasto e il ringraziamento, il vescovo dovrà pronun-ciare parole edificanti per le anime ed assolvere i doveri episcopali; oppure si riposi, se la sua natura lo richiede; o ancora legga libri che lo avvicinino alle cose spirituali. Dopo mangiato, potrà svagarsi in modo onesto con quanti gli sono vicini, consolandoli, perché l’arco trop-po teso prima o poi si spezzerà: per questo la gioia mo-derata, proporzionata all’infermità della carne, è gradita a Dio… Poi dovrà insegnare loro a riverire e ad onorare degnamente Dio e ad amarlo con tutto il cuore, affinché egli sia loro Padre, in virtù della divina autorità e loro madre nutrice, grazie alla dottrina benevola e dolce… Quando andrà a dormire, si umili di buon grado da-vanti a Dio e mediti ed esamini le cose che ha pensato durante il giorno: quali affetti, quali opere e quali giudi-zi, poi chieda perdono, invochi l’aiuto della misericor-dia divina e della grazia, concependo il desiderio e la decisione di fare ammenda e di confessarsi appena po-trà. In seguito, coricandosi, preghi in questo modo: ‘Si-gnore, mio Dio, che hai creato il mio corpo, guardami con gli occhi della misericordia e dammi la grazia, affinché il sonno eccessivo non mi renda lento al tuo servizio e la veglia lunga ed eccessiva non mi faccia venire meno nei tuoi confronti…’ Sarà bene, inoltre, che faccia penitenza ogni ve-nerdì, confessandosi al sacerdote con grande umiltà e deciso a correggersi, poiché diversamente la confessione non ha valore». Poi la Madre di Dio aggiunse: «Se il vescovo intra-prende questo cammino, sappia che questa strada è stretta, piena di spine, disuguale e accidentata. Perciò gli suggerisco tre rimedi: porti con sé degli abiti che lo proteggano bene, si copra gli occhi con entrambe le ma-ni e guardi davanti a sé attraverso le dita, per evitare che le spine lo feriscano agli occhi, infine avanzi con molta prudenza e faccia attenzione ad appoggiare i pie-di bene per terra, senza precipitazione bensì avanzando solo dopo aver controllato che il cammino non sia disu-guale e scivoloso. Ora cosa significa la strada stretta se non la perversità dei malvagi e le quotidiane avversità del mondo, che impediscono e sollecitano l’uomo giu-sto per distoglierlo dalla giustizia e dall’equità? Il vescovo, dunque si premunisca contro questi peri-coli, indossando le vesti della pazienza invincibile e del-la costanza ferma, perché è grande la gioia che si prova nel tollerare le cose obbrobriose per amore della giusti-zia e della verità. Ora cosa rappresentano le dieci dita che deve tenere sugli occhi, se non i dieci comandamenti divini che il giusto deve sempre osservare con gli occhi dello spirito? Egli dovrà seguire questa regola per tre motivi: vedere la dilettazione di Dio tutte le volte che lo punge la spina dell’obbrobrio, opporre la dilettazione del prossimo quando lo pungono le spine della perversità e pensare a ciò che sta scritto: Non desiderare le cose altrui, tutte le volte che lo allettano l’amore per il mondo e quello per la carne, in modo da porre freno alla concupiscenza contenendola nei limiti del ragionevole. Infatti là dove si trova la carità divina, ci sono anche la pazienza e la rassegnazione nelle tribolazioni e la gioia indicibile nelle infermità, il dolore nelle cose superflue, il timore negli onori, l’umiltà nella potenza e il desiderio insaziabile di abbandonare le cose del mondo. Ora, cosa significa che ad ogni passo il vescovo deve assicurarsi che i piedi siano saldi, se non il fatto che ovunque deve credere in modo assennato? Infatti il giu-sto deve avere due piedi spirituali: il desiderio per le co-se eterne e il disgusto per le cose del mondo. Nel primo deve avere una grande discrezione, in modo da non de-siderare le cose per l’onore personale bensì per quello di Dio; così riponga ogni suo desiderio nella volontà di-vina e nella ricerca dell’onore di Dio. Nel secondo deve essere prudente e fare attenzione che il suo disgusto per il mondo non sia eccessivo, per impazienza nei confron-ti della vita, per i pericoli di tutti i giorni, o per la pigri-zia e la viltà di fare quanto gli comanda Dio. Sia pru-dente e circospetto in tutte le cose, affinché il disgusto per il mondo sia volto al desiderio e alla realizzazione di una vita migliore e serva per detestare i peccati. Dunque, percorrendo la strada stretta e piena di spine, il vescovo dovrà avanzare con prudenza, nel ti-more che le colpe espiate non siano state emendate a sufficienza. Inoltre sarà bene che si guardi da tre nemici che si trovano sul cammino. Il primo nemico rappresenta gli uomini oppure i diavoli che, con i loro cattivi consigli distolgono il ve-scovo dai suoi doveri dicendogli: ‘Perché segui una stra-da così stretta? Perché lavori così tanto? Distraiti un momento e cammina lungo le strade fiorite che percor-rono molti, in modo da non essere disprezzato. Cosa importa se gli uomini vivono bene o male? A che pro offendere chi ti darà onore ed amore se non offende né te né i tuoi? Cosa ti importa se manca di rispetto a Dio? Fai dei doni, ne riceverai. Serviti del tuo onore e dell’amicizia degli uomini per ottenere gli onori loro e del cielo’. Ecco ciò che questo nemico mormorerà nelle orecchie del vescovo e di molti altri. Per questo nume-rose fiamme, che avrebbero dovuto rischiarare le tene-bre spesse, giacciono spente e dentro di loro regna l’oscurità; il buono ora è tramutato in fango. Il secondo nemico trafigge gli occhi con la bellezza del mondo, i beni della terra, l’apparato delle ricchezze, lo splendore degli abiti, i favori degli uomini e gli onori; quando si desiderano, si offrono e si presentano tutte queste cose, esse accecano gli occhi dell’anima e della ragione, ai quali sembra più dolce dedicarsi alle cose del mondo, anziché a quelle dell’amministrazione delle cure pastorali. In queste condizioni, l’amore per Dio, se mai c’è stato, comincia a raffreddarsi e si commettono i pec-cati con maggiore libertà. Così il vescovo, dopo aver soddisfatto le proprie esigenze, disposto e ordinato chi collabora con lui alle mansioni episcopali, sia contento di ciò in cui può conservare la propria autorità, poiché sta scritto che ci si deve saper accontentare delle cose moderate e colui che milita a fianco di Dio con tutto il cuore non si lascia coinvolgere negli affari del mondo se non per necessità e per l’onore di Dio. Il terzo nemico ha un laccio, e grida: ‘Perché ti umili così, visto che potresti essere onorato più degli altri? Cerca di salire, perché sarai ricco e potrai diventarlo an-cora di più, sfruttando il tuo ministero per avanzare ne-gli onori del mondo. Ora che sei vescovo non acconten-tarti della tua carica ma diventa arcivescovo e mira an-cora più in alto, per poter avere un riposo maggiore, es-sere servito meglio e ricevere più onori. Quando gli altri avranno bisogno del tuo aiuto, cogli la situazione per essere più temuto, adulato e corteggiato’. Ora, quando lo spirito si fa incantare da questi consigli funesti, d’im-provviso e in modo temerario stende il piede verso la cupidigia… Ma in cosa consiste il bene dell’Episcopato? Non è altro che prodigarsi per il progresso delle anime e per la gloria di Dio, lavorando per le cose eterne e non per quelle periture. Ora, desiderano tutti l’onore, ma si sot-traggono a questo lavoro. Il loro onore, dunque, non è vero onore bensì afflizione, perché là dove non c’è il fardello del lavoro divino, non c’è onore dell’anima da-vanti a Dio. Per questo il vescovo non cerchi un onore più gran-de e non desideri ciò che appartiene agli altri, perché il laccio è nascosto per terra e la strada è costellata di in-ganni se non si fa attenzione. Per questa ragione sarà meglio che il mio servitore non cerchi di avanzare nella gerarchia ecclesiastica, finché la divina Provvidenza non disponga diversamente o i suoi superiori non gli coman-dino di fare altrimenti per l’onore e la gloria di Dio. Ta-le consiglio è un avvertimento salutare e caritatevole. Meditando sulla potenza e sulla dignità episcopale che gli sono state conferite, il vescovo capirà che lo sco-po della sua carica è di consolare le anime e di liberarle dalle pene causate dai loro peccati, perché egli vive del-le loro elemosine; il vescovo, inoltre, dovrà essere la nu-trice dei poveri, il padre dei ricchi, il coadiutore di Dio nelle cose spirituali e l’emulo di Dio per amore del Creatore». Libro IV, 126

IL PAPA

Rivelazioni sul Papa

Una notte, mentre vegliava in preghiera, Santa Brigi-da ebbe una visione, come se le parlasse una voce prove-niente da un cerchio che emanava luce come il sole. Que-sta voce le disse le seguenti parole: «Sono la Madre di Dio, poiché egli ha voluto così. Sono anche la Madre di tutti coloro che godono delle sovreminenti gioie del cielo. Benché i bambini si sentano felici quando vengono soddisfatte le loro esigenze conformemente ai loro desi-deri, la contentezza che provano è maggiore quando ve-dono il viso materno bello e gioioso: similmente per no-stro Signore è cosa gradita dare a tutti in cielo la gioia e la contentezza della vista della mia bellezza, della mia purezza e del mio splendore virtuoso, sebbene essi rice-vano già ogni sorta di bene dalla potenza della Divinità per mistero divino… Io sono la Madre di tutta la giustizia che è nel mon-do e che mio Figlio ha amato con perfetta dilettazione e così come la mano materna è sempre pronta a opporsi ai colpi e ai pericoli che minacciano suo figlio, quando qualcuno vuole percuoterlo, allo stesso modo sono sem-pre pronta a difendere i giusti sulla terra e a liberarli da ogni genere di pericolo. Inoltre sono la Madre di tutti i peccatori che deside-rano fare ammenda e che non intendono più offendere Dio e sono determinata a proteggerli, proprio come fa-rebbe una madre carissima; una madre che vedesse i suoi amati figli indifesi assaliti a spada tratta dai nemici, non si opporrebbe forse al pericolo con generosità per liberarli, difenderli e proteggerli nel suo seno? Io faccio e farò lo stesso con tutti i peccatori che chiederanno immediatamente perdono a mio Figlio e che invocheranno la sua misericordia con vera contri-zione e gioia divina. Ascolta con attenzione ciò che desidero dirti su due figli. Il primo è Gesù Cristo, nato dalla mia carne vergi-nale per manifestare il proprio amore e per riscattare le anime; per questo motivo non si è sottratto alle pene corporali, né ha risparmiato il proprio sangue; non si è nemmeno rifiutato di udire obbrobri e di patire le soffe-renze di una morte amara. Egli è il Dio onnipotente del-le gioie celesti ed eterne. Il secondo che reputo mio Figlio tanto quanto il pri-mo è colui che siede sul trono pontificio, ossia il trono di Dio sulla terra, purché ami Dio con tutto il cuore e obbedisca a tutti i suoi comandamenti. Ora desidero dire qualcosa su questo papa, di nome Urbano che, grazie alle mie preghiere, ha ottenuto di es-sere illuminato dallo Spirito Santo. Doveva fare ritorno a Roma, unicamente per esercitarvi la propria giustizia e la propria misericordia, per stabilire e rafforzare la fede cattolica e la pace e, in questo modo, rinnovare la Santa Chiesa. Così come una madre conduce il proprio figlio là dove le sembra opportuno, mostrandogli il seno, allo stesso modo ho guidato papa Urbano da Avignone a Roma, senza che incorresse in pericoli fisici, con le mie preghiere e tramite l’intervento dello Spirito Santo. Ora, cosa fa per ricompensarmi? Mi volge le spalle, non mi guarda e pretende di allontanarsi da me, guidato com’è dagli inganni dello spirito del male. In verità, lo disgustano le opere divine e gode del benessere materiale. Del resto, il diavolo lo attira verso il diletto monda-no, poiché questo Papa ama all’eccesso il suo paese na-tale ed è legato agli affetti terreni; inoltre si lascia trasci-nare dai consigli degli amici che propendono per le co-se della carne e sono occupati a soddisfare i propri pia-ceri e desideri, anziché curarsi dell’onore e della gloria di Dio, della salvezza e del progresso dell’anima. Se ritornerà nel paese in cui è stato eletto papa, egli riceverà uno schiaffo tale da fargli tremare i denti e da offuscargli la vista, impallidirà e il suo corpo sarà per-corso da brividi. Gradualmente l’ardore dello Spirito Santo verrà meno in lui e le orazioni degli amici di Dio che avevano deciso di pregare per la sua salvezza, affo-gheranno nelle lacrime ed il Papa le cercherà invano, i cuori si raffredderanno nei suoi confronti ed egli ren-derà conto a Dio: di ciò che ha fatto sul soglio pontifi-cio e di ciò che ha omesso nella sua grande maestà». Libro IV, 138

Rivelazione fatta pervenire a Gregorio XI tramite Laten degli Urini

Una certa persona, intenta a vegliare senza dormire mai, venne rapita spiritualmente mentre pregava. E seb-bene le sue forze sembrassero venire meno, il suo corpo si infiammava e fremeva per l’amore ardente che l’ani-mava, mentre la sua anima si consolava e si rinvigoriva grazie alla forza divina e la sua coscienza era colma di intelligenza spirituale. Questa persona ebbe la seguente visione. Udì una voce melodiosa che le diceva: «Sono colei che, in modo affatto divino, ha generato nel tempo co-lui che è stato generato nell’eternità; e mentre altre volte ti ho detto cose che dovevano essere annunciate a papa Urbano, ora desidero dirti cose che devono essere an-nunciate a papa Gregorio. Ma, affinché siano più com-prensibili, ricorrerò a delle similitudini. Quando una madre tenera vede che l’amato figlio – nudo e tremante di freddo, sdraiato per terra e incapace di alzarsi da solo – piange d’amore per il desiderio di’ abbracciarla e di succhiarne il latte, si intenerisce e si affretta verso di lui perché non soffra per il freddo, lo solleva con mano pietosa e materna e l’avvolge subito tenendolo stretto a sé con dolcezza, lo riscalda con il calore del proprio petto e l’allatta con il latte del proprio seno. Io, Madre di misericordia, farò lo stesso con papa Gregorio se tor-nerà a Roma con l’intenzione di risiedervi; con il deside-rio di essere compassionevole – come un pastore pieto-so e indulgente – verso le anime poste sotto la sua tute-la, che corrono il pericolo di essere dannate in eterno e la cui triste perdita gli darebbe dolore, con la volontà di rinnovare lo stato della Chiesa con ogni sorta di umiltà pastorale e doverosa carità. Sì, sarò una madre piena di bontà, che lo solleverà da terra come se fosse un bambi-no nudo e tremante di freddo: sottrarrò il suo cuore a qualsiasi diletto terreno e affetto mondano, seguendo in ciò la volontà divina e lo scalderò con l’amore materno che arde nel mio cuore. Lo sazierò con il mio latte, ossia con le mie preghiere, simili al latte, che farò al mio Dio che è mio Figlio, per amore suo, affinché lo perdoni e invii lo Spirito Santo nel cuore di papa Gregorio. Così, sarà saziato da una vera carne, tanto che non desidererà altro di questo mondo se non vivere per l’onore e la glo-ria di Dio. Ecco, gli ho mostrato la vera carità e l’amore che gli testimonierò, se mi obbedirà, ossia se trasferirà il suo trono a Roma con grande umiltà…». Libro IV, 139

Un’altra visione che il Conte di Nola lesse a Papa Gregorio XI in persona

«Lode a Dio per il suo diletto! E onore alla Santa Vergine Maria per la compassione che prova per tutti quelli che sono stati riscattati con il prezioso sangue di Dio! Santo Padre, ecco cos’è accaduto a colei il cui cuo-re ardeva dell’amore divino e delle visite dello Spirito Santo. Questa persona ha udito una voce che le diceva: ‘Ascolta, tu che vedi le cose dello spirito! Di’ quanto ti verrà ordinato e scrivi a papa Gregorio le parole che senti: colei che ti parla è la Madre che Dio ha voluto per sé assumendo da lei il suo corpo. Mio Figlio ha fatto una grande misericordia a papa Gregorio, quando gli ha annunciato, tramite me, le sue sante volontà, come è successo nella rivelazione precedente; e tale favore gli è stato concesso più in considerazione delle orazioni, del-le preghiere e delle lacrime sparse dagli amici di Dio, che dei suoi meriti. Perciò io e il diavolo, suo nemico, abbiamo avuto una grande disputa al suo riguardo; in-fatti nell’altra lettera ho ammonito papa Gregorio in persona affinché si trasferisse immediatamente a Roma con grande umiltà, amore e carità divina e li ristabilisse il suo trono e rimanesse fino alla morte. Ma il diavolo ed alcune persone che gli sono vicine gli hanno consi-gliato di ritardare la partenza e di restare dove si trova-va, spinto in questo da un piacere mondano e dall’amo-re per parenti ed amici, sangue del suo sangue. Così ora il diavolo ha maggior diritto ed occasione di tentarlo, poiché il Papa obbedisce più ai suoi consigli e agli amici mondani che alla volontà mia e di Dio. Tuttavia, poiché Gregorio desidera essere convinto della volontà divina, è giusto soddisfare questo suo desiderio. Sappia dunque per certo che Dio vuole che, senza porre tempo in mezzo, faccia ritorno a Roma e che, così facendo, si affretti a raggiungerla in marzo o all’inizio di aprile, se desidera avermi per Madre. Se disobbedirà, sappia che non lo visiterò mai più con simili visioni e consolazioni sulla terra… Il Papa sappia inoltre che in questo modo in Francia non regnerà mai la pace, poiché i suoi abitanti non ne godranno mai se non avranno placato mio Figlio, che è Figlio di Dio, con grandi opere di carità, pietà e umiltà, poiché l’hanno offeso con azioni malvagie, provocando la sua indignazione e la sua collera. Sappia infine che il cammino intrapreso dagli eserciti che hanno raccolto la feccia del popolo per andare al sepolcro di mio Figlio mi disgusta quanto l’oro che venne fuso dagli israeliti, con cui il diavolo fece un vitello; i loro disegni, infatti, sono animati dall’arroganza e dalla cupidigia. Qualora provino il desiderio di recarsi al mio sepolcro, saranno motivati dalla superbia e dal desiderio di possedere, e non dall’onore e dalla gloria di Dio’. A questo punto la visione è cessata. Ora, dopo aver pronunciato tali parole, la Madre di Dio mi disse: «Di’ al mio vescovo di piegare questa let-tera originale e sigillarla, dopo averne fatto una copia da presentare aperta all’abate, nunzio del Papa e conte di Nola, affinché entrambi possano leggerne il contenuto e, al termine della lettura, la strappino in tanti pezzi; in-fatti, così come questa lettera verrà divisa in tante parti, allo stesso modo se il Papa non fa ritorno a Roma entro la data prestabilita, contravverrà al fatto che tutti deb-bano stare sotto un unica obbedienza e sudditanza e sottostare a lui in seno alla Chiesa; perciò la Chiesa sarà divisa in tante parti nelle mani dei suoi nemici. Sappi per certo che, oltre a queste tribolazioni, non soltanto egli vedrà con i suoi occhi che quanto dico è vero, ma non potrà ristabilire l’obbedienza e la pace nelle terre della Chiesa e a ciò nulla varranno tutti i suoi eserciti. Le parole che ti dico ora non devono ancora essere scritte all’abate, poiché il seme si nasconde nella terra finché non si trasforma in spiga’». Libro IV, 140

La rivelazione di questo capitolo venne fatta a Napoli allo stesso Papa, in occasione della festa di San Policarpo

Nostro Signore Gesù Cristo apparve alla sua sposa Santa Brigida, mentre pregava per papa Gregorio XI, e le disse: «Medita sulle parole che sto per dirti. Sappi che questo Papa è come un paralitico che non riesce a muovere le mani per lavorare, né i piedi per camminare, perché la paralisi è generata dal sangue, dall’umore cor-rotto e dal freddo: similmente l’amore smodato per i fa-miliari e il gelido amore che nutre nei miei confronti bloccano questo Papa. Ma sappi che, grazie alle pre-ghiere della Vergine, mia Madre, inizierà a muovere le mani e i piedi, compiendo la mia volontà e cercando di rendermi onore recandosi a Roma, dove intraprenderà la strada del bene senza tuttavia seguirla fino in fondo». Allora Santa Brigida disse: «Signore, mio Dio, la re-gina di Napoli e diverse altre persone dicono che è im-possibile che giunga a Roma, perché il re di Francia, i cardinali ed altri ancora glielo impediscono; inoltre ho sentito dire che secondo molti possiede lo Spirito di Dio, ha delle rivelazioni divine e delle visioni e con que-sto pretesto essi lo dissuadono dal venire a Roma. Per-ciò temo che ostacolino il suo arrivo». Rispose Dio: «Hai letto che, mentre Geremia faceva profezie a Gerusalemme, il re iniquo diede ascolto a mol-te persone animate da spirito scaltro e menzognero: per questo il sovrano e il suo popolo patirono la prigionia; in-fatti, se il re avesse creduto solo a Geremia, la mia collera si sarebbe placata. Similmente di questi tempi nessuno – saggio o scellerato, amico o nemico che sia -‘ ‘predica il bene dell’anima, bensì il soddisfacimento della carne e del sangue; ciononostante prevarrò e porterò questo Pa-pa a Roma e non alla loro consolazione; ma non ti è dato sapere se assisterai al suo arrivo oppure no». Libro IV, 141

Rivelazioni riguardanti lo stesso papa Gregorio XI

Santo Padre, mentre questa persona, che Sua San-tità conosce bene, era intenta a pregare, cadde in con-templazione e fu rapita in estasi; allora vide un trono su cui era seduto un uomo di indicibile bellezza e di in-commensurabile potenza: era nostro Signore Gesù Cri-sto; attorno al suo trono si trovavano una moltitudine di santi e una schiera di angeli; e davanti al trono, in lonta-nanza, c’era un vescovo che indossava gli abiti pontifi-cali. Ma il Signore era seduto sul trono e mi parlava in questi termini: «Il Padre mio mi ha dato tutta la poten-za in terra e in cielo; e benché ti dia l’impressione di parlare con una sola bocca, in realtà non parlo da solo, poiché il Padre parla in me insieme allo Spirito Santo, essendo noi tre Persone in un solo Dio». Poi parlò a quel vescovo, dicendo: «Ascolta le paro-le che dico, papa Gregorio XI. Perché mi odi tanto? Perché la tua audacia verso di me è così grande e la tua presunzione nei miei confronti così insopportabile? La tua corte mondana, infatti, rovina la mia corte celeste. Mi privi con orgoglio delle mie pecore; mi spogli dei beni della Chiesa, che appartengono a me ed estorci ingiustamente i beni dei sudditi della mia Chiesa per darli ai tuoi amici temporali. E ancora prendi, ricevi ed usur-pi in modo iniquo i beni dei poveri per distribuirli inde-bitamente ai ricchi. E questo il motivo per cui la tua au-dacia è troppo grande e la tua presunzione è insoppor-tabile; infatti, sei entrato nella mia corte con eccessiva audacia e non perdoni a chi mi appartiene di diritto. Cosa ti ho detto Gregorio? Ho tollerato con pazienza la tua nomina alla più alta carica della Chiesa, al sommo pontificato e ti ho reso note le mie volontà con lettere che ti sono state inviate da Roma e che erano frutto di una ri-velazione divina. Ti ho messo in guardia contro le gravi conseguenze che il tuo operato poteva suscitare nei tuoi confronti. E tu cosa mi rendi in cambio di tutti i benefici di cui ti ho colmato? Tu fai sì che nel tuo cuore regnino una grande superbia, un’insaziabile cupidigia, un’abomi-nevole lussuria e il perniciosissimo abisso di un’orribile simonia. Come se non bastasse, benché pastore e prelato di ogni mia pecora, tu rapisci e sottrai innumerevoli ani-me, perché mandi all’inferno quasi tutti coloro che si ri-volgono al tuo cuore. E questo ti rende colpevole, poiché non consideri con discernimento ciò che bisogna fare per indurli a seguire la retta via dello spirito e il modo in cui correggerli. Sebbene, in virtù delle cose che ti ho appena detto, io possa condannarti secondo questa giustizia, gra-zie alla mia misericordia ti avviso nuovamente che devi curarti della salvezza della tua anima e che devi salire sul trono di Roma appena possibile. Rimetto il tempo al tuo giudizio; sappi comunque che più ritarderai, più diminui-ranno e si allontaneranno da te il progresso della tua ani-ma e la promozione della tua virtù. D’altra parte più pre-sto verrai a Roma, più presto le virtù e i doni dello Spiri-to Santo cresceranno in te e sarai infiammato dal fuoco del tuo amore e della tua carità. Vieni dunque e non tardare. Vieni, non con la su-perbia e la pompa mondana che ti sono consuete, bensì con carità e umiltà. E, dopo che sarai giunto, estirpa, strappa, dissipa ogni vizio dal tuo cuore e scaccia da te il consiglio della carne, del sangue e degli amici monda-ni. Forza, dunque; non temere; innalzati con generosità e rivestiti di forza. Inizia con fiducia a rinnovare la mia Chiesa che ho creato con il mio sangue, affinché sia ri-generata spiritualmente e ritorni al suo originario stato e al suo sacro splendore, perché ora, al confronto, i po-striboli vengono tenuti in maggior conto… In verità, Gregorio, figlio mio, ti avverto ancora una volta: torna umilmente a me; segui i consigli miei che sono tuo Padre e tuo Creatore; non dimenticare che se mi obbedirai come ti chiedo, avrai in me un Padre pie-tosissimo. Intraprendi dunque con coraggio la via della giustizia, e prospererai. Non disprezzare quanti ti ama-no, perché se obbedisci avrò misericordia e ti colmerò di benedizioni; ti rivestirò addirittura con preziosissimi ornamenti degni di un vero papa e ti vestirò io stesso, affinché tu sia in me ed io in te, dove sarò glorificato in eterno». Ora, dopo che la persona rapita in estasi ebbe visto e udito queste cose, la visione cessò. Libro IV, 142

Quarta rivelazione che Santa Brigida invia a papa Gregorio nel giugno dell’anno del Signore 1373

Sommo vescovo, nostro Signore Gesù Cristo mi ha detto di scriverti le seguenti parole, che dovrai mostrare al Papa: «Qualora egli domandi dei segni, digli che i se-gni li chiedevano i farisei: io ho risposto loro che così come Giona è stato nel ventre della balena tre giorni e tre notti, io, Figlio della Vergine, sono rimasto morto per tre giorni e tre notti sulla terra, poi sono resuscitato e salito all’eterna gloria. Similmente papa Gregorio rice-verà un segno del mio avvertimento, affinché salvi le anime e la Chiesa torni al suo stato originario e ritrovi la sua condizione migliore; allora egli sperimenterà il se-gno e il frutto di una consolazione eterna. Ma, qualora non obbedisca alle mie parole e non torni a Roma, rice-verà un altro segno ancora; in questo caso, infatti, non soltanto perderà il potere temporale, ma anche quello spirituale e soffrirà le tribolazioni del cuore finché avrà vita: sebbene il suo cuore possa dargli tregua di tanto in tanto, sarà sconvolto dai rimorsi di coscienza e dalla pe-na interiore. Il terzo segno che gli do, è il fatto stesso che Dio di-ca a una donna parole meravigliose: e questo a che pro e con che intento se non per la salvezza delle anime, in modo che i malvagi facciano ammenda e i buoni siano migliori? Nonostante il Papa sia stato cacciato dal tro-no, sarebbe meglio che il Pontefice si umiliasse e cercas-se di fare pace, se possibile, prima che un numero spro-positato di anime perda la vita e precipiti nella danna-zione eterna. Quanto alle sorti del regno di Francia, egli non ne sarà al corrente fin quando non sarà giunto in Italia. Quando una corda è contesa da una parte da un’infinità di persone, che ne tirano a sé un’estremità, e dall’altra da un uomo soltanto, che la tira a sua volta, ha la meglio la maggioranza; ma nel caso del Papa numerose anime sono distrutte a causa di una soltanto. Per questo egli dovrà guardare me, che sono un solo Dio; infatti, ben-ché molti lo dissuadano dal venire a Roma e l’ostacolino il più possibile, è bene che egli si affidi a me soltanto ed io l’aiuterò al punto che nessuno potrà prevalere su di lui. Come gli uccellini che si alzano sul nido, schiamaz-zano e gioiscono al ritorno della madre, così io gli andrò incontro con gioia, lo innalzerò ed onorerò il suo corpo e la sua anima. Questo Papa si chiede se debba venire a Roma per compiere la riforma della Chiesa’ e per la pace; ebbene, desidero che venga il prossimo autunno con questo sco-po in mente e che sappia che nulla mi sarà più gradito, da parte sua, della sua venuta in Italia». Libro IV, 143

Il Papa e i sacerdoti benché peccatori non perdono la facoltà di assolvere dai peccati

Volgi dunque il capo a Dio, e lo vedrai; non avendo il Papa commesso eresia, la vera fede è credere che, malgrado i numerosi peccati che ha commesso, egli ab-bia comunque la piena facoltà e autorità di unire e as-solvere le anime, poiché tale potere gli è stato dato da San Pietro e affidato da Dio… Similmente affermo che, malgrado i loro peccati li rendano indegni davanti al Dio di gloria, i sacerdoti sono veri sacerdoti – e quindi consacrano, somministrano l’eucarestia e gli altri sacra-menti ai fedeli e con le loro mani sull’altare innalzano e toccano realmente il corpo di Cristo – purché non siano eretici. Libro VII, 7

fonte 

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