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Messaggi della Regina della Pace di Medjugorje sul Santo Rosario

Si riportano i messaggi dati dalla Madonna, Regina della Pace, a Medjugorje sul Santo Rosario e la preghiera.
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Quella volta che il Diavolo dovette dimostrare l’Immacolata Concezione di Maria

Una singolare esperienza negli Esorcismi: il Diavolo costretto a tessere gli elogi della Vergine Immacolata, persino componendo per lei un sonetto di alta ‘mariologia’.
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Dopo la Risurrezione del Signore secondo le visioni della Beata Caterina Emmerich

Le visioni che ebbe la Beata Caterina Emmerich di Gesù dopo la Resurrezione.

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Devozione delle Tre Ave Maria

Fù rivelata dalla Madonna a Santa Matilde di Hackeborn, con la promessa speciale della salvezza eterna e la grazia di una buona morte per i Suoi figli.
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Devozione al Sacro Capo di Gesù ‘Tempio della Divina Sapienza’

Questa devozione è stata voluta direttamente da Gesù. Il 2 Giugno 1880 apparendo alla serva di Dio Teresa Elena Higginson le disse …
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I SANTI RE MAGI NELLE VISIONI DI CATERINA EMMERICH

Tratto dal capitolo V° del libro “Vita della Madonna” della Beata Caterina Emmerich.

I SANTI RE MAGI

In questo Capitolo troveremo i sotto-capitoli:
Notizie intorno alla tradizione dei Re Magi. 66 – Visioni di Suor Emmerick degli
antenati dei Santi Re, cinquecento anni prima di Cristo. 67 – Adorazione dei pastori. 68 – I tre pastori aiutano San Giuseppe mentre le donne essene servono la Santa Vergine. 69 – L’ancella di Anna giunge da Maria Santissima – La violenza di Erode. 70 – La circoncisione di Cristo – Il santo nome “Gesù”. 71 – Elisabetta giunge alla grotta. 72 – I Magi si mettono in viaggio verso Betlemme. 73 – Altre visioni sui tre Magi – Il viaggio prosegue. 74 – La lunghezza del viaggio. 75 – La carovana dei Magi – Il re di Causur. 76 – L’osservazione delle stelle presso i tre Magi – La stella di Giacobbe. 77 – La scala di Giacobbe e i simboli primitivi dell’Avvento e della venuta di Maria. 78 – Maria avverte l’arrivo dei Magi. 79 – I doni di Anna alla Santa Vergine. 80 – Il lungo viaggio dei Magi continua: in cammino verso il Giordano – Visioni della Veggente sulle tappe e le vicende del viaggio. 81 – L’arrivo di Anna alla grotta – I tre Re passano il Giordano. 82 – L’arrivo a Gerusalemme dei Magi – Erode è sconvolto. 83 – I tre Re si presentano ad Erode e ripartono per Betlemme. 84 – La stella indica ai Magi la Grotta del Presepio. 85 – Gioia e commozione dei Magi alla
presenza della Beata Vergine. 86 – Giuseppe alloggia i tre Re. 87 – L’inquietudine di Erode. 88 – Un Angelo avverte i Santi Re del pericolo erodiano. 89 – Misure delle autorità di Betlemme contro i Magi – Zaccaria di Juta visita la Sacra Famiglia. 90 – La Sacra Famiglia si nasconde. 91 – De lacte Sanctissimae Virginis Mariae (il miracolo del latte di Maria). 92 – Celebrazione della ricorrenza delle nozze di Maria Santissima. 93 – Preparativi per la partenza. 94 – Anna Caterina Emmerick: le reliquie dei tre Magi. Notizie intorno alla tradizione dei Re Magi. Suor Anna Caterina Emmerick ebbe numerose visioni sui Re Magi, personaggi profondamente radicati nella nostra tradizione cristiana e cattolica; si rendono perciò in questo capitoletto alcune notizie generali ad essi relative.

 

Secondo gli studiosi biblici incerto ancora sarebbe il numero dei Magi e leggendario il carattere regale. I nomi attribuiti loro dalla tradizione popolare compaiono solo verso il VI secolo e sono: Gaspare, Melchiorre e Baldassare. Il primo arabo, il secondo persiano e il terzo indiano. Storicamente i Magi sono i sacerdoti del mazdeismo; si pensa che essi ne furono addirittura gli stessi fondatori. La condizione sacerdotale raggiunta mediante un rito sacrificale avrebbe conferito loro poteri supernormali. Il nome “Magi” deriva da “maga”, attribuito ai greci che, quando entrarono in contatto con i persiani, li definirono appunto come “magici” (da maghiskos). Alcuni scrittori cristiani dell’antichità esprimono differenti pareri, collocando il paese d’origine dei Magi in Arabia, in Persia oppure in Caldea. Nel V secolo il papa San Leone presenterà i Magi come “le primizie della Gentilità” (Sermone XXXV,2). Nel corso dei primi secoli cristiani le raffigurazioni pittoriche li presentano in generale vestiti con l’abito consueto dei Persiani. Si specifica spesso il significato simbolico dei loro doni: la mirra allude alla morte o al sacerdozio, l’oro alla regalità, l’incenso alla divinità. Dalla loro comparsa ci vorranno otto secoli
perché la leggenda fissi il loro numero, i loro nomi e le funzioni. In Oriente, dove lo studio in senso mitico delle stelle rimane tutt’ora molto più diffuso che in Occidente, il “Libro della Caverna dei tesori” (VI secolo) racconta che i Magi avevano visto una stella (costellazione) che raffigurava una fanciulla con un bambino che portava una corona. Andarono a cercare oro, incenso e mirra, che Adamo ed Eva avevano posto in una caverna per il giorno in cui fosse sorta quella costellazione, e partirono per Betlemme. I Magi sarebbero poi stati battezzati dall’apostolo Tommaso e lo aiutarono ad evangelizzare il loro paese. Un ‘altra leggenda, di provenienza armena, precisa che essi erano tre fratelli e rappresentavano tre popoli differenti. I tre Santi Re sono invocati contro la grandine, le tempeste e i pericoli dei viaggi, contro la stregoneria e i malefici. Proteggono anche dalla febbre, dal mal di testa, dall’epilessia e dalla morte improvvisa. Secondo la Tradizione Cristiana le reliquie dei loro corpi sarebbero state conservate a Milano, poi con Federico Barbarossa sarebbero state traslate a Colonia. Nel 1903 alcune ossa dei Magi furono restituite a Milano. Questi personaggi sono ricordati incisivamente nel Vangelo di Matteo (2,1-12) come visitatori e adoratori del bambino Gesù.

 

66 – Visioni di Suor Anna Caterina Emmerick degli antenati dei Santi Re,
cinquecento anni prima di Cristo

Una volta ebbi la grazia di vedere quanta misericordia ebbe Dio con i pagani. Gli antenati dei tre Re Magi, cinquecento anni prima del Natale di Cristo, erano assai ricchi e potenti, avevano riunite sotto un solo scettro numerose province. Essi abitavano in accampamenti di tende; invece l’altra tribù che viveva ad oriente del mar Caspio, aveva gli abitati di pietra perché le abitazioni erano esposte allo straripamento delle acque. Questi popoli dediti all’astronomia, avevano usanze culturali molto crudeli: immolavano i vecchi, gli storpi e perfino i fanciulli. Il rito da loro in uso era veramente orrendo: avvolgevano i bambini in una veste bianca e li ponevano in una caldaia dove li facevano cuocere. Nei tempi successivi, quando fu predetta a quei ciechi la nascita del Salvatore, tali riti tremendi furono finalmente aboliti. Tre figlie di re, dotate di spirito profetico, ebbero tutte contemporaneamente la certezza che nel futuro sarebbe sorta una stella da Giacobbe, e che una Vergine senza opera d’uomo avrebbe generato il Salvatore. Esse vestivano tuniche e lunghi mantelli, andavano predicando per quei paesi il miglioramento dei costumi ed annunciavano l’arrivo del Salvatore. Dissero inoltre che un giorno sarebbero giunti i servi del Signore ed avrebbero mostrato il vero culto da tributarsi a Dio. Predissero molte altre cose fin dopo gli avvenimenti dei nostri tempi. Le profezie delle tre vergini accennavano ad una certa costellazione ed alle alterazioni che sarebbero conseguentemente venute. Ne provenne quella costante osservazione degli astri che veniva fatta dalla sommità del colle. Seguendo le indicazioni simboliche delle costellazioni, e i vari cambiamenti stellari, i padri delle veggenti introducevano riforme e cambiamenti nel tempio, nel culto e negli addobbi. Offrivano pure sacrifici alla futura Madre del Salvatore, continuando però con il loro culto sanguinoso. Il tempio era costituito da una tenda che veniva cambiata continuamente con stoffe di diverso colore. Tra le riforme più importanti operate alla loro antica tradizione si annovera il passaggio della loro festa di riposo dal giovedì al sabato (questo fatto mi parve molto significativo). Conosco anche il nome pagano di questo giorno: tanna o tannada. Gesù venne al mondo nell’anno 3997.

67 – Adorazione dei pastori

Visioni di domenica mattina, 25 novembre.
Alle primi luci dell’alba, i tre capi dei pastori arrivarono alla grotta dov’era nato Gesù portando i doni che avevano raccolto e che consistevano in animaletti somiglianti a caprioli o forse capretti, in ogni modo diversi da quelli che conosciamo noi. Avevano il collo lungo, occhi piccoli e chiarissimi, pelle finissima e corporatura snella. I pastori li conducevano legati da lunghe e sottili cordicelle. inoltre portavano sulle spalle degli uccelli uccisi e legati insieme su lunghe aste. Sotto al braccio ne portavano altri più grossi, ancor vivi. Vidi pure altri doni. San Giuseppe si affrettò ad accoglierli cordialmente: i pastori gli dissero che erano venuti ad adorare il Bambino della promessa messianica, rivelato loro dagli Angeli durante la notte. Quindi offrirono quello che avevano portato; Giuseppe accettò umilmente i doni e condusse i pastori dalla Vergine e dal bambino Gesù vicino alla mangiatoia. Quei devoti, impugnando ancora i bastoni, si genuflessero in grande umiltà, contemplando in adorazione per lungo tempo il Santo Bambino; senza poter proferire parola dinanzi a tanta magnificenza e luce. Istintivamente intonarono l’inno che avevano udito quella notte dall’Angelo ed un salmo molto bello. Quando si congedarono la Vergine porse nelle loro braccia il Bambino, ed essi, dopo averlo contemplato, glielo restituirono piangendo di gioia. Poi lasciarono la grotta commossi. Domenica sera, 25 novembre. La Veggente trascorse la giornata in gravi sofferenze fisiche e spirituali, appena cadde in estasi disse di essere stata trasportata in Terrasanta e di aver visto Gesù tentato dal demonio nel deserto. Quasi contemporaneamente disse di vederlo pure come neonato nel presepio venerato dai pastori della torre. Dopo aver pronunciato queste parole, l’estatica con rapidità sorprendente, si levò dal suo giaciglio e corse alla porta della sua stanza chiamando le persone che si trovavano nell’anticamera: “Venite presto! Venite ad adorare il Bambino; Egli è qui, vicino a me!”. Parlando con un entusiasmo incredibile, ritornò subito a letto tutta raggiante e prese a cantare il Magnificat, il Gloria, e alcuni altri inni semplici ma dal significato commovente e profondamente mistico. Il giorno seguente con voce chiara e dai toni mielati, Suor Emmerick continuò a narrare. I pastori con le loro famiglie avevano recato molti doni: uccelli, uova, miele, tessuti di vari colori, fascetti di piante con grandi foglie. Queste piante avevano delle spighe ripiene di grossi grani. Vidi ancora i pastori inginocchiati dinanzi al Bambino intonare Salmi assai graditi all’orecchio, il Gloria e alcuni cantici dai versi molto brevi. Io cantai con loro: “O fanciullino, tu sei del colore della rosa e ci appari quale piccolo araldo della Salvezza”. Nel congedarsi si inchinarono in religioso silenzio come se avessero voluto baciare il Santo Bambino.

68 – I tre Pastori aiutano San Giuseppe mentre le donne essene servono la Santa
Vergine

Lunedì 26 novembre.
Oggi ho visto i tre pastori aiutare Giuseppe a migliorare le condizioni della Caverna del Presepio ed in quelle laterali. Anche presso la Santa Vergine vidi parecchie pie donne occupate nell’aiutarla. Erano donne essene che abitavano in una valle ad oriente della Grotta del Presepio, vivevano in piccolissime grotte scavate nella rupe dove il monte scendeva più scosceso; istruivano i fanciulli della loro comunità religiosa. San Giuseppe, come sappiamo, le conosceva fin dal tempo della sua giovinezza. Le pie donne si alternavano nel cucinare, lavare i panni e servire come potevano la Santa Famiglia.

69 – L’ancella di Anna giunge da Maria Santissima – La violenza di Erode

Visioni di martedì 27 novembre.
Mentre Giuseppe e Maria stavano contemplando il Bambino Divino, l’asino ad un tratto chinò il capo fino al suolo, inginocchiandosi con le zampe anteriori. A questa straordinaria devozione dell’animale, vidi la santa Coppia piangere di commozione.  Alla sera, un anziano e l’ancella di Anna giunsero alla grotta, provenienti da Nazareth. Essi portarono una gran quantità di cose necessarie a Maria. Il vecchio servo, piangendo di gioia, ripartì subito per portare la lieta novella ad Anna, mentre l’ancella rimase ad aiutare la Santa Vergine.

Mercoledì 28 novembre.
Parecchie persone giunsero da Betlemme, tra le quali vidi alcuni emissari di Erode giunti per verificare la fama del Bambino miracoloso. In seguito ai discorsi dei pastori il santo Evento era divenuto pubblico. Maria, con l’ancella e Gesù, lasciò la grotta rifugiandosi nella caverna laterale. Quando giunsero gli emissari di Erode trovarono nella grotta solo Giuseppe con alcuni pastori e, dopo averlo beffato vilmente per la sua povertà e semplicità, andarono via. Maria rimase nascosta nella caverna laterale per circa quattro ore. Questa sera la Veggente, dall’assopimento estatico in cui si trovava, ebbe un brusco risveglio e così esclamo: “Erode ha fatto assassinare un dignitario nel tempio che aveva spesso protestato contro le usurpazioni del tiranno. Lo fece chiamare a Gerico per motivi diplomatici e lo fece assassinare mentre era in viaggio. Il tiranno aumentò così la sua influenza sul tempio impiegando nelle alte cariche due dei suoi figli naturali, che erano Sadducei”.

70 – La Circoncisione di Cristo – Il santo nome: “Gesù”

Visioni di giovedì 29
novembre.Il padrone della bettola, dove avevano alloggiato ultimamente Giuseppe e Maria, si recò a visitare il Santo Bambino. Si era fatto preannunciare da un servo con molti doni. Frattanto tutti gli abitanti delle valli e dei paesi circostanti, venuti a conoscenza dell’Evento, accorsero alla grotta a riverire il nascituro.

Sabato 1 dicembre.
Dopo mezzogiorno, sono giunte molte altre persone. Calata la sera, le donne prepararono il banchetto sotto un pergolato dinanzi alla grotta; il pergolato era stato sistemato da Giuseppe e dai pastori fin dai giorni precedenti. Era giunta la fine del settimo giorno dalla santa Nascita e, secondo la tradizione ebraica, allo spuntare dell’ottavo giorno il fanciullo doveva essere circonciso. Giuseppe infatti era andato a Betlemme ed era ritornato insieme a tre sacerdoti, con loro c’erano anche un anziano ed una donna che nella sacra cerimonia sembrava avesse il compito di nutrice. La donna portava con sé una specie di sedia ed un grosso piatto di pietra di forma ottangolare, sul quale vidi collocati gli oggetti necessari alla circoncisione. I medesimi furono disposti sulle stuoie che coprivano il terreno dove aveva luogo la cerimonia. La sedia era come una cassa che quando si apriva formava un largo sedile. Fu coperta con un panno rosso. La pietra ottangolare aveva due piedi di diametro. Nel centro della medesima vi era un incavo coperto da una lastra di metallo che conteneva in piccoli scompartimenti tre astucci ed un coltello di pietra. La pietra venne collocata sopra uno sgabello a tre piedi coperto da un tappeto. Terminata la preparazione, i sacerdoti salutarono Maria e il bambino Gesù. Li vidi parlare affabilmente con la Vergine, e commossi presero il Bambino nelle loro braccia. Poi cominciò il banchetto sotto il pergolato, una folla di popolo era presente come vuole la tradizione, Giuseppe ed i sacerdoti distribuivano doni e cibarie finché tutto fu diviso. Il sole frattanto tramontava e il suo disco mi parve rosso e immenso, molto più grande di come ci appare nel nostro paese. Notai che quando fu bassissimo la Caverna del Presepio ne fu interamente irradiata.

Domenica 2 dicembre.
Nella grotta le lampade accese, le preghiere e i cantici si protrassero fino al mattino successivo. La Santa Vergine era timida e smarrita. Erano le prime luci dell’ottavo giorno dopo la nascita di Gesù, ed aveva custodito sul petto, in una piega del mantello, un panno che serviva per avvolgere il Santo Bambino e tergergli il sangue. La pietra ottangolare fu ricoperta dai sacerdoti da un panno rosso e superiormente da uno bianco mentre risuonavano ininterrotte le preghiere e i cantici della cerimonia. La Vergine avanzò velata e depose nelle mani dell’ancella il Bambino con il panno che serviva a fasciarlo. Dopo aver ripetute le preci, l’ancella a sua volta lo passò a Giuseppe e questi alla nutrice, che distese il Bambino ricoperto da un velo sulla pietra ottangolare.
Giuseppe teneva fermo il Bambino per la parte superiore del corpo. A destra e a sinistra, stavano in ginocchio due sacerdoti, ciascuno dei quali teneva un piedino del Bimbo, mentre quello che compiva la sacra cerimonia stava in ginocchio dinanzi al medesimo. Sollevata la piastra che ricopriva la pietra ottangolare, il sacerdote sacrificante alzò i tre astucci contenenti l’acqua per la ferita e l’unguento. Il coltello aveva il manico e la lama di pietra. La punta ad uncino del coltello operò il taglio. Una seconda ferita fu fatta al Bambino con l’unghia tagliente del dito del sacerdote, che succhiò la piaga e l’asperse con l’acqua, strofinandola poi con un altro rimedio che prese dall’astuccio per rimarginare la ferita. Ciò che era stato staccato col coltello fu riposto tra due laminette concave di color bruno ma risplendenti. L’oggetto venne poi consegnato alla Vergine. La cosiddetta “nutrice”, fasciata la piaga, avvolse il Fanciullo Divino nel panno fino alle ascelle. Il velo che Gli copriva la testa fu avvolto intorno al corpo. Infine, quando Gesù fu posto sulla pietra ottangolare, ricominciarono le preghiere. Sebbene l’Angelo avesse detto a Giuseppe che il Bambino doveva chiamarsi Gesù, il sacerdote non accettò subito il nome ma continuò la preghiera affinché Dio l’illuminasse nel modo giusto. Allora la figura luminosa di un Angelo, comparendo al sacerdote, gli presentò allo sguardo interiore una tavoletta simile a quella che vediamo sulla Croce, sulla quale stava scritto: Gesù. Il religioso parve profondamente commosso e, illuminato dalla divina ispirazione, scrisse il santo nome su una pergamena. Frattanto il Santo Bambino piangeva disperatamente, Giuseppe lo prese e lo passò dalle mani dei sacerdoti a quelle di Maria, la quale con altre due donne se ne stava in fondo alla grotta. La Vergine cercò di acquietare il Bambino porgendogli il proprio petto. La cerimonia si concluse quando la Madonna pose il Bambino sulla pietra ottangolare e i sacerdoti incrociarono le mani sopra di Lui, poi lo riconsegnarono a Maria Santissima. Giuseppe porse a Maria anche i pannolini intrisi di sangue e la nutrice conservò le filamenta sanguinose. Ricominciata la preghiera ed i canti solenni, si affacciava timidamente il nuovo giorno. L’asino durante la solenne cerimonia era rimasto legato in un angolo della spelonca. Vidi i sacerdoti, illuminati dalla luce dello Spirito Divino, che con Giuseppe e i pastori si rifocillavano sotto il pergolato. Durante la mattinata si presentarono all’ingresso della grotta numerosi poveri, e pure questi furono rifocillati. Vidi poi una quantità di medicanti sporchi e luridi che giunsero alla grotta attraverso la valle dei pastori. Sembrava che si dirigessero ad una festa che aveva luogo a Gerusalemme. I mendicanti dopo aver ricevuto da Giuseppe molti doni e il desinare, posero molte domande indiscrete, inoltre bestemmiarono ed oltraggiarono tutti. Non so chi fossero costoro, ma mi fecero un’impressione assai triste. La notte seguente il Santo Bambino fu molto inquieto, lo vidi piangere assai per il dolore. La Santa Vergine e Giuseppe se lo scambiavano tra le braccia e lo confortavano. La donna che aveva avvolto Gesù nei pannolini ritornò per rinnovare le fasciature.

71 – Elisabetta giunge alla grotta.

Visioni di lunedì 3 dicembre.
Seduta sopra un asino condotto da un vecchio servo, vidi Elisabetta dirigersi verso il presepe. Era partita da Juta. Giuseppe l’accolse con gran cortesia e immensa fu la gioia delle due donne nel ritrovarsi. Piangendo di commozione, la sposa di Zaccaria strinse al seno il bambino Gesù. Fu preparato per lei il giaciglio vicino al luogo dove era nato il Salvatore. La culla dove dormiva adesso Gesù veniva posta spesso su un alto piedistallo, simile a quei cavalletti che si usano per segare la legna. Da qui il bambino Gesù era contemplato dai più intimi che poi Lo accarezzavano e pregavano. Vidi anche quando Maria era stata in una culla tenuta in simile modo.

Martedì 4 dicembre.
Ieri sera ed oggi ho visto le due sante donne assorte per molto tempo in adorazione dinanzi al Santo Bambino. Esse parlavano spesso di quell’Evento meraviglioso. Io mi sentivo con loro, ed ascoltavo con vera gioia quanto dicevano. Maria narrò ad Elisabetta tutto ciò che le era accaduto, e quando le spiegò le difficoltà che aveva trovato nella ricerca di un ricovero per la notte a Betlemme, Elisabetta pianse amaramente sulla durezza degli uomini. Poi le raccontò molte cose che si riferivano alla santa Nascita di Gesù, e di alcune circostanze, come del momento dell’Annunciazione quando aveva la sensazione che il cuore le scoppiasse nel petto e si sentiva invadere da un’inesprimibile voluttà. La Beata Vergine confessò ad Elisabetta che in quel momento si senti portar via dagli Angeli nelle regioni Celesti, e contemporaneamente fu totalmente cosciente della propria nullità. Le manifestò inoltre il vivo desiderio della salvezza che provò quando vide apparire la figura del proprio Fanciullo avvolta dalla luce dello Spirito Divino. Allora Elisabetta le disse: “Tu fosti graziata nel tuo parto più delle altre donne; anche il parto di Giovanni, sebbene non doloroso, fu diverso del tuo”. Anche oggi ho visto ancora molti di quegli orribili ceffi erodiani; essi sono passati dinanzi alla porta e hanno chiesto doni, poi li ho sentiti insultare e bestemmiare. Giuseppe ha rifiutato loro qualsiasi cosa. Numerosi personaggi di posizione elevata erano partiti da Betlemme affollandosi verso sera intorno alla grotta; siccome Maria non voleva farsi vedere da loro, corse a nascondersi nella grotta laterale a quella del presepio. Vidi la Santa Vergine uscire col Bambino e recarsi nell’altra caverna. Giuseppe vi aveva fatto degli accorgimenti, l’ingresso era assai più angusto: quattordici gradini immettevano in un piccolo antro, poi si accedeva in un locale più grande di quello del presepio. Maria Santissima entrò in questa caverna e adagiò il bambino Gesù in una specie di conca scavata nel terreno. Alcune volte il Fanciullo era nudo, tranne una fascia attorno al corpo, altre volte lo vidi fasciato interamente. Spesso giungeva anche la nutrice; Maria divideva i doni con lei, che a sua volta li distribuiva ai poveri di Betlemme.

72 – I Magi si mettono in viaggio verso Betlemme

Visioni comunicate dalla Veggente al pellegrino nell’anno 1821.
La Veggente stabilì il giorno dell’Evento un mese prima della data ecclesiastica, cioè il 25 novembre. In quel giorno stesso vide partire i Magi per la Giudea. Sempre secondo le sue contemplazioni, Suor Caterina ritenne che il viaggio dei tre Re fosse durato circa un mese, diversamente dalla tradizione ufficiale dei tredici giorni che intercorrono tra il Natale e l’Epifania. Mentre costruivo il piccolo presepio nel convento vidi i Santi Re dirigersi verso Betlemme seguendo la stella. Visioni del 25 novembre. Nella notte della vigilia del santo Natale, mentre tutto era già pronto per il lungo viaggio, due Magi scrutavano ancora gli sterminati campi del cielo stellato. Erano sulla torre piramidale e guardavano attraverso lunghi cannocchiali la stella di Giacobbe che aveva una coda. Questa era apparsa ai loro occhi quasi divisa in due parti, in entrambe si scorgeva la figura di una grande Vergine luminosa, dinanzi alla quale aleggiava un Bambino raggiante di luce. Dal fianco destro del Fanciullo usciva un ramo sul quale, a guisa di fiore, si trovava una torre dalle molteplici entrate. Vidi che la torre, a poco a poco, si trasformava in una città. Era la Gerusalemme celeste!
Appena comparso questo simbolo i due Magi partirono senza indugi. Theodeko, il terzo Re, che abitava a circa due giorni di viaggio più ad oriente, appena vide il simbolo partì in tutta fretta per raggiungere le carovane degli altri Magi.

26 novembre.
Colta da un’estasi profonda, mi addormentai e mi trovai nella grotta vicino alla Madonna, la quale una volta mi aveva concesso di tenere tra le braccia il Pargoletto che stringeva al suo cuore. Era notte quando giunsi da Lei: Giuseppe aveva appoggiato il capo sul braccio destro e dormiva; egli era nella piccola stanza accomodata a destra presso l’entrata. Maria era desta e sedeva al solito posto vicino al presepio, tenendo il Bambino stretto al seno e sotto il velo. Durante il giorno, parte del suo giaciglio arrotolato in forma di grande guanciale le serviva per sedersi. La pregai ardentemente in ginocchio di concedermi un po’ il Bambino fra le braccia. Nonostante sapesse come era forte il mio desiderio, continuando a contemplare il Santo Fanciullo non volle darmelo, forse perché stava allattandolo. Io al suo posto avrei fatto altrettanto. Mi sovviene allora che i tre Magi, animati dal loro sentimento devozionale, erano in marcia per raggiungere la Vergine e il Santo Bambino. Nei cuori dei tre devoti Re il desiderio salvifico intenso e puro era stato alimentato dalla fiamma dell’attesa dei loro padri. Sentivo interiormente aumentare il desiderio ardente di trovarmi vicino a loro. Cosicchè, finita la mia preghiera, scivolai pian piano fuori dalla grotta con ogni cautela per non disturbare la Santa Famiglia; dopo un lunghissimo cammino raggiunsi  la carovana dei tre Santi Re. Fu in questo viaggio che vidi molte cose sui costumi e le abitudini di alcuni popoli, nonché sui riti profani che essi tributavano agli idoli. Fui dapprima condotta verso mezzogiorno, in un paese che non conoscevo e dove mai ero stata. Era sabbioso e sterile. Si vedevano disseminati sulla collina dei piccoli villaggi composti da capanne di vimini dal tetto di giunchi, abitate da poche famiglie. Non vidi molti alberi, ma alcune grandi piante sotto le quali tenevano gli idoli. Mi sembrò che questa gente vivesse ancora in uno stato molto selvaggio perché si alimentava con la carne di uccelli rapaci. La loro carnagione era color rame, i capelli giallo volpino, la statura bassa ed erano quasi tutti grassi, ma notai che erano agili e attivi. Non ho visto che avessero con loro animali domestici o greggi. Il loro dorso era nudo e le donne avevano il petto coperto da una fascia dai diversi colori. Strisce gialle e verdi erano cucite e ricamate sulla parte anteriore della veste, la quale aveva nel mezzo una fila di bottoni e terminava a punta sulle spalle. Il ricamo era assai grossolano, simile a quello degli antichi paramenti sacerdotali. Costoro fabbricavano con i germogli di un piccolo albero tappeti rudimentali, che poi vendevano in città. Vidi i loro idoli collocati sotto gli alberi. Questi avevano la testa di un bue dalle lunghe corna, la bocca era aperta, il corpo traforato da immensi buchi, ed inferiormente, in una larga apertura, ardeva il fuoco che serviva ad abbrustolire le vittime dei sacrifici. Vidi anche idoli più piccoli, alcuni a forma di uccelli e di draghi, un cane a tre teste ed un lungo serpente avvolto nelle proprie spire. All’inizio del viaggio mi parve di avere alla destra un grande fiume dal quale mi allontanavo sempre più. Abbandonato questo paese di selvaggi, la via che percorrevo nello spirito conduceva sempre più verso l’alto, finché ascesi un monte di bianchissima sabbia ricoperto di mucchi di pietruzze nere che sembravano cocci di vasi e di tazze. In questo luogo la mia attenzione fu attirata da alcuni alberi dal tronco coperto di foglie di enorme grandezza e dalla forma piramidale. Ho veduto pure altri alberi con le foglie lisce a forma di cuore. Giunsi quindi in un paese con pascoli di enorme estensione; vidi in questa terra alcune colline dove pascevano greggi innumerevoli. Sembrava che ci fosse gran cura delle viti, essendo queste ben disposte su regolari terrapieni e circondate da siepi intrecciate. I proprietari abitavano in capanne dal tetto liscio e dalle porte di vimini. Le capanne erano rivestite di stoffa di lana bianca, simile a quella che avevo visto intessere dal popolo selvaggio.
L’accampamento era disseminato sul vasto pianoro interrotto da estese boscaglie e da bassi boschetti, le tende erano poste in circolo intorno ad una di maggiori dimensioni. Gli armenti erano di genere diverso. Vidi pecore ricoperte da fiocchi di lana bitorti e con lunghissime code; animali con le corna che parevano capretti ed erano grassi come agnelli, e altri quadrupedi simili ai cavalli della steppa. Vidi cammelli ed elefanti, anche bianchi, rinchiusi entro uno steccato rudimentale; erano addomesticati e venivano adoperati solamente per gli usi domestici. Ebbi la percezione che quei greggi, gli animali ed i campi, appartenessero tutti ad uno dei Magi partiti per Betlemme. Alcuni pastori indossavano giubboni lunghi fino alle ginocchia. Suppongo che durante l’assenza del loro sovrano, alcuni sovrintendenti avessero l’incarico di controllare e contare i capi. Infatti vidi giungere sul luogo delle persone vestite in modo distinto, avvolte in lunghi mantelli, le quali esaminavano tutto ed ascoltavano il rapporto dei singoli pastori. I sovrintendenti entravano nella tenda più grande e scrivevano le loro osservazioni sulle tavolette. I branchi e le greggi si contavano e si controllavano pure vicino alla tenda principale. Arrivai nella notte sui pascoli dei Magi; regnava un profondo silenzio su quelle pianure. Vidi molti pastori che dormivano sotto le tende mentre altri si muovevano cautamente fra le bestie sonnolenti che giacevano vicine sulla prateria. Vidi i pastori contemplare il cielo notturno disseminato di astri luminosi, mentre le miti pecorelle distese al suolo, con lo sguardo obbediente, seguivano i movimenti di costoro che le guidavano. Fui pervasa di commozione a quella scena riportando alla mente il Buon Pastore, il quale non riposò fino a quando non ebbe ritrovato la pecorella smarrita e l’ebbe ricondotta all’ovile. Il Padre Celeste e misericordioso aveva inviato il suo Unigenito affinché si incarnasse per riportare all’ovile le pecorelle traviate, assumendosi, quale Agnello di Dio, le colpe di tutta l’umanità. I Re di questi pastori erano partiti la notte antecedente, illuminati dalla stella prodigiosa. Le lunghe zampe dei cammelli rompevano il profondo silenzio  della notte del deserto. La carovana, attraversando con passo celere l’accampamento, si arrestò vicino alla tenda principale. I cammelli del campo, risvegliati al rumore improvviso, si alzarono rivolgendo il lungo collo; udii anche il belare delle pecore e degli agnelli ridestati. Scesi dalle loro cavalcature, alcuni dei frettolosi arrivati scossero dal sonno i pastori che riposavano sotto le tende. Frattanto i più vicini fra i guardiani notturni erano accorsi alla tenda principale. Dopo poco tempo tutto il campo fu sveglio: vidi numerose persone che, ancora sonnolenti, si strinsero intorno ai sopraggiunti e discorrevano con loro accennando alle stelle. I nuovi arrivati parlavano di una certa costellazione o apparizione che era comparsa in cielo e che era già sparita. Questi uomini facevano parte della carovana di Theodeko che giungeva da quel paese lontano. I viaggiatori chiesero ai pastori quale tratto di strada potevano aver già percorso Mensor e Sair. Theodeko infine, dopo aver preso alcune informazioni, decise di dirigersi ad un punto dove i tre erano soliti incontrarsi nelle occasioni particolari.

73 – Altre visioni sui tre Magi – Il viaggio prosegue

Nella notte tra il 27 e il 28 novembre, mentre spuntava l’aurora, Theodeko ed il suo seguito raggiunsero Mensor e Sair in una città antica in rovina.
Vidi numerose alte colonne disposte in fila. Le porte sotto le torri quadrangolari erano per metà diroccate e dappertutto erano disseminate delle belle statue che non mostravano le posizioni goffe dello stile egiziano, bensì erano fatte bene con un certo atteggiamento molto espressivo. il terreno era sabbioso e ricoperto da mucchi di sassi. In mezzo alle rovine vidi in agguato, accovacciate, certe persone che mi parvero ladri ben addestrati alla rapina. Indossavano solo una pelle di animale intorno al corpo ed avevano in mano degli stocchi. Erano di color bruno, di bassa statura, muscolosi e assai agili. Vidi le tre carovane dei Magi congiungersi al centro della città. Allo spuntar del giorno abbandonarono questo luogo e proseguirono frettolosi il viaggio. Molti poveri di questa zona, che erano stati allietati dalla generosità dei tre sovrani, si aggregarono alle carovane. Dopo una mezza giornata di viaggio, i Magi pensarono di riposare per un giorno intero. In questa città piena di rovine, poco dopo la morte di Cristo, l’apostolo Giovanni mandò Saturnino e Jonadab (il fratellastro di Pietro) a predicarvi il Vangelo. Theodeko aveva una carnagione di un bel color giallo; lo ricordo ammalato nella sua tenda quando, trentadue anni dopo, Gesù andò a visitare i tre Magi. Ogni Re era seguito da quattro parenti. Vidi anche persone d’alto rango accompagnate a loro volta da servi e cammelli. Fra i numerosi giovani del seguito, ricoperti solo da una fascia ai fianchi, vedo Eleazaro del quale posseggo una reliquia. Egli subirà il martirio. Quando Anna Caterina fu interrogata dal suo confessore sui nomi dei Santi Re così rispose: “Mensor, quello dai colore bruno, dopo la morte di Cristo, fu battezzato da San Tommaso con il nome di Leandro; Theodeko, dal colore giallo e di età avanzata, accolse dallo stesso San Tommaso il nome di Leone. il moro, che quando giunse Gesù, era già morto, si chiamava Seir, ovvero Sair”.Il confessore allora le domandò: – E quest’ultimo come fu chiamato all’atto del battesimo? – Egli era già morto e non ebbe altro battesimo che quello dell’intenzione”.
Allora il confessore soggiunse: – Questi nomi non li ho mai sentiti da quando sono al mondo, ho sempre saputo che si chiamavano “Gaspare, Melchiorre e Baldassare”.- Suor Emmerick così gli rispose: “Si sono chiamati così, perché questi sono nomi simbolici che corrispondono ed esprimono precisamente il loro carattere: il primo è “amorevole”; il secondo: “si aggira dolcemente intorno”; il terzo significa: “pronto con la volontà ad aderire a quella di Dio”.
La Veggente pronunciò queste parole con grande allegria, accompagnando l’espressione di ciascun nome col gesto e stendendo la mano fuori dal letto.

Visioni del 28 novembre.
Dopo una mezza giornata di cammino dalla città delle statue, i tre Magi e le loro carovane entrarono in un paese molto più fertile. Io mi sentii unita alle loro carovane.
Vidi che in questo paese le abitazioni dei pastori erano numerose e disseminate, fatte  di pietre bianche e nere. La carovana andava accostandosi ad un pozzo della pianura, vicino al quale si trovavano numerose capanne assai vaste e aperte da un lato. Tre di queste erano disposte al centro di tutte le altre; mi parve che fosse un luogo destinato alla sosta delle carovane. Ognuna delle tre carovane dei Magi era presieduta da cinque persone, compreso il sovrano, il quale aveva cura di ogni cosa, presiedeva alle riunioni ed impartiva gli ordini. I componenti di ogni tribù al seguito dei Magi, avevano un colore di carnagione diverso dalle altre, come erano diversi pure nel vestito. Tutti portavano sandali molto aperti, i piedi nudi erano sormontati da cordicelle sottilissime che li mantenevano legati alle suole. Persone di alto rango sedevano comode sul carico degli animali e impugnavano un bastone per distinguersi. Portavano alla cintola sciabole, coltelli e borse. Costoro erano seguiti da bestie grandi quasi come cavalli, cavalcate da servi e schiavi che stavano seduti sul carico degli animali stessi. Le carovane si fermarono intorno ad una vasca chiusa da un coperchio, che fu aperta da un uomo che aveva accompagnato la carovana fin dalla città diroccata; così dietro il pagamento di un’imposta le bestie poterono abbeverarsi. Poi tolsero dai somari delle ceste contenenti le provviste e da quelle mangiarono, mentre dei vasi di pietra furono riempiti di foraggio e posti davanti agli animali. Quella gente aveva trasportato molte provviste anche per le proprie cavalcature. Vidi moltissimi pani ben conservati in scatole di cuoio, vasellami preziosissimi di un metallo giallognolo e tempestati di gemme, calici preziosi di cui si servivano per bere. Gli orli dei vasi erano muniti di pietre preziose di color rosso. Dopo che le bestie furono sazie e dissetate si accesero i fuochi. Vidi formare al centro del campo una grande pira di legname dove furono arrostiti numerosi uccelli. I tre sovrani e gli anziani distribuivano il cibo perfino ai loro servi e agli schiavi seduti un po’ in disparte. Mi sento commossa nel vedere l’amabile e infinita generosità dei Santi Re! Li vedo dividere i pasti con i poveri accorsi da ogni parte. E, come si fa con i fanciulli, porgono perfino alle loro labbra i vasi aurei per dissetarli.

74 – La lunghezza del viaggio

Ho saputo molte cose intorno ai Magi: Mensor era Caldeo, la capitale era Acaiaia, che giaceva su  un’isola in mezzo ad un fiume. Nel suo castello Mensor abitava raramente perché preferiva vivere con i suoi pastori in mezzo alle greggi. il moro Sair abitava credo a Partherme (forse la pronuncia giusta era Parthiene o Parthomaspe), che era il suo paese natio. Un po’ fuori di questa città si trovava un lago. Sair era di carnagione nera e aveva labbra grandi e molto rosse, come i componenti di tutta la sua tribù; le popolazioni dei dintorni del paese di questo sovrano invece erano bianche. La capitale del regno non era molto grande. Theodeko, che invece era bianco, abitava nel paese posto assai più lontano, cioè nella Media, la quale se non erro mi sembra che si stendesse su due mari. Theodeko era il più ricco degli altri Re; dovette fare il maggior sacrificio per compiere il viaggio. Infatti egli avrebbe potuto recarsi a Betlemme seguendo la via diretta, ma preferì unirsi agli altri compiendo un giro vizioso per Babilonia. La posizione topografica dei tre regni formava una specie di triangolo. il viaggio dei Magi durò complessivamente circa settecento ore, vidi anche il numero sei, forse settecentosei, sedici o sessanta. Siccome viaggiarono spesso giorno e notte e avevano ottime cavalcature, percorsero questa distanza in soli trentatre giorni. La stella che li guidò, era come un globo luminoso, il quale sembrava sospeso ad un raggio radioso proveniente da un torrente di luce e guidato da una mano invisibile. Durante il giorno il globo luminoso superava la luce del sole. Considerando la lunghezza del viaggio mi parve quasi impossibile che potesse essere compiuto in così breve tempo, viste anche le difficoltà del terreno sul quale si muoveva la carovana. La stella si distingueva assai bene di notte, era di un colore rossiccio simile a quello della luna quando spira il vento forte; la sua coda era pallida e prolungata. Vidi i Magi ed il loro seguito percorrere spesso tratti di strada a piedi, muovendosi a capo scoperto e assorti in preghiera. Quando il terreno però ritornava ad essere buono, essi montavano di nuovo le loro cavalcature e proseguivano il cammino in modo molto più spedito. Altre volte li vedevo avanzare lentamente nella notte mentre intonavano inni di lode che, risuonando nell’ aria notturna, producevano una dolce emozione nello spirito.

75 – La carovana dei Magi – Il re di Causur

Visioni dal 29 novembre al 2 dicembre.
Nella notte dal 29 al 30 novembre, cioè dal giovedì al venerdì, mi vidi con la carovana dei Santi Re, non saprei descrivere mai abbastanza bene con quanta gioia, ordine e obbedienza essi compivano ogni minima azione. Durante la notte li guida sempre la stella con la lunga coda che tocca quasi la superficie terrestre. Quegli uomini eccellenti, ora la guardano silenziosi, altre volte ne parlano rispettosi dalle loro cavalcature, e talvolta le elevano inni di ringraziamento. Il tono del canto è lento e commovente, consta di note basse e altissime. Quel canto squarcia il silenzio delle notti stellate del deserto e lascia una profonda impressione nel cuore. Percepisco nel mio spirito il sottile e delicato simbolismo di quelle dolci note. Straordinariamente preciso e ordinato è il muoversi di quella carovana divisa in più gruppi. Ciascuno di questi è preceduto da un cammello molto alto e caricato di gravi pesi da ambo i lati della gobba, sulla quale siede uno dei capi della carovana impugnando uno stocco. A questo cammello seguono i cavalli e gli asini, tutti carichi, montati da persone dipendenti dal capo che siede sul cammello. Segue poi un altro gruppo e così via. I cammelli hanno un passo leggerissimo ma assai lungo, posano lo zoccolo duro sul suolo come se avessero cura di non rompere qualche cosa. Il corpo non si muove per niente e pare che le sole gambe abbiano movimento. La testa, sorretta dal lungo collo, accenna appena ad aver vita. Pure gli uomini della carovana agiscono in modo tranquillo, attenti a quello che fanno e senza occuparsi del futuro. Questo popolo in movimento, che segue i Magi e non conosce ancora il Signore, si muove pacifico e contemplante per essere da Lui redento e colmato di grazia. Noi invece, nelle nostre processioni, siamo disordinati, indifferenti e senza devozione alcuna. Vedo la carovana attraversare il paese di Atom, dove abitò Azaria, il sacerdote idolatra.

Venerdì 30 novembre.
La carovana si è fermata in un campo vicino ad un pozzo. Nelle vicinanze vi sono molte capanne, da una delle quali viene un uomo che apre il pozzo. Qui fanno fatto una breve pausa, si dissetano loro e gli animali, ma non scaricano nulla.

Sabato 1 dicembre.
La carovana prosegue il viaggio attraverso le pianure, mentre ieri l’avevo vista salire per erti pendii. Alla loro destra vedo dei monti e mi pare che scendendo si avvicinino ad una regione dove sono frequenti le abitazioni. Piante e pozzi fiancheggiano la via. Gli abitanti del luogo hanno steso dei fili fra un albero e l’altro, e con i medesimi intrecciano larghi tappeti. Questo popolo è adoratore degli idoli dalla testa di bue, e dona generosamente cibo a tutti i poveri che seguono la carovana dei Re. Mi meraviglio quando vedo che gettano i piatti tondi sui quali hanno mangiato.

Domenica 2 dicembre.
I Re giunsero presso una città, il cui nome risuonò al mio orecchio come “Causur”; essa consisteva in tende erette sopra un terreno pietroso. In questa città appunto si fermarono a visitare il sovrano. Dal momento che erano partiti dalla città antica in rovine fino a questo luogo, avevano percorso molte miglia in sole sessanta ore di marcia. Quando i Magi narrarono cosa avevano veduto, il re di Causur si meravigliò assai, e preso un cannocchiale vide egli stesso la stella ed in essa l’immagine di un Fanciullo con una croce. Allora costui li pregò che passassero di nuovo da lui al ritorno per riferirgli ciò che avevano veduto, poiché egli desiderava offrire a questo Santo Bambino altari e sacrifici. Sono curiosa di vedere se questo re manterrà la sua promessa! Sentii i Magi narrargli come avessero incominciato ad osservare il corso delle stelle.

76 – L’osservazione delle stelle presso i tre Magi. La stella di Giacobbe.

I progenitori dei Magi discendevano dalla stirpe di Giacobbe, anticamente vivevano nel Caucaso e possedevano diverse terre in paesi lontani. Circa 1500 anni prima della nascita di Cristo abitava quei luoghi una tribù degli antenati dei Magi. Il profeta Balaam viveva nei dintorni e uno dei discepoli ne diffuse le sue profezie, rivelando il significato della stella di Giacobbe che un giorno sarebbe sorta. La profezia trovò una favorevole accoglienza fra la gente di quella tribù. Fu quindi edificata un’alta torre sopra un monte, sulla quale molti savi astronomi facevano osservazioni sull’universo stellato per scrutare i simboli della stella. La torre aveva la base molto larga e la sommità molto stretta. Ho veduto le piccole celle dove i savi dimoravano ordinariamente per compiere i loro studi. Quelle ricerche, con i relativi sviluppi, passarono tradizionalmente di generazione in generazione. Vari avvenimenti però fecero in modo che a poco a poco l’interesse per l’osservazione degli astri fosse trascurata. Cinquecento anni prima della venuta di Cristo si diffuse invece tra questo popolo l’idolatria più crudele, giungendo al punto di sacrificare agli idoli i fanciulli per favorire la venuta del Bambino promesso. In questo tempo il popolo astronomo era suddiviso in tre famiglie lontane l’una dall’altra, governate da tre fratelli. Ciascuno di questi aveva a sua volta tre figlie profetesse che riaccesero nelle tre tribù la fiamma dell’amore per l’astronomia. Esse annunciarono pubblicamente la venuta della stella e del Santo Bambino discendente da Giacobbe. Allora tutti ripresero ad attendere la venuta del Santo Bambino nel modo più giusto e iniziarono di nuovo lo studio profondo del significato degli astri. Per diretta discendenza dai padri delle veggenti, videro la luce i tre Magi. Nel corso di quasi cinquecento anni, durante tutto il periodo che intercorre tra le profetesse e i Magi, continuò sempre attentamente l’osservazione delle stelle sulla torre costruita per uso comune. Questo studio serviva anche ad introdurre cambiamenti culturali nei riti religiosi del paese. Si notarono così segni meravigliosi negli astri. Purtroppo i sacrifici umani durarono fino alla concezione della Vergine Benedetta. Mentre i Magi davano spiegazioni su questi segni al re di Causur io ne vidi parecchi. Dalla concezione di Maria in poi, i simboli astronomici avevano fatto sempre più riferimento al prossimo santo Evento. Negli ultimi tempi, alcuni segni nel cielo simbolizzavano perfino i patimenti della Vergine e di Gesù.

 

77 – La scala di Giacobbe e i simboli primitivi dell’Avvento e della venuta di Maria

I Magi avevano avuto la visione della sommità della scala di Giacobbe che toccava una stella; così, dal numero dei gradini e dai simboli apparsi, seppero calcolare l’avvicinarsi dell’Avvento e della prossima apparizione della stella profetizzata da Baalam. Quando Maria Santissima fu concepita, i Santi Re videro l’idolo pagano della vergine con lo scettro e la bilancia piena di grappoli e di spighe; poco al di sotto di quest’idolo appariva l’immagine della Santa Vergine col Santo Bambino. Betlemme appariva allo sguardo dei Magi come un bel castello in cui stavano contenute quelle grazie che si diffondevano in tutto il mondo. Qui videro la Madonna col Santo Bambino, circondati da un’aureola di splendore, accogliere le offerte di numerosi sovrani che si prostravano ai loro piedi. I Re astronomi videro pure la Gerusalemme celeste, poi una via oscura e piena di sangue, di spine e di patimenti. Allora essi pensarono ingenuamente che la Gerusalemme celeste fosse il regno di questo Re sulla terra e credevano di poterla raggiungere con il loro viaggio. La via sanguinosa era stata da loro interpretata come il simbolo delle tribolazioni di questo lungo viaggio, senza immaginare che significasse la Passione di Cristo. I Magi videro sulla parte inferiore della scala di Giacobbe un simbolo che si riferiva alla fuga di Maria Santissima in Egitto. Vidi sulla scala di Giacobbe un gran numero di immagini, molte si riferivano alla Madonna nelle Litanie lauretane: il pozzo suggellato, il giardino recinto ed il simbolo dei Re che si scambiavano reciprocamente lo scettro ed i ramoscelli. Questi simboli apparivano nella costellazione ed erano seguiti attentamente dai Santi Magi, i quali appena videro quello dei Re e del Bambino con la croce si misero in viaggio senza più alcun dubbio. Questo simbolo era nella stella, che non era una cometa ma una meteora risplendente portata da un Angelo. Quando i Magi non la vedevano, erano guidati nello spirito dall’Angelo. Grande era la loro attesa, come pure grande fu la loro delusione quando notarono che tutti ignoravano il grande Evento. Giunti poi a Betlemme, quando invece del magnifico castello apparso nella stella videro una deserta spelonca, furono compresi da dolorosa incertezza. Ma appena videro il Santo Bambino ritornarono nella profondità della loro fede prostrandosi devoti dinanzi alla sua Luce. Le osservazioni che essi facevano delle stelle andavano sempre congiunte a digiuni, preghiere, rinunce e purificazioni. Le contemplazioni non consistevano nell’osservazione di una singola stella, bensì delle costellazioni. Quando queste osservazioni venivano fatte da persone senza purificazione spirituale e dal carattere grossolano, esse venivano assalite da violente convulsioni; a queste reazioni risale la prima causa delle orribili inumazioni di vittime. Altri però, come per esempio i Santi Re, non solo vedevano il simbolo riflesso evidente come uno specchio nella quiete profonda del loro animo, ma si sentivano inondati dalla grazia che li rendeva sempre più devoti e migliori nello spirito.

78 – Matta avverte l’arrivo dei Magi

Visioni da lunedì 3 a sabato 8 dicembre.
Appena i tre Re ebbero lasciato Causur, una lunga carovana di persone distinte che
seguivano la stessa via si uni a loro. Ho visto l’enorme carovana congiunta snodarsi
attraverso vaste campagne; il 5 dicembre hanno sostato presso un pozzo e abbeverato
le bestie senza però togliere il carico.
In questi giorni, la venerabile Suor Emmerick intonò spesso nel sonno versi
commoventi. Quando fu interrogata in merito, così rispose:
“Io canto come gli amati Santi Magi che intonano strofe piene di significato spirituale,
per esempio: – Noi valicheremo i monti e ci prostreremo innanzi al nuovo Re. –
Qualcuno inventa un altro versetto e lo canta; gli altri lo ripetono in coro; poi un secondo compone un altro verso, e così via, e proseguono il cammino alternando
dolcemente i cantici”. All’interno della stella che indicava loro la via, vidi la figura di
un Bambino con una croce.

Mercoledì 5 dicembre.
Maria intanto aveva avuto una visione che le annunciava l’arrivo dei Re; ciò avvenne
mentre questi erano presso il sovrano di Causur. La Madonna vide anche che
quest’ultimo aveva manifestato l’intenzione di erigere un altare a suo Figlio. Rese
partecipi Elisabetta e Giuseppe dell’avvenimento e disse che voleva prepararsi a
ricevere i Magi. Vidi Maria costretta a nascondersi di nuovo perché erano giunti alla
grotta alcuni curiosi. Oggi ho visto giungere un servo a riprendere Elisabetta, che se ne
è ritornata con lui a Juta. I giorni dal 6 all’ 8 dicembre passarono generalmente assai
tranquilli. La Santa Famiglia fu sola eccetto l’umile ancella di Anna. Questa era una
vedova di circa trent’anni, senza figli, legata ad Anna da parentela. Il defunto marito la
trattava duramente perché lei si recava spesso dagli Esseni e pregava per la salvezza
d’Israele. Dopo poco che egli l’aveva abbandonata, morì; allora Anna accolse la donna
presso di sé. La vidi spesso alla grotta dedita al servizio della Santa Famiglia. in questi
giorni non vidi più la canaglia arrogante che era venuta a bestemmiare e urlare chiedendo sempre più doni a Giuseppe. Vidi Giuseppe che celebrava il sabato con Maria e
l’ancella alla luce del presepio. Sabato sera incominciò la festa della Dedicazione,
Giuseppe appese dei candelabri in tre differenti posti della grotta e su ciascuno accese
sette lumicini. Le Ebree allattano i bambini soltanto per poco tempo, vidi che anche
Gesù, pàssati i primi giorni, ebbe per nutrimento un brodo fatto col midollo d’una
pianta acquatica. Durante il giorno l’asino pascolava sul prato, rientrava nella grotta
soltanto di sera.

79 – I doni di Anna alla Santa Vergine.

Visioni di domenica 9 e lunedì 10 dicembre.
Da quando era iniziata la festa della Dedicazione a Gerusalemme, alla grotta c era
molta quiete, nessuno veniva in visita o a disturbare. il mattino dopo vidi un servo di
Anna recare molti oggetti per la Vergine, tra i quali un lavoro femminile per produrre
una cintura e una magnifica cesta piena di frutta ricoperta da freschissime rose. Il cesto
era alto e di forma sottile; le rose non avevano il solito colore ma erano piuttosto di
color carne, ve ne erano anche delle bianche e delle gialle con molte foglie. Maria
gradì molto questo dono perché vidi che collocò la cesta vicino a sé.
Il viaggio dei tre Re.
Frattanto, vidi i Santi Re attraversare certe montagne ricoperte di piccole pietre a
forma di conchiglia. Vorrei possederne alcune, mi piace tanto la brillantezza della loro
superficie! Su quei monti vi sono molti spazi ricoperti di sabbia bianca. In quella zona
si stabiliranno più tardi i Magi e Gesù li visiterà durante il terzo anno della sua
predicazione.

Martedì li e giovedì 13 dicembre.
Mi sembra che Giuseppe desideri trasferirsi a Betlemme dopo la purificazione di
Maria, anzi credo che abbia fatto già la ricerca di un’abitazione nella cittadina. Tre
giorni or sono alcune persone distinte di Betlemme si recarono in visita alla Santa
Famiglia e offrirono a Giuseppe ospitalità nella loro casa. Maria Santissima si
nascose nella caverna laterale mentre Giuseppe rifiutò l’offerta. Anna fece annunciare
la sua prossima venuta alla grotta. Vidi che a Gerusalemme si introducevano molti
cambiamenti riguardo alla festa. In molte case si chiudevano le finestre o si calavano
le tende. Un sacerdote, con in mano delle pergamene, si recò alla grotta. Lo vidi
seduto con Giuseppe dinanzi ad un tavolino con una tovaglia rossa e una bianca,
entrambi erano immersi nella preghiera. Mi pare che costui fosse venuto per vedere se
Giuseppe celebrava la festa, o per annunciargli una nuova celebrazione.

80 – Il lungo viaggio dei Magi continua: in cammino verso il Giordano

Visioni della Veggente sulle tappe e le vicende del viaggio da domenica 16 a martedì 18 dicembre.
Conclusasi la festa di Dedicazione, la domenica 16 e il lunedì 17 molti abitanti dei
dintorni vennero alla grotta e fra essi anche medicanti importuni. Lunedì 17 giunsero
due servi di Anna con viveri ed arnesi. Essi anticiparono di nuovo la prossima visita
della Santa Madre. Maria aveva regalato ai poveri quasi tutto quello che possedeva.
Giuseppe preparava la grotta per accogliere la visita di Anna e, secondo la visione di
Maria, anche per l’arrivo dei Re. Lo vedevo ripulire le caverne laterali ed anche quella
di Maraha in cui aveva messo tutte le provviste. Frattanto i Magi procedevano la loro
marcia nel modo più spedito: disponevano di numerosi dromedari che hanno il passo
più veloce dei cavalli. I Re adoperavano come unità di misura e di orientamento, la
marcia di dodici ore al giorno. La sera tardi vidi i Magi con la loro carovana giungere
in una piccola città composta da caseggiati sparsi senza ordine. Molte case erano
circondate da alte siepi. Mi parve che questa fosse una città ebrea. Il luogo si trovava
in linea retta con Betlemme. I Magi erano giunti nella città al chiarore lunare, guidati
dalla stella, mentre intonavano allegri canti devozionali. Sembrava che gli abitanti di
quel luogo non vedessero la stella e che comunque poco se ne curassero. In ogni modo
quella popolazione si mostrò buona e ospitale. Essendo alcuni viaggiatori già scesi
dalle cavaicature, gli abitanti accorrevano per aiutarli ad abbeverare le loro bestie.
Quest’episodio mi richiamò alla memoria i tempi di Abramo, quando tutti gli uomini
erano allora così buoni e cortesi tra loro. Quando la carovana dei Magi dopo poco
riparti, molti abitanti l’accompagnarono per un buon tratto fuori della città. La stella
non risplendeva sempre, anzi si offuscava spesso, si illuminava solo quando i Re
transitavano luoghi abitati da persone buone. Talvolta quando i viaggiatòri la
vedevano brillare di maggior luce, si sentivano profondamente commossi e credevano
che nei dintorni ci fosse il Messia.

Martedì 18 dicembre.
Questa mattina i viaggiatori hanno aggirato le mura di una tetra ed oscura città; poi,
dopo un breve tratto di cammino, hanno superato un fiume che ha la foce nel mar
Morto (forse l’Armon).

Da mercoledì 19 a venerdì 21 dicembre.
Questa sera ho veduto la carovana dei Re giungere a Methane, presso Armon, frattanto
si sono uniti alla carovana altre decine di mendicanti attirati dalla generosità dei Magi.
Nella città convivevano piuttosto male pagani e Giudei, essi non si dimostrarono
interessati alla storia del Bambino della salvezza e non vollero dare il permèsso alla
carovana di accamparsi dentro le mura. Infine concessero l’alloggio fuori dalle mura
orientali. Con la massima ingenuità e schiettezza, i Magi narrarono ai curiosi la storia
dell’Avvento tanto atteso dai loro antenati da circa duemila anni. Con molta tristezza
però notarono che nessuno era interessato alla stella. Quella sera la stella era
circondata dalla nebbia, ma quando nel bel mezzo della notte ricomparve più maestosa
e splendente di primà, allora i Re corsero fuori dal campo e, svegliati gli abitanti, la
mostrarono, ma tra quelli che la guardavano stupiti quasi nessuno si vedeva
commosso, anzi molti si sentivano adirati con i Re e pensavano solo di trarre
vantaggio dalla loro ingenua generosità. Quando i tre Santi Re si congedarono da
questo popolo, la stella splendeva ancora tra le nubi. Nonostante la moltitudine si fosse
stupita di fronte a questo splendore, nessuno aveva aperto il cuore alla devozione. I
Magi pazienti, prima di allontanarsi distribuirono alla massa certi pezzetti triangolari
di foglie d’oro e di grani di color scuro. Infine, scortati dagli abitanti, attraversarono la
città intera, qui videro statue di idoli e templi; poi passato il fiume e attraversato
un villaggio ebreo, proseguirono verso il Giordano. Ormai erano a poco più di
ventiquattro ore di marcia da Gerusalemme.

81 – L’arrivo di Anna alla grotta. I tre Re passano il Giordano

Da mercoledì 19 a sabato 22 dicembre.
Il giorno 19 vidi che Anna era in viaggio verso Betlemme, era accompagnata dal suo
secondo marito, dall’ancella, da un servo e da Maria Heli. Avevano portato due asini
carichi di doni e provviste alimentari. Trascorsero la notte non lontani da Betania,
sulla strada che porta a Betlemme. Intanto Giuseppe aveva disposto nella grotta
l’alloggio per gli ospiti, per questo motivo Giuseppe, Maria e il Bambino si ritirarono
nell’altra caverna. Vidi molti curiosi giungere da Betlemme per far visita al Bambino;
il Santo Neonato si lasciava accarezzare solo da alcuni senza difficoltà, mentre appena
era toccato da altri piangeva e si dibatteva. Nell’altra caverna, dove erano traslocati,
vidi il bambino Gesù giacere vicino alla Vergine in un cestello fatto di scorze d’albero;
il letto della Vergine e il cestello col Bambino erano protetti da una parete di vimini
costruita da Giuseppe. Il sant’uomo dormiva in un angolo remoto separato da una
piccola parete. Vidi Giuseppe portare a Maria dei cibi su un piattino ed un vaso con
l’acqua.

Giovedì 20 dicembre.
Anna ha portato molti doni: panni, tappeti e provviste di ogni genere per la Santa
Famiglia. Profondamente commossa, Maria ha deposto il Santo Bambino nelle braccia
di sua madre. Anna ha diviso la gioia con la sua diletta figlia accarezzando e baciando
il Pargoletto divino. il vecchio servo era assai umile e molto timido, l’ancella portava
una lunga chioma ed era vicina a lui. Poi si sono prostrati tutti al suolo e, in estasi
devozionale, hanno adorato il Santo Bambinello. Ho sentito la Madonna annunciare
affettuosamente a sua madre l’arrivo imminente dei tre Re dall’Oriente, apportatori di
preziosi doni.

Sabato 22 dicembre.
Vidi Anna lasc~are la grotta e recarsi in un altro paese, per fare una visita a sua sorella
minore sposata con un membro della tribù di Beniamino. Non mi sovviene il nome di
questo paesino ma vidi che consisteva solamente in alcune case. Vidi i Magi
allontanarsi di notte da Matanea e giungere a Bethabara; passarono di buon mattino il
Giordano, ed essendo sabato, non incontrarono che pochi viandanti. Quando il fiume
veniva attraversato da carovane intere, come in questo caso, i barcaioli fabbricavano
una specie di ponte per traghettarle. L’operazione durò finché tutti passarono
felicemente sulla sponda occidentale del fiume. Quindi la carovana dei Magi si snodò
alla destra della città di Gerico senza toccarla, e, sebbene fosse in linea retta con
Betlemme, continuò sul lato destro. Frattanto si aggregarono alla carovana altre cento
persone. In lontananza mi apparve un villaggio bagnato da un torrente. Sembrava che
nella loro marcia i Magi dovessero passare per quel villaggio; li vedevo costeggiare
per un lungo tratto la riva sinistra del fiumiciattolo mentre Gerusalemme appariva loro
in distanza.
Poco dopo Anna Caterina disse:
Non sono entrati nel villaggio, ma si dirigono a destra verso Gerusalemme. Vidi infatti
giungere i Santi Re dinanzi alle mura di Gerusalemme. La città ergeva arditamente le
sue torri nelle regioni celesti. La stella brillava di pallida luce dietro le mura della città.
Quanto più i viaggiatori si avvicinavano a Gerusalemme, tanto più si scoraggiavano
perché la stella aveva perduto lo splendore ed era quasi scomparsa. Nel cielo della
Giudea la videro solo rare volte. I Santi Re pensavano che nel paese del neonato
Redentore l’avvenimento fosse conosciuto e celebrato con gioia. Ma non avendovi
scorto alcuna manifestazione di giubilo, i Magi si sentirono afflitti, temendo di restare
frustrati nella loro attesa.

82 – L’arrivo a Gerusalemme dei Magi – Erode è sconvolto

La carovana adesso aveva al seguito più di duecento persone. Si erano unite alla
medesima anche alcuni personaggi distinti. Vidi i tre Re che sedevano sopra i
cammelli a due gobbe, carichi di bagagli. Le persone distinte procedevano su
cavalcature assai veloci; non so se fossero cavalli o asinii guarniti di preziose
gualdrappe e redini adornate di innumerevoli catenelle d’oro. Entrati a
Gerusalemme, il popolo fu assai sorpreso nel vederli. Quando i Magi esposero il
motivo della loro venuta, si accorsero che perfino in questa città nessuno era a
conoscenza della stella e del Santo Bambino. Tutti si dimostrarono meravigliati di
questa storia. Quando però i guardiani delle porte udirono l’offerta dei Magi di pagare
lautamente l’ospitalità nella città, e che desideravano parlare al sovrano, mandarono
subito ad avvertire Erode. Frattanto alcuni cittadini presero a deridere i Re. Tempo
dopo, i Magi appresero con tremendo stupore che anche Erode mai aveva sentito
parlare del Santo Neonato, allora la loro afflizione aumentò. Ma dopo aver pregato, si
sentirono subito pieni di fede e di coraggio; allora si affidarono a Colui che per mezzo
della stella li aveva condotti in quel luogo. La carovana fu infine fatta entrare per la
porta vicina al monte Calvario; i Magi e il seguito furono condotti in un cortile
rotondo con abitazioni. Abbeverarono le bestie e poi le condussero nelle stalle, mentre
i bagagli dei Re e del loro seguito furono attentamente perquisiti. Vidi poi Theodeko
condotto segretamente al castello di Erode su un’altura. Erano le ore ventidue quando
fu ricevuto da un cortigiano di Erode in una grande sala al piano terra. Al castello c’era
una festa, le sale erano illuminate e affollate di cortigiani, vidi donne in abbigliamento
succinto. Il maggiore dei tre Magi espose tutto con naturalezza e pregò il cortigiano di
domandare al suo sovrano se sapesse dove fosse il nuovo Re dei Giudei. Inoltre gli
disse sinceramente che essi erano giunti fin qui per adorarlo, seguendo la stella inviata
dalla Provvidenza celeste. Quando l’uomo informò Erode, questi ne fu assai
spaventato. Dissimulando il proprio risentimento, il tiranno fece rispondere che non ne
sapeva nulla ma avrebbe chiesto subito informazioni. Intanto i Santi Re, sconsolati,
andarono per la città cercando di udire o vedere qualcosa, scrutando invano il cielo di
Gerusalemme con la speranza di vedere la stella. Appena Theodeko si allontanò dal
castello, Erode, rimasto sbigottito dalla notizia, fece convocare con urgenza i saggi e i
sacerdoti. Era mezzanotte quando vidi i santoni con i libri della Legge recarsi al
castello. Oltre venti eruditi e veggenti, vestiti di abiti sacerdotali orna-ti di piastre e
con le cintole adorne di lettere, si erano riuniti intorno ad Erode per esaudirne la
volontà. Costoro mostrarono al sovrano un passo di uno scritto antico e gli risposero:
“Egli deve essere nato in Betlemme di Giuda, secondo le parole del profeta Michea:
“Tu o Betlemme, così piccola per essere tra i capoluoghi di Giuda, da te uscirà il Re
che deve reggere il mio popolo in Israele” (cfr. Mi 5,1); Allora il tiranno impallidì; lo
vidi recarsi con alcuni sacerdoti sulla terrazza del palazzo per scrutare il cielo e cercare
la stella di cui aveva parlato Theodeko. Non videro nulla. Il sovrano dei Giudei fu
assalito da una viva inquietudine, i dottori e i sacerdoti cercarono di acquietarlo
dicendogli di non credere alle fantasticherie di quei Re, della loro stella e del novello
sovrano, se veramente fosse avvenuta una tal nascita i sacerdoti del tempio della città
santa l’avrebbero già saputo.

83 – I tre Re si presentano ad Erode e ripartono per Betlemme.

Domenica 23 dicembre.
Questa mattina Erode fece venire al suo palazzo i Re che furono ricevuti in tutta
segretezza sotto un atrio e poi introdotti in una sala. Quale segno di buona accoglienza,
vidi vasi con ramoscelli verdi e alcuni rinfreschi. Attesero un tempo, e appena videro
apparire il sovrano nella sala si inchinarono e gli chiesero se avesse avuto notizie del
nuovo re dei Giudei. Erode, che era accompagnato da alcuni saggi, cercando di
nascondere la sua agitazione interiore, pose a sua volta domande ai Magi su quello che
avevano veduto. Mensor allora gli narrò dell’ultima immagine che era apparsa nella
stella: cioè di una Vergine col Fanciullo dal cui fianco destro sporgeva un ramo che
sosteneva all’estremità una torre con molte entrate. La torre si era a poco a poco
ampliata fino a divenire una città, mentre il Bambino con la corona, la spada e lo
scettro, era apparso sulla città stessa qua-le suo dominatore. Poi Mensor così concluse
la descrizione di questa visione: “Allora noi vedemmo giungere in questo luogo tutti i
sovrani della terra per prostrarsi e adorare il Bambino, perché Egli possiede un Regno
che è superiore a tutti gli altri”. Erode gli disse: “Esiste una profezia analoga, la quale
determina il luogo di Efrata, intorno a Betlemme, in cui potreste tentare di trovare il
Bambino e adorano in silenzio contemplativo e sincerità!”. Poi il sovrano concluse
manifestando il desiderio di udire la loro relazione quando fossero passati sulla
strada del ritorno, “affinché egli pure potesse colà recarsi e prestare il suo omaggio”
(cfr. Mt 2,8). I Magi, senza toccare i rinfreschi e i cibi preparati per loro, andarono via
in fretta dopo essersi accomiatati da Erode. Essi ripresero subito il viaggio alla volta di
Betlemme, seguendo le istruzioni della profezia accennata da Erode. Quando si misero
in viaggio, siccome vidi ardere le fiaccole, suppongo che fosse prima dell’alba. Molti
mendicanti, che avevano seguito la carovana, si erano dispersi per Gerusalemme e non
proseguirono il viaggio al seguito dei Magi. Vidi il lungo corteo dei carri, cavalieri,
cammelli e uomini a piedi, uscire dalla porta posta a mezzodì di Gerusalemme. Un
gruppo di persone li seguì fino ad un ruscello vicino alla città. Passato il ruscello, i Re
sostarono in attesa di vedere comparire la stella; quando dopo poco questa apparve
luminosa essi lanciarono grida di gioia e con lieti canti proseguirono la via. La stella,
che di notte splendeva come un globo di fuoco, ora si distingueva appena in forma
rotonda come quando si mostra la luna in pieno giorno. Spesso la vidi offuscata dalle
nubi. La via diretta che da Betlemme conduceva a Gerusalemme, formicolava di
viaggiatori che portavano numerosi asini carichi di bagagli. Credo che fossero persone
che facevano ritorno a Gerusalemme dopo aver pagato l’imposta a Betlemme, o che si
recavano al mercato o al tempio di Gerusalemme. La strada secondaria che invece
percorrevano i Santi Re, era laterale a quella principale, più lunga e solitaria. Fu
certamente per volere di Dio che giunsero la sera a Betlemme senza eccitare troppo la
pubblica curiosità. Vidi la carovana avanzare al tramonto del sole sempre mantenendo
lo stesso ordine: Mensor precedeva con tutti i suoi, poi seguiva il moro Sair; infine
Theodeko, il più anziano dei Re.

84 – La stella indica ai Magi la Grotta del Presepio

Era il crepuscolo di domenica quando la carovana si arrestò dinanzi allo stesso palazzo
dove Maria e Giuseppe si erano fatti registrare. Vidi tra le altre case, una più grande di
tutte, con un cortile chiuso e circondata da un prato e alcuni alberi, al centro del quale
vi era un pozzo. Sulla piazza si trovavano alcuni soldati romani posti a guardia del
palazzo dov’era l’ufficio delle imposte. Al giungere della carovana molti curiosi le si
affollarono intorno. Frattanto la stella era sparita ed i Santi Re incominciarono ad
inquietarsi. Altre persone, uscite dalle loro case, si erano fatte loro incontro festose,
agitando dei rami ed offrendo ai Magi pani e bevande; poi cominciarono ad
interrogarli, come era l’usanza del tempo alla vista di nobili viaggiatori. Frattanto gli
animali si dissetavano alla fontana sotto gli alberi. Pensai che la causa di quel
benvenuto era dovuto ai pezzetti d’oro che i Re distribuivano alla folla, mentre a Maria
e Giuseppe, che non avevano potuto distribuire nulla o ben poco, era stata chiusa la
porta in faccia. Dopo l’incontro con Erode, i Magi istintivamente non amavano più
attirare la pubblica attenzione e chiesero solo dove porre il campo; venne consigliata
loro la valle dei pastori. In quello stesso momento i Magi scorsero uno splendore
scintillante nel cielo stellato, allora immediatamente risalirono sui cammelli. Seguendo
la fossa della città e delle mura diroccate, aggirarono Betlemme per la parte
meridionale avvicinandosi alla grotta dal lato in cui i pastori avevano avuto
l’apparizione degli Angeli. Istruiti da alcuni pastori locali, esperti del terreno, la
carovana pose l’accampamento dalla parte posteriore della caverna di Maraha. Già
parte dell’accampamento era stato disposto quando, sulla collina del presepio, la stella
apparve chiara e splendente come non mai; un raggio abbagliante di luce scendeva
perpendicolarmente sulla grotta di Gesù. I Magi, che osservarono attenti il fenomeno
miracoloso, videro formarsi in mezzo a quello splendore notturno l’immagine del
Bambino, come già l’avevano visto un’altra volta nella stella.

85 – Gioia e commozione dei Magi alla presenza della Beata Vergine

Commossi dalla gioia, essi si scoprirono il capo attestando l’alta venerazione in cui
erano stati compresi; poi, salendo la collina, rinvennero finalmente l’ingresso della
grotta. Mensor ne aprì la porta e fu inondato da una luce fulgente; in fondo alla
caverna c’era la Vergine seduta col Bambino, proprio nel modo in cui l’aveva vista
nelle sue contemplazioni. Emozionato nel più profondo del cuore, corse dai compagni
annunciando loro il portento. Giuseppe ed un vecchio pastore uscirono ad incontrarli; i
Santi Re gli dissero che erano venuti con i doni ad adorare il Pargoletto Celeste, Re dei
Giudei, condotti da una stella. Giuseppe accolse i Magi con molta cordialità. Essi,
però, vollero ritornare subito al campo ad abbigliarsi per l’occasione di ampi mantelli
di candido colore, ornati di ricami d’un bel giallo risplendente come la seta grezza. I
mantelli erano leggerissimi ed il loro strascico toccava il suolo; i Santi Re li
indossavano solo in occasione delle grandi solennità religiose. Portavano alla cintura
borse appese con catenelle d’oro; sottobraccio tenevano cofanetti preziosi coperti da
manti. Ciascun sovrano aveva un seguito di quattro parenti. Alcuni servi di Mensor
portavano un tavolino rotondo, un tappeto con frange ed alcuni preziosi oggetti.
Giuseppe li guidò fino all’ingresso, qui ricoprirono la tavoletta col ricco tappeto, la
colmarono di astucci, di vasi e di altri oggetti che ciascuno si levava dalla cintola;
erano i doni che i Magi offrivano in comunione. Quando tutti si tolsero i sandali,
Giuseppe aprì la porta della grotta: allora due servi di Mensor stesero al suolo un
tappeto ed egli entrò, seguito da altri due paggetti con i doni. Giunto al cospetto della
Santa Vergine, il Re s’inginocchiò e, ricevendo dalle mani dei servi i doni, li pose
umilmente su un piccolo sgabello ai piedi di Maria. Poi i servi si ritirarono. I quattro
accompagnatori di Mensor, umilmente inginocchiati, stavano presso quest’ultimo,
mentre gli altri due Re col loro seguito si erano fermati all’ingresso sotto la tettoia. I
Magi furono presi da grande emozione, invasi dal timore e dalla profonda venerazione.
Li vidi abbacinati dal vivo e celeste chiarore della caverna, eppure altra luce non v’era
che quella della lanterna. Difronte all’ingresso, nel luogo stesso dov’era nato, si trovava
un cestello sull’alto piedistallo, su questo giaceva la “Luce del mondo” avvQlto in un
panno. Quando i Re entrarono timorosi, la Santa Vergine si velò e prese in grembo il
bambino Gesù. Mensor, in ginocchio e a capo scoperto, offrì i doni e pronunciò
sommesse parole di omaggio. Intanto Maria Santissima, togliendo al Pargoletto la
fascia color bianco e rosso che avvolgeva la parte superiore del corpicino, lasciava
scorgere l’amabile figura mentre con una mano gli teneva sollevata la testolina e con
l’altra gli circondava il corpo. Il Bambino, quasi in atteggiamento di adorazione,
teneva le mani incrociate sul petto. Era spendente di graziosa bellezza. Contemplando
i tre Magi mi sentii profondamente commuovere dall’innocenza dei loro cuori. Quanto
sono beate e sincere nella preghiera queste pie persone che, partite da levante, sono
andate ad adorare Gesù. Mi sembrano veramente dei fanciulli! Io mi sento di essere
uno spirito vacante, sospesa nell’aria, altrimenti non li vedrei così; eppure in questo
momento esisto sulla terra! Mentre ero assorta in questa contemplazione una voce mi
disse: “Che t’importa di ciò che sei? Alzati e loda il Signore che èeterno e tutto
comprende”. Allora vidi Mensor estrarre da una borsa che gli pendeva dalla cintola un
pugno di bastoncini d’oro scintillanti, lunghi circa un dito. Egli li depose vicino al
Fanciullo divino. Maria accettò con semplice affabilità l’oro. Mensor offriva questi
bastoncini d’oro puro animato da divi-no amore e da pie intenzioni, compresi che
aveva sempre cercato di raggiungere la verità di tutte le cose. Mensor e le quattro
persone che l’accompagnavano si ritirarono, lasciando che avanzasse Sair con i suoi
seguaci. Questi pure si inginocchiò e con umili accenti offrì il suo dono, consistente in
un’aurea navicella ripiena di piccoli grani verdognoli di resina, che depose sulla
tavoletta dinanzi al Bambino. Offriva l’incenso delicato perché, volonteroso e pio,
sapeva adattarsi e seguire la Volontà Divina. Prima di ritirarsi rimase genuflesso lungo
tempo, assorto in profonda commozione. Avanzò dunque Theodeko, alto e corpulento,
non potendo inginocchiarsi si inchinò, presentando sulla tavola un vaso d’oro
contenente un’erba fine e di color verde che sembrava portasse ancora le radici. Era
questo un alberello dalle foglie increspate e lucide, i cui verdi rami erano diritti e
portavano dei bei fiorellini bianchi. Theodeko offriva la mirra quale simbolo della
mortificazione e del trionfo sulle passioni, infatti quell’uomo pio aveva combattuto e
vinto molte tentazioni mosse dal culto degli idoli, dell’irascibilità e della poligamia.
Egli e tutto il suo seguito, stettero per molto tempo genuflessi in grande commozione
innanzi a Gesù. Io intanto sentivo compassione per tutti i servi che erano rimasti fuori
dalla grotta in attesa di poter adorare per ultimi il bambino Gesù e la Madonna.
Immensa fu l’ingenuità e la semplicità delle parole dei Santi Re e dei loro seguaci.
Ecco approssimativamente il senso delle loro parole, mentre genuflessi presentavano i
doni: “Noi abbiamo veduto la sua stella ed abbiamo saputo che Egli è il Re dei re, per-
ciò veniamo ad adorarlo ed a porgergli l’offerta dei nostri doni”. Poi cantarono
inni di lode ed iniziarono a pregare con l’umiltà più profonda; vidi lacrime di gioia
scorrere sulle loro guance, riempiendoli di grazia. La Madre Divina aveva accettato
umilmente i doni che le erano stati fatti, e sebbene non parlasse, pure il segreto
movimento del velo tradiva la commozione da cui era agitata. Il nudo corpicino di
Gesù si mostrava raggiante dal velo entro cui era avvolto. Dopo che i Santi Re ebbero
presentato i propri omaggi la Madonna, pronunciando alcune umili parole di
ringraziamento a ciascuno di essi, ritirò alquanto il velo dalla sua persona. Allora io mi
sentii istruita sull’accettazione dei doni del cuore e sull’amore sincero. Ebbi innanzi
tutto conoscenza della vera dimensione della bontà di Giuseppe e di Maria; Essi non
riterranno quei doni tutti per loro ma li divideranno con i poveri ed i pastori. Prima di
ritirarsi, i Re incensarono, con pieno sentimento devozionale, Gesù, Giuseppe, la
Madonna e la grotta. Poi con i mantelli leggeri avvolti attorno al loro corpo, vidi i
Magi abbandonare la grotta insieme ai nobili del seguito per far ritorno al loro
alloggio. Entrarono quindi nella grotta i servi, che nel frattempo avevano alzato le
tende, sistemato gli animali e preparato il campo, infine avevano atteso umilmente
fuori della grotta. Erano circa in trenta e conducevano con loro una schiera di fanciulli,
i quali avevano la testa coperta e indossavano solo un semplice mantelletto. Li vidi
entrare nella grotta cinque per volta, erano introdotti da un capogruppo. Appena
varcavano l’ingresso si genuflettevano innanzi al Bambino e L’adoravano silenziosi.
Alla fine entrarono tutti i fanciulli e, inginocchiatisi, innalzarono con fervore
innocente e gioioso la loro preghiera al Bambino celeste. I servi non si fermarono a
lungo dinanzi al Presepio a causa delle gravose incombenze che li attendevano. Vidi
Maria Santissima e Giuseppe commossi fino alle lacrime per questa solenne
adorazione tributata al Figliolo Divino. I servi e la Santa Famiglia avevano unito le
loro preghiere a quelle dei Magi e fino alle vallate dei dintorni risuonava l’armonico
abbraccio della grazia. Con l’omaggio dei tre Santi Re venuti da lontano, quei genitori
avevano visto il compimento della grande attesa. Quando tutti lasciarono la grotta, le
stelle riempivano il firmamento celeste della scena notturna. Il seguito dei Magi si era
radunato intorno ai fuochi che circondavano l’albero di terebinto presso la grotta di
Maraha. Udii allora dal campo dei Santi Re levarsi i canti solenni del rito religioso
dedicato alle stelle.

86 – Giuseppe alloggia i tre Re
Mai potrei descrivere quanto fosse commovente udire quel canto nel silenzio della
valle. Gli antenati dei Magi avevano pregato ed elevato i loro inni alle stelle per molti
secoli finché questa sera ogni attesa era stata ripagata, e gli animi erano stati inondati
di gioia e di riconoscenza. Intanto Giuseppe, aiutato da due anziani pastori, aveva preparato nelle tende dei Magi un pasto frugale. Sopra una bassa tavola disposero dei
piatti con pani, frutta, favi di miele ed erbe, oltre a vari fiaschetti di balsamo. Questi
cibi erano stati preparati da Giuseppe quando Maria gli aveva annunciato l’arrivo dei
Re. Finito il canto notturno, tutti tornarono alle loro tende per desinare, e Giuseppe
consumò il pasto frugale assieme ai Magi. All’inizio si dimostrò timido di fronte ai Re,
ma poi entrò sempre più in comunione con costoro. Nell’avere queste visioni mi
ricordai di mio padre, un povero contadino, che in occasione della mia vestizione nel
chiostro si trovò assiso a tavola in mezzo a molte distinte persone. All’inizio del
banchetto l’umiltà e l’ingenuità lo resero timido, in seguito però divenne giulivo e fu il
protagonista della festa. Giuseppe si ritirò nella grotta subito dopo il banchetto, mentre
alcuni dei ricchi della carovana si recarono in un albergo di Betlemme; altri invece si
stesero sui giacigli che erano stati disposti intorno alla tenda maggiore e si riposarono.
Quando Giuseppe fu di ritorno alla grotta, collocò i doni ricevuti dai Magi dietro ad
una parete mobile. Né Giuseppe, né l’ancella e tantomeno Maria avevano contemplato
i doni con compiacenza mondana; li distribuirono ai poveri. Quando la carovana era
giunta a Betlemme, vidi che intorno vi era nato un trambusto e una certa agitazione.
Un gruppo di persone aveva seguito la carovana e veduto dove questa si dirigeva.
Giunti fino alla valle dei pastori, i curiosi erano ritornati a Betlemme. Alcuni Giudei
però erano rimasti nascosti nella campagna e avevano spiato quegli incontri gioiosi,
poi erano tornati in città a riferire calunnie su ipotetici riti magici. Piansi amaramente
quando ebbi quelle visioni; mi addolora sempre constatare che quando Dio si
avvicina a qualche anima, molti vengono spinti dall’invidia e inventano ogni specie di
falsità. Che compassione ho per questi ciechi che respingono la grazia e la salvezza! I
Magi, invece, hanno sopportato un così lungo cammino per trovare la salvezza.

87 – L’inquietudine di Erode

Frattanto Erode a Gerusalemme era molto inquieto, convocati di nuovo i dottori,
consultava i libri sacri e discuteva sulle parole dei Magi e gli avvenimenti collegati.
Dopo un battibecco con i savi dottori, vidi spegnersi le fiaccole e tutto scese nel
silenzio. Mi sembrò che il sovrano avesse ordinato ai saggi e ai fedelissimi di lasciar
cadere il fatto nell’assoluta dimenticanza. Nei giorni seguenti Erode fu invaso dall’ira
per un altro problema: egli si trovava nel suo castello di Gerico, da cui aveva preso il
controllo sul tempio facendo uccidere tutti gli oppositori. il giorno 25 casleu, si era
recato a Gerusalemme per celebrarvi la solennità della Dedicazione; in quell’occasione
aveva offeso gravemente i sacerdoti facendo porre sulla porta del tempio “il capretto
d’oro”. Un sacerdote, che non aveva saputo resistere a tanta provocazione, aveva
rovesciato a terra l’idolo ed era stato incarcerato. Ne era nato un gran tumulto. Mentre
Erode si trovava in questa disposizione d’animo particolare, lo raggiunsero
confusamente voci sulla nascita di Cristo. Nella Giudea si era fatta viva la voce della
prossima venuta del Messia. Notizie di eventi miracolosi avevano accompagnato la
nascita di Gesù e circolavano particolarmente ad opera dei pastori. I ricchi ed i dotti
erano invece convinti che tutto ciò fosse un’invenzione favolosa. Quando la cosa
giunse alle orecchie di Ero-de, egli fece fare delle indagini segrete a Betlemme e
dintorni. I suoi spioni giunsero alla grotta, parlarono con San Giuseppe e constatarono
di avere a che fare con gente povera. Riferirono dunque al loro sovrano che non vi era
nulla da temere da gente così miserabile. Per apprendere la verità su questo novello re,
suo temibile concorrente, Erode aveva fatto credere ai Magi di voler adorare anch’egli
il Santo Bambino. Il tiranno cercava di agire con la massima prudenza: egli non voleva
provocare il popolo adoperando violenza visibile contro i nascituri, e non voleva
nemmeno che la massa credesse che il loro sovrano avesse paura del nuovo re.
Quando i Magi non ripassarono per Gerusalemme, Erode li additò in pubblico come
fanatici ingannatori. Più tardi, avendo forti sospetti su quella miserabile famiglia nella
grotta, Erode ordinò che nessuno dovesse frequentarla e tantomeno dare adito a voci di
presunte santità prive di senso. Quando la Sacra Famiglia ritornò a Nazareth, quindici
giorni dopo il parto, ben presto il caso fu generalizzato e cadde in dimenticanza. Per la
massa del popolo tutto ciò era stato un avvenimento oscuro; però le pie persone
tacquero, ancora piene di speranza. Tutto ritornò così nel silenzio. Quando Erode
pensò che, siccome nessuno ne parlava più, era giunto il momento di disfarsi di Gesù,
seppe che la Santa Famiglia lo aveva prevenuto abbandonando Nazareth. Furioso, il
sovrano di Gerusalemme fece fare delle ricerche e delle lunghe indagini; quando svanì
ogni speranza di ritrovare il Bambino, abbracciò la disperata idea di far uccidere tutti i
fanciulli. Perciò organizzò gruppi di guardie armate, per prevenire tumulti e per
controllare che nessun bambino potesse sfuggire dal suo regno.

88 – Un Angelo avverte i Santi Re del pericolo erodiano. 

Visioni di lunedì 24 dicembre.
Di buon mattino vidi i Magi, accompagnati da molte persone del loro seguito, recarsi a
visitare nuovamente il Bambino e la Santa Vergine. Poi si occuparono di sistemare il
campo. Li vidi pieni di gioia prodigarsi nell’offerta di doni. Agivano sempre così
quando accadeva qualche lieto avvenimento. I pastori che servivano i Re ed il loro
seguito furono pure generosamente ricompensati. Vidi molti poveri andarsene ricolmi
di doni. I Magi coprirono con le pellicce le spalle di alcune povere vecchiette che,
misere e curve sotto il peso degli anni, si erano trascinate fino all’accampamento.
Molti componenti della carovana si unirono in matrimonio con i figli o le figlie dei
pastori e stabilirono la loro dimora in quelle valli. Avevano chiesto il permesso ai Re,
ed ottennero di essere congedati insieme a vistosi regali. Costoro ricevettero dai Magi
tappeti, vasi e grani d’oro, perfino le cavalcature. I Magi dispensavano anche molto
pane. Al pensiero dove mai potessero prenderne in tanta quantità, mi sovvenne di aver
visto i servi e i carovanieri dei Magi preparare certi pani di forma schiacciata con la
farina, che poi cuocevano in vasi di ferro. Vidi poi che li impacchettavano
strettamente l’uno sopra l’altro in scatole di cuoio che portavano appese al fianco degli
asini. Ho visto venire da Betlemme molti mendicanti che avevano iniziato ad
importunare i Re chiedendo loro doni, accampando richieste pretestuose e
manomettendo perfino i bagagli del seguito. Erano certamente provocatori. I Magi
decisero di accomiatarsi e di fare ritorno ai loro paesi. Essi avevano intenzione di
passare per Gerusalemme e mettere al corrente Erode della cosa. Questa volta però
volevano partire in silenzio, a piccoli gruppi, per non allarmare la regione e la popolazione locale. Essi avevano compreso l’errore fatto nel venire, quando il loro
trionfalismo aveva rotto l’incantesimo del silenzio. Ammaestrati dall’esperienza,
adesso avevano pensato di porvi rimedio. La sera vidi Mensor entrare nella grotta per
il commiato, Maria gli porse il Santo Pargoletto tra le braccia; vidi il Re raggiante di
gioia. Dopo Mensor, seguirono gli altri due che si accomiatarono piangendo di
commozione. In quest’occasione, essi fecero alla Sacra Famiglia nuovi doni: molti
pezzi di stoffa grezza, dei panni rossi e a fiorami, bellissimi tappeti, e vi lasciarono
perfino gli ampi e finissimi mantelli; donarono pure astucci contenenti dei grani e una
cesta che conteneva dei vasi da cui crescevano certe erbette verdi assai fini che davano
dei fiorellini bianchi. Era mirra. A Giuseppe diedero in dono anche delle alte ceste
contenenti uccelli. I Magi, nel congedarsi definitivamente dalla Madonna e dal
Bambino, piansero commossi. La Santa Vergine, frattanto, era rimasta in piedi dinanzi
a loro e teneva il Bambino fra le braccia avvolto in un velo. Ella accompagnò per
alcuni passi i Santi Re verso l’ingresso della grotta, poi si fermò e diede a Mensor il
sottile velo di stoffa color giallo che portava sul capo, affinché questi potesse avere un
ricordo dell’avvenimento. Inchinatosi riverenti, i Magi accettarono con gioia quel dono
prezioso della Madonna, mentre il cuore batteva dentro di loro gonfio di riconoscenza
e di santo timore. Da quel momento il velo fu per loro la reliquia più sacra conservata
gelosamente. Maria aveva accettato quei sentimenti devozionali con sincera umiltà,
con quella stessa espressione di amore che ebbe per Giuseppe quando era disperato per
non aver trovato un luogo per la notte. La Vergine era più addolorata di lui perché
comprendeva nella profondità dell’animo come fosse grande la sua umiliazione.
Questo è il vero amore che scaturisce dalle profondità del cuore. Quindi alla luce delle
fiaccole, i Santi Re si recarono sotto il grande terebinto per tenervi la cerimonia
religiosa. Una fiaccola ardeva sotto l’albero, mentre essi iniziarono a pregare e a
cantare dolcemente sotto lo scintillio luminoso degli astri del firmamento celeste. Le
voci dei fanciulli del seguito si sentivano risuonare armoniose e innocenti nel coro.
Terminato il rito, mangiarono un pasto frugale; poi mentre alcuni fecero ritorno
all’albergo di Betlemme, gli altri si coricarono nell’accampamento. A mezzanotte vidi
improvvisamente apparire un segno celeste: mentre i Re dormivano tranquillamente,
radunati sotto la tenda più grande, vidi un giovane circondato da una luce meravigliosa; era un Angelo che li ammoni di non passare per Gerusalemme, bensì costeggiare il
mar Morto e prendere il cammino del deserto. A quel sogno tutti balzarono dai
giacigli, andarono a svegliare i servi e si recarono alla grotta a destare Giuseppe, il
quale corse subito a Betlemme a chiamare coloro che vi passavano la notte. Frattanto
questi ultimi, avendo avuto anch’essi contemporaneamente uguale apparizione, si
erano già messi in cammino verso l’accampamento e avevano incontrato Giuseppe. In
pochissimo tempo fu levato il campo e, tolte le tende e preparati i bagagli, fu disposta
ogni cosa per l’immediata partenza. I Re si congedarono da Giuseppe abbracciandolo
per l’ultima volta; subito dopo la carovana, divisa in piccoli drappelli, mosse a passo
celere verso il deserto d’Engaddi. I Magi avevano pregato la Santa Famiglia di fuggire
con loro; poi avevano esortato Maria a nascondersi con il Bambino per ovviare
all’imminente pericolo. L’Angelo indicava la via ai Magi, che ben presto furono fuori
dalla vista di Giuseppe. I piccoli drappelli, sgravati dal carico del viaggio d’andata,
distavano circa un quarto d’ora l’uno dall’altro. Dapprima la marcia volse a levante, poi
si diresse verso il sud. Questa fu la stessa strada percorsa da Gesù, quando ritornò
dall’Egitto.

89 – Misure delle autorità di Betlemme contro i Magi. Zaccaria di Juta visita la
Sacra Famiglia.

Visioni di martedì 25 dicembre.
Quando scattò l’ordine di cattura da parte degli erodiani, i Magi erano già a Engaddi.
L’Angelo aveva ammonito i Re veramente in tempo. Nella stessa notte della loro
partenza le autorità di Betlemme avevano inviato le guardie a prelevare i Magi nel
sonno per rinchiuderli nei sotterranei della sinagoga, con l’accusa di perturbare l’ordine
del paese. Ma quando le guardie erano giunte nella valle in cui i Santi Re avevano
tenuto l’accampamento, meno qualche palo servito a sostenere le tende e l’erba
calpestata, non trovarono che la quiete più silenziosa. Al mattino, quando si apprese
che i Magi erano fuggiti nella notte, tra la popolazione di Betlemme Iniziò a
serpeggiare una grande agitazione: presero a circolare le opinioni più confuse e
diverse, in tutta la città e nei dintorni. Molti si erano pentiti di non aver voluto
alloggiare Giuseppe; altri si perdevano in chiacchiere inutili, descrivendo i Re quali
fanatici avventurieri. Vidi la piazza centrale di Betlemme ricolma di popolo. Da uno
scalone del palazzo del governo, vicino alla sinagoga dov’era una grande fontana
ombreggiata da piante, un uomo circondato da altri leggeva un proclama. Tutti erano
assorti nell’ascolto. Nel proclama si vietava ai cittadini di Betlemme e dintorni di
frequentare la grotta della collina perché era origine di dicerie e falsità che
compromettevano l’ordine pubblico. Vidi poi il popolo ritornare alle proprie
abitazioni, mentre San Giuseppe, scortato da due persone, veniva condotto in quello
stesso palazzo per essere interrogato da funzionari del governo erodiano. Lo vidi poi
far ritorno alla grotta e recarsi una seconda volta da questi vecchi Giudei. Aveva un
sacco sulle spalle che depositò su un banco alla loro presenza; scaricò da questo una
buona parte dell’oro che aveva avuto in dono dai Re. Allora i vecchi giudici lo
rimisero subito in libertà. Mi sembrò che quel processo fosse stato intentato a soli fini
speculativi. La Santa Famiglia adesso era sospettata e isolata dalla popolazione dei
dintorni. Giuseppe frattanto aveva provveduto a nascondere i doni e il resto dell’oro
dei Magi nella caverna di Maraha ed in un’altra grotta della collina. Questa sera ho
visto arrivare Zaccaria da Hebron per fare una visita alla Sacra Famiglia. Egli, pieno di
commozione e di gioia, ha abbracciato il Santo Bambino elevando al Cielo un cantico
di lode. Avevo già udito cantare dal vecchio sacerdote un inno simile in occasione
della circoncisione di Giovanni.

90 – La Sacra Famiglia si nasconde. 

Visioni di mercoledì 26 dicembre.
Oggi Zaccaria è ripartito, mentre Anna, la figlia maggiore, il secondo marito e
l’ancella hanno fatto ritorno alla grotta. La figlia di Anna mi sembrava più vecchia di
sua madre. Il secondo marito di Anna, Eliud, era molto più anziano e di costituzione
fisica più robusta di Gioacchino. La Santa Madre aveva avuto da lui una figlia che si
chiamava pure Maria; quando nacque Gesù questa aveva all’incirca sette anni. Alla
morte di Eliud, Anna, seguendo la volontà divina, prese un terzo marito da cui ebbe
ancora un figlio; questi fu chiamato “il fratello di Cristo” dalla voce del popolo.
Vedevo che Maria Santissima, piena di grazia e irrorata di gioia, affidava spesso il
Bambino nelle braccia di Anna. Le due sante donne Gli strofinavano la testolina e poi
la coprivano con un panno. La Santa Famiglia trattava sempre il Bambino Divino con
un rispetto devoto e profondo, ma ogni atto era semplice ed ingenuo come dovrebbe
essere ogni azione dell’uomo che vive nella grazia dello Spirito Santo. Il Bambino
Divino mostrava un amore eccezionale per sua madre. Quando Maria raccontò ad
Anna tutti i particolari della visita dei Magi, ella si commosse al pensiero che Dio
avesse chiamato gente così lontana ad adorare il Figlio della Promessa. Poi la
Madonna mostrò alla madre i doni portati dai Santi Re, nascosti in un vano della
parete. Le sante donne li contemplarono commosse, come testimonianza sincera della
devozione dei Magi per il loro Prediletto. Anna aiutò Maria a distribuire i doni e a
disporre le faccende domestiche. Intorno alla grotta regnava la quiete più profonda; le
autorità avevano fatto sbarrare tutte le strade di accesso. Per evitare ogni contatto
pubblico, Giuseppe non andava più a Betlemme per gli acquisti; i pastori dei dintorni
provvedevano a tutto. Essendo il luogo divenuto insicuro e molto osservato dalle
guardie erodiane, la Santa Famiglia aveva pensato di mettere in salvo tutto i propri
averi. Ho visto quindi Eliud e l’ancella di Anna partire con un asino pieno di bagagli.
Anche l’ancella portava due involti, l’uno sul dorso e l’altro appeso al collo. I
bagagli contenevano tutto il restante delle offerte dei Santi Re, come le stoffe e i vasi
d’oro che più tardi furono adoperati nelle cerimonie religiose cristiane. Pare che i due
domestici avessero il compito di portare quei beni solo fino ad un certo punto, dove
altri servi di fiducia di Anna avrebbero proseguito il cammino fino a Nazareth. Alcune
volte ebbi la visione di Anna e Maria Santissima che, nella caverna laterale,
ricamavano o tessevano un tappeto assai grande. Vedo la Grotta del Presepio vuota,
solo l’asino si trova dietro la parete di vimini. Oggi sono venuti di nuovo alcuni
ufficiali di Erode e li ho visti cercare il Neonato dappertutto. La permanenza in questo
luogo diventa sempre più pericolosa. Una ricca ebrea che aveva appena dato alla luce
un figlio fu sottoposta a numerose angherie e maltrattamenti; Erode era invaso sempre
più dal timore di perdere il trono. Infatti due vecchi pastori avvertirono Giuseppe di
essere più prudente di fronte all’incombente pericolo erodiano. Allora i nostri si
rifugiarono definitivamente nella caverna di Maraha. Li vidi attraversare la valle nella
notte seguendo la debole luce di una lanterna. A questo punto ebbi una magnifica
visione: vidi il Santo Bambino, mentre riposava tra le braccia di Anna, circondato da
un’aureola formata da sette figure di Angeli intrecciati insieme. Numerose altre figure
indistinte, ma luminosissime, conducevano per il braccio Anna, Giuseppe e Maria.

91 – De lacte Sanctissimae Virginis Mariae (il miracolo del latte di Maria)

Visioni di giovedì 27 dicembre.
Vidi due pastori correre nella caverna di Maraha per avvertire la Santa Vergine di un
pericolo incombente: di nuovo guardie erodiane venivano alla ricerca del suo Figliolo.
Maria allora, invasa dal timore, consegnò il Bambino a Giuseppe, che lo avvolse
subito nel suo mantello e lo portò via. Maria rimase sola e angosciata per oltre mezza
giornata. Giunta l’ora in cui soleva allattare il Bambino, fece come tutte le buone
madri in queste situazioni: premette dal suo seno addolorato il latte, che fluì in
un’incavatura bianca scavata nella spelonca. Maria narrò questo fatto ad vecchio
pastore, venuto per condurla dal Bambino, allora l’uomo subito tolse il latte verginale
che era ancor tiepido dall’incavatura e lo portò a sua moglie che non poteva allattare il
figlioletto; fece questo con la più ingenua sponaneità e profonda fede. La buona
consorte bevve il nutrimento con viva fiducia e subito, ricompensata per la sua fede, fu
in grado di allattare il proprio bambino. Da quando avvenne questo fatto, anche la
semplice pietra bianca della spelonca, su cui Maria aveva lasciato scorrere il suo latte,
possedette tale facoltà. Ancor attualmente gli infedeli maomettani la considerano come
un rimedio salutare per le madri che non possono dare latte. Il suolo della “Grotta del
santo latte” fu sempre tenuto in grande venerazione da chi visitò i luoghi santi. I devoti
pellegrini hanno l’usanza di mettere la terra di questo suolo in piccoli astucci su cui vi
scrivono esteriormente: De lacte Sanctissimae Virginis Mariae, poi li spediscono
come reliquie e santi ricordi nei paesi della Cristianità.

92 – Celebrazione della ricorrenza delle nozze di Maria Santissima

Giuseppe non si tenne nascosto nella caverna di Maraha; lo vidi con i pastori
intrecciare ghirlande ed addobbare la Grotta del Presepio per celebrarvi la
commemorazione delle sue nozze. Quando tutto fu pronto, Giuseppe andò a prendere
la Vergine col Bambino ed Anna per condurli nella grotta adornata a festa. Qui li
aspettavano già Eliud, l’ancella ed i tre anziani pastori. Le pareti erano state tutte
abbellite da corone di fiori ed in mezzo alla caverna vi era un piano su cui si vedevano
dei cibi. Al suolo erano stati stesi alcuni tra i migliori tappeti, scelti tra quelli donati
dai Santi Re. Al centro della tavola vidi che si ergeva un mazzo piramidale di foglie e
fiori, sulla dma del medesimo vi era un ramo su cui riposava una colomba, che credo
fosse finta. Vidi la grotta intrisa di splendore e di gioia. Sopra un piccolo banco era
stata posta la culla in cui giaceva il Santo Bambino, mentre Maria e Giuseppe,
incoronati di ghirlande, gli stavano al fianco e bevevano nelle coppe. Erano presenti
anche alcuni pastori. Dapprima cantarono lietamente i salmi, poi incominciarono un
pasto assai frugale. Vidi gli Angeli entrare nella grotta e percepii la mano di Dio
presiedere quella scena di gioia. Finita la festa, la Santa Vergine insieme ad Anna ed al
Bambino, lasciò subito la grotta per ifugiarsi di nuovo nella caverna di Maraha. Tutti
rimasero commossi e dolcemente rapiti nella grazia di Dio.

93 – Preparativi per la partenza.

Visioni da venerdì 28 a domenica 30 dicembre.
In questo tempo vidi San Giuseppe occuparsi dei preparativi per la prossima partenza.
Egli donò ai pastori quasi tutto, comprese le pareti di vimini e tutti gli altri oggetti che
aveva costruito per abbellire e per rendere più comoda la grotta. Oggi, dopo
mezzogiorno, ho visto molte persone passare vicino alla grotta, ma siccome sembrava
abbandonata, hanno continuato il loro cammino. Vedo la Santa Famiglia intenta negli
ultimi preparativi per la partenza. Due asini sono stati caricati dei doni dei Santi Re:
tappeti, pani e stoffe. Prima di mettersi in viaggio, la Sacra Famiglia celebra il sabato
nella caverna del “santo latte”. Nei dintorni tutto è tranquillo. Anna, Eliud ed i servi
sono partiti per primi alla volta di Nazareth. Questa notte, per la seconda volta, ho
visto Maria uscire dalla grotta di Maraha per recarsi in quella del presepio. Disteso il
Bambino su un tappeto, sul posto dove era nato, Gli si è inginocchiata vicino e ha
pregato. Allora improvvisamente, come quando è nato Gesù, ho visto tutta la caverna
rifulgere di luce e l’adorabile Madre di Dio risplendere per quella luce straordinaria.

94 – Anna Caterina Emmerick: le reliquie dei tre Magi

Certamente per volere di Dio, le reliquie dei Santi e dei Martiri durante in secoli
cristiani hanno santamente influenzato numerosi membri del Corpo Mistico di Gesù
Cristo. Le grazie che provengono dalle reliquie, consistenti in un qualunque oggetto
consacrato, furono molto evidenti nell’anima eletta della pia Emmerick. Al solo
contatto, per esempio, con un pezzo di stoffa di una veste di un Santo, la Veggente era
in condizione di narrare la vita di quest’ultimo fin nei minimi particolari. Tale grazia
fu quasi ignorata dalle Commissioni ecclesiastiche che studiavano i ftnomeni mistici
di Suor Emmerick. Dalle varie testimonianze e dal comportamento stesso della
Veggente noi siamo persuasi che questo dono spirituale era in lei assai manfesto. Tale
prodigiosa facoltà infatti fu confermata quando Anna Caterina ricevette un gran
numero di oggetti sacri e fu in grado di riconoscerne immediatamente la loro origine.
A causa della decadenza della fede e della soppressione di numerose chiese e
conventi42, i preziosi ricordi custoditi in molte chiese andarono dispersi o ceduti ad
antiquari. L’esistenza di molti santi ricordi abbandonati, comunque sparsi nei
dintorni, fu segnalata dalla Veggente; infatti molti arredi e oggetti sacri furono poi
rinvenuti grazie alle sue rivelazioni. Il reverendo Overberg, il suo confessore
straordinario, le procurò così due vasi ricolmi di reliquie dei Santi, molte delle quali
ritrovate in una chiesa antichissima demolita. Tra le medesime, c’erano pezzetti di
stoffa appartenuta ai Re Magi. Suor Emmerick era persuasa che Anna fosse partita da
Betlemme portando con sé qualche cosa che appartenesse a lei. Evidentemente alludeva alle stoffe che erano state donate dai Re alla Santa Famiglia e poi giunte, dopo
circa milleottocento anni, nelle sue mani stigmatizzate. La Veggente, con templando
due pezzi di stoffa, l’uno giallo di lana, l’altro di seta rosso-bruno, che erano stati
parte dei mantelli dei Santi Re, disse:
Io devo possederne ancora un altro. Questi tre pezzetti di stoffa che posseggo
appartennero a tre manti dei Magi: uno assai pesante per il cattivo tempo, un altro
giallo, ed uno rosso di lana finissima e leggera. Nelle ricorrenze solenni però i Re
vestivano manti di seta grezza molto lunghi e risplendenti d’oro; gli orli venivano
sollevati dai paggi. Quando essi erano soli, e soffiava il vento, vedevo i loro mantelli
muoversi formando larghe pieghe. Sento di aver vicina una simile reliquia e, per
influenza di questa stessa, stanotte ho visto come si lavorava e si tesseva la seta…”
Così Suor Emmerick descrisse alcune visioni intorno alle donne che tessevano la seta
in un paese posto a levante dei domini dei Magi, probabilmente dove si spinse anche
San Tommaso.
“Il pellegrino”, senza speczficarne la natura, le porse un involucro contenente alcune
reliquie. Ella, quindi, palpando tra le mani un sottile nastro avvolto in un gomitolo di
stoffa naturale, disse:
“Questo pezzetto è dì finissima lana, doveva appartenere certamente ad un mantello di
Mensor. Quel mantello aveva i fori per passarvi le braccia ma era senza maniche”.
“Anche questi altri (così disse mentre prendeva due pezzetti di stoffa di lana color
nanchino) appartennero ad un mantello che i Santi Re lasciarono ai pastori. Questo
invece (un pezzetto di tappeto di stoffa rossa> stava davanti al santo Sepolcro nel
tempo in cui i Cristiani possedevano Gerusalemme. Quando i Turchi espugnarono la
città, i cavalieri cristiani si divisero il tappeto e così ognuno di essi ne ebbe un pezzetto
come ricordo. Questa invece (un pezzetto quadrato di stoffa serica ornata di color
giallo e bianco) apparteneva alla stola del santissimo prete Alessio, il quale credo fosse
un cappuccino e pregava sempre sul santo Sepolcro. Quando i Turchi conquistarono
Gerusalemme fecero entrare i loro cavalli nelle chiese cristiane; presero padre Alessio
e lo maltrattarono assai: nel luogo in cui egli pregava gli posero vicino una vecchia
turca. Ma siccome il santo prete non si lasciava intimidire e corrompere, lo murarono
vivo nel sepolcro, incaricando la donna di passargli ogni tanto cibo e acqua in modo
che non morisse subito”. Poi palpando un pezzetto di seta color verde e bruno, Anna
Caterina disse: “Non è propriamente una santa reliquia, però è un oggetto venerabile.
Fu levata dalle panche della chiesa del santo Sepolcro su cui sedevano i principi e i
cavalieri cristiani e fece parte della suddivisione fatta al tempo dell’invasione Turca”.
Infine parlando di un pezzo di carta ripiegato disse: “Contiene una pietruzza della
cappella del santo Sepolcro e vi è unita anche una scheggia delle ossa del discepolo
Silvano di Sichar”.
Tutto questo avvenne mentre Suor Emmerick era a letto sofferente; la sua stanza
era immersa nella semioscurità perché l’unica luce proveniva dal lume della
stanza accanto.

AVVENTO E NASCITA DI GESÙ NELLE VISIONI DI CATERINA EMMERICH (Parte 2 di 2)

Dal libro “Vita della Madonna” della beata Anna Caterina Emmerich le visioni dell’Avvento e della Nascita di Gesù (Parte 2 di 2).

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AVVENTO E NASCITA DI GESÙ NELLE VISIONI DI CATERINA EMMERICH (Parte 1 di 2)

Dal libro “Vita della Madonna” della beata Anna Caterina Emmerich le visioni dell’Avvento e della Nascita di Gesù (Parte 1 di 2).

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La potenza del Santo Rosario e le promesse della Madre di Dio per chi lo recita devotamente.

Vi supplico con insistenza per l’amore che vi porto in Gesù e Maria, di recitare ogni giorno il Rosario….al momento della morte benedirete il giorno e l’ora in cui mi avete creduto.(San Luigi Maria Grignion De Montfort)
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LA SOFFERENZA DEGLI UOMINI NELLA VOLONTÀ DEL SIGNORE

Durante un esorcismo il demonio ha dovuto indicare come la sofferenza sia un alleata della salvezza eterna degli uomini, e quanto grande sia la sua potenza (per chi ha fede e spera nella misericordia di Dio).

Abbiamo sentito dalle parole di Gesù “perché le avversità assalgono il giusto” nell’articolo precedente. Adesso andiamo ad approfondire questo argomento attraverso la lettura delle parole che Dio ha estorto al demonio, come testimonianza del Vero, in un esorcismo. Proprio durante un esorcismo, per volontà di Dio e sotto comando dell’Esorcista “in nome di Dio” il demonio ha dovuto (non voluto, ricordo sempre) parlare della sofferenza come alleata della salvezza eterna degli uomini, e la potenza della sofferenza se accolta con fede e speranza nella misericordia del Signore, che è Padre e permette questo per amore dei Suoi figli, a differenza di ciò che noi potremmo aver immaginato. Quindi è bene ringraziare Dio anche per le sofferenze, non solo per le gioie che riceviamo, e affidarci sempre alla Sua Divina Provvidenza, che non permetterà mai un Suo figlio sopporti prove maggiori di quelle che ha la capacità (e la grazia) di sopportare, al fine di ricevere una corona di gloria in Paradiso e prendere posto alla Mensa del Signore, in eterno.

 

TRATTO DA UN ESORCISMO (riportato nel libro “Avvisi dell’altro mondo” di Bonaventura Meyer):

 

Esorcista: Continua a dire tutta la verità, nel nome… quello che ti ordina la Madre di Dio!

Demonio Acbor: …soprattutto è sfuggito al mondo odierno – perfino al mondo cattolico – che bisogna soffrire per gli altri uomini. É stato dimenticato che voi tutti siete un misterioso corpo di Cristo e che voi dovete soffrire l’uno per l’altro (piange miseramente e urla come un cane). Cristo non ha compiuto tutto in croce. Ovviamente vi ha aperto il cielo, ma gli uomini devono espiare l’uno per l’altro. Ovviamente le sètte dicono che Cristo abbia fatto tutto questo, ma non è vero. Questo continua, nel nome di Cristo e continuerà fino alla fine del mondo (ringhia).

Esorcista : Continua nel nome della Madre di Dio, quello che devi dire per suo ordine!

Demonio Acbor: Devo continuare. Bisogna soffrire l’uno per l’altro e offrire la sofferenza nel nome della Croce di Cristo e delle sofferenze di Cristo. In unione con la Madre di Dio si deve soffrire e unire tutte le rinunce della vita, la propria sofferenza, a questa terribile sofferenza di Cristo sulla croce e sul Monte degli Ulivi. Quelle erano molto più terribili di quanto credono gli uomini. Cristo non ha patito nell’Orto degli Ulivi soltanto come voi credete. Egli venne stritolato dalla giustizia di Dio come se fosse lui il più grande peccatore e come se dovesse entrare lui nell’inferno. Egli ha dovuto soffrire per voi uomini, altrimenti voi non sareste stati liberati. Lui stesso ha dovuto patire le più grandi sofferenze, e credeva perfino che sarebbe andato all’inferno.Le sofferenze allora erano così forti, che si sentì abbandonato completamente dal Padre divino. Egli sudò perciò sangue (piange terribilmente) perché si sentì assolutamente perduto e abbandonato dal Padre. Venne stritolato talmente, come se lui pure fosse uno dei più grandi peccatori. Questo lui ha dovuto subire per voi, e voi dovete seguirlo. Queste sofferenze hanno il più grande valore; queste sofferenze, queste tenebre, questi terribili abbandoni, quando si crede che tutto sia perduto, e che bisogna togliersi la vita. Non lo vorrei dire, no… (ansa faticosamente).

Esorcista: Continua a dire la verità nel nome… per ordine dei Troni!

Demonio Acbor: Proprio queste sofferenze, quando tutto ci sembra perduto, quando ci sì sente abbandonati assolutamente da Dio e si crede di essere l’ultimo grido, l’ultimo uomo, proprio allora Dio può avere la sua mano nel gioco. Queste sofferenze, queste sofferenze terribili, tenebrose, sono fra le più preziose che esistano. Ma questo la gioventù non lo sa. La più parte dei giovani non lo sanno, e questo è il nostro trionfo.

Esorcista: Continua nel nome…!

Demonio Acbor: Molti, i più, si tolgono allora la vita, quando credono di essere abbandonati da Dio e di essere gli ultimi uomini. Poiché può ben essere così tenebroso, Dio è loro certamente vicino, ma essi non lo sentono più. Allora Dio è soltanto così come se non ci fosse più. Effettivamente Dio non è più sensibile per loro in quel momento, e ciò malgrado, devono conformarsi alla sofferenza di Cristo, specialmente coloro che lui ha destinato a subire molte sofferenze. Molti allora credono che forse non sono più normali. Ma questo è una finta nostra. Lo suggeriamo loro affinché vengano ricoverati nelle cliniche.

Esorcista: Continua nel nome…!

Demonio Acbor: E poi, quando si vede o si crede che non siano più normali – la più parte tuttavia lo sono – allora rinunciano molto più facilmente; essi credono poi che dovrebbero togliersi la vita, perché non vengono più compresi dalla gente. Questo è il nostro trionfo, La maggior parte vengono ben nel cielo, ma malgrado ciò è il nostro trionfo, perché…

Esorcista: Continua nel nome… col messaggio dei Troni!

Demonio Acbor: Ci sono ora croci pesantissime sulla terra, lascia dire LEI (mostra in alto). Queste croci sovente non si lasciano quasi più portare. Croci, che sono visibili, come cancro, deformazione ed altre infermità qualsiasi, sono sovente più leggere da portare che le terribili tenebre o pene dell’anima, che ora molti uomini devono portare.

LEI* qui in (mostra in alto) lascia dire, come l’ha già fatto per mezzo di una graziata: «Manderò ai miei figli sofferenze, sofferenze gravi e profonde come il mare». Quelli in questione, che devono portare queste croci terribili – alcuni saranno eletti – non devono scoraggiarsi.

Esorcista: In nume della SS. Trinità, del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo, di Acabor, quello che la Madre di Dio ti ha ordinato di dirci. 

Demonio Acbor: Queste croci, delle quali parlavo, sono nel frattempo croci, che sembrano inutili e molto assurde. Esse possono portare fino alla disperazione. Sovente non si possono più portare, ma esse sono delle più preziose. Io, Acabor, devo dire ancora una volta, LEI (mostra in alto) vuole gridare a tutti questi portatori della croce: «Perseverate e non arrendetevi!». Nella croce è salvezza, nella croce è vittoria, la croce è più forte della guerra.

* Lei: la Madonna. Il demonio non pronuncia mai il suo nome. Il demonio inoltre scappa ogni volta che pronunciamo con fede il nome di Maria.

 
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Per comprendere meglio leggi cosa ha detto Gesù a Santa Brigida sul perché il giusto riceva delle sofferenze in questo articolo
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E’ difficile per l’uomo materiale, che vive nel mondo e si lascia trasportare dalla sua logica menzognera comprendere questo. L’uomo pensa: “sono vivo, la vita è una sola, perché dovrei stare male? Perché dovrei amare la sofferenza? Chi soffre è uno sfigato che non conosce la bella vita e il divertimento…. Perché dovrei pensare a ciò che mi aspetta dopo questa vita… e … al Diavolo chi vuol lasciare nella mia testa questi pensieri! “
Ma non sa chi ragiona così che la sua è una folle illusione, che ha sprecato gran parte della sua vita, che è stata un dono del Signore e che davanti a Dio un giorno arriverà a mani vuote se non avrà buona volontà nel convertirsi a Cristo, non potendo giustificare la sua condotta ingorda e maligna davanti al Sommo Sacrificio di Gesù Cristo, il Redentore, e alle parole del Suo Vangelo che li peseranno addosso come un macigno. Chiediamo a Dio per mezzo di Maria Santissima, nostra tenera Madre, di avere una vita migliore, non semplicemente una vita più lunga, ma di poter lodare ogni momento il Padre eterno per averci dato questa grande, inconcepibile, ineguagliabile e inestimabile opportunità: essere chiamati da Lui figli ed entrare a far parte del SUo Regno in eterno.
 
Simone Salicandro

Perché le avversità assalgono il giusto? Ce lo spiega Gesù.

Almeno una volta nella nostra vita, ci saremo domandati il perché il Signore Dio permetta le tribolazioni su uomini e donne, di fede e di preghiera, innocenti, “buone” a nostro avviso, quindi giuste (anche secondo il nostro pensiero) davanti al Signore. Se poi leggendo e rileggendo i Vangeli abbiamo compreso che la Giustizia non è di questo mondo cioè viene rigettata dallo spirito del mondo e dal principe di questo mondo (Satana) che lo governa, e che lo stesso Giusto, nostro Signore Gesù Cristo, è stato crocifisso, possiamo esser certi che solo Dio è Colui al quale importa la rettitudine del cuore e la vita virtuosa dei Suoi figli, essendo Padre, e premia chi “prende la sua croce ogni giorno e lo segue”, essendo Figlio Redentore, abitando nei loro cuori e spargendo abbondanti grazie Celesti sui loro capi, essendo Consolatore.
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Maria Santissima, Vergine e Madre di Dio, Regina degli Angeli e dei Santi


Vieni a conoscere Maria, la Madre di Dio, in una serie di rivelazioni che tolgono il respiro e fanno commuovere.

Una serie di rivelazioni private che parlano della vita terrena e della grandezza in Cielo di Maria Santissima, la Madre di Dio e Madre di tutti i credenti. Ha voluto il Cielo che noi sapessimo quanto grande è l’amore di Dio per Maria Santissima, che è stata innalzata dall’Onnipotente per grazia davanti a tutto il Creato fino ad essere portata ai piedi del Trono della Santissima Trinità come Mediatrice di tutti gli uomini e corredentrice del genere umano, Regina del cielo e della terra.  Leggiamo queste rivelazioni private che contengono parole di grandissima importanza e grazia e lodiamo il Signore Dio per averci dato come Madre e Avvocata Celeste la Madre di Gesù, Figlia e Ancella obbendientissima dell’Eterno Padre e Sposa amorevolissima dello Spirito Santo. W Maria! W Maria! W Maria!

DALLE RIVELAZIONI PRIVATE DI GESÙ
A MARIA VALTORTA

«Sorgi e ti affretta, piccola amica. Ho ardente desiderio di portarti con Me nell’azzurro paradisiaco della contemplazione della Verginità di Maria. Ne uscirai con l’anima fresca come fossi tu pure testé creata dal Padre, una piccola Eva che ancora non conosce carne. Ne uscirai con lo spirito pieno di luce, perché ti tufferai nella contemplazione del capolavoro di Dio. Ne uscirai con tutto il tuo essere saturo d’amore, perché avrai compreso come sappia amare Dio. Parlare del concepimento di Maria, la Senza Macchia, vuol dire tuffarsi nell’azzurro, nella luce, nell’amore. Vieni e leggi le glorie di Lei nel Libro dell’Avo: “Dio mi possedette all’inizio delle sue opere, fin dal principio, avanti la creazione. Ab aeterno fui stabilita, al principio, avanti che fosse fatta la terra, non erano ancora gli abissi ed io ero già concepita. Non ancora le sorgenti dell’acque rigurgitavano ed i monti s’erano eretti nella loro grave mole, né le colline eran monili al sole, che io ero partorita. Dio non aveva ancora fatto la terra, i fiumi e i cardini del mondo, ed io ero. Quando preparava i cieli io ero presente, quando con legge immutabile chiuse sotto la volta l’abisso, quando rese stabile in alto la volta celeste e vi sospese le fonti delle acque, quando fissava al mare i suoi confini e dava leggi alle acque, quando dava legge alle acque di non passare il loro termine, quando gettava i fondamenti della terra, io ero con Lui a ordinare tutte le cose. Sempre nella gioia scherzavo dinanzi a Lui continuamente, scherzavo nell’universo…”. Le avete applicate alla Sapienza, ma parlan di Lei: la bella Madre, la santa Madre, la vergine Madre della Sapienza che Io sono che ti parlo. Ho voluto che tu scrivessi il primo verso di questo inno in capo al libro che parla di Lei, perché fosse confessata e nota la consolazione e la gioia di Dio; la ragione della sua costante, perfetta, intima letizia di questo Dio uno e trino, che vi regge e ama e che dall’uomo ebbe tante ragioni di tristezza; la ragione per cui perpetuò la razza anche quando, alla prima prova, s’era meritata d’esser distrutta; la ragione del perdono che avete avuto. Aver Maria che lo amasse. Oh! ben meritava creare l’uomo, e lasciarlo vivere, e decretare di perdonarlo, per avere la Vergine bella, la Vergine santa, la Vergine immacolata, la Vergine innamorata, la Figlia diletta, la Madre purissima, la Sposa amorosa! Tanto e più ancora vi ha dato e vi avrebbe dato Iddio pur di possedere la Creatura delle sue delizie, il Sole del suo sole, il Fiore del suo giardino. E tanto vi continua a dare per Lei, a richiesta di Lei, per la gioia di Lei, perché la sua gioia si riversa nella gioia di Dio e l’aumenta a bagliori che empiono di sfavillii la luce, la gran luce del Paradiso, ed ogni sfavillìo è una grazia all’universo, alla razza dell’uomo, ai beati stessi, che rispondono con un loro sfavillante grido di alleluia ad ogni generazione di miracolo divino, creato dal desiderio del Dio trino dì vedere lo sfavillante riso di gioia della Vergine. Dio volle mettere un re nell’ universo che Egli aveva creato dal nulla. Un re che, per natura della materia, fosse il primo tra tutte le creature create con materia e dotate di materia. Un re che, per natura dello spirito, fosse poco men che divino, fuso alla Grazia come era nella sua innocente prima giornata. Ma la Mente suprema, a cui sono noti tutti gli avvenimenti più lontani nei secoli, la cui vista vede incessantemente tutto quanto era, è, e sarà; e che, mentre contempla il passato e osserva il presente, ecco che sprofonda lo sguardo nell’ultimo futuro e non ignora come sarà il morire dell’ultimo uomo, senza confusione né discontinuità, non ha mai ignorato che il re da Lui creato per esser semidivino al suo fianco in Cielo, erede del Padre, giunto adulto al suo Reguo dopo aver vissuto nella casa della madre – la terra con cui fu fatto – durante la sua puerizia di pargolo dell’Eterno per la sua giornata sulla terra, avrebbe commesso verso se stesso il delitto di uccidersi nella Grazia e il ladrocinio di derubarsi del Cielo. Perché allora lo ha creato? Certo molti se lo chiedono. Avreste preferito non essere? Non merita, anche per se stessa, pur così povera e ignuda, e fatta aspra dalla vostra cattiveria, di sser vissuta, questa giornata, per conoscere e ammirare l’infinito Bello che la mano di Dio ha seminato nell’universo? Per chi avrebbe fatto questi astri e pianeti che scorrono come saette e frecce, rigando l’arco del firmamento, o vanno, e paiono lenti, vanno maestosi nella loro corsa di bolidi, regalandovi luci e stagioni e dandovi, eterni, immutabili e pur mutabili sempre, una nuova pagina da leggere sull’azzurro, ogni sera, ogni mese, ogni anno, quasi volessero dirvi: “Dimenticate la carcere, lasciate le vostre stampe piene di cose oscure, putride, sporche, velenose, bugiarde, bestemmiatrici, corruttrici, e elevatevi, almeno con lo sguardo, nella illimitata libertà dei firmamenti, fatevi un’ anima azzurra guardando tanto sereno, fatevi una riserva di luce da portare nella vostra carcere buia, leggete la parola che noi scriviamo cantando il nostro coro siderale, più armonioso di quello tratto da organo di cattedrale, la parola che noi scriviamo splendendo, la parola che noi scriviamo amando, poiché sempre abbiamo presente Colui che ci dette la gioia d’essere, e lo amiamo per averci dato questo essere, questo splendere, questo scorrere, questo esser liberi e belli in mezzo a questo azzurro soave oltre il quale vediamo un azzurro ancor più sublime, il Paradiso, e del quale compiamo la seconda parte del precetto d’amore amando voi, prossimo nostro universale, amandovi col darvi guida e luce, calore e bellezza. Leggete la parola che noi diciamo, ed è quella su cui regoliamo il nostro canto, il nostro splendere, il nostro ridere: Dio “? Per chi avrebbe fatto quel liquido azzurro, specchio al cielo, via alla terra, sorriso d’acque, voce di onde, parola anch’essa che con fruscii di seta smossa, con risatelle di fanciulle serene, con sospiri di vecchi che ricordano e piangono, con schiaffi di violento, e cozzi, e muggiti e boati, sempre parla e dice: “Dio “? Il mare è per voi, come lo sono il cielo e gli astri. E col mare i laghi e i fiumi, gli stagni e i ruscelli, e le sorgenti pure, che servono tutti a portarvi, a nutrirvi, a dissetarvi e mondarvi, e che vi servono, servendo il Creatore, senza uscire a sommergervi come meritate. Per chi avrebbe fatto tutte le innumerabili famiglie degli animali, che sono fiori che volano cantando, che sono servi che corrono, che lavorano, che nutrono, che ricreano voi: i re? Per chi avrebbe fatto tutte le innumerabili famiglie delle piante, e dei fiori che paiono farfalle, che paiono gemme e immoti uccellini, dei frutti che paiono monili o scrigni di gemme, che son tappeto ai vostri piedi, riparo alle vostre teste, svago, utile, gioia alla mente, alle membra, alla vista e all’olfatto? Per chi avrebbe fatto i minerali fra le viscere del suolo e i sali disciolti in algide o bollenti sorgive, gli zolfi, gli iodi, i bromi, se non perché li godesse uno che non fosse Dio ma figlio di Dio? Uno: l’uomo. Alla gioia di Dio, al bisogno di Dio nulla occorreva. Egli si basta a Se stesso. Non ha che contemplarsi per bearsi, nutrirsi, vivere e riposarsi. Tutto il creato non ha aumentato di un atomo la sua infinità in gioia, bellezza, vita, potenza. Ma tutto l’ha fatto per la creatura che ha voluto mettere re nell’opera da Lui fatta: l’uomo. Per vedere tant’opera di Dio e per riconoscenza alla sua potenza che ve la dona, merita di vivere. E di esser viventi dovete esser grati. L’avreste dovuto anche se non foste stati redenti altro che alla fine dei secoli, perché, nonostante siate stati nei Primi, e lo siate tuttora singolarmente, prevaricatori, superbi, lussuriosi, omicidi, Dio vi concede ancora di godere del bello dell’universo, del buono dell’ universo, e vi tratta come foste dei buoni, dei figli buoni a cui tutto è insegnato e concesso per rendere loro più dolce e sana la vita. Quanto sapete, lo sapete per lume di Dio. Quanto scoprite, lo scoprite per indicazione di Dio. Nel Bene. Le altre coguizioni e scoperte, che portano segno di male, vengono dal Male supremo: Satana. La Mente suprema, che nulla ignora, prima che l’uomo fosse sapeva che l’uomo sarebbe stato di se stesso ladro e omicida. E poiché la Bontà eterna non ha limiti nel suo esser buona, prima che la Colpa fosse pensò il mezzo per annullare la Colpa. Il mezzo: Io. Lo strumento per fare del mezzo uno strumento operante: Maria. E la Vergine fu creata nel Pensiero sublime di Dio. Tutte le cose sono state create per Me, Figlio diletto del Padre. Io-Re avrei dovuto avere sotto il mio piede di Re divino tappeti e gioielli quale nessuna reggia ne ebbe, e canti e voci, e servi e ministri intorno al mio essere quanti nessun sovrano ne ebbe, e fiori e gemme, tutto il sublime, il grandioso, il gentile, il minuto è possibile trarre dal Pensiero di un Dio. Ma Io dovevo esser Carne oltre che Spirito. Carne per salvare la carne. Carne per sublimare la carne, portandola in Cielo molti secoli avanti l’ora. Perché la carne abitata dallo spirito è il capolavoro di Dio, e per essa era stato fatto il Cielo. Per esser Carne avevo bisogno di una Madre. Per esser Dio avevo bisogno che il Padre fosse Dio. Ecco allora Dio crearsi la Sposa e dirle: “Vieni meco. Al mio fianco vedi quanto Io faccio per il Figlio nostro. Guarda e giubila, eterna Vergine, Fanciulla eterna, ed il tuo riso empia questo empireo e dia agli angeli la nota iniziale, al Paradiso insegni l’armonia celeste. Io ti guardo. E ti vedo quale sarai, o Donna immacolata che ora sei solo spirito: lo spirito in cui Io mi beo. Io ti guardo e dò l’azzurro del tuo sguardo al mare e al firmamento, il colore dei tuoi capelli al grano santo, il candore al giglio e il roseo alla rosa come è la tua epidermide di seta, copio le perle dai tuoi denti minuti, faccio le dolci fragole guardando la tua bocca, agli usignoli metto in gola le tue note e alle tortore il tuo pianto. E leggendo i tuoi futuri pensieri, udendo i palpiti del tuo cuore, Io ho il motivo di guida nel creare. Vieni, mia Gioia, abbiti i mondi per trastullo sinché mi sarai luce danzante nel Pensiero, i mondi per tuo riso, abbiti i serti di stelle e le collane d’astri, mettiti la luna sotto i piedi gentili, fàsciati nella sciarpa stellare di Galatea. Sono per te le stelle ed i pianeti. Vieni e godi vedendo i fiori, che saranno giuoco al tuo Bambino e guanciale al Figlio del tuo seno. Vieni e vedi creare le pecore e gli agnelli, le aquile e le colombe. Sumi presso mentre faccio le coppe dei mari e dei fiumi e alzo le montagne e le dipingo di neve e di selve, mentre semino le biade e gli alberi e le viti, e faccio l’ulivo per te, mia Pacifica, e la vite per te, mio Tralcio che porterai il Grappolo eucaristico. Scorri, vola, giubila, o mia Bella, e il mondo universo, che si crea d’ora in ora, impari ad amarmi da te, Amorosa, e si faccia più bello per il tuo riso, Madre del mio Figlio, Regina del mio Paradiso, Amore del tuo Dio “. E ancora, vedendo l’Errore e mirando la Senza Errore: “Vieni a Me, tu che cancelli l’amarezza della disubbidienza umana, della fornicazione umana con Satana, e dell’umana ingratitudine. Io prenderò con te la rivincita su Satana. Dio, Padre Creatore, aveva creato l’uomo e la donna con una legge d’amore tanto perfetta che voi non ne potete più nemmeno comprendere le perfezioni. E vi smarrite nel pensare a come sarebbe venuta la specie se l’uomo non l’avesse ottenuta con l’inseguamento di Satana. Guardate le piante da frutto e da seme. Ottengono seme e frutto mediante fornicazione, mediante una fecondazione su cento coniugi? No. Dal fiore maschio esce il polline e, guidato da un complesso dileggi meteoriche e magnetiche, va all’ovario del fiore femmina. Questo si apre e lo riceve e produce. Non si sporca e lo rifiuta poi, come voi fate, per gustare il giorno dopo la stessa sensazione. Produce, e sino alla nuova stagione non si infiora, e quando s’infiora è per riprodurre. Guardate gli animali. Tutti. Avete mai visto un animale maschio ed uno femmina andare l’un verso l’altro per sterile abbraccio e lascivo commercio? No. Da vicino o da lontano, volando, strisciando, balzando o correndo, essi vanno, quando è l’ora, al rito fecondativo, né vi si sottraggono fermandosi al godimento, ma vanno oltre, alle conseguenze serie e sante della prole, unico scopo che nell’uomo, semidio per l’origine di Grazia che Io ho resa intera, dovrebbe fare accettare l’animalità dell’atto, necessario da quando siete discesi di un grado verso l’animale. Voi non fate come le piante e gli animali. Voi avete avuto a maestro Satana, lo avete voluto a maestro e lo volete. E le opere che fate sono degne del maestro che avete voluto. Ma, se foste stati fedeli a Dio, avreste avuto la gioia dei figli, santamente, senza dolore, senza spossarvi in copule oscene, indegne, che ignorano anche le bestie, le bestie senz’ anima ragionevole e spirituale. All’uomo e alla donna, depravati da Satana, Dio volle opporre l’Uomo nato da Donna soprasublimata da Dio, al punto di generare senza aver conosciuto uomo: Fiore che genera Fiore senza bisogno di seme, ma per unico bacio del Sole sul calice inviolato del Giglio-Maria. La rivincita di Dio! Fischia, o Satana, il tuo livore mentre Ella nasce. Questa Pargola ti ha vinto! Prima che tu fossi il Ribelle, il Tortuoso, il Corruttore, eri già il Vinto, e Lei è la tua Vincitrice. Mille eserciti schierati nulla possono contro la tua potenza, cadono le armi degli uomini contro le tue scaglie, o Perenne, e non vi è vento che valga a disperdere il lezzo del tuo fiato. Eppure questo calcaguo d’infante, che è tanto roseo da parere l’interno di una camelia rosata, che è tanto liscio e morbido che la seta è aspra al paragone, che è tanto piccino che potrebbe entrare nel calice di un tulipano e farsi di quel raso vegetale una scarpina, ecco che ti preme senza paura, ecco che ti confina nel tuo antro. Eppure ecco che il suo vagito ti fa volgere in fuga, tu che non hai paura degli eserciti, e il suo alito purifica il mondo dal tuo fetore. Sei vinto. Il suo nome, il suo sguardo, la sua purezza sono lancia, folgore e pietrone che ti trafiggono, che ti abbattono, che ti imprigionano nella tua tana d’Inferno, o Maledetto, che hai tolto a Dio la gioia d’esser Padre di tutti gli uomini creati! Inutilmente ormai li hai corrotti, questi che erano stati creati innocenti, portandoli a conoscere e a concepire attraverso a sinuosità di lussuria, privando Dio, nella creatura sua diletta, di essere l’elargitore dei figli secondo regole che, se fossero state rispettate, avrebbero mantenuto sulla terra un equilibrio fra i sessi e le razze, atto ad evitare guerre fra popoli e sventure fra famiglie. Ubbidendo, avrebbero pur conosciuto l’amore. Anzi, solo ubbidendo avrebbero conosciuto l’amore e l’avrebbero avuto. Un possesso pieno e tranquillo di questa emanazione di Dio, che dal soprannaturale scende all’inferiore, perché anche la carne ne giubili santamente, essa che è congiunta allo spirito e creata dallo Stesso che le creò lo spirito. Ora il vostro amore, o uomini, i vostri amori, che sono? O libidine vestita da amore. O paura insanabile di perdere l’amore del coniuge per libidine sua e di altri. Non siete mai più sicuri del possesso del cuore dello sposo o della sposa, da quando libidine è nel mondo. E tremate e piangete e divenite folli di gelosia, assassini talora per vendicare un tradimento, disperati talaltra, abulici in certi casi, dementi in altri. Ecco che hai fatto, Satana, ai figli di Dio. Questi, che hai corrotti, avrebbero conosciuto la gioia di aver figli senza avere il dolore, la gioia d’esser nati senza paura del morire. Ma ora sei vinto in una Donna e per la Donna. D’ora innanzi chi l’amerà tornerà ad esser di Dio, superando le tue tentazioni per poter guardare la sua immacolata purezza. D’ora innanzi, non potendo concepire senza dolore, le madri avranno Lei per conforto. D’ora innanzi l’avranno le spose a guida e i morenti a madre, per cui dolce sarà il morire su quel seno che è scudo contro te, Maledetto, e contro il giudizio di Dio. Maria, piccola voce, hai visto la nascita del Figlio della Vergine e la nascita al Cielo della Vergine. Hai visto perciò che ai senza colpa è sconosciuta la pena del dare alla vita e la pena del darsi alla morte. Ma se alla superinnocente Madre di Dio fu riserbata la perfezione dei celesti doni, a tutti, che nei Primi fossero rimasti innocenti e figli di Dio, sarebbe venuto il generare senza doglie, come era giusto per aver saputo congiungersi e concepire senza lussuria, e il morire senza affanno. La sublime rivincita di Dio sulla vendetta di Satana è stata il portare la perfezione della creatura diletta ad una superperfezione, che annullasse almeno in una ogni ricordo di umanità, suscettibile al veleno di Satana, per cui non da casto abbraccio d’uomo ma da divino amplesso, che fa trascolorare lo spirito nell’estasi del Fuoco, sarebbe venuto il Figlio. La Verginità della Vergine!… Vieni. Medita questa verginità profonda, che dà nel contemplarla vertigini d’abisso! Cosa è la povera verginità forzata della donna che nessun uomo ha sposato? Meno che nulla. Cosa la verginità di quella che volle esser vergine per esser di Dio, ma sa esserlo solo nel corpo e non nello spirito, nel quale lascia entrare tanti estranei pensieri, e carezza e accetta carezze di umani pensieri? Comincia ad essere una larva di verginità. Ma ben poco ancora. Cosa è la verginità di una claustrata che vive solo di Dio? Molto. Ma sempre non è perfetta verginità rispetto a quella della Madre mia. Un coniugio vi è sempre stato, anche nel più santo. Quello di origine fra lo spirito e la Colpa. Quello che solo il Battesimo scioglie. Scioglie, ma, come di donna separata da morte dello sposo, non rende verginità totale quale era quella dei Primi avanti il Peccato. Una cicatrice resta e duole, facendo ricordare di sé, ed è sempre pronta a rifiorire in piaga, come certi morbi che periodicamente i loro virus acutizzano. Nella Vergine non vi è questo segno di disciolto coniugio con la Colpa. La sua anima appare bella e intatta come quando il Padre la pensò adunando in Lei tutte le grazie. E’ la Vergine. E’ l’Unica. E’ la Perfetta. E’ la Completa. Pensata tale. Generata tale. Rimasta tale. Incoronata tale. Eternamente tale. E’ la Vergine. E’ l’abisso della intangibilità, della purezza, della grazia, che si perde nell’Abisso da cui è scaturito: in Dio, Intangibilità, Purezza, Grazia perfettissime. Ecco la rivincita del Dio trino ed uno. Contro alle creature profanate Egli alza questa Stella di perfezione. Contro la curiosità malsana, questa Schiva, paga solo di amare Dio. Contro la scienza del male, questa sublime Ignorante. In Lei non è solo ignoranza dell’amore avvilito; non è solo iguoranza dell’amore che Dio aveva dato agli uomini sposi. Ma più ancora. In Lei è l’ignoranza dei fomiti, eredità del Peccato. In Lei vi è solo la sapienza gelida e incandescente dell’Amore divino. Fuoco che corazza di ghiaccio la carne, perché sia specchio trasparente all’altare dove un Dio si sposa con una Vergine, e non si avvilisce, perché la sua Perfezione abbraccia Quella che, come si conviene a sposa, è di solo un punto inferiore allo Sposo, a Lui soggetta perché Donna, ma senza macchia come Egli è».

DALLE RIVELAZIONI PRIVATE DI MARIA SANTISSIMA
A SANTA BRIGIDA DA SVEZIA

«Io sono la Regina del cielo, la Madre di Dio… Da quando, all’inizio dell’infanzia, conobbi il Signore, fui sempre attenta e timorosa per la mia salvezza e la mia obbedienza a lui. Quando seppi che Dio era il mio creatore e il giudice di tutte le mie azioni, l’amai intimamente; in ogni momento temetti di offenderlo con le mie parole e le mie azioni. Poi, quando seppi che aveva dato la legge e i suoi comandamenti al popolo, e che con essi aveva compiuto molte meraviglie, decisi risolutamente nella mia anima di non amare altri che lui; e le cose del mondo mi davano grande amarezza. Quando, venni a conoscenza anche del fatto che Dio avrebbe riscattato il mondo e sarebbe nato da una Vergine, mi sentii commossa e animata da così tanto amore nei suoi confronti, che pensavo solo a lui e non desideravo altri che lui. Mi allontanai il più possibile dai discorsi di tutti i giorni, e dalla presenza di genitori e amici; diedi ai poveri tutto ciò che avevo, e tenni per me solo un abito semplice e poche cose per vivere. Non mi piaceva nulla che non fosse Dio. Nel mio cuore nutrivo il desiderio incessante di vivere fino al giorno della sua nascita, per meritare di essere la serva della Madre di Dio, sebbene non mi rite-nessi degna di ciò. Dentro di me feci voto di rimanere vergine, se ciò era gradito a Dio, e di non possedere nient’altro al mondo. Ora, se la volontà di Dio fosse stata diversa, avrei desiderato che fosse fatta la sua volontà, non la mia, perché temevo che egli non potesse e non volesse niente che fosse utile per me; per questo, dunque, mi rimisi al-la sua volontà. Poiché si avvicinava il tempo della pre-sentazione delle vergini al Tempio, secondo la legge, che i miei genitori rispettavano, venni presentata con le altre fanciulle; dentro di me pensavo che nulla fosse im-possibile a Dio; e poiché egli sapeva che non desideravo né volevo altri che lui, poteva conservarmi nella vergi-nità, se ciò gli era gradito; diversamente, che fosse fatta la sua volontà. Dopo avere udito al Tempio ogni disposizione ed essere tornata a casa, bruciavo ancora di più dell’amore di Dio, ed ogni giorno ero accesa da un nuovo fuoco e da nuovi desideri di lui. Per questo mi allontanai più del consueto da tutti, rimanendo sola giorno e notte, con il grande timore che la mia bocca dicesse e che le mie orecchie udissero qualcosa contrario all’amore di Dio, o che i miei occhi vedessero qualcosa di delizioso. Temevo, inoltre, che il mio silenzio mi impedisse di esprimere quello che invece dovevo dire, ed ebbi cura di non fare quest’errore; essendo così turbata nel mio cuore e riponendo ogni mia speranza in Dio, d’un tratto mi ricordai di pensare all’immensa potenza divina, al modo in cui gli angeli e tutto il creato lo servono, e a quanto la sua gloria sia ineffabile e infinita. In estasi, vidi tre meraviglie: un astro, ma non come quello che splende in cielo; una luce, ma non come quella che brilla nel mondo; e sentii un profumo, ma non come quello delle erbe o di qualche sostanza aromatica, bensì soavissimo e ineffabile, un profumo di cui fui col-ma; ed ebbi un fremito di grande gioia. A quel punto, udii una voce profonda, ma non era una voce umana; e, dopo averla sentita, ebbi il timore che fosse stata un’illusione. D’improvviso mi apparve un angelo, simile a un uomo bellissimo, ma non di carne, che mi disse: «Ti saluto, piena di grazia…». Dopo averne udito le parole, cercai di capirne il significato, o il motivo per cui mi avesse salutato in questo modo, poiché ero persuasa di essere indegna di una cosa simile e di qualsiasi bene mi venisse offerto, ma non ignorai il fatto che nulla era impossibile a Dio, e che egli poteva fare di me ciò che desiderava. Allora l’angelo mi disse per la seconda volta: «Colui che nascerà da te è santo, e si chiamerà Figlio di Dio (cfr. Lc 2); e sarà fatta la sua volontà». Io non credevo di esserne degna, e non chiesi all’angelo perché o quando si sarebbe compiuto tale mistero; tuttavia mi informai sul modo in cui sarebbe avvenuto, poiché ero indegna di essere la Madre del Signore, e non conoscevo uomo; come ebbi pronunciato queste parole, l’angelo mi rispose che nulla era impossibile a Dio, e che ogni suo desiderio si sarebbe realizzato. Dopo aver udito l’angelo, provai un immenso desiderio di essere la Madre di Dio, e mi sentii ricolma di un grande amore; la mia anima parlava con uno smisurato amore incomparabile. Per questo pronunciai le parole: ‘Sia fatta in me la tua volontà’. A queste parole, il Figlio di Dio fu immediatamente concepito nel mio seno; la mia anima avvertì una gioia ineffabile e tutte le membra del mio corpo ebbero un sussulto. Lo custodivo in me e lo portavo senza dolore, senza pesantezza, senza disagio; mi umiliavo in ogni cosa, sapendo che colui che portavo in me era onnipotente. Quando lo diedi alla luce, lo partorii senza dolore e senza peccato, così come l’avevo concepito, ma con una tale gioia nello spirito e nel corpo che i miei piedi quasi non toccavano la terra. E così come era entrato in tutte le mie membra con la gioia universale della mia anima, allo stesso modo ne uscì senza ledere la mia verginità, mentre le mie membra e la mia anima trasalivano di gioia ineffabile. Considerando e ammirando la sua bellezza, la mia anima era colma di gioia, poiché sapevo che ero indegna di un simile Figlio. Quando guardavo le sue mani e i suoi piedi nel punto in cui sarebbero stati conficcati i chiodi, poiché avevo sentito che, secondo i profeti, sarebbe stato crocifisso, i miei occhi si scioglievano in lacrime, e la tristezza mi straziava il cuore. E quando mio Figlio mi vedeva così sconsolata e lacrimosa, si rattristava tantissimo. Ma quando pensavo alla potenza divina, mi consolavo di nuovo, poiché sapevo che Dio voleva ciò e che era opportuno che le profezie si avverassero; allora conformavo la mia volontà alla sua; così il mio dolore si fondeva sempre con la gioia». Libro 1, 9

 

IL DEMONIO BELZEBUB DURANTE UN ESORCISMO

Esorcista: Adesso devi parlare, Belzebù, continua a parlare nel nome della SS. Trinità, del Padre… dell’Immacolata Concezione, per il cui ordine tu adesso devi parlare!

Belzebub: Quando ci siamo accorti finalmente, che era veramente LEI (Satana e tutti i demoni non sapevano chi era Maria sin dal principio, lo seppero molto dopo, ma cercavano di scovarla per rovinare i Piani di Dio, pur ovviamente non riuscendoci mai – nota del redattore), abbiamo deliberato per lungo tempo giorno e notte cosa potessimo fare per danneggiarla. In seguito abbiamo chiamato i migliori negromanti. Abbiamo ordinato loro che dovevano danneggiare QUESTA (mostra in alto) in corpo ed anima, affinché non sia più così forte, non più così sterminante nella preghiera e che non eserciti più questa potenza. Perché abbiamo ben visto, che è LEI che avrà in mano la Chiesa più tardi. Perfino Pietro cadeva ai suoi piedi, quando occorreva (borbotta). Lei ha un potere immenso, perché era la creatura più amabile e perfetta di Dio. Lei è una creatura immensamente perfetta; dopo Dio mille e centomila volte più alta che ogni altra creatura. Perfino il suo sposo. San Giuseppe, che è cento e mille volte più alto di tutti gli altri uomini, era di un rango mille e migliaia di volte minore del suo.

Le visioni della Beata Caterina Emmerich sugli Angeli e le loro attività

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