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“Non fornicate’ è detto. E’ fornicazione molta parte delle azioni carnali dell’uomo.”

Gesù ammonisce severamente tutti i peccatori che con peccati impuri deturpano il loro corpo, Tempio dello Spirito Santo e di conseguenza la loro stessa anima, facendola diventare un “letamaio”, un “cencio lurido” e mettendosi nella condizione gravissima di perdersi eternamente. Vediamo il peccato di fornicazione, nello specifico chi lo commette e cosa comporta secondo le parole di Gesù, nostro Signore, Figlio di Dio:

 

 

“‘Non fornicate’ è detto. 
E’ fornicazione molta parte delle azioni carnali dell’uomo.
E non contemplo neppure quelle inconcepibili unioni da incubo che il Levitico condanna con queste parole:
‘Uomo, non ti accosterai all’uomo come fosse una donna’, e: ‘Non ti accosterai ad alcuna bestia per non contaminarti con essa. E così farà la donna e non si unirà a bestia perché è scellerataggine’. Ma dopo aver accennato al dovere degli sposi verso il matrimonio, che cessa d’essere santo quando, per malizia, diviene infecondo, vengo a parlare della vera e propria fornicazione fra uomo e donna per vizio reciproco e per compenso in denaro o in doni.
Il corpo umano è un magnifico tempio che racchiude un altare. Sull’altare dovrebbe essere Dio. Ma Dio non è dove è corruzione. Perciò il corpo dell’impuro ha l’altare sconsacrato e senza Dio.
Pari a colui che si avvoltola ebbro nel fango e nei rigurgiti della propria ebbrezza, l’uomo avvilisce se stesso nella bestialità della fornicazione e diviene peggio del verme e della bestia più immonda.
E ditemi, se fra voi è alcuno che ha depravato se stesso sino a commerciare il suo corpo come si fa mercato di biade o di animali, quale bene ne è venuto?
Prendetevi proprio il vostro cuore in mano, osservatelo, interrogatelo, ascoltatelo, vedete le sue ferite, i suoi brividi di dolore, e poi dite e rispondetemi: era così dolce quel frutto da meritare questo dolore di un cuore che era nato puro e che voi avete costretto a vivere in un corpo impuro, a battere per dare vita e calore alla lussuria, a logorarsi nel vizio?
Ditemi: ma siete tanto depravate da non singhiozzare nel segreto, sentendo una voce di bimbo che chiama: ‘mamma’ e pensando alla vostra madre, o donne di piacere, fuggite da casa, o cacciate da essa perché il frutto marcito non rovinasse col suo trasudante marciume gli altri fratelli?
Pensando alla vostra madre che forse è morta dal dolore di doversi dire: ‘Ho partorito un obbrobrio’?
Ma non vi sentite cadere il cuore per terra, incontrando un vecchio solenne nella sua canizie e pensando che su quella del padre voi avete gettato il disonore come un fango preso a piene mani, e col disonore lo scherno del paese natio?
Ma non vi sentite torcere le viscere di rimpianto vedendo la felicità di una sposa o la innocenza di una vergine, e dovendo dire: ‘Io tutto questo l’ho rinunciato e non lo avrò mai più’ ?
Ma non sentite come scotennarvi dalla vergogna il volto, incontrando lo sguardo degli uomini o bramoso o pieno di spregio?
Ma non sentite la vostra miseria quando avete sete di un bacio di un bimbo e non osate dire: ‘Dammelo’, perché avete ucciso delle vite all’inizio, respinte da voi come peso noioso e un inutile impiccio, staccate dall’albero che pur le aveva concepite, e gettate a far da letame, e ora quelle piccole vite vi gridano: ‘assassine!’?
Ma non tremate, soprattutto, di quel Giudice che vi ha create e vi attende per chiedervi:
‘Che hai fatto di te stessa? Per questo, forse, ti ho dato la vita? Pullulante nido di vermi e putrefazione, come osi stare al mio cospetto? Tutto avesti di ciò che per te era il dio: il piacere.
Va’ nella maledizione senza termine’?.
Chi piange? Nessuno? Voi dite: nessuno?
Eppure l’anima mia va incontro ad un’altra anima che piange. Perché le va incontro? Per lanciarle l’anatema perché meretrice? No. Perché mi fa pietà l’anima sua. Tutto in Me repelle per il suo corpo sozzo, sudato nella fatica lasciva. Ma la sua anima!
Oh! Padre! Padre!
Anche per quest’anima Io ho preso carne ed ho lasciato il Cielo per essere il Redentore suo e di tante sue anime sorelle!
Perché devo non raccogliere questa pecora errante e portarla all’ovile, mondarla, unirla al gregge, darle pascoli e un amore che sia perfetto come solo il mio può essere, così diverso da quelli che ebbero fin qui per lei nome di amore e non erano che odii, così pietoso, completo, soave che ella più non rimpianga il tempo passato, o lo rimpianga solo per dire:
‘Troppi giorni ho perduto lungi da Te, eterna Bellezza. Chi mi rende il tempo perduto? Come gustare nel poco che mi resta quanto avrei gustato se fossi stata sempre pura?’
Eppure non piangere, anima calpestata da tutta la libidine del mondo. Ascolta: sei un cencio lurido. Ma puoi tornare fiore. Sei un letamaio. Ma puoi divenire aiuola. Sei un animale immondo. Ma puoi tornare angelo. Un giorno lo fosti. Danzavi sui prati fioriti, rosa fra le rose, fresca come esse, olezzante di verginità. Cantavi serena le tue canzoni di bambina e poi correvi dalla madre, dal padre, e dicevi loro: ‘Voi siete i miei amori’. E l’invisibile custode che ogni creatura ha al fianco, sorrideva della tua anima bianco-azzurra… E poi? Perché? Perché hai strappato le tue ali di piccolo innocente? Perché hai calpestato un cuore di padre e di madre per correre ad altri cuori insicuri? Perché hai piegato la voce pura a menzognere frasi di passione? Perché hai infranto lo stelo della rosa e violata te stessa?
Pentiti, figlia di Dio.
Il pentimento rinnova. Il pentimento purifica. Il pentimento sublima. L’uomo non ti può perdonare? Neppure tuo padre potrebbe più? Ma Dio può.
Perché la bontà di Dio non ha paragone con la bontà umana e la sua misericordia è infinitamente più grande della umana miseria. Onora te stessa rendendo, con una vita onesta, onorevole la tua anima.
Giustificati presso Iddio non peccando più contro la tua anima.
Fatti un nome nuovo presso Dio. E’ quello che vale. Sei il vizio. Diventa l’onestà. Diventa il sacrificio. Diventa la martire del tuo pentimento.
Sapesti bene martirizzare il tuo cuore per far godere la carne.
Ora sappi martirizzare la carne per dare un’eterna pace al cuore.
Vai. Andate tutti. Ognuno col suo peso e col suo pensiero, e meditate.
Dio tutti attende e non rigetta nessuno di quelli che si pentono. Il Signore vi dia la sua luce per conoscere la vostra anima. Andate.”
(…)

Valtorta – Evangelo 123 Ed. Cev

 

Dai Discorsi dell’Acqua Speciosa

Cosa dicono i Santi di Dio sul peccato di Omosessualità?

 


C’è una falsa corrente di “giustizia” nel mondo, è quella portata dai falsi Cristi e falsi profeti che dicono “non si deve giudicare” con l’imposizione di voler zittire non solo la Verità che li divora dall’interno e marchia a fuoco la loro coscienza e di procurare tale delirio e perdizione anche a tutti coloro i quali disgraziatamente vogliono seguirli nel essere immondi ma con l’arroganza e la prepotenza di impedire che la Parola di Dio e dei suoi Santi venga loro manifestata e portata ai cuori di chi ha desiderio di conoscerla.
Sono anime depravate e chiuse nell’ostinazione del loro peccato, perse nelle tenebre e prive di quella Luce indispensabile che porta intelletto nell’uomo (“senza di te nulla è nell’uomo nulla è senza colpa” diciamo nella preghiera allo Spirito Santo), non possono dare consiglio a nessuno e tuttavia impongono il loro sbaglio anche agli altri. E’ proprio di loro che nostro Signore ci metteva in guardia quando affermava: non date le vostre perle ai porci” e ancora di essere furbi come serpenti ma candidi come colombe. Se un peccatore vuole rimanere nel peccato che sia lasciato nelle mani di satana, diceva San Paolo perché così possa essere corretto e salvarsi, altrimenti sarebbe non solo causa della rovina delle anime che vivono nel Signore ma neanche potrebbe trovare Salvezza. Come Cristiani abbiamo l’obbligo di servire e seguire solo il nostro Signore Gesù Cristo che è Dio e vive e Regna con il Padre nell’Unità dello SPirito Santo, tutto il resto viene a noi perché è Dio che lo vuole e ce lo comanda, e mai se si mette al di sopra dell’amore che si deve a Lui. Noi amiamo il nostro prossimo come noi stessi solo in virtù e per amore di Dio, quindi da tali individui che sono anticristi pur se “persone” comuni non bisogna scelndere a patti ne lasciarsi intimorire perché solo Dio ha il potere di giudicare e di mandare nel fuoco della Geenna e il corpo e l’anima, e seguendo il suo volere si è indiscutibilmente sicuri di compiere ciò che è Giusto e Buono per tutti.


Cosa ne pensano i Santi di Dio sul peccato di omosessualità?

SAN PAOLO: “…Per questo Dio li ha abbandonati a passioni infami; le loro donne hanno cambiato i rapporti naturali in rapporti contro natura. Egualmente anche gli uomini, lasciando il rapporto naturale con la donna, si sono accesi di passione gli uni per gli altri, commettendo atti ignominiosi uomini con uomini, ricevendo così in se stessi la punizione che si addiceva al loro traviamento….. E pur conoscendo il giudizio di Dio, che cioè gli autori di tali cose meritano la morte, non solo continuano a farle, ma anche approvano chi le fa” (Rm 1, 26-32); Ma veniamo a qualche altra citazione: “…Non illudetevi: né immorali, né idolatri, né adulteri, né effeminati, né sodomiti, né ladri, né avari, né ubriaconi, né maldicenti, né rapaci erediteranno il regno di Dio” (1 Cor. 6,9-10); “…La legge non è fatta per il giusto, ma per i non giusti e riottosi, per gli empi e di peccatori, per gli scellerati e i profani, per i padricidi e matricidi e omicidi, per i fornicatori, per i sodomiti, per i ladri d’uomini, i bugiardi, gli spergiuri…”(1 Tm. 1,9).

SANT’AGOSTINO: “I delitti che vanno contro natura, ad esempio quelli compiuti dai sodomiti, devono essere condannati e puniti ovunque e sempre. Quand’anche tutti gli uomini li commettessero, verrebbero tutti coinvolti nella stessa condanna divina: Dio infatti non ha creato gli uomini perché commettessero un tale abuso di se stessi. Quando, mossi da una perversa passione, si profana la natura stessa che Dio ha creato, è la stessa unione che deve esistere fra Dio e noi a venir violata” (Confessioni, c.III, p.8)

 
SAN GREGORIO MAGNO: “Che lo zolfo evochi i fetori della carne, lo conferma la storia stessa della Sacra Scrittura, quando parla della pioggia di fuoco e zolfo versata su Sodomia dal Signore. Egli aveva deciso di punire in essa i crimini della carne, e il tipo stesso del suo castigo metteva in risalto l’onta di quel crimine. Perché lo zolfo emana fetore, il fuoco arde. Era quindi giusto che i sodomiti, ardendo di desideri perversi originati dal fetore della carne, perissero ad un tempo per mezzo del fuoco e dello zolfo, affinchè dal giusto castigo si rendessero conto del male compiuto sotto la spinta di un desiderio perverso” (Commento morale a Giobbe, XIV, 23, vol. II, pag. 371);

SAN PIER DAMIANI: “Questo vizio non va affatto considerato come un vizio ordinario, perché supera per gravità tutti gli altri vizi. Esso infatti, uccide il corpo, rovina l’anima, contamina la carne, estingue la luce dell’intelletto, caccia lo Spirito Santo dal tempio dell’anima” (Liber Gomorrhanus, in Patrologia latina, vol. 145, coll. 159-190);

SAN TOMMASO D’AQUINO:  “Nei peccati contro natura in cui viene violato l’ordine naturale, viene offeso Dio stesso in qualità di ordinatore della natura” (Summa Teologica, II-II, q. 154, a. 12);

 

 

 

SANTA CATERINA DA SIENA: “…Commettendo il maledetto peccato contro natura, quali ciechi e stolti, essendo offuscato il lume del loro intelletto, non conoscono il fetore e la miseria in cui sono…” (Dialogo della Divina Provvidenza, cap. 124)

SAN BERNARDINO DA SIENA: “Più pena sente uno che sia vissuto con questo vizio de la sodomia che un altro, perocchè questo è maggior peccato che sia” (Predica XXXIX in: Prediche volgari, p. 915);

SAN PIETRO CANISIO: “…Di questa turpitudine mai abbastanza esecrata sono schiavi coloro che non si vergognano di violare la legge divina e naturale” (dottore della Chiesa- Summa Doctrina Christianae, III a/b, p. 455).

 


LO DICE GESU’ VERO DIO E VERO UOMO

 

«Chi scandalizzerà uno solo di questi piccoli che credono in me, è meglio per lui che gli venga messa al collo una macina da mulino e sia gettato nel mare» (Lc. 9, 38-47).

«Razza di vipere (Lc. 3,7) sepolcri imbiancati» (Mt. 23, 27).

«Se il tuo occhio destro ti è occasione di scandalo, cavalo e gettalo via da te: conviene che perisca uno dei tuoi membri piuttosto che tutto il tuo corpo venga gettato nella Geenna» (Mt. 5, 29-30).


“Lo schiavo della lussuria diviene ladro e barattiere, crudele, omicida, pur di servire la sua padrona”. Rivelazione di Gesù a Maria Valtorta