UN PRETE DANNATO METTE IN GUARDIA CONTRO L’INFERNO

esorcismo

ESTRATTI DELL’ESORCISMO DEL 7 AGOSTO 1979
E = ESORCISTA
V = VERDI GARANDIEU
E: In nome della Madre della Chiesa, in nome di tutti i Papi e soprattutto del Santo Padre, il Papa Paolo VI, e di tutti i preti esorcisti, dì la verità e solo la verità, di quanto la Madre di Dio vuol dirci oggi tramite te, Verdi Garandieu!
V: (respiro faticoso) Ebbene! è la volontà dell’Altissima e della Trinità che sia pubblicato questo libretto di Verdi. Ora è già pubblicato in lingua tedesca. Ma come abbiamo detto, dev’essere tradotto anche nelle altre lingue nelle quali il primo libro “AVVISI” esce o è stato pubblicato, senza indugio… VERDI È IMPORTANTE; SEMBRA ESSERE UN LIBRETTO INSIGNIFICANTE, PESANTISSIMO, INVECE CONTIENE MOLTO ED È VERAMENTE VOLUTO DAL CIELO! Su di esso è la benedizione del Cielo, sia sul libretto sia sull’editore, come pure su tutti i collaboratori di questo lavoro, compreso il tipografo. Ecco!
Potrete ora raccogliere critiche a questo proposito, essere criticati fino a sanguinare e ad essere completamente straziati e calpestati. MA QUESTO LIBRETTO HA UN VALORE IMPAREGGIABILE! ESSO SALVERÀ MOLTE ANIME, anche se non doveste vederlo. È molto utile anche per anime che non si convertono immediatamente, perché Verdi, ossia le sue dichiarazioni, penetrano nell’anima. Esse vi entrano, anche se il lettore non vuole, o non vorrebbe rendersene conto. Inquietano. Penetrano in profondità e in un certo senso tormentano, anche quando costui fa di tutto per difendersi, supponendo che non lo getti nel primo cestino, prima di leggerlo. Ma comunque la presentazione è tale che anche quelli che sulle prime vorrebbero non aver niente a che fare con tutto questo, finiscono lo stesso per ficcarvi il naso, al momento opportuno…
E: In nome di tutti i vescovi e preti!
V: Devi dire: e della Chiesa! Perché è prima per la Chiesa e per i preti. LEI (indica in alto) c’incarica oggi di dire, poiché ci incitate a farlo, che dev’essere detto ancora qualcosa, e che qui vi è la potenza del vescovo: anche se non doveste vedere nessun frutto coi vostri occhi e se raccoglieste solo cose negative, ha nondimeno per il Cielo un valore di un’incredibile, di un’incomparabile ricchezza, più di quanto possiate prevederlo e supporlo. ESSI (indica in alto) hanno un tempo voluto e programmato che questo VERDI potesse abitare nell’ossessa per parecchi anni, perché è stato sempre nel loro piano che fosse pubblicato questo libretto. Certo, e pubblicato anche nel libro “AVVISI” (edizione francese), ma questo libretto a parte è una buona edizione perché costa meno, si legge correntemente e si deve leggere meno a lungo. Eppure si ha cio che si merita quando lo si legge. È stupido pero… Ah! Non voglio dirlo!
E: Continua a parlare! Che cosa è stupido? Continua a parlare in nome dell’Altissima, Madre della Chiesa…!
V: È stupido pero che non sia stato dieci o vent’anni prima. Un libretto simile avrebbe allora infiammato più d’oggi. Ma anche oggi deve avere la missione di produrre i suoi frutti nei cuori, di trasformarli e di scuoterli. Per questo… Non voglio parlare!
E: Continua a dire la verità, in nome della Chiesa, della Madre della Chiesa!
V: Per questo dev’essere pubblicato appunto nelle stesse lingue dell’altro libro “AVVISI” che si pubblica ora o è stato già pubblicato.
E: Continua a parlare in nome dell’Altissima!
V: Sarebbe meglio con 1’Imprimatur, ma non 1’avete ottenuto.
E: Di la verità e solo la verità! La Madre di Dio vuole che dica chiaramente al vescovo dove egli va, dove vanno i preti i quali dicono ora che li abbiamo diffamati con questo libretto, e che abbiamo in realtà reso cosi un cattivo servizio alla Chiesa, che gli dica che ci combattono? Dobbiamo dire la verità, dir loro dove vanno? Devo scrivere ad ogni vescovo per parlargli di questa distruzione oggi nella Chiesa?
V: Avresti fatto bene a scrivere questa frase: ” Tutti coloro che sono della luce e dello Spirito Santo riconosceranno la verità”.
E: Sara inserito nella prossima ristampa. Abbiamo lasciato ancora incompiute molte cose che forse non sono buone. Ma ringraziamo la Madre di Dio di questa indicazione. Di la verità e solo la verità! La Madre di Dio vuole ancora dirci altro su questo argomento?
V: È terribile vedere che anche i vostri vescovi abbiano preso vie cosi cattive. ESSI (indica in alto) sono addolorati e afflitti nel vedere che i vostri vescovi fanno successivamente, diciamo noi, marcia indietro, sempre più, e non hanno coraggio (grida), non hanno una goccia di coraggio, non hanno più verità ne assolutamente niente.
E: È la volontà di Dio, di la verità e solo la verità, che avverta ancora una volta i vescovi, molto fermamente? È la volontà della Madre di Dio?
V; È meglio che tu invii malgrado tutto il libretto a ciascuno e che li avverta ancora una volta, in nome di Cristo e della Croce, di far marcia indietro. Di loro che siamo in un pericolo gravissimo e che fra poco vedranno cio che si gioca…
PREGHIERA A SAN MICHELE ARCANGELO
San Michele Arcangelo, difendici nella battaglia, vieni in nostro aiuto contro la malizia e le insidie del demonio; fa’, te ne preghiamo, che Dio eserciti su di lui il suo impero; e tu, Principe della milizia celeste, col divino potere incatena nell’inferno Satana e gli altri spiriti maligni che vagano nel mondo per la rovina delle anime. Così sia!

Confessioni di un Prete Dannato all’Inferno
Verdi Garandieu

UN PRETE DANNATO METTE IN GUARDIA CONTRO L’INFERNO

Per ordine della Santissima Vergine durante l’esorcismo fatto il giorno dell’Annunciazione
Numerosi preti hanno eseguito un esorcismo sull’ossessa svizzera continuamente tormentata dai demoni. Le testimonianze di dodici preti, tra cui tre dottori in teologia e in diritto canonico, esprimono la convinzione che i demoni, al momento degli esorcismi, sono costretti a mettere in guardia l’umanità in nome della Madre di Dio.
Chi nega 1’esistenza del diavolo e la possibilità della possessione, si mette in contraddizione con la dottrina formale de11a Chiesa e contesta fatti inconfutabili.

ESORCISMO DEL 5 APRILE 1978
CONFESSIONI DEL PRETE
DANNATO VERDI GARANDIEU

E = ESORCISTA
V = VERDI GARANDIEU (1)
Dopo 1’esorcismo di Leone XIII e numerose preghiere, il demonio si annunciò senza equivoco sicché fu scongiurato di dire solo cio che Dio gli ordinava di dire per mezzo di Maria, nel giorno della sua Annunciazione.

Verdi Garandieu, un prete dannato, é costretto a parlare
E: Devi parlare per la gloria di Dio e la salvezza delle anime, te 1’ordina San Vincenzo Ferrier, questo grande cacciatore d’anime, che tante anime ti ha strappato!
V: Non a me, non a me, ma al Vecchio (= Lucifero) (beffarda risata), non a me, non…
E: Le ha strappate all’inferno. Ha strappato le anime all’inferno col suo zelo.
(1) Dal 1975, dopo la prima constatazione della possessione nell’ossessa espiatrice, Verdi Garandieu si presenta come un prete dannato del XVII secolo, dei Pirenei. Nel testo dell’esorcismo sono annotate tra parentesi le reazioni del demonio VERDI (pianto, urla, ecc.), che si manifestano attraverso 1’ossessa.
V: Sono solo uno tra molti (risata); sono un disgraziato tra molti. Che sciocchezza (con voce forte), che sciocchezza ho dunque fatto! Ho condotto una vita veloce come il lampo! Perché non sono vissuto meglio? Perché non sono stato prete secondo la volontà di Dio, di LUI LASSÙ (gesto verso l’alto)? Perché non ho corrisposto alla sua grazia? Perché (con voce forte e piangendo) ho abbracciato il sacerdozio, se non ne ero capace, o se non mi sono mostrato pienamente capace di esercitare una funzione pesante, piena di responsabilità, di esercitarla come avrei dovuto esercitarla (piangendo…)?
E: Di la verità, Verdi Garandieu, in nome di Gesù Cristo, tutto per la sola gloria di Dio!
V: Ho peccato dando il cattivo esempio. Ho dato il cattivo esempio come anche oggi migliaia, decine di migliaia di preti danno il cattivo esempio. Non ho (respiro faticoso) impartito un buon insegnamento religioso.
E: Di la verità, Verdi Garandieu, solo la verità, in nome di Gesù Cristo!
Dannato per la sua tiepidezza
V: Ho osservato più le gonnelle che i comandamenti di Dio. Sono stato condannato perché ero troppo tiepido. QUELLO DI LASSÙ (gesto verso l’alto) mi ha letteralmente detto: “Io ti vomiterò dalla mia bocca perché non sei né freddo né caldo”.
E: Parla, Verdi Garandieu, per la gloria di Dio, di quanto devi dire sulla tua vita!
V: La mia vita fu… Nella mia gioventù ero ancora buono (quasi piangendo). Ho (gridando amaramente) ancora corrisposto alla grazia in quel momento (piangendo di disperazione). Nella mia gioventù ho ancora corrisposto alla grazia, ma poi sono diventato tiepido. Mi sono inoltrato sempre più nella via larga. Ho abbandonato la via della virtù e non ho più corrisposto alla grazia. Allora sono caduto sempre più in basso. Forse, all’inizio, mi sono di nuovo confessato. Volevo ancora convertirmi; più d’una volta ho voluto ritornare indietro e combattere i miei difetti (con voce forte), ma…
E: Di la verità in nome di Gesù Cristo, per la gloria di Dio, solo la verità!
V: …ma non vi riuscivo più, perché pregavo troppo poco… Ho pregato poco e troppo poco ho corrisposto alla grazia. Ero, come si dice, tiepido. Tiepido è già essere freddo, da tiepido a freddo il passo è brevissimo. Si dovrebbe essere caldi, caldi, ardenti, allora non accadrebbe ai preti cio che è avvenuto di me. Ma voi avete adesso migliaia, decine di migliaia, più di un milione di preti che sono come me, tiepidi e non… non (grida).
E: Di la verità!
V: …e non corrispondono più alla grazia, è quanto loro accadrà se non si convertono, non accolgono totalmente in loro il fuoco dello Spirito Santo e non lo lasciano agire, non sarà meglio di quanto è accaduto a me, Verdi. Sono molto infelice nell’inferno. Vorrei non essere mai vissuto. Soprattutto vorrei, se dovessi vivere, poter ritornare indietro e poter far meglio. Come vorrei far meglio! Come vorrei restare in ginocchio giorno e notte, pregando LUI LASSÙ (gesto verso 1’alto) e chiedere perdono; chiamerei in mio aiuto tutti gli angeli e tutti i Santi per non seguire di nuovo la via della perdizione. Ma (con voce forte), io, io (lamenti) NON POSSO PIÙ RITORNARE INDIETRO… NON POSSO PIÙ RITORNARE INDIETRO (gridando con voce sconvolgente) SONO DANNATO!
Gesù Cristo ha dato l’esempio della temperanza
I preti non sanno che vuol dire essere dannato. Essi (con disperazione) non sanno cio che è 1’inferno! Quasi tutti attualmente seguono la via della minore resistenza. Credono di dover vivere felici, di dover godere quanto si può godere nella vita. Credono comunque che oggi non si possono più cambiare 1’umanizzazione e il modernismo e che si deve camminare col proprio tempo; i superiori, i vescovi, i cardinali e i preti non danno esempio migliore. Prendono ancora magari cibi a una povera tavola, come Cristo stesso ha dato loro 1’esempio? Certo, Cristo, come lo si constata nella Bibbia, si è seduto a tavola e ha mangiato in cerimonie come matrimoni e talune feste. Ma 1’ ha fatto solo perché…
E: Di la verità e solo la verità, Verdi, di la verità e solo la verità in nome di Gesù Cristo!
V: Egli 1’ ha fatto, per cosi dire, per carità verso il prossimo, ma non ha mai mangiato molto. Ha sempre mangiato piuttosto frugalmente, e non parleremo dei momenti in cui non assisteva a feste. CRISTO HA SOFFERTO MOLTO LA FAME , PIÙ DI QUANTO SI PENSA. La Sacra Famiglia e gli Apostoli hanno sofferto molto la fame e digiunato, altrimenti non avrebbero ricevuto le grazie che sono state loro concesse.
Certo Cristo aveva già in Sé tutta la pienezza della grazia; non aveva più bisogno della grazia, in particolare non sarebbe stato necessario implorarla con la preghiera. Egli era la grazia e la luce in persona. Ma doveva dare 1’esempio agli apostoli e a tutta 1’umanità, in particolare (con voce forte) ai preti, vescovi, superiori, cardinali e al Papa.
Egli ha dato 1’esempio nel grado più completo, il migliore e il più perfetto, ma a che cosa è servito?
Ora i preti mangiano alle tavole più riccamente servite con “dessert”, vino e tutti i condimenti. A volte fanno anche bisboccia più di quanto lo consenta la loro salute, e credono addirittura che è del tutto normale quando si è vescovo o si ha un posto elevato.
Le cuoche che fanno da mangiare per i vescovi e queste autorità religiose, ed anche per certi preti, credono con la massima buona fede, che si deve portare in tavola questo e quello. “E un gran signore; è rivestito di alte dignità! Dovremmo vergognarci se non gli si servisse questo e quello”. Ma esse dimenticano che non è 1’imitazione di Cristo.
Sarebbe meglio per queste cuoche che facessero notare ai vescovi, preti, superiori o cardinali che Cristo ha dato 1’esempio della povertà, della povertà e della virtù. LUI LASSÙ (gesto verso 1’alto) vuole che si pratichi 1’imitazione di Cristo (con voce forte) e quanto è praticato oggi è tutt’altra cosa dell’imitazione.
È lo sfarzo, la bisboccia, la bella vita è il lusso fino al peccato. Il peccato non comincia solo quando comincia realmente. Il peccato comincia già quando non si insegna più la rinuncia e quando non la si pratica più. II peccato comincia già quando 1’uomo potrebbe rinunciare, ma non lo fa.
Certo, non comincia qui il peccato completo, nel suo vero senso. Ma la via che vi conduce comincia già quando si smette di praticare la rinuncia, quando non ci si vuol più sacrificare e quando si segue la via della minore resistenza. Allora la via che conduce al primo peccato, che sia veniale o che arrivi fino al peccato mortale, non è più molto lunga, perché noi giù (gesto verso il basso) abbiamo un immenso potere e facciamo sempre quanto possiamo. Ci si istruisce cosi bene, e anche noi, demoni umani, veniamo istruiti e guidati cosi bene che prendiamo sempre 1’uomo in tal modo o lo si può prendere meglio. Ma quando qualcuno non ha mai veramente bene…
E: Di la verità in nome di Gesù Cristo e solo la verità, Verdi Garandieu, solo la verità!
Le tappe della caduta
V: …quando qualcuno non ha mai veramente bene, perfettamente seguita la via di Cristo con la sua povertà e la sua virtù, la via della preghiera, della Croce, della rinuncia, del sacrificio, della virtù, quando omette solo una di queste cose o la trascura totalmente, noi cerchiamo allora di prenderlo da quel punto. Se è solo una fibra del suo abito, è pero già una fibra e col tempo possiamo avvelenare tutto il suo abito (lamenti). Non voglio più parlare.
E: Di la verità, Verdi Garandieu, per la gloria di Dio, sulla tua vita, sulla vita del prete come dev’essere! Di la verità per la gloria di Dio!
V: Il mio sacerdozio, 1’ ho… Forse, credevo allora di avere la vocazione, e volevo… Certo, intendevo diventare un buon prete, ma un prete, non bisogna mai dimenticarlo, un prete è in pericolo più di un laico di essere sedotto da noi giù (dall’inferno). Forse anche i laici corrono questo pericolo, soprattutto le anime privilegiate o quelli che ricoprono una carica importante. Ma un prete ha un’altissima consacrazione. E perché ha un’altissima consacrazione, e con essa può nuocere a noi giù (gesto verso il basso) nella maniera più devastatrice, ci scateniamo di più contro i preti che contro gli altri uomini. È quanto successe (piangendo), è quanto successe anche per me. Io pensavo…
E: Di la verità, Verdi, solo la verità in nome di Gesù Cristo, per la gloria di Dio, solo la verità sulla tua vita!

Abbandono della preghiera
V: …Io pensavo: adesso sono prete. Ho raggiunto la mia meta. All’inizio ho esercitato ancora abbastanza bene il mio ministero, ma poi, poi, a un tratto trovavo ciò troppo monotono. Ho cominciato a trascurare la preghiera del Breviario. Prima non ho più recitato tutta la preghiera. Poi a poco a poco ho cominciato a non recitare più la preghiera, quando era una giornata faticosa o quando mi sembrava essere una giornata faticosa. Proprio all’inizio, la rimandavo e poi, tutt’a un tratto, arrivai a… Non voglio parlare.
E: Di la verità, Verdi, in nome di Gesù Cristo, per la gloria di Dio! Di la verità sulla tua vita per avvertire i preti! Di la verità, solo la verità!
V: …e poi, tutt’a un tratto, arrivai a pensare: “Ah! queste noiose preghiere del Breviario! Queste preghiere sono lunghissime e prendono un tempo incredibile”, pensavo. Ma sarebbe stato meglio non pensarlo, perché questa sospensione della preghiera del Breviario mi fu fatale.
Quando smisi di recitarlo, caddi a poco a poco nel peccato. Ma quando sono caduto nel peccato, il peccato d’impurità, ho ovviamente smesso di dire la mia messa con raccoglimento, già non ero più in stato di grazia. La Bibbia , e tutto cio che vi si trova, era per me un rimprovero; i dieci comandamenti e il Nuovo Testamento erano per me un richiamo all’ordine, perché non li vivevo più nel loro senso più vero. Poiché tutto questo era per me un richiamo all’ordine, io non volevo più istruire i bambini come si deve e in profondità; infatti come avrei potuto inculcare loro il bene mentre già io stesso non lo vivevo più, e per questo devo dire… Non voglio parlare.
E: In nome di Gesù Cristo, in nome del Santissimo Sacramento dell’Altare di la verità e solo la verità sulla vita e la condotta del prete!
V: …per questo devo dire che come per me succede per la maggior parte dei modernisti e umanisti, e quali che siano i nomi che portano oggi. Come vogliono predicare ai bambini e ai laici qualcosa che essi stessi non vivono più? Come vogliono ridare al mondo cio che essi stessi non hanno più, cio che non è nel più intimo di loro stessi? Dovrebbero mentire (lamenti). Non voglio…
E: Di la verità e solo la verità in nome di Gesù Cristo, in nome della Santissima Trinità, del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo, del Santissimo Sacramento dell’altare, solo la verità per la gloria di Dio e per la guida dei preti!
V: i loro cuori sono diventati luoghi malfamati, in molti, in molti più di quanto lo si pensi. E, quando non sono ancora diventati luoghi malfamati, sono in ogni caso già tarlati. Ma come mela in cui abita già un verme, può rimanere col tempo una mela intera, succosa, intatta e diffondere il suo migliore profumo!
Lo può solo un prete che vive egli stesso la virtù e ne dà 1’esempio agli altri. Se i preti attuali, come lo dovrebbero, dessero ancora 1’esempio della virtù alla gioventù e al mondo, avreste un mondo mille volte migliore di quello che avete. Come diffondere il bene se non 1’ ho in me? Come parlerò dello Spirito Santo, se io stesso sono contento di non ascoltarlo, perché ho già lasciato la via che…
E: Di la verità e solo la verità in nome di Gesù Cristo, Verdi Garandieu!
Indifferenza verso il Santo Sacrificio della Messa
V: …perché ho già lasciato la via che lo Spirito Santo mi ha tracciata e mi prescriveva! È terribilmente tragico, molto più di quanto voi uomini possiate pensarlo. È tanto più tragico in quanto un prete (piangendo) che non da più il buon esempio ed è sul punto di lasciare la via della virtù trascina con sé una massa di gente o in ogni caso parecchi, e questo comincia anche alla Santa Messa. Dall’inizio alla fine un prete non celebrerà la S. Messa con profondità e pietà se la sua condotta sacerdotale non vi è conforme. Egli arriverà anche, in ogni caso capitò a me… (quasi piangendo).
E: Di la verità, Verdi Garandieu, solo la verità in nome di Gesù Cristo e della Santissima Vergine…!
V: …egli arriverà fino a provare ripugnanza per la Messa , fino a preferire che essa non esista. E tuttavia, perché è prete, la dice, deve celebrarla dinanzi alla gente. Forse, nel mio caso, la Santa Ostia era ancora consacrata, e lo è ancora con migliaia e migliaia di preti che vi credono ancora, perché Dio è misericordioso, perché i fedeli vengono con pietà nel cuore, e non possono sapere cio che sono i cuori dei preti, ma, ma (con voce esortante) guai, guai…
E: Di la verità e solo la verità, Verdi Garandieu, in nome di Gesù Cristo, solo la verità!
Adattamento della Dottrina a una vita facile
V: …Guai (con voce seria), guai ai preti che non dicono cio che dovrebbero dire, che non vivono più cio che dovrebbero vivere e insegnano ai fedeli a seguire false vie. Sarebbe meglio… sarebbe meglio che ciascuno di loro dicesse pubblicamente sul pulpito dinanzi a tutti i fedeli: “Perdonatemi, ho peccato! Non sono sulla via della virtù! Pregate per me affinché mi riprenda e di nuovo possa insegnarvi il buon modo di vivere nel senso più vivo”.
Ecco quanto farebbe meglio a dire. Sarebbe un atto di umiltà e noi non avremmo più questo potere su di loro, anche se una parte di gente li disprezzasse. Essa avrebbe malgrado tutto, infine, nel più profondo di se stessa, un’alta stima per questo prete. Sarebbe, comunque, una via migliore della via dell’ipocrisia e della perfidia (proferendo a stento le parole).
Ha un senso stare in piedi, avanti, celebrare la messa di fronte al popolo e dire: “Dio perdonerà (respiro faticoso), andate da Lui. Egli vi comprende, andate dal Padre. Egli è il Padre di Luce : se siete nelle tenebre, comprenderà e vi accoglierà di nuovo nella grazia e nell’amore”.
Tutti questi preti dimenticano che sono necessarie certe cose perché questo Padre di Luce prenda di nuovo nelle sue braccia questi preti o questi fedeli che sono caduti. Certo, li prende di nuovo, ma è necessario il pentimento e non solo è necessario il pentimento, perché la riparazione fa anche parte del pentimento e della confessione. Se voglio migliorarmi, devo prima estirpare queste vie che conducono al peccato e mi sono fatali.
Devo prima cominciare nel più intimo di me stesso, e solo dopo posso essere un modello per gli altri, in tutta la profondità voluta. Si potrebbe dire in poche parole, predicare alla luce dello Spirito Santo cio che devo predicare, cio che sono incaricato di predicare e che sarebbe dinanzi a QUELLO DI LASSÙ… (gesto verso 1’alto)… (respiro faticoso).
Si parla solo dell’amore del prossimo ma non si parla più dell’amore di Dio
Si parla troppo dell’amore del prossimo e si dimentica che 1’amore del prossimo deriva solo dal perfetto amore di Dio. Perché parlare sempre di amore del prossimo, di riconciliazione e di reciproca comprensione se si dimentica il principale comandamento a questo proposito? Il primo è il più grande comandamento è: “Amerai il Signore Dio tuo con tutto il tuo cuore, con tutta la tua anima e con tutte le tue forze”…
E: Di la verità e solo la verità in nome di Gesù Cristo!
V: (lamenti) …e solo dopo viene “e il prossimo tuo come te stesso”. Se questi preti, ognuno di loro, facessero la pace con QUELLO DI LASSÙ (gesto verso 1’alto), il che dovrebbero peraltro fare, se volessero amarLo, 1’amore del prossimo verrebbe da sé stesso e ne deriverebbe. È, è una… Non voglio parlare!
E: Di la verità, Verdi Garandieu, in nome… per la gloria di Dio, in nome di Gesù Cristo, della Santissima Trinità, del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo, nient’altro che la verità e solo la verità!
V: …è una messinscena, completamente riuscita, della Massoneria il dire sempre: amore del prossimo, vivere nella carità, riappacificarsi 1’un 1’altro, perdonarsi e sostenersi a vicenda. E dove arrivano? Dove si arriva con questo sostegno e questa riconciliazione? Guardate la quotazione dei suicidi!
Se questi uomini vedessero dov’e davvero il principale comandamento!
Certo, è detto nel primo e più grande comandamento: “E il prossimo tuo come te stesso”, ma cio viene dopo: “Amerai il Signore Dio tuo”. Non si può davvero chiamare amore quello che questi preti vivono da anni, questi preti che non sono mai ancora vissuti cosi male come adesso. Si deve cominciare soltanto qui. Si deve praticare di nuovo il principale comandamento e le prime frasi totalmente, senza limiti.
E allora questo “il prossimo tuo come te stesso” sarà incluso da sé stesso. Tutti i comandamenti in modo generale sono inclusi in questo principale comandamento. Se lo si osservasse, non si sarebbe costretti a parlare sempre di carità, d’amore del prossimo, di tentativi di riconciliazione e non so che cosa. Tutto questo sarebbe compreso nella sola visione di un’erba o di un ramo verdi, ma nulla di simile accade. Si discute solo e si parla sempre di assemblee ecclesiastiche e di conferenze episcopali.
Perfino al vertice, a Roma, non si fa che parlare, dibattere, discutere, esaminare, fare adottare e ancora blaterare, sopprimere ancora qualcosa e lasciarla ancora passare, sicché infine sono state soppresse e lasciate passare tante cose che cio non può assolutamente più durare, dinanzi a LUI LASSÙ (gesto verso l’alto). Perché LUI LASSÙ non è soltanto misericordia, ma è anche giustizia infinita quanto misericordia. Questo, io l’ ho visto, io (piangendo), io, Verdi, Verdi. Ho dovuto farne 1’esperienza io stesso. Se avessi solo…
E: Garandieu, di la verità, solo la verità in nome di Gesù Cristo e della Santissima Vergine Maria!
Il vero amore del prossimo è strappare le anime dall’inferno col sacrificio
V: …se solo fossi vissuto meglio! Se avessi praticato la virtù! Se solo avessi pregato di più! Se solo avessi fatto penitenza! Se solo avessi cercato di amarlo, LUI LASSÙ! se solo avessi detto: “Io ti seguo in croce. Dammi croci per le mie pecore, per quanto posso sopportarle, affinché ti segua”. Tutto questo, ho dimenticato di dirlo. Tutto questo ho dimenticato di dirlo quando ho smesso di volerlo dire! E anche la maggior parte dei preti d’oggi dimentica di parlare dell’imitazione di Cristo, della via della Croce, e di dire che si deve fare penitenza ed espiare per gli altri affinché non si perdano. Questo non è detto. Dovrebbero gridare dall’alto del pulpito: “Voi laici, fate penitenza, sacrificatevi per gli altri quando vedete che affondano nel fango del peccato”. Sarebbe il più grande amore del prossimo. Ogni altro amore del prossimo come: portare da mangiare, procurare vestiti, cercare case…
E: Di la verità e solo la verità, Garandieu! Di la verità in nome di Gesù Cristo!
V: …tutto questo cade in rovina. Certo è necessario al sostentamento della vita, ma normalmente è Dio stesso che lo da, soprattutto nel nostro tempo, e in Europa, dove la maggior parte della gente ha abbastanza da mangiare, e dove i salari e il tenore di vita sono cosi alti che tutti se la cavano in qualche modo.
Non si deve vantare come la cosa essenziale che bisogna aiutarsi a vicenda e sostenersi e assistersi, visitarsi reciprocamente e venire in aiuto gli uni gli altri. Certo bisogna aiutare chi e nel bisogno, ma lo si mette troppo in rilievo, Si dovrebbe gridare dall’alto del pulpito: “Laici, sacrificatevi per tale e tal’altra anima, perché è in pericolo di peccare. Pregate per lei, accendete candele benedette. Fate il segno della croce su quest’anima”.
I laici possono anche questo. Non hanno 1’alta potenza della benedizione del prete, ma fare un segno di croce sugli altri, qualsiasi laico può farlo. Meglio è che prendano per farlo un Crocifisso o il rosario e che gettino anche da lontano acqua benedetta su queste anime. Non è esagerazione. Ogni laico può farlo. E questo porta inoltre certe benedizioni. Egli non deve dire: “Sono potente, posso benedire” e che so ancora. Può farlo in silenzio, ma porta comunque sia benedizioni, e noi giù (in inferno) dobbiamo ritirarci. Si dovrebbe predicare (con voce forte)… Non voglio parlare.
E: In nome di Gesù Cristo, della Santissima Trinità, del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo, Verdi Garandieu, di la verità e solo la verità per la gloria di Dio!
V: Si dovrebbe predicare dall’alto del pulpito: “Voi uomini, che volete chiamarvi figli di Dio, che venite nella nostra chiesa, prendete le cose sul serio, prendetele sul serio, fate penitenza e sacrificatevi per il prossimo. Esso è in pericolo. Pregate gli uni per gli altri, per non perdervi, per perseverare fino alla fine e seguire la via della virtù. Voi, laici, pregate il più possibile per i preti e le personalità ecclesiastiche, affinché il Maligno non possa vincerli assalendoli, e possano condurvi molto diritto, perché anche voi, preti, io non sono più, non sono più sulla terra adesso, ma mi è rimasto il sacerdozio. E per questo devo soffrire terribilmente (respiro faticoso)…
E: Parla, Garandieu, di la verità e solo la verità in nome di Gesù Cristo!
Bisogna pregare e sacrificarsi per i preti
V: …perché anche voi, preti, avete bisogno della preghiera. Per ogni prete sul pulpito, dove dovete predicare, Giuda e già stato costretto a dirlo: sarebbe meglio predicare sul pulpito….
I preti non dovrebbero vergognarsi di dire ai laici: “Pregate, pregate anche per me, affinché vi conduca sulla retta via. Pregate abitualmente per noi preti, perché noi siamo attaccati dall’inferno più di quanto lo crediate. Pregate affinché perseveriamo fino all’ora della nostra morte, e pregate per voi stessi, gli uni per gli altri, affinché seguiate la via della virtù fino alla morte e non solo per qualche settimana o qualche anno o proprio in una cosa momentanea”. È una terribile malizia del destino, devo dirlo io, Verdi Garandieu…
E: Di la verità, Verdi Garandieu, solo la verità in nome di Gesù Cristo, della Santa Croce…
V: …che vi sono tanti preti e tanti laici che seguono certo la via della virtù e sono stati buoni preti e buoni laici finche, si potrebbe dire in un certo senso, siano avanzati e abbiano raggiunto il punto di cui parla Gesù a proposito del grano: un seminatore usci per spargere la sua semente.
Granelli caddero tra le spine e furono soffocati, e granelli spuntarono. Si credette che essi fossero ben spuntati. Si potrebbe dire la stessa cosa di quelli che hanno seguito fino a quel punto la via della virtù, ma quando vengono le tentazioni, e quando tutto il clero della Chiesa strombazza loro: adesso si deve seguire tale e tal’altra via, adesso è valida 1’altra…, e non la via di Dio. Ma essi non dicono la via di Dio, ma è in un certo senso la stessa cosa agli occhi del Cielo, perché è la via sempre seguita che non è più valida oggi. Allora cadono nel dubbio. Al momento della tentazione cadono… e venne il sole, li brucio e seccarono. Questo vale oggi per migliaia e decine di migliaia di preti e di laici che non possono resistere. Essi non hanno potuto praticare grandi virtù prima e perciò cadono e non sono forti quando si tratta di praticare veramente la virtù di forza.
Pregare per ottenere la perseveranza
Per questo oggi si dovrebbe pregare molto, e la perseveranza, per reggere fino alla fine. Adesso sarebbe proprio d’attualità che ogni prete gridasse dal pulpito almeno due o tre volte al mese: “Perseverate, seguite la via fino in fondo, seguite la via della Croce! Vedete, Cristo ha avuto la parte più bella di voi?”.
Dovrebbe anche gridare: “Voi che siete poveri e poco possedete nella vita, sopportatelo con pazienza, perché il vostro salario sarà nel Cielo”. E tuttavia non è come molti Santi 1’ hanno praticato, per esempio un santo curato d’Ars, che pregava e digiunava fino all’estremo. Si dovrebbe dire a questi laici che vivono nella povertà:
“Ringraziate il Signore e lodatelo, perché vi ha fatto dono della povertà come imitazione di Cristo, come anche gli apostoli hanno dovuto praticarla. Ringraziate il Signore, perché se siete nella povertà avete molto meno tempo per l’ozio. Perché dovete lavorare di più e badare a procacciarvi il pane quotidiano”. A costoro resta molto meno tempo per 1’ozio. L’ozio è sempre la madre di tutti i vizi.

La povertà delle famiglie numerose è una grande benedizione
A quanti sono nel bisogno, che hanno molti figli e devono lavorare molto, sicché non hanno tempo da dedicare al lusso, agli eccessi o ai piaceri, si dovrebbe dire: “Lodate il Signore tre volte al giorno, in ginocchio, e ringraziatelo di avervi dato, con i vostri figli, del lavoro, e di avervi offerto i vostri figli affinché li alleviate e ne facciate i prossimi cittadini del cielo, perché per ognuno dei vostri figli acquisterete più grazia”. Invece di cio, essi dicono, a volte dicono anche, ed anche preti, che si… Non voglio parlare!
E: In nome di Gesù Cristo, di la verità, solo la verità, Verdi Garandieu, per la gloria di Dio, sul sacerdozio!
V: …Invece di cio, quando una donna o un uomo vengono a dir loro: “non va bene per noi; abbiamo avuto un terzo o un quarto figlio o solo un secondo, dipende. Abbiamo problemi di alloggio. Abbiamo questo problema qui o un altro…”. Allora il prete, invece di dire loro: “Resistete, vivete in questo vecchio appartamento e in queste stanze con la grazia di Dio (piangendo); pregate tutti i giorni e ringraziateLo di quanto avete!”, invece di cio (piangendo)… Non voglio parlare!
E: In nome di Gesù Cristo continua, Verdi Garandieu, di la verità e solo la verità per la gloria di Dio!
La pillola trascina l’aborto
V: …Invece di cio questi preti diventano realmente seduttori e danno a questi poveri, ma in fondo questa gente non è povera, non è tanto nella miseria, non è cosi terribilmente miserabile…
Quando dico “poveri” voglio dire che essi lo sono perché sono caduti nel peccato, perché il prete da loro il cattivo consiglio di non comportarsi proprio secondo i comandamenti di Dio in questo caso particolare; in questo caso, essi devono prendere la pillola o ci che vi e d’altro in questo campo. Egli consiglia loro questo o quello, o la tale o tal’altra medicina, e questa medicina ovviamente… la maggioranza dei medici la prescrive senza battere ciglio.
Gli uomini non notano di sprofondare nella sventura, perché dalla pillola e dai preservativi fino all’aborto non è più molto grande la via, e l’aborto è già un omicidio (grida) è un peccato mortale. Forse questi preti lo dimenticano o forse certi lo sanno, ma in questo tempo di modernismo e di defezione in massa non vogliono più ammettere che è ancora valido oggi cio che lo e stato da sempre, da migliaia e migliaia di anni.
È chiaro che l’umanità si è accresciuta e che non è più come una volta quando Dio punì immediatamente ONAN con la morte, ma punirebbe ancora ciascuno di quelli che, ahimé, devo dirlo, prendono contraccettivi e li richiamerebbe all’ordine, perché questo non è più 1’ordine, e l’aborto ancor meno. Non è nel piano di Dio, nel suo piano di salvezza. E io devo…
E: Di la verità, Verdi Garandieu, e solo la verità, per la gloria di Dio e in nome di Gesù Cristo!
V: …e io devo dire, io, Verdi, che sono stato prete, che i preti, e non solo i preti ma anche i vescovi, i cardinali, è evidente, dovrebbero gridare al loro popolo dall’alto del pulpito, si, gridarlo: “Sopportate le vostre sofferenze con pazienza, perché la vita terrena non è fatta per vivere nella dissolutezza e il lusso, per mangiare e bere, ma per camminare dietro al Signore e praticare l’imitazione di Cristo”.
Perché la dove sono ancora la rinuncia e il sacrificio, ecco quanto dovrebbero dire, e anche la grazia, e la dove non sono più né rinuncia né sacrificio, né preghiera, scompare anche la grazia. La dove non è più la grazia, noi vi osserviamo, e se possiamo penetrare solo attraverso una fessura, se possiamo soltanto far passare un corno, siamo pero già penetrati in questi laici o questo clero, e cio poi continua. Se è aperta una fessura, essa presto si allarga, poi è aperta tutta la porta e non solo questa. Non è solo tutta la porta ad essere aperta. È infine tutta la casa a crollare come adesso accade nelle vostre chiese. Si…
E: Di la verità, Verdi, solo la verità, solo la verità!
V: …Si dovrebbe ricominciare. Si dovrebbero fare missioni… Si dovrebbe soprattutto… Giuda e stato costretto a dirlo: dall’alto del pulpito, non dal davanti su lastre… non da qui dove si starà presto a un livello inferiore. Perché vi sono chiese dove si scendono, si scendono i gradini verso 1’altare anziché salirli… Che ne pensate, quando si deve scendere e si deve quasi… non in tutte le chiese, ma ve ne sono, si deve quasi guardare in basso verso il prete, quanta dispersione allora nei laici! Non credete che sarebbe meglio alzare gli occhi? Il pulpito simboleggia già in un certo senso il Cielo e vi sono gradini per salirvi…
E: Di la verità, Verdi, e solo la verità in nome di Gesù!
Il prete deve dare 1’esempio della virtù
V: …Ma ora tutto scende. Adesso non è più necessario alzare gli occhi. Ora si guarda tutto tutt’al più diritto o in basso, verso di noi (1’inferno) che vi tiriamo verso il basso e cerchiamo di tirarvi verso il basso. Si dovrebbero fare missioni e il fascino di un buon prete che agisce sul popolo dovrebbe essere cosi grande, sarebbe cosi grande, se seguisse ancora la via della virtù, che masse intere di popolo ne sarebbero trascinate.
Come credete che avveniva con un Santo curato d’Ars?
La sua parrocchia era molto depravata e in uno stato molto pietoso. Quante cose ha realizzate questo curato, da solo! Come 1’ ha realizzato? L’ ha fatto per caso facendo bisboccia, o dinanzi alla televisione o con viaggi o con interessanti conferenze (parola appena pronunciata) e parole?
No. L’ ha fatto nel silenzio della sua stanza o dinanzi al Tabernacolo della Chiesa, cio che io, Verdi, avrei dovuto fare; invece di cio ho trascurato la mia parrocchia e non ho fatto che trascinarla con me nella sciagura. Dovrebbero esserci migliaia di curati d’Ars ora nel vostro mondo, ma non ve ne sono, si dovrebbe almeno imitarlo il più possibile. Devo dire anche questo, perché io, Verdi, sono caduto in questa colpa: si devono evitare le donne (piangendo) e dire ogni giorno tutto il Breviario, perché altrimenti non si possono evitarle.
Infatti quando un prete, e anche un prete che deve combattere molto la sua natura, dice ogni giorno il suo breviario e cerca di fare del suo meglio, LUI LASSÙ (gesto verso l’alto) gli darà davvero la grazia di non soccombere alla tentazione. Se malgrado tutto soccombesse, ma se egli continua a dire ogni giorno il suo Breviario, LUI LASSÙ non sarà cosi duro da non trarlo fuori di la, con la grazia dello Spirito Santo, dei Santi Angeli, della Trinità, della Santissima Vergine che non si deve nemmeno dimenticare mai nella vita, affinché egli possa malgrado tutto esercitare il suo ministero secondo la loro volontà, di QUELLI LASSÙ (gesto verso 1’alto), come dovrebbe essere esercitato.
Come ho dovuto già dirlo, si dovrebbe in primo luogo dire a tutti quelli che sono nella miseria e che sono provati nella sofferenza: “Sopportate la vostra sofferenza con spirito d’espiazione, avrete allora molte grazie e molti meriti. Dio sarà sempre più vicino e vi guiderà!”, e: “Colui che Egli ama molto, lo castiga”.
Dovrebbero dirlo dall’alto del pulpito. Sarebbe meglio che molti non fossero soccorsi con questo o quello, che non vi fosse la tale o la tal’altra associazione, e che non si desse loro denaro. Cio ha causato già la rovina di molti, ed anche di tutto il clero. Se qualcuno è davvero nella miseria e muore di fame, il Buon Dio deve intervenire ed Egli interverrà sicuramente (se è necessario alla salvezza della sua anima) affinché riceva aiuto da una parte o dall’altra.
Altrimenti pero, e questa è opera della Massoneria per la caduta della Chiesa, altrimenti non vi è bisogno di predicare sempre 1’amore del prossimo, la riconciliazione e che so ancora (le parole sono pronunciate a stento), al dia…, al diav…, al diavolo tutto questo, perché è la vostra rovina. È per la rovina di molti, perché quando vedono che gli stessi loro preti non seguono la via della virtù, corrono verso il piacere, anche vescovi sono arrivati a questo punto oggi, che si occupano sempre meno delle anime, pregano, praticano la virtù e la rinuncia sempre meno, allora non vi è più l’esempio che mostra ai laici come dovrebbero vivere.
Quando il prete inoltre annuncia che Dio è misericordioso, che perdona e ama gli uomini cosi come sono, sicché sembra ai laici di vivere seguendo la retta via e di essere malgrado tutto nella grazia di Dio, mentre sono da molto nel peccato mortale; come potrebbe la grazia dello Spirito Santo ancora agire, se essa non è più predicata e vissuta dal prete nella sua totalità? Ah! (lamenti) io devo essere a dirlo!
E: Parla, Verdi Garandieu, di quanto devi ancora dire sul sacerdozio, solo questo, solo la verità, soltanto la verità!
V: Si dovrebbe gridare sui tetti e dall’alto di tutti i pulpiti che il Cielo esige la via della Croce e che la vera carità verso il prossimo è là dove è la virtù. Voglio dire che la vera carità verso il prossimo è nell’imitazione della Croce e che nel1’imitazione della Croce è inclusa 1’espiazione per gli altri. È la più grande e più vera carità verso il prossimo e la si può praticare solo quando si pratica il primo e più grande comandamento, quello dell’amore di Dio, il più perfettamente e il più totalmente possibile, o almeno tanto quanto lo si può. Dov’e dunque 1’amore di Dio nei preti attuali, se non hanno più rispetto, se celebrano la messa più rivolti verso il popolo che verso QUELLO DI LASSÙ? (Gesto verso l’alto).
E: La verità e solo la verità, Verdi!

Le anime cadono oggi nell’inferno come fiocchi di neve perché manca loro 1’esempio dei preti
V: Essi dovrebbero predicare e dire la messa solo per onorare e lodare unicamente QUELLO DI LASSÙ (gesto verso 1’alto). Il resto sarebbe loro dato per di più. Essi predicano molto, troppo sulla vita di tutti i giorni e le piccole cose senza importanza, il che non dovrebbero fare, ma dimenticano la prima e più grande cosa: 1’imitazione di Cristo, nella quale, come ho già detto, si trovano anche 1’espiazione e la rinuncia, e in primissimo luogo 1’espiazione per gli altri. Allora non vi sarebbero migliaia di anime a perdersi, come ora si perdono in massa e cadono da noi nell’inferno come fiocchi di neve, cadono nell’inferno come L’ALTISSIMA LASSÙ (gesto verso 1’alto) ha già fatto dire mediante talune anime privilegiate.
E: Verdi Garandieu, di la verità, solo la verità, di quanto la Madre di Dio deve dirci sul sacerdozio!
V: Se i preti e gli organi ecclesiastici superiori non aprono gli occhi, migliaia di chiese non saranno più chiese e già non lo sono più. Per migliaia di anime, le prediche fatte dai loro preti sono già adesso più occasioni di caduta e di perdita della virtù che di ascesa verso il Cielo e il Bene… E di solito perché il prete stesso non pratica più il principale comandamento, perché il prete stesso è tarlato interiormente e non ha più la condotta che dovrebbe avere. Non voglio parlare.
E: Di la verità, Verdi Garandieu, e solo la verità, solo la verità, in nome di Gesù Cristo!
V: Se i preti, i vescovi e i superiori avessero condotto una vita corretta, adesso non avreste questo caos a Roma. DIO NON AVREBBE PERMESSO CHE PIÙ DI UN SOLO PAPA AVESSE IL DIRITTO DI GOVERNARVI. Cio si è potuto infiltrare… ed è venuto dalla Massoneria. Questa è la causa. Essi ne sono la causa. Ma se migliaia e migliaia di fedeli guidati dai loro preti, con prediche e buone messe, avessero pregato e fatto vie Crucis di riparazione, notti di espiazione, ma almeno ore di preghiere e di adorazioni notturne, soprattutto la domenica, Roma non sarebbe quello che è. Roma sarebbe almeno ancora Roma. Io, Verdi Garandieu, sono costretto a dirlo.
E: Verdi Garandieu, di la verità, solo la verità, di quanto la Madre di Dio ordina ancora di dire, solo la verità in nome di Gesù Cristo!
La recita quotidiana del Breviario salva i preti
V: Devo dire che le donne costituiscono oggi la disgrazia di migliaia di preti. Non accadrebbe se essi pregassero ancora come dovrebbero pregare, se prendessero in mano ogni giorno il loro Breviario e se credessero quello che i nostri padri della Chiesa ci insegnavano una volta e che essi di sicuro non hanno inventato. Quanto dicevano una volta era provato e si è avverato essere nella vita cio che vi è di meglio, e che dev’essere mantenuto. Se fosse stato mantenuto, lo fosse ancora, non avreste questo caos, perché migliaia di preti, più di un milione… vivono, non vivono, non vivono, non vivono, …
E: La verità e solo la verità!
V: …nella grazia, devo dirlo. Migliaia non vivono nella grazia, perché non dicono più il loro Breviario… Come io facevo e smisi di fare. Se avessi pregato (grida di disperazione, pianto, urla), se avessi pregato, sarei rimasto sulla via della virtù. Sarebbe venuto il mio angelo e mi avrebbe aiutato, ma non ho più pregato neanche lui, ho trascurato e lasciato andare tutto. Ho trascurato anche la gioventù che mi era allora stata affidata da tanti anni, come lo fanno i preti attuali. Posso ben dire di non aver trascurato allora la gioventù cosi come lo fanno oggi molti preti. Non 1’ ho trascurata tanto.
Senza le anime espiatrici moltissimi preti andrebbero nell’inferno
Cio vi serva di avvertimento, voi che ancora vivete sulla terra. Serva di terribile avvertimento ai preti attuali ricordando loro che non prendono assolutamente la buona via, che non 1’ hanno presa, perché tra loro erano ancora, poco tempo fa o relativamente poco tempo fa, come me, buoni preti o almeno ancora in un certo modo buoni preti, e ora sono già sulla via larga, sulla via che conduce alla perdizione. Se non ricevono una grazia particolare spingendo un laico o un’anima espiatrice, ai quali lo si avrà predicato, ad espiare e pregare per loro, essi si perderanno.
Questa situazione è terribilmente, spaventosamente tragica. Non posso niente. Devo dire le cose tali e quali sono, tali e quali sono successe a me stesso. Non si può niente. Dio non è un personaggio all’acqua di rosa che cambia in una sola volta tutte le leggi secondo il desiderio degli uomini d’oggi. Non mette loro, in una sola volta, zucchero sulla lingua quando hanno voglia di zucchero. Egli resta sempre lo stesso. Fin da principio Egli era lo stesso. Da sempre e finora è stato lo stesso e resterà sempre lo stesso.
È terribilmente tragico. Cio non può essere cambiato, malgrado il grande desiderio degli uomini d’oggi, e soprattutto del clero, di cambiarlo. È terribilmente tragico che non possa essere cambiato, che 1’uomo stesso debba cambiarsi, subito, convertirsi senza indugio e cominciare in sé stesso, nel più intimo di sé stesso. Cristo non ha detto: “Se il tuo occhio è un’occasione di caduta, strappalo e gettalo lontano da te (piangendo)”?
E: In nome di Gesù di la verità e solo la verità!
V: Non erano parole vane. È completamente, totalmente vero. Ha costituito la disgrazia di molti preti. Gli occhi… essi vedono troppe cose e inalano troppe cose che non dovrebbero vedere né accogliere, Comincia con la televisione e continua fino alle…
E: Di la verità e solo la verità, Verdi Garandieu!
V: …fino alle donne, che purtroppo ora hanno il diritto di stare anche nel coro. Questo riguarda tutto cio che può servire alla tentazione. E particolarmente valido oggi.
Giuda è stato costretto a dirlo: una volta le donne portavano un velo, soprattutto durante la messa; ora non lo portano più. Ma dovrebbero portarlo d i nuovo e se non lo fanno, 1’altare non dovrebbe essere rivolto verso il popolo, perché io, Verdi Garandieu, celebravo ancora la messa rivolto verso l’altare e non verso il popolo. Ma tuttavia ho ceduto alla tentazione. Quanto più i preti attuali, che… il cui…
E: Di la verità, Garandieu, solo la verità in nome di Gesù Cristo!

Se la tua mano è per te occasione di caduta, tagliala!
V: …il cui occhio e alla merce di tutto, che accoglie tutto cio che non dovrebbe accogliere. Cristo ha detto anche: “Se la tua mano è per te un’occasione di caduta, tagliala e gettala lontano da te, perché è meglio entrare nella vita eterna con una mano o anche senza tutt’e due anziché essere gettato nell’orribile fuoco che non finisce mai (con disperazione) con le tue due mani, i tuoi due occhi e i tuoi due piedi”.
E: Di la verità e solo la verità in nome di Gesù Cristo!
V: Devo dirlo. I preti attuali credono dunque che il Vangelo non esiste più oggi; che il Vangelo può essere interpretato e cambiato come loro conviene! Credono dunque che Cristo abbia parlato solo per il suo tempo e per i suoi apostoli, e per quelli che vivevano in quel tempo.
Allora portavano ancora vestiti lunghi. Non credete che egli abbia parlato molto di più per il tempo attuale, che è in cosi grande pericolo di perdersi, dove tutto è reso insipido dalla tecnica e il modo di vivere dell’epoca, dove tutto è la preda di cosi terribili tentazioni e dove non vi è nessuno per por fine a tutto cio? È come un tremendo fuoco, si potrebbe dire, come bombe che scoppiano spaventosamente e spargono intorno a loro mari di fuoco, un fuoco che non può essere più spento dalla poca acqua, ancora versata dai buoni preti, e dai fiumi di grazia da essi diffusi.
E: Di la verità, Verdi Garandieu, solo la verità in nome di Gesù Cristo, per la gloria di Dio, solo la verità in nome della Santissima Trinità!
V: Il diavolo stesso dovrebbe apparire perché essi credano. LUI LASSÙ (gesto verso 1’alto) permette certe cose, ma tutti ricevono la grazia, a tutti sono concesse certe ore di grazia, ma se non si vuole… ognuno ha la sua volontà libera. Si devono leggere di più, in nome di Dio, la Bibbia e il Vangelo. Cio che si deve ancora dire: nel tempo attuale vi sono date molte rivelazioni che si possono ritenere provenire da Lassù (gesto verso 1’alto). Ma se non si prendono affatto in considerazione, e si deforma e interpreta anche il Vangelo come si ritiene essere meglio, allora il Cielo non può… allora… (respiro faticoso).
E: Verdi, solo la verità, solo la verità! Continua a parlare in nome di Gesù Cristo, di la verità e solo la verità!
V: …allora il Cielo non può nemmeno aiutarci. Ha fatto tutto il suo possibile e ha fatto scendere la sua misericordia sull’umanità. Ma se essa non tiene conto già a priori di queste grazie di misericordia e di questi tentativi di misericordia, che Dio nella sua grande clemenza desidera offrirvi, come si può… come…
E: Di la verità, Verdi Garandieu, di la verità in nome di Gesù Cristo, in nome della Santa Croce! Di la verità e solo la verità sul sacerdozio!
Dio vuole il sì alla Croce, anche nel matrimonio difficile
V: …Come può allora la grazia ancora agire, se non si leggono più i libri dei Santi, per esempio di un curato d’Ars, di un’Anna Caterina Emmerich? Anche Padre Pia ha condotto un’ottima vita. Essi si somigliano tutti alla lettera nella misura in cui si sono consumati nella espiazione per gli altri come veri olocausti per LUI LASSÙ (gesto verso 1’alto). Le loro sofferenze e le loro espiazioni furono accettate. Sarebbe accettato anche da parte di ogni uomo se fosse pronto a espiare. Spesso Dio attende solo che un uomo gli dica: “Io voglio… Tu puoi mandarmi sofferenze, se lo credi opportuno. Voglio sopportarle per il tale e tal’altro uomo, dammi solo la grazia a questo fine”. Ma è, ahimè!, un tristissimo fatto che quando Dio (gesto verso 1’alto) vuole provare e manda sofferenze, 1’uomo vuole respingerle con tutte le fibre del suo essere. Egli vi resiste e fa tutto cio che è in suo potere per non soffrire, e se egli… Non voglio più parlare.
E: Parla, Verdi Garandieu, di la verità sul sacerdozio, per la gloria di Dio e la salvezza delle anime, solo la verità, solo la verità!
V: Ovviamente i preti, in primissimo luogo, dovrebbero darne l’esempio e predicarlo, sarebbe la prima condizione. Quando 1’uomo si dibatte nelle sue sofferenze di cui ho appena parlato, queste sofferenze che Dio gli ha imposto, e vuole respingerle con tutte le sue fibre, allora non è più la sofferenza perfetta secondo il primo e il più grande comandamento, la sofferenza perfetta secondo la volontà del Padre. Si dovrebbe dire: “Non la mia volontà ma la tua”, come Cristo nell’Orto degli Ulivi, Si dovrebbe unirla alla volontà di Dio, allora avrebbe un grande valore.
Ma quando non si può fare diversamente che portare la sofferenza, e solo con ripugnanza e una estrema… Certo vi sono sofferenze che possono causare una paura e una ripugnanza terribili, ma anche allora occorre unirsi alla volontà di Dio il più possibile. Quando pero parlo di resistenza, penso a questi uomini che con tutti i mezzi vogliono sottrarsi a questa sofferenza. Cio si applica anche alle coppie che non sopportano più il loro coniuge e vogliono cavarsela con tutti i mezzi. Essi devono sopportare la sofferenza e cosi potrebbero effettuare una grande espiazione.
Migliaia di uomini potrebbero soffrire per altre migliaia di uomini e ottenere cosi che costoro non si perdano. Sembra che lo si sia completamente dimenticato nella vostra Chiesa cattolica. Molto raramente si predica su questo fatto. È una grande cosa, una cosa predominante, perché è 1’imitazione di Cristo. Quando Cristo ha detto: “…e il prossimo tuo come te stesso”, Egli in tal modo non intendeva tanto il bene del corpo in primo luogo, benché ne faccia parte, ma in primo luogo lo spirito, 1’anima, affinché questa sia salvata (con disperazione e piangendo).
E: Di la verità, Verdi Garandieu, solo la verità, solo la verità in nome di Gesù Cristo, in nome della Santissima Vergine Maria, in nome di san Vincenzo Ferrier, solo la verità, per la gloria di Dio e per i preti!
Anche oggi Cristo sarebbe respinto come agitatore pubblico
V: Se Cristo ritornasse su questa terra e predicasse la stessa cosa, vi sarebbero anche oggi migliaia e migliaia di persone che lo riterrebbero un agitatore e un pazzo, come ora migliaia e migliaia di persone considerano i buoni preti, le vere anime privilegiate, gli uomini che ancora hanno buone intenzioni, come pazzi, smarriti su false strade, o venuti dalla gavetta. Invece di salire verso 1’alto, si scende verso il basso perché è più facile. Molti preti, come ho già detto, non predicano più in profondità, non vanno più a fondo nelle cose, solo perché sarebbe un rimprovero per loro stessi, poiché dovrebbero allora cominciare da loro stessi, che non lo vogliono e credono di non poterlo fare.
Se essi stessi seguissero la via della virtù, potrebbero approfondire perfettamente le cose nelle loro prediche, ma cio che io stesso non vivo e non voglio, penso che neanche gli altri lo possano e lo vogliano. Non posso, in quanto prete, esigere più dai miei laici cio che io stesso non vivo e non faccio. È terribilmente tragico quanto avviene oggi nelle vostre chiese cattoliche. Questo si estende dai preti fino ai cardinali a Roma. Se vivessero ancora come Cristo e gli apostoli hanno dato 1’esempio, mostrerebbero anche ai fedeli ben altra via, una via assai diversa, molto più profonda, più chiara, più stretta, una via che conduce al Cielo. Questa ne è la causa. È la cosa più tragica, perché essi stessi non fanno penitenza e non vogliono convertirsi, come già lo predicava Giovanni Battista, e come Gesù stesso 1’ ha detto una volta alla gente e agli apostoli nei suoi ripetuti discorsi, allora… (respiro faticoso).
E: Di la verità, solo la verità, Garandieu, in nome di Gesù Cristo, solo la verità!
V: (respiro faticoso).
E: In nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo, Verdi Garandieu, di la verità e solo la verità sul sacerdozio, per quanto è nella volontà di Dio!
Illuminare i preti con tatto
V: La maggior parte dei preti che combattono ai giorni nostri cio che è profondo, vero e buono, lo fanno perché essi stessi non lo vivono più, perché il loro cuore è già diventato un luogo malfamato o perché già seguono la via larga della massa. Si dovrebbe avere il coraggio (a bassa voce)… Non voglio parlare.
E: Di la verità, per la sola gloria di Dio, in nome di Gesù Cristo, in nome della Santissima Vergine Maria, dell’ Immacolata, la verità sul sacerdozio!
V: …Per molti sarebbe bene avere il coraggio, quando demoliscono la tale o la tal’altra cosa e proferiscono critiche, di scagliare le cose in pieno loro volto, non in un modo che forse sarebbe offensivo, ma in un modo che li edificherà, mostrando loro che si desidera solo aiutarli. Si dovrebbe ancora imparare la psicologia.
E: Di la verità, solo la verità!
V: Cioè la psicologia attuale non è più buona, certo, perché precipita molti nella perdizione, ma quando parlo di psicologia, intendo una sana psicologia dove non si dice direttamente: “Tu sei cattivo. Sei orribile, per questo non vuoi”. Ma si dovrebbe dirlo con parole.
Si dovrebbe poter dire: “Non vivendolo più nel più profondo di se stessi, non lo predicano più, non osano più predicarlo? La grazia li ha già abbandonati? Sappiamo che i demoni sono ora terribilmente scatenati sulla terra.
Forse hanno bisogno di preghiera… e essi stessi pregano? Devono ritornare alla vera profondità non falsificata per poter condurre conformemente anche il loro gregge”. Per uomini che potrebbero sopportarlo e sono essi stessi di una natura decisa e dura si potrebbero usare mezzi ancor più energici. Gli uomini sono tutti diversi, come già diceva Padre Pio. Egli ha preso gli uomini in diversi modi. Ma in ogni caso si dovrebbe avere il coraggio di prenderli su quei punti, perché la maggior parte… ve ne sono pochi che possono agire per ignoranza, ma la maggior parte predicherebbe diversamente e condurrebbe diversamente il loro gregge, se fossero essi stessi disposti a vivere meglio e a seguire la via della rinuncia. È una grande verità che, benché sia ora già perso e nell’inferno, non ho il diritto di tacere, perché LORO (con voce afflitta) LASSÙ (gesto verso l’alto) 1’ordinano, e perché è accaduto a me stesso cio che… (le parole vengono meno).
E: Di la verità, Verdi Garandieu!
Migliaia di preti seguono la via facile della perdizione
V: …cio che (con disperazione, piangendo e urlando) non avrei mai pensato mi sarebbe successo. Come vivrei diversamente se potessi ritornare! Come mi trascinerei sulle ginocchia, giorno e notte, come pregherei LORO LASSÙ (gesto verso 1’alto) per il mio gregge! Nulla sarebbe troppo per me, anche se fossi martirizzato per questa ragione, martirizzato più di una volta, anche se dovessi morire martire! Lo farei (piangendo di disperazione) …lo farei volentieri se lo potessi ancora! L’accetterei volentieri, acconsentendo al sacrificio se LUI LASSÙ lo volesse, se fosse la Sua volontà. Aspirerei soprattutto alla prima virtù: “Amerai il Signore Dio tuo con tutto il cuore”. Cercherei come amarlo. Che cosa posso fare per lui? Che cosa Egli aspetta da me adesso, in quest’ora? Che cosa direbbe di questa cosa? Quale comportamento mi consiglierebbe? Vi è un proverbio che dice: Nel dubbio, scegliere il più difficile. I preti e i laici vivono secondo questo proverbio? È solo un semplice proverbio che non è stato detto da Dio stesso, ma dice vero. Dev’essere anche utilizzato ampiamente nel Regno LASSÙ (gesto verso 1’alto), perché migliaia di preti… Non voglio parlare.
E: Verdi Garandieu, di la verità, solo la verità per la gloria di Dio, solo la verità in nome di Gesù Cristo, della Santissima Vergine Maria, solo la verità e solo la verità sul sacerdozio!
V: …migliaia di preti seguono la via della perdizione perché non scelgono cio che è difficile, perché seguono la via della minore resistenza e perché scelgono cio che sembra loro meglio e più adatto a se stessi. Ma non sempre cio che sembra meglio è più adatto al laico e al prete e buono anche ai Suoi occhi, dinanzi a LUI LASSÙ! Bisogna esaminarsi continuamente. Già san Paolo diceva: “Esaminate e mantenete quanto è buono”. È valido anche nelle questioni di fede e di stati d’anima. Si deve, si deve…
E: La verità, e sola la verità, Verdi Garandieu!
Il prete non deve familiarizzare troppo con la gente
V: …si deve, come già lo dicevano prima di me Giuda, Belzebù e altri demoni, si deve pregare molto lo Spirito Santo, insistentemente, ma che non sia una preghiera superficiale. Si deve esaminare il proprio cuore e si riconoscerà la via che Dio vuole per ciascuno e che LUI (gesto verso l’alto) ha stabilito per ciascuno.
Ogni uomo ha la sua via stabilita e la sua missione stabilita, in particolare ogni prete che ricopre altissime funzioni, soprattutto agli occhi di QUELLO LASSÙ. Egli dovrebbe già essere rivestito di dignità agli occhi degli uomini. Non dovrebbe cercare di avvicinarsi agli uomini e di familiarizzare con loro, ma deve seguire, la via che gli conviene, la via che deve seguire, perché altrimenti si rovinerà.
I fedeli non hanno più stima, se egli cerca di mostrarsi familiare con loro e vuol fare tutto con loro. Deve regnare una certa, e anche una grande distanza tra il laico e il prete. Lo vuole Dio. L’ ha sempre voluto e stabilito cosi, perché il prete rappresenta grandi poteri divini e cammina sulle orme di Cristo. Se li rappresenta, deve anche mostrare ai laici il Sommo Sacerdote, il meglio, il più perfettamente possibile e deve soprattutto… Non potrà mai predicare abbastanza il rispetto, non potrà mai mostrare abbastanza cio che è la maestà di Dio e a che punto è tragico non chinarsi continuamente dinanzi a questa maestà.
Bisogna radicare nel cuore dei bambini il rispetto verso il Santissimo Sacramento
Lo si deve già inculcare ai bambini più piccoli, avessero due o tre anni. Si devono portarli dinanzi al S. Sacramento con un grande rispetto. Si deve andare con loro in chiesa. Quando vi si va, si deve dire loro di pregare ad ogni genuflessione, almeno: “Sia lodato e adorato in ogni momento il Santissimo Sacramento dell’Altare”.
Devono poi invocare tutti gli Angeli e lodare con loro la maestà di Dio (gesto verso l’alto), la sublimità del Cielo e la grandezza della Trinità. Che rappresenta dunque questa Chiesa che non può più lodare questa trinità! Che rappresenta dunque questa Chiesa che non pone Dio lontano, lontano, molto lontano al di sopra dell’uomo e non ricorda continuamente la grandezza e la santità di questa Trinità, non ricorda che tutto dipende da una cosa: piacere a Dio, che trionferà LASSÙ (gesto verso 1’alto) in una grande potenza e una grande magnificenza.
Se i preti non lo fanno più oggi in chiesa, almeno i genitori di questi bambini dovrebbero farlo continuamente. Non si potrà mai ricordare loro abbastanza a che punto bisogna lodare e benedire Dio, anche quando non va e quando sembra che LUI (gesto verso 1’alto) non vi voglia bene. Proprio nella sofferenza, infatti, quando le conseguenze di questa sofferenza o la gloria e il trionfo che ne derivano… si dovrebbe ringraziare Dio e adorarLo in ginocchio per questa sofferenza che Egli ha mandato, perché la sofferenza purifica 1’anima e porta sulla via della virtù.
Quando si vuole evitare ogni sofferenza e allontanare tutti i sassi dalla via, anche la via della virtù scompare prestissimo. Guardate i preti dei tempi passati e alcuni rari preti attuali, guardate come vivono, spesso nelle più modeste condizioni, ma portano nello stesso tempo in sé la pace di Dio che supera di gran lunga, molto di gran lunga, tutto il resto, tutta la magnificenza di questo mondo. Cristo ha detto: “Che cosa serve all’uomo guadagnare 1’universo se arriva a perdere la sua anima?”.
Il vero amore del prossimo comincia dall’anima
E così io, Verdi, devo dire che il vostro tempo attuale manca davvero di luci; la vostra Chiesa attuale che predica al popolo di praticare la carità verso il prossimo, mentre in realtà non vi è carità verso il prossimo. La vera carità verso il prossimo comincia nell’anima, non nel corpo. Non è meglio che gli uomini muoiano di tisi, di peste, di guerra o di qualsiasi malattia e debbano sopportare grandi, grandissime sofferenze, ma conquistino la gloria di Dio, e non perdano la loro anima?
Invece gli uomini che vivono in un gran lusso, sono troppo schiavi del mondo e adocchiano troppo i beni terreni, sono in grande, grandissimo pericolo di perdere la loro anima. Quanto alla Massoneria ha qui imbastito, devo dirlo; e completamente a scapito della vostra Chiesa e degli uomini. In verità non è la carità verso il prossimo. È ipocrisia e marciume. È la rovina delle anime (respiro faticoso).
E: Di la verità, Verdi Garandieu, solo la verità!
V: Se sapessero a quale perdizione portano i loro subalterni con questa cosiddetta carità verso il prossimo, si asterrebbero da tali discorsi, parlerebbero in tutt’altro modo. Certo bisogna aiutare gli altri, servirli, aiutarli con denaro quando sono nel bisogno, ma non è tutto e non è 1’essenziale. L’essenziale è restare sempre fedeli a se stessi e non vendere la propria anima. L’amore del prossimo è riportare l’altro sulla buona via e su una via migliore, di sapervelo condurre, su questa buona via e condurlo LASSÙ (gesto verso 1’alto). Cosi migliaia, è un tristissimo fatto, migliaia di preti, di vescovi e di cardinali tendono oggi… Non voglio parlare.
E: Di la verità e solo la verità, Verdi Garandieu, in nome di Gesù Cristo, della Santa Croce!
V: …tendono a predicare 1’amore del prossimo col pretesto dell’”Amore del prossimo” e a predicarlo in modo che sembri provenire dalla Chiesa e da Dio. Ma in realtà è l’inizio della caduta e della perdita della virtù, perché non è mai il vero amore del prossimo quello che non aiuta gli altri a conseguire la salvezza della loro anima (lamenti).
E: Verdi Garandieu, di la verità, solo la verità, di quanto la Madre di Dio ti ordina di dire sul sacerdozio!
Bisogna essere severi per amore del prossimo perché l’inferno esiste
V: L’amore del prossimo e anche quando a volte si deve far male all’altro; quando si presume che si farà del male a chi bisogna parlare. Egli si renderà conto, presto o tardi, che quanto li per li gli è sembrato un colpo di frusta era, in realtà, il rimedio. I preti dovrebbero usare molto di più sul pulpito la frusta e le parole decise, perché vi è realmente la giustizia e 1’eternità (a voce forte) ed esiste 1’inferno.
Ma molti non lo fanno più perché essi stessi non credono più all’inferno, e neanche al Cielo in tutta la sua profondità e la sua verità. Se credessero ancora, come potrebbero sviare migliaia di uomini che dovrebbero invece essere condotti verso LASSÙ? (gesto verso 1’alto). Che cosa sono questi preti? Io stesso non posso certo vantarmi, ma non ho mai fatto cio che fanno oggi molti preti, mai ho parlato con tanta viltà! Essi si rovinano con le proprie mani. Per molti, devo dirlo, anche se molti non lo credono, per molti, giù (nell’inferno) è preparato fin d’ora (grida, pianto d’immensa disperazione) il posto verso il quale vanno…
E: Di la verità, Verdi Garandieu, solo la verità, di quanto la Madre di Dio…
V: (interrompendolo) …questo vale altrettanto per i vescovi, i cardinali e i laici. Se vedessero, se vedessero solo il centesimo di questo tremendo caos verso il quale vanno, direbbero mille e mille volte “mea culpa”, si afferrerebbero per il bavero e da se stessi estirperebbero il verme che rode la loro anima corrosa.
Non smetterebbero di estirpare questo verme prima che non deponga più uova. Strapperebbero tutti i bacilli uno dopo 1’altro con pinze da fuoco se vedessero cio che produce in loro col tempo. Praticherebbero di nuovo, soprattutto, prima 1’amore di Dio, il primo comandamento, e poi il vero amore del prossimo, dove è detto: “…il prossimo tuo come te stesso”. Il vero amore del prossimo, che non dice: “Da all’altro tutto cio di cui ha bisogno, e andrà bene”. Non si puo mica “avere”, quando un altro vive nella povertà. Deve vivere meglio ecc. ecc.
Ma spesso così non gli si porta nessun aiuto. Spesso non si fa che pavimentare la strada che conduce alla perdizione (grida di disperazione e pianto). Io, Verdi Garandieu, oggi ho dovuto dirlo. Non volevo parlare.
Per questo mi sono a lungo rifiutato di dire il mio nome, ma LORO LASSÙ (gesto verso 1’alto) mi hanno ordinato di parlare, perché è quanto è accaduto a me stesso, perché io stesso non ho esercitato il mio sacerdozio come avrei dovuto esercitarlo. E per finire devo dire: Il sesto comandamento e il lusso costituiscono oggi la disgrazia di molti preti (con voce disperata, piangendo).

Se vedessero come è spaventosamente tragico! Farebbero tutto… si sacrificherebbero fino all’ultima fibra, si ricrederebbero e farebbero tutto il possibile. Ricomincerebbero tutto, aspirerebbero a un nuovo inizio nella perfezione e supplicherebbero tutti gli angeli, la potenza di tutti i santi angeli affinché ottengano loro di convertirsi, PERCHÉ IL REGNO DELLA MORTE E DELLE TENEBRE È VICINISSIMO! IL SUO VERME NON SI ESTINGUE MAI E IL SUO TRAGICO E TREMENDO TORMENTO DURA ETERNAMENTE (con disperazione), DURA ETERNAMENTE! Io devo dirlo! Ho finito di parlare, ho finito di parlare!

Nota finale
L’infelice ossessa è vittima di una lucida possessione che, al contrario del sonnambulismo, aggrava notevolmente le sue sofferenze. L’ossessa lucida deve vivere coscientemente tutte le peripezie dell’esorcismo. Per tutta la durata dell’esorcismo contro il prete dannato Verdi Garandieu, 1’ossessa si identifica con lui, e soffre i suoi tormenti infernali e la sua orribile disperazione. Due ore dopo la fine de]l’esorcismo, continuava a scorrere il fiume delle sue lacrime, e per quindici giorni 1’ossessa fu traumatizzata da questa terribile prova. Questi fatti, incredibilmente tragici, dovrebbero spingere gli uomini d’oggi a pensare all’orrore dell’inferno, affinché usino tutti i mezzi per sfuggirvi e raggiungere il Cielo.
Combattimento contro l’inferno. Scongiuro dello spirito cattivo
Il 15 novembre 1972, il Papa Paolo VI rivolgeva ai fedeli presenti all’Udienza Generale questo commovente appello: “Quali sono oggi i bisogni maggiori della Chiesa? Non vi stupisca come semplicistica o addirittura come superstiziosa e irreale la nostra risposta: uno dei bisogni maggiori è la difesa da quel male che chiamiamo il Demonio”. Il Santo Padre parlò poi espressamente dell’esistenza del demonio, della sua azione, dei mezzi per difendersene. Quale potenza potremmo avere contro il Maligno! Basterebbe utilizzarla in cio che si chiama 1’Esorcismo.

Breve ed efficace formula d’esorcismo

Fuggite, spiriti maledetti, in nome della Santa Trinità, Padre, Figlio e Spirito Santo! Non vedete, non ascoltate, non disturbate, non nuocete, non ostacolate, allentate i vostri legami! Il Signore, Dio nostro, vostro Padrone, vi comanda: Andatevene e non tornate più, nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo. Cosi sia. In nome di Gesù si allontani tutto cio che viene dal nemico maledetto!

I Falsi Profeti: Lupi travestiti d’Agnelli.

falsi profeti
Guardate che nessuno vi inganni; molti verranno nel mio nome, dicendo: Io sono il Cristo, e trarranno molti in inganno. Sorgeranno molti falsi profeti e inganneranno molti.
(Matteo 24:4-5)

 

Chi è il menzognero se non colui che nega che Gesù è il Cristo? L’anticristo è colui che nega il Padre e il Figlio. Chiunque nega il Figlio, non possiede nemmeno il Padre; chi professa la sua fede nel Figlio possiede anche il Padre.
(1 Giovanni 2:22)

 

Guardatevi dai falsi profeti i quali vengono verso di voi in vesti da pecore, ma dentro sono lupi rapaci.
(Matteo 7:15)

 

Il termine – in latino medioevale falsis prophetis ed in greco ψευδοπροφήτης, “pseudo profeta” – viene ampiamente usato nelle Sacre scritture, in special modo nel Nuovo Testamento e nel libro dell’Apocalisse in riferimento a personaggi che falsamente vantano il dono della profezia.
Come giustamente farà notare l’Apostolo Giovanni nell’estratto che abbiamo citato in precedenza, lo scopo principale del falso profeta è la negazione di Cristo e della Trinità, obiettivo di Satana allo stesso modo.
Tutto ciò sarà anche il fine ultimo dell’, che si proclamerà egli stesso dio.
Proprio per questo motivo quello che viene definito “spirito dell’anticristo” risiede in tutti quelli che negano Dio, anche i falsi profeti. Si distingueranno perchè parleranno per compiacere gli uomini e non Dio, imporrano il culto della loro personalità e cambieranno le Sacre Scritture a loro piacimento.
È facile immaginare la gravità della colpa dei personaggi che, per vana gloria, asseriscono di possedere presunte verità “nascoste”, distorcendo la vera dottrina e sviando i fedeli dal retto cammino.
Riteniamo pertanto giusto analizzare tali individui e sette, sottolineando le falsità che tentano di far riconoscere al mondo come rivelazioni divine.

Fonte: veniteadme.org
Lista dei “Falsi Profeti”: http://www.veniteadme.org/falsi-profeti/

Il Rosario delle Lacrime

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LE LACRIME DELLA MADONNA

 

 

 

IL SANTUARIO DELLA MADONNA DELLE LACRIME:

IL FATTO

Il 29-30-31 agosto e il 1° Settembre del 1953, un quadretto di gesso, raffigurante il cuore immacolato di Maria, posto come capezzale di un letto matrimoniale, nella casa di una giovane coppia di sposi, Angelo Iannuso e Antonina Giusto, in via degli Orti di S. Giorgio, n. 11, ha versato lacrime umane.
Il fenomeno si verificò, ad intervalli più o meno lunghi, sia all’interno che all’esterno della casa.

Molte furono le persone che videro con i propri occhi, toccarono con le proprie mani, raccolsero e assaggiarono la salsedine di quelle lacrime.
Il 2° giorno della lacrimazione, un cineamatore di Siracusa riprese uno dei momenti della Lacrimazione.
Quello di Siracusa è uno dei pochissimi eventi così documentati.
Il 1° Settembre una Commissione di medici e di analisti, per incarico della Curia Arcivescovile di Siracusa, dopo aver prelevato il liquido che sgorgava dagli occhi del quadretto, lo sottopose ad analisi microscopica. Il responso della scienza fu: “lacrime umane”.
Terminata l’indagine scientifica il quadretto smise di piangere. Era il quarto giorno.

GUARIGIONI E CONVERSIONI

Le guarigioni fisiche ritenute straordinarie dalla Commissione medica, appositamente istituita, furono circa 300 (fino a metà novembre del 1953). In particolare le guarigioni di Anna Vassallo (tumore), di Enza Moncada (paralisi), di Giovanni Tarascio (paralisi).

Numerose sono state anche le guarigioni spirituali, ovvero le conversioni.

Fra le più eclatanti quella di uno dei medici responsabili della Commissione che analizzò le lacrime, il dott. Michele Cassola.
Dichiaratamente ateo, ma uomo retto ed onesto dal punto di vista professionale, non negò mai l’evidenza della lacrimazione. Venti anni dopo, durante l’ultima settimana della sua vita, alla presenza del Reliquiario in cui erano sigillate quelle lacrime che egli stesso aveva controllato con la sua scienza, si aprì alla fede e ricevette l’Eucarestia

PRONUNCIAMENTO dei VESCOVI

L’episcopato della Sicilia, con la presidenza del Card. Ernesto Ruffini, emise rapidamente il suo giudizio (13.12.1953) dichiarando autentica la Lacrimazione di Maria a Siracusa:

«I Vescovi di Sicilia, riuniti per la consueta Conferenza in Bagheria (Palermo), dopo aver ascoltato l’ampia relazione dell’Ecc.mo Mons. Ettore Baranzini, Arcivescovo di Siracusa, circa la “Lacrimazione” della Immagine del Cuore Immacolato di Maria, avvenuta ripetutamente nei giorni 29-30-31 agosto e 1 settembre di quest’anno, a Siracusa (via degli Orti n. 11), vagliate attentamente le relative testimonianze dei documenti originali, hanno concluso unanimemente che non si può mettere in dubbio la realtà della Lacrimazione.

LE PAROLE di GIOVANNI PAOLO II

Il 6 Novembre 1994, Giovanni Paolo II, in visita pastorale alla città di Siracusa, durante l’omelia per la dedicazione del Santuario alla Madonna delle Lacrime, ha così detto:

«Le lacrime di Maria appartengono all’ordine dei segni: esse testimoniano la presenza della Madre nella Chiesa e nel mondo. Piange una madre quando vede i suoi figli minacciati da qualche male, spirituale o fisico.
Santuario della Madonna delle Lacrime, tu sei sorto per ricordare alla Chiesa il pianto della Madre. Qui, tra queste mura accoglienti, vengano quanti sono oppressi dalla consapevolezza del peccato e qui sperimentino la ricchezza della misericordia di Dio e del suo perdono! Qui li guidino le lacrime della Madre.

Sono lacrime di dolore per quanti rifiutano l’amore di Dio, per le famiglie disgregate o in difficoltà, per la gioventù insidiata dalla civiltà dei consumi e spesso disorientata, per la violenza che tanto sangue ancora fa scorrere, per le incomprensioni e gli odi che scavano fossati profondi tra gli uomini e i popoli.

Sono lacrime di preghiera: preghiera della Madre che dà forza ad ogni altra preghiera, e si leva supplice anche per quanti non pregano perché distratti da mille altri interessi, o perché ostinatamente chiusi al richiamo di Dio.

Sono lacrime di speranza, che sciolgono la durezza dei cuori e li aprono all’incontro con Cristo Redentore, sorgente di luce e di pace per i singoli, le famiglie, l’intera società».

IL MESSAGGIO

«Comprenderanno gli uomini l’arcano linguaggio di queste lacrime?», si chiedeva Papa Pio XII, nel Radiomessaggio del 1954.

Maria a Siracusa non ha parlato come a Caterina Labouré a Parigi (1830), come a Massimino e Melania a La Salette (1846), come a Bernadette a Lourdes (1858), come a Francesco, Giacinta e Lucia a Fatima (1917), come a Mariette a Banneux (1933).

Le lacrime sono l’ultima parola, quando non ci sono più parole.

Le lacrime di Maria sono il segno dell’amore materno e della partecipazione della Madre alle vicende dei figli. Chi ama condivide.

Le lacrime sono espressione dei sentimenti di Dio verso di noi: un messaggio di Dio all’umanità.

L’invito pressante alla conversione del cuore e alla preghiera, rivoltoci da Maria nelle sue apparizioni, ci viene ancora una volta ribadito attraverso il linguaggio silenzioso ma eloquente delle lacrime versate a Siracusa.

Maria ha pianto da un umile quadretto di gesso; nel cuore della città di Siracusa; in una casa vicina ad una chiesa cristiana evangelica; in una abitazione molto modesta abitata da una giovane famiglia; su una mamma in attesa del suo primo bambino ammalata di tossicosi gravidica. Per noi, oggi, tutto ciò non può essere senza significato…

Dalle scelte fatte da Maria per manifestarci le sue lacrime è evidente il tenero messaggio di sostegno e di incoraggiamento della Madre: Ella soffre e lotta insieme a coloro che soffrono e lottano per difendere il valore della famiglia, l’inviolabilità della vita, la cultura dell’essenzialità, il senso del Trascendente di fronte all’imperante materialismo, il valore dell’unità. Maria con le sue lacrime ci ammonisce, ci guida, ci incoraggia, ci consola

 

 

Supplica alla Madonna delle Lacrime

Madonna delle lacrime,

abbiamo bisogno di Te:

della luce che si irradia dai Tuoi occhi,

del conforto che emana dal Tuo cuore,

della Pace di cui sei Regina.

Fiduciosi ti affidiamo le nostre necessità:

i nostri dolori perchè Tu li lenisca,

i nostri corpi perchè Tu li guarisca,

i nostri cuori perchè Tu li converta,

le nostre anime perchè Tu le guidi a salvezza.

Degnati, o Madre buona,

di unire le Tue lacrime alle nostre

affinché il Tuo divin Figlio

ci conceda la grazia…(esprimere)

che con tanto ardore noi Ti chiediamo.

O Madre d’Amore,

di Dolore e di Misericordia,

abbia pietà di noi.

(+ Ettore Baranzini – Arcivescovo)

 

 

Preghiera alla Madonna delle Lacrime

O Madonna delle Lacrime
guarda con materna bontà
al dolore del mondo!
Asciuga le lacrime dei sofferenti,
dei dimenticati, dei disperati,
delle vittime di ogni violenza.
Ottieni a tutti lacrime di pentimento
e di vita nuova,
che aprano i cuori
al dono rigenerante
dell’amore di Dio.
Ottieni a tutti lacrime di gioia
dopo aver visto
la profonda tenerezza del tuo cuore.
Amen

(Giovanni Paolo II)

 

Novena alla Madonna delle Lacrime

 

Commosso dalle tue lacrime, o Madre di misericordia, io vengo oggi a prostrarmi ai tuoi piedi, fiducioso per le tante grazie da te elargite, a te vengo, o Madre di clemenza e di pietà, per aprirti il mio cuore, per versare nel tuo cuore di Madre tutte le mie pene, per unire alle tue sante lacrime tutte le mie lacrime; le lacrime del dolore dei miei peccati e le lacrime dei dolori che mi affliggono.

Riguardale, o Madre cara, con volto benigno e con occhi misericordiosi e per l’amore che porti a Gesù ti prego di consolarmi ed esaudirmi.

Per le tue sante ed innocenti lacrime impetrami dal tuo Figlio Divino il perdono dei miei peccati, una fede viva ed operosa ed anche la grazia che umilmente ti domando…

O Madre mia e fiducia mia, nel tuo Cuore Immacolato e Addolorato io ripongo tutta la mia fiducia.

Cuore Immacolato e Addolorato di Maria, abbi pietà di me.

Salve Regina… 

O Madre di Gesù e Madre nostra pietosa, quante lacrime hai sparse, nel doloroso cammino della tua vita!

Tu, che sei Madre, ben comprendi l’angoscia del mio cuore che mi spinge a ricorrere al tuo Cuore di Madre con confidenza di figlio, sebbene indegno delle tue misericordie.

Il tuo Cuore ricco di misericordia ci ha aperto una novella fonte di grazia in questi tempi di tante miserie.

Dal profondo della mia miseria a te grido, o Madre buona, a te ricorro, o Madre pietosa, e sul mio cuore in pena invoco il balsamo consolatore delle tue lacrime e delle tue grazie.

Il tuo materno pianto mi fa sperare che tu benignamente mi esaudirai.

 Implorami da Gesù, o Cuore Addolorato, la fortezza con cui sopportasti le grandi pene della tua vita affinché io faccia sempre, anche nel dolore, la volontà del Padre.

Ottenetemi, Madre, di crescere nella speranza e, se è conforme alla volontà di Dio, ottienimi, per le tue Immacolate Lacrime, la grazia che con tanta fede e con viva speranza umilmente domando…

O Madonna delle Lacrime, vita, dolcezza, speranza mia, in te ripongo oggi e per sempre tutta la mia speranza.

Cuore Immacolato e Addolorato di Maria, abbi pietà di me.

Salve Regina… 

O Mediatrice di tutte le grazie, o salute degli infermi, o consolatrice degli afflitti, o soave e mesta Madonnina delle Lacrime, non lasciare il tuo figlio solo nella sua pena, ma qual Madre benigna vienimi sollecitamente incontro; aiutami, assistimi.

Accogli i gemiti del mio cuore e asciuga pietosamente le lacrime che rigano il mio volto.

Per le lacrime di pietà con cui accogliesti il tuo Figlio morto ai piedi della Croce nel tuo materno grembo, accogli anche me, povero figlio tuo, e ottienimi, con la grazia divina, di amare sempre più Dio e i fratelli.

Per le tue preziose lacrime, ottienimi, o amabilissima Madonna delle Lacrime, anche la grazia che ardentemente desidero e con insistenza amorosa fiduciosamente ti chiedo…

O Madonnina di Siracusa, Madre di amore e di dolore, al tuo Cuore Immacolato e Addolorato affido me stesso; accoglimi, custodiscimi e ottienimi la salvezza.

Cuore Immacolato e Addolorato di Maria, abbi pietà di me.

Salve Regina… 

(Questa preghiera è da recitarsi per nove giorni consecutivi)

 

 

Corona delle lacrime della Madonna

L’8 Novembre 1929, suor Amalia di Gesù Flagellato, missionaria brasiliana del Divin Crocifisso, stava pregando offrendo sé stessa per salvare la vita di una sua parente gravemente ammalata.

Improvvisamente udì una voce:
“Se vuoi ottenere questa grazia, domandala per le Lacrime di mia Madre. Tutto ciò che gli uomini mi domandano per quelle Lacrime sono obbligato a concederlo”.

Avendo la suora domandato con quale formula dovesse pregare, le fu indicata l’invocazione:

O Gesù, esaudisci le nostre suppliche e le nostre domande,

per amore delle Lacrime della tua Santa Madre.

L’8 Marzo 1930, mentre stava inginocchiata davanti all’altare si sentì come sollevata e vide una Signora di meravigliosa bellezza: Le sue vesti erano color viola, un manto celeste le pendeva dalle spalle e un velo bianco le copriva il capo.

La Madonna sorridendo amabilmente, consegnò alla suora una corona i cui grani, bianchi come la neve, brillavano come il sole. La Vergine le disse:

“Ecco la corona delle mie Lacrime (..) Egli vuole che mi si onori in modo speciale con questa preghiera ed Egli accorderà a tutti quelli che reciteranno questa Corona e lo pregheranno in nome delle mie Lacrime, grandi grazie. Questa corona servirà ad ottenere conversione di molti peccatori e in modo particolare quella dei seguaci dello spiritismo. (..) Il demonio sarà vinto con queta Corona e il suo impero infernale sarà distrutto.”

La corona fu approvata dal Vescovo di Campinas.

E’ composta da 49 grani, divisi in gruppi di 7 e separata da 7 grani grossi, e termina con 3 grani piccoli.

Preghiera iniziale:

O Gesù, nostro Divino Crocifisso, inginocchiati ai tuoi piedi noi ti offriamo le Lacrime di Colei che ti ha accompagnato sulla via del calvario, con amore così ardente e compassionevole.

Esaudisci, o buon Maestro, le nostre suppliche e le nostre domande per l’amore delle Lacrime della tua Santissima Madre.

Accordaci la grazia di comprendere gli insegnamenti dolorosi che ci danno le Lacrime di questa buona Madre, affinché noi adempiamo sempre la tua santa Volontà sulla terra e siamo giudicati degni di lodarti e glorificarti eternamente in cielo. Amen.

Sui grani grossi:

O Gesù ricordati delle Lacrime di Colei che ti ha amato più di tutti sulla terra, 

e ora ti ama nel modo più ardente in cielo.

Sui grani piccoli ( 7 grani ripetuti per 7 volte )

O Gesù, esaudisci le nostre suppliche e le nostre domande,

per amore delle Lacrime della tua Santa Madre.

Alla fine si ripete per tre volte:

O Gesù, ricordati delle Lacrime di Colei che ti ha amato più di tutti sulla terra.

Preghiera conclusiva:

O Maria, Madre dell’Amore, Madre di dolore e di Misericordia, noi ti domandiamo di unire le tue preghiere alle nostre, affinché il tuo divin Figlio, al quale noi ci rivolgiamo con confidenza, in virtù delle tue Lacrime, esaudisca le nostre suppliche e ci conceda, oltre le grazie che gli domandiamo, la corona della gloria nell’eternità. Amen.

http://www.madonnadellelacrime.it

Fonte: http://www.preghiereperlafamiglia.it/Madonna-delle-lacrime.htm

Ecco perchè chi festeggia Halloween attira su di se satana!

video intervista: halloween festa satanica
Intervista di Don Aldo Buonaiuto durante un programma televisivo su TV2000: Halloween è il capodanno dei satanisti. Ogni Cristiano deve essere in grado di dire NO al demonio. NO alle tentazioni malvagie. NO a ciò che è del Principe del Mondo (Satana). Vediamo in questa Video-Intervista il perchè della nascita di Halloween e delle sue conseguenze.

Pensieri e Consigli Spirituali di Santa Teresa d’Avila

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Pensieri e Consigli Spirituali di Santa Teresa d’Avila

L’orazione mentale non è altro, per me, che un intimo rapporto di amicizia, un frequente intrattenimento, da solo a solo, con Colui da cui sappiamo d’essere amati.(S. Teresa d’Avila)

… la porta per cui mi vennero tante grazie fu soltanto l’orazione. Se Dio vuole entrare in un’anima per prendervi le sue delizie e ricolmarla di beni, non ha altra via che questa, perché Egli la vuole sola, pura e desiderosa di riceverlo. (S. Teresa d’Avila)

Certo bisogna imparare a pregare. E a pregare si impara pregando, come si impara a camminare camminando. (S. Teresa d’Avila)

…nel cominciare il cammino dell’orazione si deve prendere una risoluzione ferma e decisa di non fermarsi mai, né mai abbandonarla. Avvenga quel che vuole avvenire, succeda quel che vuole succede-re, mormori chi vuole mormorare, si fatichi quanto bisogna faticare, ma piuttosto di morire a mezza strada, scoraggiati per i molti ostacoli che si presentano, si tenda sempre alla méta, ne vada il mondo intero. (S. Teresa d’Avila)

Pensate di trovarvi innanzi a Gesù Cristo, conversate con Lui e cercate di innamorarvi di Lui, tenendolo sempre presente. (S. Teresa d’Avila)

La continua conversazione con Cristo aumenta l’amore e la fiducia. (S. Teresa d’Avila)

Buon mezzo per mantenersi alla presenza di Dio è di procurarvi una sua immagine o pittura che vi faccia devozione, non già per portarla sul petto senza mai guardarla, ma per servirsene ad intrattenervi spesso con Lui ed Egli vi suggerirà quello che gli dovete dire. (S. Teresa d’Avila)

Se parlando con le creature le parole non vi mancano mai, perché vi devono esse mancare parlando con il Creatore? Non temetene: io almeno non lo credo! (S. Teresa d’Avila)

Non siate così semplici da non domandargli nulla! (S. Teresa d’Avila)

Chiedetegli aiuto nel bisogno, sfogatevi con Lui e non lo dimenticate quando siete nella gioia, parlandogli non con formule complicate ma con spontaneità e secondo il bisogno. (S. Teresa d’Avila)

Cercate di comprendere quali siano le risposte di Dio alle vostre domande.Credete forse che Egli non parli perché non ne udiamo la voce? Quando è il cuore che prega, Egli risponde. (S. Teresa d’Avila)

A chi batte il cammino della preghiera giova molto un buon libro. (S. Teresa d’Avila)

Per me bastava anche la vista dei campi, dell’acqua, dei fiori: cose che mi ricordavano il Creatore, mi scuotevano, mi raccoglievano, mi servivano da libri. (S. Teresa d’Avila)

Per molti anni, a meno che non fosse dopo la Comunione, io non osavo cominciare a pregare senza libro. (S. Teresa d’Avila)

E’ troppo bella la compagnia del buon Gesù per dovercene separare! E’ altrettanto si dica di quella della sua Santissima Madre. (S. Teresa d’Avila)

 … fate il possibile di stargli sempre accanto. Se vi abituerete a tenervelo vicino ed Egli vedrà che lo fate con amore e che cercate ogni mezzo per contentarlo, non solo non vi mancherà mai, ma, come suol dirsi, non ve lo potrete togliere d’attorno. (S. Teresa d’Avila)

L’avrete con voi dappertutto e vi aiuterà in ogni vostro travaglio. Credete forse che sia poca cosa aver sempre vicino un così buon amico? (S. Teresa d’Avila)

Poiché Gesù vi ha dato un Padre così buono, procurate di essere tali da gettarvi fra le sue braccia e godere della sua compagnia. (S. Teresa d’Avila)

E chi non farebbe di tutto per non perdere un tal Padre? Quanti motivi di consolazione! Li lascio alla vostra intuizione! In effetti, se la vostra mente si mantiene sempre tra il Padre e il Figlio, interverrà lo Spirito Santo ad innamorare la vostra volontà col suo ardentissimo amore. (S. Teresa d’Avila)

Quelli che sanno rinchiudersi nel piccolo cielo della loro anima, ove abita Colui che la creò e che creò pure tutto il mondo, e si abituano a togliere lo sguardo e a fuggire da quanto distrae i loro sensi, vanno per buona strada e non mancheranno di arrivare all’acqua della fonte. (S. Teresa d’Avila)

Essendo vicinissimi al focolare, basta un minimo soffio dell’intelletto perché si infiammino d’amore, già disposti come sono a ciò, trovandosi soli con il Signore, lontani da ogni oggetto esteriore. (S. Teresa d’Avila)

Per cominciare a raccogliersi e perseverare nel raccoglimento, si deve agire non a forza di braccia ma con dolcezza. Quando il raccoglimento è sincero, l’anima sembra che d’improvviso s’innalzi sopra tutto e se ne vada, simile a colui che per sottrarsi ai colpi di un nemico, si rifugia in una fortezza. (S. Teresa d’Avila)

Dovete saper che questo raccoglimento non è una cosa soprannaturale, ma un fatto dipendente dalla nostra volontà e che noi possiamo realizzare con l’aiuto di Dio. (S. Teresa d’Avila)

Sapevo benissimo di avere un’anima, ma non ne capivo il valore, né chi l’abitava, perché le vanità della vita mi avevano bendati gli occhi per non lasciarmi vedere. (S. Teresa d’Avila)

Se avessi inteso, come ora, che nel piccolo albergo dell’anima mia abita un Re così grande, mi sembra che non l’avrei lasciato tanto solo…e sarei stata più diligente per conservami senza macchia. (S. Teresa d’Avila)

Non si creda che nuoccia al raccoglimento il disbrigo delle occupazioni necessarie.(S. Teresa d’Avila)

Dobbiamo ritirarci in noi stessi, anche in mezzo al nostro lavoro, e ricordarci di tanto in tanto, sia pure di sfuggita, dell’Ospite che abbiamo in noi, per-suadendoci che per parlare con Lui non occorre alzare la voce. (S. Teresa d’Avila)

Il Signore ci conceda di non perdere mai di vista la sua divina presenza! (S. Teresa d’Avila)

Quando un’anima… non esce dall’orazione fermamente decisa a sopportare ogni cosa, tema che la sua orazione non venga da Dio. (S. Teresa d’Avila)

Quando un’anima si unisce così intimamente alla stessa misericordia, alla cui luce si riconosce il suo nulla e vede quanto ne sia stata perdonata, non posso credere che non sappia anch’essa perdonare a chi l’ha offesa. (S. Teresa d’Avila)

Siccome le grazie ed i favori di cui si vede inondata le appariscono come pegni dell’amore di Dio per lei, è felicissima di avere almeno qualche cosa per testimoniare l’amore che anch’ella nutre per lui. (S. Teresa d’Avila)

La preghiera non è qualcosa di statico, è un’amicizia che implica uno sviluppo e spinge a una trasformazione, a una somiglianza sempre più forte con l’amico. (S. Teresa d’Avila)

Perchè la Televisione ci allontana da Dio [Testimonianze e Messaggi di Maria Santissima]

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Guardare la televisione è diventata oramai più che una semplice abitudine, non solo per noi Italiani. La televisione è un passatempo, è approfondimento, è studio, è divertimento, è interazione sociale… Ma un pericolo è sempre in agguato nei programmi televisivi, nelle reclam, nei films: il demonio. Ciò che all’uomo può sembrare divertente e scherzoso può in effetti essere spunto di fantasia traviata, di disordine comportamentale, di diseducazione e quindi portare a incomprensioni, litigi, malesseri, egoismo con tutte le persone a noi più prossime e rovinare i nostri rapporti e la Pace, nelle famiglie, nelle amicizie, nelle conoscenze… quindi allontanarci dalla Grazia di Dio. 
La Mamma Celeste ci invita a non eccedere, ci dice che la televisione è un canale facilmente contaminato dal male e che può nuocere all’anima umana. Ci chiede di allontanarci dalla televisione, di staccarla almeno in preparazione delle Feste del Signore (Natale e Pasqua) perchè ci distraggono dalla Preghiera e dal Digiuno, dall’essere quindi un Tutt’Uno con suo Figlio Gesù, il nostro Salvatore e nostro Dio e attraverso Lui Uniti nel Padre per opera dello Spirito Santo. La Mamma Celeste non vuole forzare nessuno ma come Madre della Verità e Misericordia, ci mette in guardia da ciò che succede se ci lasciamo prendere dalle lusinghe del mondo, attraverso ciò che è stato creato dall’uomo appunto per l’uomo, e non alziamo i nostri Occhi verso il Cielo, li dove c’è il nostro vero Fine, Sostentamento, la nostra Gioia, e il nostro Tutto. Vediamo dunque due Testimonianze che riguardano i Messaggi dati a Medjugorje dalla Regina della Pace sull’abbandonare le abitudini dannose.

Lorenza sul guardare la televisione

…Maria ci chiede di spegnere la televisione durante i nove giorni che precedono le grandi feste, come Pasqua e Natale …

Lorenza è una giovane che lavora in una grande città dell’Olanda. Ogni anno viene a Medjugorje e fa un bel cammino col Signore… Vive da sola e diffonde con molto zelo i messaggi della Vergine; non è mai disoccupata quando si tratta di servirla! L’esperienza che condivide ora con noi, potrà ispirarci ed aiutarci ad usare bene della nostra libertà!

“Non guardavo la televisione da 15 anni. Ma quattro mesi fa ho fatto l’abbonamento. Il mio scopo era di essere informata sulle attualità. Il risultato è stato che dopo 4 mesi ho dovuto disdire l’abbonamento. Ero proprio convinta di aver preso la decisione giusta. Perché?? Perché quando alla sera guardo la TV, divento vuota. Anche se è un programma di attualità che mi informa su quello che accade nel mondo, e per il quale poi posso pregare, no, per me questo non funziona! Ogni volta è la stessa cosa. Dopo un’ora di programma non riesco più a pregare perchè il mio cuore si è indurito e qualcosa si è separato da Dio, separato dalla mia sorgente. Non riesco più a pregare per gli avvenimenti perché il mio spirito è turbato. Mi sono allora chiesta perché avviene questo? Ho trovato la risposta: quando guardo la televisione, lo spirito del mondo entra nel mio cuore. Nello stesso momento in cui accendo, mi collego volontariamente allo spirito del mondo; dico coscientemente “sì” allo spirito del mondo. Poi questo spirito corrode in me ciò che mi lega a Dio e mi trovo sempre più vuota.

Dopo aver preso la decisione di abolire la televisione, il giorno dopo ho disdetto l’abbonamento. Mentre impostavo la lettera, una grande gioia è entrata nel mio cuore. Ero immersa nella luce e percepivo tangibilmente che il Cielo approvava la mia decisione. Allora ho detto alla Madonna: “Poiché non guardo più le notizie alla TV, voglio passare questo tempo a dire il Rosario. Da allora, prego effettivamente un Rosario intero ogni sera e sento che non sto perdendo affatto il mio tempo! Al contrario, guardando la tele, perdevo tempo e la mia vita nello Spirito. Da che dico il Rosario, ho cominciato a desiderare molto di fare il digiuno. Mi sono proprio accorta che quando si è costanti in un ambito, si ha la forza di crescere e di poter essere costanti anche in altri campi. La preghiera del Rosario recitato tutte le sere, mi ha dato la forza e la capacità di digiunare a pane ed acqua, come lo chiede la Vergine.

Non voglio generalizzare, perchè questo è il mio modo di dare a Dio il primo posto in questo ambito della mia vita. Ho capito che questo era ciò che il Signore desiderava da me: tagliare con la televisione, almeno fino a che è così come è adesso. Se si decide di guardare la televisione, mi sembra che sia necessaria una grande vigilanza per proteggersi dal Maligno. Egli è efficace attraverso alcuni programmi!”

 

Sr. Emmanuel sul guardare la televisione

– Negli anni 80, la Gospa ha nominato qualche volta la televisione, ma non l’ha mai proibita, non ci ha mai chiesto di buttare via i televisori. Come una Madre, sa che per alcuni dei suoi figli sarebbe troppo difficile. (Chi soffre di depressione o è nella totale solitudine, non ha che la tele per sentire altre voci). Inoltre alcune trasmissioni sono molto belle; sta a noi fare in modo che ce ne siano molte! Ma per i giorni di digiuno la Gospa ha detto:

“Se non avete la forza di digiunare a pane ed acqua, potete rinunciare ad alcune cose. Sarebbe buona cosa rinunciare alla televisione, perché dopo aver guardato alcuni programmi, siete distratti ed incapaci di pregare…” (Dic. 1981)

“Se guardate i programmi televisivi, i giornali, avete la testa piena di notizie ed allora non c’è più posto per me nei vostri cuori” (17 Aprile 1986)

Ai giovani del gruppo di preghiera formato e guidato da Lei a Medjugorje per sette anni, ha detto:

“Rinunciate a tutte le passioni e desideri disordinati. Evitate la televisione, specialmente i programmi nocivi, gli sport eccessivi, l’uso smodato del mangiare e del bere, l’alcool, il fumo…” (primo punto della loro regola di vita, comunicato a Jelena Vasilj, il 16 Giugno 1983).

Maria ci chiede di spegnere la televisione durante i nove giorni che precedono le grandi feste, come Pasqua e Natale; Lei auspica che la famiglia si riunisca e, Bibbia alla mano, condivida sul testo ciò che riguarda la festività (come fanno gli Ebrei).

Per concludere, ecco ciò che la nostra amica Lorenza mi ha scritto:

“La sera, a qualsiasi ora, prego un’ora in silenzio prima di addormentarmi. E’ proprio in questo momento che la gioia mi riempie e che tutto si mette a posto. Certo è importante avere dei contatti con gli altri per crescere nella vita spirituale, telefonando, per esempio, ma mi rendo conto che questo è possibile solo dopo esser stata alla presenza del Signore, nella preghiera. Prima viene la preghiera, il resto viene dopo!
Concretamente, se devo scegliere tra parlare con qualcuno o pregare, do la priorità alla preghiera. Ricevo così la libertà interiore necessaria per lasciarmi condurre dallo Spirito Santo. E’ Lui che mi indica se è opportuno o no, contattare quella persona”.

Coroncina della Fede

Dio Padre ci rivela una Preghiera per accrescere la nostra Fede , l'Atto di Fede
Messaggio del 05.09.2009 dato a Benedetta da Dio Padre

Piccoli figli miei,
avvicinatevi a Me per mezzo della Parola che salva e che rinnova i vostri cuori.
Ecco, poiché siete molto deboli, vi suggerisco un’altra preghiera, perché possiate nutrire le anime vostre. Meditate, assaporate e assimilate ogni Parola, perché diventi viva e operante in voi.

Vi amo e vi benedico,
Dio, vostro Padre

Coroncina della fede

Inizio: Atto di dolore, Ave Maria, Angelo di Dio

Prima decina: Credo che il Padre mio sa di quali cose ho bisogno prima ancora che gliele chieda (Mt 6,8)
Padre Nostro

Seconda decina: Credo che tutto concorre al bene per coloro che amano Dio (Rm 8,28)
Padre nostro

Terza decina: Credo che Gesù è con me tutti i giorni fino alla fine del mondo (Mt 28,20)
Padre nostro

Quarta decina: Credo che Dio è Amore (1 Giov. 4,16), e non fa preferenze di persone (At. 10,34)
Padre nostro

Quinta decina: Credo sia volontà di Dio che io gli renda grazie in ogni cosa (1 Tss. 5,18)

Terminare con: 3 Gloria al Padre

 

Come recitare la Coroncina della Fede?
Utilizzando una comune Coroncina del Santo Rosario.
Le prime 3 Preghiere sono dedicate: alla Misericordia di Dio ( Atto di Dolore), all’Intercessione e Soccorso della Madre di Dio nostra Regina e nostra Mamma Celeste (Ave Maria) e alla Protezione del nostro Angelo Custode affidatoci dalla Pietà Celeste (Angelo di Dio).
Successivamente, sui Grani dell’Ave Maria si ripetono per 10 volte i Credo cosi’ come il Padre le ha dette, presenti nelle Sacre Scritture, dalla Sacra Bibbia e dal Vangelo. Mentre sui Grani del Padre Nostro, la Preghiera che ci è stata insegnata dal nostro Salvatore, Gesù Cristo, il Figlio Unigenito di Dio e di Maria Santissima. Alla Fine della Recita delle 5 decine si Ringrazia la Santissima Trinità con Fiducia per il Dono che ci ha dato con 3 Gloria.

Il messaggio di Dio Padre all’umanità

“Voi non mi vedete, eccetto una sola persona, colei alla quale detto questo Messaggio! Una sola in tutta l’umanità! Tuttavia ecco che vi parlo e in colei che Io vedo e alla quale parlo, Io vi vedo tutti e parlo a tutti e a ciascuno, e vi amo come se Mi vedeste!”

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Atto di Speranza

Atto di Speranza

Atto di speranza

Mio Dio, spero nella tua bontà,
per le tue promesse e per i meriti di Gesù Cristo, nostro Salvatore,
la vita eterna e le grazie necessarie per meritarla
con le buone opere che io debbo e voglio fare,
Signore, che io possa goderti in eterno.

Atto di Carità

Carità di noi Dio

ATTO DI CARITA’

Mio Dio, ti amo con tutto il cuore sopra ogni cosa, perché sei bene infinito e nostra eterna felicità; e per amore tuo amo il prossimo come me stesso, e perdono le offese ricevute. Signore, che io ti ami sempre più.

[Video Intervista] Don Mike: Il potere della confessione – The power of confession

il potere della confessione

Il Potere del Santo Sacramento della Confessione Istituito da Gesù, il Figlio di Dio, nostro Salvatore e Redentore, dopo essere Risorto dalla morte, dato ai suoi Apostoli come Atto di Salvezza per le Anime peccatrici. 
Don Mike, ci invita a non avere paura di confessare i propri peccati ad un Ministro della Chiesa Cattolica, che può esercitare questo Sacramento, perchè con la Santa Confessione si viene Perdonati dal Padre Celeste e si riceve Misericordia (quando ovviamente si è realmente dispiaciuti delle offese fatte a Dio e del male causato agli altri oltre che a noi stessi e non si ha l’intenzione di commettere nuovamente tali errori).

Scopriamo in dettaglio quello che ci dice Don Mike sul Santo Sacramento della Confessione.

“NESSUNO DI VOI PUÒ FINIRE ALL’INFERNO SENZA SAPERLO”… In che senso?

esorcismo


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Il demonio, obbligato a dire la Verità da un Ministro della Chiesa Cattolica Esorcista, per Volere di Dio, parla del Giorno del Giudizio riservato ad ogni essere umano, quando, appena finito l’esistenza terrena, viene Chiamato al Cospetto dell’Altissimo per essere Giudicato. Una delle orribili Verità che il demonio sotto Obbligo Divino deve riferire è la quasi totale assenza odierna del Sacro-Santo Timore di Dio. Credendo che Dio è Infinitamente Misericordioso, l’essere umano, deviato dal proprio giudizio e consigliato dagli spiriti dannati, non Rende Rispetto a Dio negando la Sua Infinita Giustizia. Infatti come Dio è Misericordioso è Giusto, quindi è GIUDICE VERO. Tutte le anime del Purgatorio, del Paradiso e perfino dell’Inferno TEMONO LA GIUSTIZIA DI DIO e il demonio, costretto a dire la Verità dal Comando in Nome di Dio dell’Esorcista, mette in guardia le anime che ancora non sono state giudicate a Credere nell’Esistenza dell’Inferno e nella infida trappola malefica che viene sottoposta ad ogni anima moribonda per dannarla in eterno, Chiedendo a Dio, come unica Ancora di Salvezza la Sua Pietà e Misericordia con vero sentimento di contrizione e dolore.

ESORCISMO DELL’11/08/1983

IL SANTO TIMORE DI DIO
Demonio – È un grande successo per noi che la Chiesa oggi parli sempre meno del santo e salutare timore dell’Altissimo. Grazie alla nostra subdola opera, alcuni preti non ne parlano affatto; o perché non ci credono più nemmeno loro, o perché se ne vergognano, temendo di apparire ingenui e superati. Al contrario si coltiva il timore delle leggi, il timore dell’uomo, il timore delle umiliazioni, ma del timore dell’Altissimo va sparendo perfino l’ombra. Noi demoni siamo diventati i più grandi predicatori della Misericordia del Cielo, ma la predichiamo disgiunta dalla giustizia e così vi portiamo fuori strada, vi facciamo credere che i vostri peccati non solo non vi porteranno all’inferno, ma resteranno del tutto impuniti. Sibilando nelle vostre anime che l’Altissimo è misericordioso e non ricordandovi che è anche giusto (come se la giustizia fosse la negazione della Misericordia) vi portiamo a non ricambiare il suo amore, ma a calpestarlo, a offenderlo senza ritegno. Ed è quello che sempre più spesso fate, visto che, credendo a noi, voi vi illudete che si possa calpestarlo senza poi pagarne le conseguenze.
Se volete bene a voi stessi, se volete trovare delle ragioni convincenti per non peccare, imparate a valutare le cose, soprattutto il tempo e l’eternità, alla luce del santo timore dell’Altissimo. Con lui non si scherza.
Vi ama, ma vuole che anche voi lo amiate. Vi invita a credere fermamente nella sua Misericordia, ma senza sottovalutare anche minimamente, la sua giustizia.
Conservate sempre il santo e salutare timore dell’Altissimo, che si traduce nella paura dell’eterna dannazione, del fuoco eterno, con cui saranno torturati per sempre corpi e anime all’inferno. Ora basta! Io non volevo dire queste cose!
SIETE AVVERTITI CHE L’INFERNO ESISTE
Esorcista – Ti ordino di continuare nel nome di Dio.
Demonio – Nessuno di voi può finire all’inferno senza saperlo. Che esiste la possibilità e il serio rischio della condanna eterna vi è stato detto e vi viene ricordato in molte occasioni dall’Altissimo. Con particolare frequenza ne sono avvertiti i Sacerdoti, che hanno un più stretto contatto con la Sacra Scrittura. Ma oltre che con la sua parola scritta, l’Altissimo, vi ricorda la realtà dell’inferno, e la possibilità per tutti di finirci dentro, parlando nell’intimo della vostra coscienza, o nel sonno, o con la morte di persone buone o cattive. Quando assistete un moribondo o uno che sia appena spirato e pregate per lui dicendo: “Signore, donagli il riposo eterno, splenda a lui la luce perpetua. Riposi in pace. Amen”, come è possibile che non vi ricordiate dell’inferno? Forse in quell’attimo ci pensate, ma poi vi rituffate nella vita frenetica di tutti i giorni e il pensiero del Giudizio dell’Altissimo e dell’inferno si dilegua, così come all’alba le deboli luci delle stelle spariscono quando il sole vi abbaglia della sua luce.
Quando qualcuno sta morendo dovreste pensare che si sta giocando per quell’anima l’ultima carta: lì attorno ci sono anche, presenti come avvoltoi pronti alla rapina, molti spiriti cattivi che tutto fanno per trascinare quell’anima con loro all’inferno.
(N.dR. Un tempo, quando veniva suonata la campana dell’agonia, la gente, ovunque si trovasse, si sentiva invitata alla preghiera epensava: “Qualcuno in questo momento sta morendo, bisogna pregare per quell’anima”; e molte invocazioni salivano al Cielo per la salvezza eterna di quel moribondo. Ora invece, la campana suona quando uno è già morto, quando è già giudicato, quando non c’è più per lui alcuna possibilità di salvezza).
E vedendo un uomo che muore, dovreste pensare che un giorno toccherà a voi… morire… subire il Giudizio… e vedervi ancora accolti o rifiutati dal Cielo.
LA MISERICORDIA DI DIO CONTINUA A RICHIAMARE
Demonio – l’Altissimo non smette mai di richiamarvi, come farebbe ogni buona madre per distogliere i suoi figli da un pericolo. Nella sua Misericordia è disposto a perdonarvi tutti i vostri peccati, perché vuole che nessuno di voi vada perduto.
Che cosa non ha fatto durante la sua vita terrena e con la sua passione e la sua morte spaventosa? Nulla ha tralasciato allora e nulla tralascia anche oggi per la vostra salvezza. Se l’Altissimo ha fatto e fa così tanto per salvarvi ciò è una conferma in più che anche per voi c’è il rischio di perdersi. E se l’Altissimo non sottovaluta questo rischio che correte, non dovete sottovalutarlo nemmeno voi, nel vostro interesse. Ma voi non avete ancora imparto a volere bene a voi stessi!
Ricordatele voi per primi queste verità e non trascurate di ricordarle anche agli altri: non lo farete mai abbastanza. (Urla furiosamente).
IL TIMORE DELLA MORTE
Demonio – Fino a che uno è ancora vivo ha la possibilità di salvarsi, purché dica: “Pietà, Signore, pietà di me”. Ma quando l’anima si separa dal corpo non c’è più nessuna possibilità; in quello stesso istante avviene il Giudizio: in un lampo vedrà tutta la sua vita e dovrà risponderne all’Altissimo.
E guai a quell’anima se non si sarà purificata in tempo, con un sincero pentimento, di tutti i suoi peccati: sperimenterà da quel momento e per tutta l’eternità l’ira tremenda di un Giudice giusto, ma severo.
L’unica pietà che il supremo Giudice potrà offrire a quell’anima è di farla finire all’inferno, lontana da Lui.
Sarebbe infatti un castigo più tremendo per quell’anima se, in quelle condizioni di ostinato peccato, finisse in Paradiso: la vista dell’Altissimo, dei suoi Angeli dei suoi Santi, ricolmi di Grazia, rivestiti di gloria e pieni di gioia, sarebbe una tortura più grave di tutte le pene che dovrà subire all’inferno.
NESSUNO È AL SICURO
Demonio – Per tutti dovrete pregare molto, anche per chi è considerato un santo. Noi non lasciamo in pace nessuno, né in vita, né tanto meno nel momento della morte. Anche chi per tutta la vita ha camminato per la strada stretta può trovarsi nel momento della morte in grandi tentazioni: noi cerchiamo di creargli nell’anima una spaventosa oscurità e di portarlo alla disperazione.
Dovete pregare molto e per tutti non solo perché sia evitato l’inferno, ma anche perché sia evitato o almeno ridotto il tempo della purificazione in Purgatorio.
È cosa tremenda anche il Purgatorio.
È tremendo quando l’anima si separa dal corpo con la morte non vedersi accolti dall’Altissimo perché non ancora del tutto purificati dalle colpe commesse nella vita.
Certo, ci sono persone che eviteranno il fuoco purificatore del Purgatorio perché la Misericordia dell’Altissimo terrà conto delle molte sofferenze che hanno patito nella vita, ma anche per queste la morte sarà tremenda.
Solo in pochi casi, per volontà del Cielo la morte non si presenta con un volto orrendo.
Parlate della morte nelle vostre prediche, ora ne parlate troppo poco e la vostra gente continua a vivere nell’incoscienza e nel peccato.
Pregate e fate pregare per i moribondi e per le anime del Purgatorio. Basta, basta farmi parlare!
IL TIMORE Dl DIO DEVE ESSERE ANNUNZIATO A TUTTI
Esorcista – Prosegui e dì quanto il Cielo ti ordina di dire.
Demonio – Io, Belzebù, sono stato costretto a dirvi queste cose e sono costretto a raccomandarvi ancora: curate questo santo e salutare timore dell’Altissimo. Dovete parlarne tutti: gli educatori ai giovani loro affidati, i maestri ai loro bambini e i genitori ai loro figli. Deve parlarne il Papa a tutta la Chiesa, i Vescovi ai loro Sacerdoti e i Superiori religiosi alle anime consacrate.
Soprattutto ne parlino i Sacerdoti nelle loro omelie, molto più di quanto non facciano ora.
Se non viene predicato il timore dell’Altissimo in questa vita, non resterà che il terrore nell’altra, il terrore di un Giudice che di là non perdona, il terrore dell’inferno, un terrore tremendo, eterna assenza di rimedio.
Meglio per voi il timore in questa vita che le angosce del Purgatorio nell’altra o il timore eterno che trovereste all’inferno. (Grida paurosamente).
Io sono costretto a dirvi che questa è la verità. Non credete a chi vi inganna dicendo che l’Altissimo è Misericordia infinita e tralascia di dirvi che è anche Giustizia infinita.

Tratto da: “Grande Opera Mariana Gesù e Maria” – ottobre-dicembre 2005 n.4.

Gloria Polo – “Sono stata alle porte del Cielo e dell’inferno” – Video Testimonianza

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La testimonianza di una donna Colombiana, Gloria Polo, dell’Esistenza del Paradiso, del Purgatorio e dell’Inferno, a seguito del suo decesso per arresto cardiaco dopo essere stata colpita, con suo nipote, da un fulmine. Il giudizio e la seconda opportunità di Gloria sono un Bene Assoluto per l’Umanità che non deve rimanere indifferente e convertirsi alla Chiamata del Signore. Con questa bellissima, indimenticabile, struggente testimonianza dell’Amore e Misericordia di Gesù Dio Figlio, e con Lui, di Dio Padre e di Dio Spirito Santo nella Santissima Trinità, abbiamo tutti una opportunità di Conversione e di Salvezza. Quello che ci viene chiesto, come dice Gloria nella Testimonianza, è di ricambiare di Cuore, sebbene miseri esseri umani, l’Amore di Dio, onorandolo con le nostre azioni, opere, preghiere, rispettando i Dieci Comandamenti, giacchè ogni peccato grave e pienamente voluto è mortale per l’anima (e come sentiremo nell’intervista anche per il corpo. Gloria, attraverso il racconto della sua vita, ci mostra come si può diventare facili prede di lucifero, il demonio, che svuota l’intelligenza umana fino ad accecarla totalmente, portando le anime all’inferno nella dannazione vera, indescrivibile, senza alcuna Via d’uscita.

Don Giuseppe Tomaselli: Intervista con Melid (demonio impuro)

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“E’ in circolazione un libretto, dal titolo “Interviste col maligno”. Ho pensato che potrei scrivere anch’io un libretto sul delicato argomento, in quanto da cinquant’anni in qua (1934 — 1984) ho esercitato il compito di esorcista ed anzi ho avuto non poche volte l’occasione di vedere il demonio, in forma umana, di lottare direttamente con lui, anzi di essere stato preso più volte per il collo e maltrattato. Ho potuto studiarlo, come si vedrò in questo scritto, nelle varie manifestazioni. Inoltre sono stato e sono Direttore Spirituale di anime mistiche, le quali sogliono essere bersaglio diretto e terribile del demonio in persona e come Direttore di tali anime ho potuto constatare fatti, che sembrerebbero inimmaginabili, eppure io sono stato testimonio per decine e decine di volte. Per svolgere il tema ho dovuto impostare l’intervista in forma ideale, né potrebbe farsi diversamente; però quanto si verrà esponendo corrisponde ai detti ed ai fatti, di cui io sono stato testimonio oculare, auricolare e parte direttamente interessata”.[Don Giuseppe Tomaselli – uno zelantissimo Prete Cattolico( 1902-1989)]

“L’INFERNO ESISTE VERAMENTE… E’ UN LUOGO TERRIBILE E TERRIFICANTE.”

 
 inferno esiste

Messaggio del 7 dicembre 2011, dato ad Angelik Caruana a  Borg in-Nadur (Malta)

Miei cari figli e figli del mio cuore!
Figli miei, la vigilia della mia festa cade in questo giorno. Infatti oggi è la vigilia della mia festa e proprio dal cuore desidero dirvi quanto segue: figli miei e miei piccoli, voglio che crediate nell’esistenza dell’inferno. Forse non si sente più tanto parlare in proposito. Figli miei e miei piccoli, l’inferno esiste veramente. Molte anime stanno andando in esso e si stanno perdendo. Fate in modo di non andarci anche voi a causa del peccato, figli miei. E’ un luogo orribile e terrificante.
Satana fa tutto ciò che è in suo potere per distruggervi e ricorre a certe insinuazioni per distrarvi, dicendo: ‘Questa è buona e non quest’altra’; ‘Guarda come questo è meglio di quell’altro!’; ‘ Osserva come questa donna è meglio di tua moglie, lei ti apprezza di più ‘,’ Guarda come quest’uomo ti ama più di tuo marito’. Satana suscita tante immagini all’interno della fantasia nella tua mente, figli miei!.
Egli cerca anche di distruggere i sacerdoti. Infatti, figli miei, cerca di deformare il loro pensiero su tutto; li induce a dire bene ciò che è male e a predicare come corrette cose che sono storte. In effetti questo è ciò che Satana sta facendo, figli miei. E’ il suo lavoro per disturbare tutti. Eppure io vi proteggerò da lui. Venite a me, sempre a me, figli miei, ed io vi libererò da Satana, che sicuramente continua a seguirvi e ad aggirarsi alle vostre spalle. Egli non risparmia alcuno sforzo nel cercare di tenervi in mano. Ma se pregate col vostro rosario, Satana verrà mantenuto lontano da voi.
Figli miei, questo è quello che ho voluto condividere con voi questa sera: l’inferno esiste, vi dico ancora una volta che molte anime vanno all’inferno. Ecco perché mio Figlio Gesù mi manda qui: è perché vuole che il mondo si converta. Mio Figlio Gesù vuole urgentemente la conversione di tutto il mondo. Non vuole vedere Satana conquistare il mondo. È per questo che mi ha mandato e ha scelto quest’isola e questa collina di Borg in-Nadur.
Figli miei e miei piccoli, insegnate alla gente che l’inferno esiste veramente e non evitate di parlare dell’inferno. Parlate, figli miei. Vi ripeto, istruite il popolo, e dite ciò che li fa andare laggiù.
Questo è ciò che ho voluto condividere con voi, figli miei e miei piccoli.
Grazie per aver ascoltato la mia chiamata.

La Passione di Gesù Cristo nella Santa Messa

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Il Credo Cristiano dell’unica Via, Verità e Vita, rivelataci tramite il Vangelo, annunciata dai Profeti nella Sacra Bibbia e confermataci dalle Rivelazioni dei Santi, Mistici e Veggenti della Chiesa Cattolica.
L’Agnello di Dio, nato dalla Santissima Vergine e Immacolata Maria, che Toglie i Peccati dal mondo, con la Sua Infinita Misericordia.
Attraverso la sua Immolazione, ha aperto anche a noi la Porta del Paradiso e della Beatitudine Eterna.
Offrendosi a Dio Padre come Sacrificio Perfetto, in Remissione dei nostri peccati, Gesù ci ha permesso di essere accolti nella Casa dell’Altissimo, quando, pentiti delle enormi offese commesse durante la nostra Vita contro Dio, Unico e Trino, con cuore contrito e dolorante, avessimo chiesto la sua Misericordia, pienamente coscienti di non aver saputo o voluto compiere nella nostra Vita il Suo Volere e quindi di esserci macchiati di peccati davanti a Lui.
Per poter Perdonare le nostre colpe davanti all’Altissimo, Gesù, l’Unto del Signore, il Re dell’Universo, ha voluto Prendere su di se Tutta la miseria umana e accusarsi esso stesso davanti a Dio Padre delle nostre mancanze, bassezze, iniquità e peccati, arrivando a sudare Sangue nell’Orto degli Ulivi. ( Vedi “La Passione” di Catalina Rivas).
Il Sacrificio Perfetto che si rinnova davanti all’Altare durante la celebrazione della Santa Messa ogni giorno e in ogni luogo, dà Gloria al Padre e riporta tutta l’Assemblea presente in Chiesa sul Luogo e nel Momento della Morte in Croce di Gesù, rivivendo la Passione di Gesù Cristo nostro Dio e Salvatore: dalla Sofferenza e Preghiera per l’Umanità di Gesù nel Getsemani, alla Cattura e Condanna e ancora alla Dolorosissima Passione, fino ad arrivare alla Crocifissione sul Golgota. Nella Celebrazione della Santa Messa, Dono Infinito della Misericordia Divina, Gesù si fà Nutrimento dello Spirito e del Corpo, essendo Veramente Presente in Corpo, Sangue, Anima e Divinità nell’Eucarestia, per diventare un Tutt’Uno con noi, il suo Gregge, la sua Creazione donandoci lo Spirito Santo, per Guidarci in questa Vita terrena e successivamente, Vivere in Eterno nel Regno dei Cieli.
L’Importanza della Madre di Gesù, Maria Santissima per la Vita stessa dell’Emmanuele, il Verbo di Dio e con la Sua partecipazione alle Sofferenze del Figlio di Dio durante tutta la Passione(la Spada che secondo Simeone avrebbe trafitto il Suo Cuore), La rende Madre di Misericordia, Regina dell’Universo, Madre nostra (“ecco tuo figlio… ecco tua Madre…”). A Lei, che per Volere di Dio è la Mediatrice di Grazie per i Suoi figli, al Suo Cuore Immacolato e al Sacro Cuore di Gesù Innalziamo Lode e canti d’Amore.
Vediamo questo video ben fatto, che mostra il Vero Significato della Santa Messa.

Gli Angeli Ribelli un racconto di Don Giuseppe Tomaselli

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Di seguito viene riportato il colloquio e le fasi di un esorcismo condotto da Don Giuseppe Tomaselli ad una bambina. Dal colloquio interamente preso dall’opuscolo Pubblicato dallo stesso esorcista ” Gli Angeli Ribelli”, possiamo apprendere come il demonio cerchi di strappare le Anime a Dio e portarle con se all’inferno nella dannazione eterna. Esso cerca anime da poter torturare(fisicamente o psicologicamente), e portare alla perdizione, vagando sulla terra, senza che noi possiamo saperlo. La cosa più importante è anche capire che il demonio è furbo, malvagio e subdolo. Conoscendo tutte le bassezze umane, è capace di fare cadere le anime nel peccato, anche le più pie, senza che esse possano percepire la sua presenza, quindi, rimanendo nascosto, senza far capire che le tiene strette a se in una morsa infernale.
Entrato in casa dell’ossessa, il demonio per bocca della bambina disse:

– Via di qua, Pretaccio Cattolico! Perché vieni a disturbarmi?. . .
Presi l’aspersorio con l’acqua Benedetta.

Inferocì il demonio: Via queste cosacce!. . . Pretaccio Cattolico, te la farò pagare!. . .

“In nome di Dio, ti comando di rispondere!”
– Chi sei tu che comandi a me?

“Sono un povero uomo; ma come Ministro di Dio ti comando e tu devi ubbidire. ”

Sull’istante l’ossessa si sedette e rimase con le braccia conserte. Io parlavo in latino ed il demonio arrabbiato mi disse:
– Non voglio parlare in latino, linguaccia di voi Pretacci Cattolicacci!

Tuttavia lo tempestai di domande in lingua latina: Qual è il tuo nome?
– Il mio nome? … Non t’importa saperlo e perciò non te lo dico.

“Sei solo in questa bambina?”
– Per il momento sono solo, ma se vuoi chiamo i compagni.

“No, resta solo! – Prima di essere qui, dove ti trovavi? ”
– Andavo in giro per le vie!

“Cosa fai lungo le vie?”
– Cerco di far fare peccati alla gente

“E tu cosa ne guadagni?”
– Che guadagno? … Trascino all’inferno anime con me!

“Siete molti nell’inferno? ”
– Eh! … Sapessi, sapessi quanti siamo! … Dunque, vuoi sapere chi sono? Io sono il demonio della disonestà!

“E dimmi: Vanno molti all’inferno per l’impurità? ”
– Tutti quelli che sono là dentro, vi si trovano per questo peccato ed anche gli altri ci verranno per lo stesso peccato.

Passavano di lì alcuni giovanotti i quali pronunziavano parolacce disoneste; il demonio disse:
– Ecco, passano i miei aiutanti.

“Ora basta con le chiacchiere! Tu devi lasciare la creatura! ”
– No, non me ne vado. Del resto che male faccio alla bambina?

“Devi subito partire! ”
– Satana, Satana … vieni in mio aiuto! …

In quell’istante arrivarono altri tre demoni; la bambina, finito l’esorcismo, me lo assicurò. Avevo il Santissimo Sacramento, nascosto sotto il pastrano; la ossessa mi disse:
– Tu nella borsetta tieni Satana! …  e stese la mano verso il mio petto.

Le diedi una botta sulla mano e ridendo mi rispose:
– Tu batti la bambina; a me puoi far niente.

[…]  io dissi al demonio: “In nome di Gesù Nazareno, parti subito!” Intanto attaccai al petto della bambina un’immaginetta del Sacro Cuore. Il demonio divenne furibondo; si era in parecchi a tenere la bambina a freno.

– Ve la farò pagare a tutti! … Satana, Satana, manda ancora sette compagni in mio aiuto!
Infatti altri sette demoni entrarono in quel corpo, come mi confermò la bambina appena liberata. Non potendo più il demonio resistere, esclamò: Me ne vado! Però lascerò la bambina piangente e non la farò più alzare da questa sedia. 

Sull’istante la bambina si sedette e diede in un pianto dirotto; momentaneamente i demoni la lasciarono. Le domandai: “Perché piangi?” <<  Ma, non lo so! >> “Fa’ il segno della Croce!” <<Non posso sollevare il braccio.>>  “Allora, alzati!” <<Non posso alzarmi! >>
La bambina era rimasta come legata in tutto il corpo, impotente ad alzarsi dalla sedia; i demoni però erano usciti, poiché essa tra le lacrime pregava recitando il Padre Nostro.
Passato del tempo, la bambina cominciò a ridere ed a camminare con sveltezza; era ritornata l’ossessione.

– Sono ancora qui, disse il demonio, e non me ne vado … Siamo in troppi e non riuscirai a cacciarci. 

A dire il vero sentivo un po’ di stanchezza e ricorsi a diversi mezzi efficaci per riuscire nell’impresa. L’acqua benedetta è meravigliosa negli esorcismi. Versando quest’acqua sul corpo dell’ossessa, il demonio è tormentato fortemente.

– Pretaccio, smetti, smetti … non tormentarmi più!
“Se vuoi che smetta, lascia la bambina! “

– No; tu tormenti me ed io tormento essa!
Non cessai di aspergere con l’acqua santa, finché il demonio disse: Ebbene me ne vado; ma prima che essa muoia, sarò di ritorno! … Noi siamo stati mandati da Lucifero in questa casa e, siccome non riusciamo nel compito, egli ci tormenta. Satana maledice il momento in cui ci ha mandati qua e noi tremiamo a metter piede qua dentro … Dimmi dove debbo andare me ne vado:

“Va’ in alto mare; va’ ad incorporare qualche pesce o qualche altra bestia!”
– Cosa me ne faccio di questi esseri? … Io cerco uomini! … Perché non vai tu a riposare nel corpo delle bestie?

“Ed allora, nel nome di Dio Onnipotente, vattene nell’inferno! ”
– E me ne vado!

“Però non uscire più dall’inferno! ”
– Ah, in questo non posso ubbidirti! Lucifero mi tormenta … son costretto ad uscire ed andare per il mondo!

“Te lo comando! … Ubbidisci! ”
– Parto subito!

La bambina abbassò un istante le palpebre, emise un leggero sospiro … e restò libera.
Dunque, dissi alla piccina, “come stai?”<< Oh, Padre, lei è qua? … >> ” Ti accorgi adesso che sono qua? È tanto tempo che lotto e parlo con te!” << Ma io non l’ho visto! >> “In questo frattempo cosa hai visto? “<<  Son venuti attorno a me tanti demoni, che mi hanno battuta; ora se ne sono andati. >> ” Tu che cosa facevi quando c’erano i demoni? “ << Pregavo, recitando l’Ave Maria nella mia mente. Ora sono serena, ma ho un po’ di dolore nel corpo per le botte ricevute.>>
Quanto ho narrato è verità; non nomino l’interessata, né i testimoni dei fatti, per misura di prudenza. Quella bambina oggi è madre di numerosi figli.
Faccio rilevare che quando si studia un caso di ossessione, è lecito fare degli esperimenti, per assicurarsi della presenza del demonio; ma quando l’ossessione è sicura, è male mettersi in rapporto con lo spirito maligno unicamente per curiosità, facendo domande capricciose, chiedendo notizie di cose occulte, ecc. Non si dimentichi che il demonio è padre della menzogna e perciò non tutto quello che dice è assolutamente vero.
Allorché in una famiglia trovasi qualcuno invaso dal demonio, appena si manifesta la presenza diabolica, non si stia a chiacchierare con l’ossesso, bensì si preghi da tutti i presenti, affinché Satana si trovi a disagio e parta presto.
I parenti dell’ossesso procurino di stare in grazia di Dio, si accostino alla Confessione ed alla Santa Comunione, recitino il Rosario, consacrino la famiglia al Sacro Cuore di Gesù e al Cuore Immacolato di Maria. Se qualcuno dei parenti è in disgrazia di Dio, può darsi che il demonio lasci la persona invasa e prenda possesso di lui.
Nei giorni e nelle ore in cui l’ossesso è libero, si approfitti per farlo confessare e ricevere la Santa Comunione. Alcuni credono che se l’ossesso riceve i Sacramenti, non potrà liberarsi dal demonio per tutta la vita; questo è falso.

Per chi si pone la domanda , “ma cosa avrà fatto di male una bambina che viene presa di mira dal demonio e della quale si impossessa? ” è bene sentire il parere dello stesso Esorcista Don Giuseppe Tomaselli che al riguardo dice:
“Iddio avrebbe potuto rendere impotenti i demoni; relegati nell’abisso, non avrebbero potuto nuocere ad alcuno. Dai fatti noi sappiamo che il Signore ha lasciato una certa libertà a Lucifero ed ai suoi subalterni, libertà limitata, ma vera. Perché Iddio ha fatto così? … E chi può penetrare i misteri dell’Onnipotente? … Si può pensare che la Divina Provvidenza voglia servirsi dell’opera dei demoni per aumentare in Cielo la gloria dei suoi eletti. Chi infatti è tentato e supera la tentazione, guadagna un merito eterno.”

Gli Angeli Ribelli: Spiriti celesti diventati Tenebra.

Lotta in Cielo.

Iddio creò sterminate schiere di Angeli, cioè di Puri Spiriti, dotati di grande intelligenza e di forte volontà. Il Cielo si popolò in un attimo di questi esseri beati, che lodavano il Creatore e nello stesso tempo godevano di perfetta felicità.
Gli Angeli sono distribuiti in nove categorie, o cori; così risulta dalla Sacra Scrittura.
L’Angelo più bello era Lucifero, o Apportatore di luce, il quale, per così dire, eclissava gli altri col suo splendore.
Iddio, che è giusto, volle mettere alla prova la fedeltà, esigendo dagli Angeli un atto particolare di umile sudditanza. Secondo S. Tommaso d’Aquino e secondo i più celebri Padri della Chiesa, la prova fu questa: la Seconda Persona Divina, il Figlio Eterno del Padre, Gesù Cristo, nella pienezza dei tempi si sarebbe fatto uomo, pur restando vero Dio, e tutti gli Angeli avrebbero dovuto adorarlo, pur vedendolo rivestito di misera carne umana.
A noi, esseri inferiori rispetto agli Angeli, non sarebbe costata troppo una simile prova; per gli Angeli invece la prova fu durissima. Lucifero, dotato di qualità eccellentissime, pensando che un giorno avrebbe dovuto umiliarsi davanti al Figlio di Dio fatto uomo, senti in sé tanto orgoglio da dire: Non lo servirò!… Se si farà uomo, sarò a lui superiore! – Altre schiere di Angeli si unirono a Lucifero, quasi per dare la scalata alla Divinità. Si iniziò la tremenda lotta in Cielo. Noi sappiamo ciò che avvenne in quella lotta, perché Iddio la manifestò al Profeta Daniele ed a San Giovanni Evangelista. L’Arcangelo San Michele, a capo d’innumerevoli Angeli, si oppose alla superbia di Lucifero, dicendo: Chi è come Dio? Il Creatore alla fine della lotta intervenne direttamente; confermò in grazia gli Angeli fedeli e punì i ribelli.

 

Diavoli in giro.

L’inferno, oltre ad essere un luogo, è anche uno stato. I demoni stanno parte nell’inferno e parte vanno in giro, vagando per il mondo; ma ancorché essi vadano di qua e di là, tuttavia soffrono sempre le pene infernali, poiché la maledizione di Dio poggia sempre sopra di loro.
La Santa Chiesa, nell’antica Liturgia, alla fine della Messa aveva una preghiera particolare, rivolta a San Michele Arcangelo «…E tu, o Principe della Milizia Celeste, con forza divina ricaccia nell’inferno Satana e gli altri demoni, i quali vagano per il mondo alla perdizione delle anime».
tratto da “Gli Angeli Caduti” di Don giuseppe Tomaselli.

 

BIOGRAFIA DI DON GIUSEPPE TOMASELLI

Don Giuseppe Tomaselli nacque a Biancavilla, un paese in provincia di Catania, il 26 gennaio del 1902 in una famiglia profondamente cattolica. Nel 1916 entrò nella Congregazione Salesiana fondata nel 1859 da San Giovanni Bosco, l’Apostolo della gioventù. Nel 1926 venne ordinato sacerdote e cominciò il suo lungo ministero durato quasi 63 anni durante i quali ha ricoperto vari incarichi: parroco, insegnante, cappellano presso comunità religiose, esorcista ed apostolo della buona stampa cattolica. Scrisse un centinaio di semplici libretti devozionali ed apologetici che stampò in milioni di copie e che diffuse in Italia e anche all’estero.

 

Cosa Interferisce o blocca completamente con il piano infernale del demonio di dannare le Anime?

Essere dei buoni Cristiani, allontanando da ogni occasione di cadere nel peccato, andando regolarmente in Chiesa, partecipando ai Santissimi Sacramenti, Pregando con perseveranza, specialmente il Santo Rosario, leggendo le Sacre Scritture, facendo digiuno e astinenza, impedisce al demonio di vincere la fragilità dell’anima umana, con l’Intercessione Gloriosa di Maria Santissima, confidando nella Misericordia di Gesù Cristo, si viene protetti da Dio. E’ bene far benedire da un Ministro di Chiesa la propria casa e la propria famiglia, e fare uso quotidiano dell’Acqua Santa, avere con se Santini Benedetti e Immagini Sacre Benedette(meglio la medaglietta Miracolosa o lo Scapolare del Carmelo). Il Male è attratto dal male, l’indecisione, la lontananza da Dio, la tiepidezza umana, la superstizione… Non tenere mai oggetti, come dei souvenire, che sono dedicati a dei pagani o oggetti dal passato malvagio, ma disfarsene immediatamente. La Regola della Difesa contro il demonio è Stare in Grazia di Dio.

LE BEATITUDINI EVANGELICHE

The Sermon on the Mount Carl Bloch, 1890

LE BEATITUDINI EVANGELICHE

  1. Quante e quali sono le Beatitudini evangeliche?
Le Beatitudini evangeliche sono otto:

Beati i poveri in spirito, perché di essi è il regno dei cieli.

Beati gli afflitti, perché saranno consolati.

Beati i miti, perché erediteranno la terra.

Beati quelli che hanno fame e sete della giustizia, perché saranno saziati.

Beati i misericordiosi, perché troveranno misericordia.

Beati i puri di cuore, perché vedranno Dio.

Beati gli operatori di pace, perché saranno chiamati figli di Dio.

Beati i perseguitati per causa della giustizia, perché di essi è il regno dei cieli.

  1. Chi sono i poveri in spirito, che Gesù Cristo chiama beati?
I poveri in spirito, secondo il Vangelo, sono quelli che hanno il cuore distaccato dalle ricchezze; ne fanno buon uso, se le posseggono; non le cercano con sollecitudine, se ne sono privi; ne soffrono con rassegnazione la perdita, se loro vengono tolte.
  1. Chi sono gli afflitti, che sono detti beati?
Gli afflitti, che sono detti beati, sono coloro che soffrono rassegnati le tribolazioni, e che si affliggono per i peccati commessi, per i mali e per gli scandali che si vedono nel mondo, per la lontananza dal paradiso e per il pericolo di perderlo.
  1. Chi sono i miti?
I miti sono quelli che trattano il prossimo con dolcezza, e ne soffrono con pazienza i difetti e i torti che da essi ricevono, senza lamentele, risentimenti o vendette.
  1. Chi sono quelli che hanno fame e sete della giustizia?
Quelli che hanno fame e sete della giustizia sono coloro che desiderano ardentemente crescere sempre più nella divina grazia e nell’esercizio delle opere buone e virtuose.
  1. Chi sono i misericordiosi?
I misericordiosi sono quelli che amano in Dio e per amor di Dio il loro prossimo, ne compassionano le miserie sia spirituali, che corporali, e cercano di sollevarlo secondo le loro forze e il loro stato.
  1. Chi sono i puri di cuore?
I puri di cuore sono quelli che non hanno alcun affetto al peccato e ne stanno lontani, e schivano soprattutto ogni sorta di impurità.
  1. Chi sono gli operatori di pace?
Gli operatori di pace sono quelli che conservano la pace col prossimo e con se stessi, e cercano di mettere la pace tra quelli che sono in discordia.
  1. Chi sono i perseguitati per causa della giustizia?
I perseguitati per causa della giustizia sono coloro che sopportano con pazienza le derisioni, i rimproveri e le persecuzioni per causa della fede e della legge di Gesù Cristo.
  1. Che cosa significano i diversi premi promessi da Gesù Cristo nelle Beatitudini?
I diversi premi promessi da Gesù Cristo nelle Beatitudini significano tutti, sotto diversi nomi, la gloria eterna del cielo.
  1. Coloro che seguono le Beatitudini ne ricevono già qualche ricompensa in questa vita?
Sì, certamente, coloro che seguono le Beatitudini ne ricevono già qualche ricompensa anche in questa vita, perché già godono un’interna pace e contentezza, che è principio, benché imperfetto, dell’eterna felicità.
  1. Quelli che seguono le massime del mondo possono dirsi felici?
No, quelli che seguono le massime del mondo non sono felici, perché non hanno la vera pace dell’anima, e corrono pericolo di dannarsi.

 

LE BEATITUDINI: LEGGE FONDAMENTALE DEL CRISTIANESIMO

Le beatitudini sono il codice della vita cristiana, la sintesi del messaggio rivoluzionario che Cristo ha portato al mondo: un messaggio di felicità.
Gesù proclama e realizza un cambiamento più sorprendente di quello di Cana (Gv 2,1-11): la povertà diventa ricchezza, le lacrime gioia.
Egli non segue le vie battute dagli uomini, né suggerisce nuovi mezzi perché la loro affannosa ricerca trovi finalmente la meta. Prende atto del loro bisogno di gioia, lo approva, perché lo ha installato Dio creatore nel loro cuore, ma cambia la segnaletica del percorso, muta radicalmente il valore delle cose, ribalta la mentalità del mondo.
Non si tratta di leggere lo straordinario messaggio delle beatitudini per suscitare in noi uno sterile entusiasmo estetico o un’illusione di facile consolazione. È parola di Dio: È la voce di Dio fatto uomo che si propaga nel mondo e arriva alle anime, ad ogni singola anima… La prima nota che si avverte è un grido quasi polemico, contraddittorio: non indica quel concetto piuttosto comune di ritenere il vangelo come un balsamo lenitivo di ogni afflizione… È ben altro. Ha sì tutta la dolcezza e la capacità di confortarci: ma il vangelo è fuoco, il vangelo è ardimento, è la forza di Dio… Il vangelo ci dice cose che sembrano irreali: Beati i poveri, beati i piangenti, beati i perseguitati, beati quelli che rinunciano alla vendetta, all’uso della forza… Ecco come il vangelo sgombra dai nostri cuori la congerie dei falsi fondamenti delle nostre speranze terrene (Paolo VI).
Quelli che vogliono seguire Gesù Cristo devono essere forti, impegnati, liberi, leali: non possono servire a due padroni, a Dio e a mammona (Mt 6,24).
La vecchia obiezione contro il messaggio del vangelo, secondo cui il cristianesimo sarebbe la religione della rinuncia e della tristezza, nemica della vita e dell’impegno sulla terra, la religione dell’alienazione che impedirebbe ai suoi seguaci la compromissione con i problemi umani e il contributo fattivo alla loro soluzione, è una ben misera obiezione. Coloro che accusano il cristianesimo di alienazione non sanno capire nulla al di fuori del gioco delle passioni e degli interessi, non sanno vedere una spanna più in là dei loro contrasti temporali. Si tratta di un’incomprensione e di un rifiuto aprioristici al cui fondo sta il timore di essere posti in discussione, di venire costretti ad un esame poco lusinghiero per il loro orgoglio, ad un possibile superamento dei loro interessi.
Il vangelo non è contro l’uomo, anzi ne mette in luce la parte migliore, ne esalta le aspirazioni e lo spinge ad una crescita reale e operosa per il miglioramento della sua stessa condizione terrestre. Il vangelo non rende tristi e non toglie le speranze di una perfezione nella vita. Tutt’altro: esso non solo non spegne la felicità, ma la proclama. Tutte le ripresentate voci di Cristo incominciano con la grande parola “Beati”, cioè essere felici; avere gioia e pienezza dell’essere. Il vangelo garantisce la felicità. Ma con due clausole. La prima è che esso cambia la natura della felicità. Questa consiste non nei beni effimeri, ma nel regno di Dio. Quindi: Cercate prima il regno di Dio… e tutte queste cose vi saranno aggiunte. La seconda novità introdotta da Gesù è quella che cambia i modi per raggiungere la felicità. Niente bramosia di ricchezze, niente egoismo, odio, cupidigie.
Bisogna invece contraddire queste tendenze o passioni, istinti, tentazioni. Si deve andare contro corrente, incominciando a rendere degno, paziente e sacro il dolore… Nel rileggere e meditare il discorso delle beatitudini si comprenderà come esso sia il codice della vita cristiana, il principio per dimostrarsi autentici, veramente fedeli, effettivi seguaci di Cristo (Paolo VI).
Le beatitudini non sono un testo da declamare quando si ha voglia di belle frasi: devono penetrare nell’intelletto e nella volontà e trasformare l’esistenza. Viviamo in un mondo dove la povertà non è certo in onore; dove il pianto degli afflitti, la mitezza, la misericordia, la purezza di cuore e cose simili sono ritenute prerogativa degli scemi.
Cristo ha insegnato ad alzare lo sguardo al di là dei limiti del presente. I poveri in spirito oggi possono godere del dono della pace e domani saranno padroni del regno di Dio. Perciò non debbono sentirsi abbandonati e infelici: devono sapere di essere beati. Così gli afflitti, quelli che piangono… Le lacrime non sono lontane da nessuno: il dolore accompagna la vita di ogni uomo. Così ogni uomo può conoscere oggi la beatitudine e la speranza della consolazione che scenderà sul suo cuore tribolato come una carezza della mano di Dio. Piangere è già una beatitudine… Ai suoi poveri, la consolazione Cristo la semina già nell’ora dei singhiozzi, quando il dolore brucia in cima come una candela e l’anima cola in gocce. Il piangere – solo il piangere – ci fa poi misericordiosi, ci fa provare pietà di noi stessi e degli altri; e quando siamo misericordia, finalmente tra Dio e noi non c’è più confine, la nostra acqua si mescola alla sua… E se di Dio vorremo essere chiamati figli, allora arruoliamoci nella schiera dei pacifici: che è una durissima milizia e tutto vuol dire fuor che vivere in pace e disertare la lotta, ma battersi per la madre più minacciata e tremante, la pace (Luigi Santucci).

 

LE BEATITUDINI NELLA VITA DI GESÙ

Quello che Gesù insegnava ai suoi discepoli lo viveva lui per primo.
Egli viveva distaccato da ogni bene materiale e da ogni comodità. Nato povero, visse ancora più povero e morì poverissimo. Le volpi e gli uccelli sono proprietari, lui nullatenente: Le volpi hanno le loro tane e gli uccelli del cielo i loro nidi, ma il Figlio dell’uomo non ha dove posare il capo (Mt 8,20). Lui, il padrone di tutte le cose fa una scelta di povertà e di distacco assoluto. S. Paolo scriveva ai Corinzi: Voi conoscete la grazia del Signore nostro Gesù Cristo: da ricco che era, si è fatto povero per voi, perché voi diventaste ricchi per mezzo della sua povertà (2 Cor 8,9). Gesù è un povero che vuol arricchire spiritualmente gli altri. È felice della sua povertà purché l’umanità possa acquistare più ricchezza d’anima.
Gesù è mite e si attribuisce espressamente questa qualità: Imparate da me che sono mite e umile di cuore (Mt 11,29). Egli non è come gli scribi e i farisei che legano pesanti fardelli e li impongono sulle spalle della gente, ma loro non vogliono muoverli neppure con un dito (Mt 23,4). Presentando il suo messaggio sotto forma di beatitudini, manifesta la sua intenzione di attirare gli uditori alla sua dottrina, piuttosto che opprimerli con prescrizioni da osservare.
Mite e umile di cuore durante la sua vita, conserva la sua dolcezza sulla croce. Oltraggiato non rispondeva con oltraggi e soffrendo non minacciava vendetta, ma rimetteva la sua causa a colui che giudica con giustizia (1Pt 2,23). Implora perdono per i responsabili della sua morte, invocando per essi le circostanze attenuanti: Padre, perdonali, perché non sanno quello che fanno (Lc 23,34).
Sulla croce realizza in modo impressionante la beatitudine degli assetati: Ho sete (Gv 19,28). Egli ha sete fisicamente, ma soprattutto ha sete di maggior giustizia e d’amore nel mondo. Come aveva fame della volontà del Padre (Gv 4,34) così aveva sete di questo regno di grazia che avrebbe trasformato l’umanità. Con la sua fame e la sua sete Gesù ha aperto la via ai nostri buoni desideri, ai desideri di un mondo migliore.
Gesù è puro di cuore. Nel suo cuore non v’è alcuna passione avvilente. La sola passione era di far amare il Padre e di salvare gli uomini.
Aveva una dirittura totale nella condotta, non deviava e non si lasciava fuorviare da alcuna ambizione personale. Viveva nella chiarezza della verità. In lui non è mai penetrata l’ombra della menzogna o la complicità col male. Tuttavia questa rettitudine assoluta non è mai stata durezza, non si è mai tradotta in severità per gli altri.
Gesù è stato misericordioso. Aveva una sincera e profonda pietà per i peccatori: i suoi avversari l’hanno accusato di essere l’amico dei peccatori e di mangiare con loro (Lc 15,2). Egli stesso ci spiega perché questa simpatia per loro era così viva in lui: Il Figlio dell’uomo è venuto a cercare e a salvare ciò che era perduto (Lc 19,10).
Molti episodi del vangelo testimoniano questo amore misericordioso: la samaritana (Gv 4), la donna adultera (Gv 8), la prostituta pentita (Lc 7), il pubblicano Zaccheo (Lc 19)…
Gesù è operatore di pace. Anzi, Egli è la nostra pace (Ef 2,14). Riconciliando gli uomini con Dio, li riconcilia tra loro. Stabilisce la pace nelle relazioni umane. Fornisce il principio di soluzione di tutti i conflitti: l’amore universale, senza limiti, un amore che non si stanca mai di perdonare e che tenta tutte le strade per riconciliare quelli che sono divisi. Nel suo Natale porta la pace agli uomini (Lc 2,14) e la pace sarà nuovamente il dono della sua Pasqua di risurrezione (Gv 20,19-21). Non la pace degli armistizi, dei trattati e dei tira molla della politica, ma la sua pace: Vi lascio la pace, vi do la mia pace. Non come la dà il mondo, io la do a voi. Non sia turbato il vostro cuore e non abbiate timore (Gv 14,27). La pace che egli dona l’ha conquistata con il suo sacrificio sulla croce.
Gesù è stato afflitto e perseguitato. È lui l’uomo dei dolori annunciato da Isaia (Is 52,13-53,12). Tanto si è occupato di alleviare quelli che soffrivano e di guarire i malati e gli infermi, altrettanto ha accolto le sofferenze fisiche e morali che il Padre gli aveva destinato. La vita di Gesù non è mai stata facile: Tutta la vita di Cristo è stata croce e martirio(Imitazione di Cristo. Libro II Cap. XII,7). Fin dal suo nascere e in tutto il corso della sua esistenza terrena è stato cercato a morte e molestato dagli avversari. Trovò la sua gioia nell’eseguire la volontà del Padre, percorrendo la via della sofferenza.
Tutte le beatitudini hanno trovato in Gesù un modello perfetto. La felicità nascosta nella sua vita terrena si è rivelata in modo definitivo nel trionfo della sua risurrezione.
Egli ci ha mostrato così che la felicità della beatitudine comincia nella vita presente e si svilupperà in pienezza nella vita del mondo che verrà.
 

LA FELICITÀ NELLE BEATITUDINI

Dio ha creato l’uomo per la felicità. Le beatitudini, insegnandoci la via della felicità, ci fanno comprendere che essa viene dall’alto, che è un dono di Dio. L’uomo deve aprirsi a questo dono. Se pretende di conquistare da solo la felicità, si chiude al dono divino e si mette nell’impossibilità di essere felice.
Molti partono alla conquista della felicità, cercano di assicurarsi tutti i mezzi che possono procurare gioia e soddisfazione, si costruiscono sogni incantevoli e sopportano spesso pesanti sacrifici per raggiungere la felicità che intravedono. Ma questa felicità indietreggia sempre davanti alla mano che tenta di afferrarla. E finalmente cadono le illusioni, i miraggi scompaiono: chi si credeva sulla via della felicità si ritrova infelice con un pesante fardello di delusioni e di amarezza. Le costruzioni puramente umane della felicità crollano sempre prima o poi.
L’uomo creato per essere felice, non può conquistare la felicità con le proprie forze perché ha in sé un orientamento verso Dio, è fatto su misura per Dio, non può essere felice che raggiungendo e possedendo Dio. È Dio la felicità dell’uomo. Lui solo può colmargli il cuore. Signore, tu ci hai fatti per te, e il nostro cuore non trova riposo finché non riposa in te (s. Agostino. Confessioni I,1).
Dio non attende lo stato celeste per donarsi all’uomo; offre già il suo amore a coloro che vivono in terra e si dona ad essi nella misura in cui si aprono al suo amore e acconsentono liberamente di riceverlo.
La felicità discende da Dio; non vi è altra sorgente. Questa sorgente è sempre zampillante, la felicità è sempre offerta. Tocca all’uomo accoglierla e non rifiutarla.
La felicità è un dono divino ed è molto differente da ciò che avremmo pensato e desiderato noi. Le beatitudini proclamate da Gesù ci presentano condizioni di felicità che non avremmo mai immaginate. Dio è tutt’altro!: I miei pensieri non sono i vostri pensieri, le vostre vie non sono le mie vie, oracolo del Signore. Quanto il cielo sovrasta la terra, tanto le mie vie sovrastano le vostre vie, i miei pensieri sovrastano i vostri pensieri (Is 55,8-9).
Le beatitudini evangeliche promettono la felicità ai poveri e agli umili, a quelli che soffrono e subiscono persecuzioni: sembrano così poco reali!
La carta della felicità che ci offre il mondo e che governa la condotta di molti uomini e donne è molto diversa, esattamente tutto il contrario:
Beati quelli che guadagnano molto denaro.
Beati quelli che possono appagare le loro passioni.
Beati quelli che non hanno sofferenze e a cui tutto riesce nella vita.
Beati quelli che arrivano ad imporsi, a dominare gli altri.
Beati quelli che fanno quello che vogliono senza ammettere altra regola che la propria volontà.
Beati quelli che afferrano il più possibile di tutto quanto esiste nel mondo.
Beati quelli che mietono successi e sono ammirati, quelli che fanno carriera e diventano delle celebrità.
Beati…
Gesù mostra la falsità di queste beatitudini. Egli proclama quelle vere e invita l’umanità a riflettere e a provare.
Non è vero che la ricchezza procura la felicità. Non è vero che l’asservimento alle passioni rende l’uomo felice. Non è vero che la felicità è riservata a chi ha solo soddisfazioni e nessuna sofferenza. Il dolore c’è per tutti; e nel dolore la felicità può esistere solo per coloro che lo sanno orientare verso Dio.
Non è vero che l’orgoglioso, l’egoista e chi cerca di dominare gli altri con l’astuzia o la violenza, trovano in queste cose la felicità che cercano.
Quelli che si lasciano sedurre da false beatitudini hanno un concetto superficiale della felicità: una ubriacatura momentanea che lascia un malessere prolungato.
La felicità che promette Gesù è di un altro genere. È la vera felicità, quella che si radica nel fondo dell’anima. Tra le false beatitudini e quelle vere non vi è solo una differenza nelle vie d’accesso, ma nella stessa natura della felicità.
Il vangelo è una buona notizia che rende felici, ma giustamente questa felicità è offerta a coloro che desiderano Dio e non pongono l’ideale della loro esistenza nelle molteplici gioie terrene.
Le beatitudini sono indirizzate a tutti perché Gesù ha voluto offrire a tutti la felicità, quella vera, quella più alta, quella che il mondo non può intaccare né rapire.
Nella misura in cui gli uomini si aprono alla grazia che è loro data dall’alto possono comprendere il senso delle beatitudini annunciate da Cristo e dedurre conseguenze politiche per la loro vita. I cristiani sono invitati ad ascoltare la parola di Cristo. Potremmo dire che la prima beatitudine consiste nell’ascoltare le beatitudini, per poi viverle realmente:Beati coloro che ascoltano la parola di Dio e la mettono in pratica! (Lc 11,28).
La via della felicità non è espressa solo in queste beatitudini, ma in tutto il vangelo: queste ci forniscono le indicazioni essenziali.
Inoltre non dobbiamo dimenticare che sono enunciate altre beatitudini. Le troviamo in ordine sparso nel vangelo: Beato colui che non si scandalizza di me (Mt 11,6); Beati i vostri occhi perché vedono e i vostri orecchi perché sentono (Mt 13,16); Beato quel servo che il padrone al suo ritorno troverà ad agire così! (Mt 24,46); Quando dài un banchetto, invita poveri, storpi, zoppi, ciechi; e sarai beato perché non hanno da ricambiarti. Riceverai infatti la tua ricompensa alla risurrezione dei giusti (Lc 14,13-14)…
Dopo aver lavato i piedi agli apostoli e averne spiegato il significato, Gesù aggiunge: Sapendo queste cose, sarete beati se le metterete in pratica (Gv 13,17).
Ha proclamato beati quelli che, pur non avendo visto, avrebbero creduto (Gv 20,29).
Maria, sua madre, è beata perché ha creduto (Lc 1,45), perché ha ascoltato la parola di Dio, e l’ha messa in pratica (Lc 11,27-28).
Vi è ancora una beatitudine pronunciata da Gesù, ma che non si trova tale e quale nei testi evangelici. Ce l’ha conservata il libro degli Atti degli apostoli in un discorso di Paolo:In tutte le maniere vi ho dimostrato che lavorando così si devono soccorrere i deboli, ricordandoci delle parole del Signore Gesù, che disse: “Vi è più gioia nel dare che nel ricevere!” (At 20,35).
La beatitudine è veramente la caratteristica di tutto l’insegnamento di Gesù, che incoraggia gli uditori al dono di se stessi. Colui che dà gratuitamente, prova una gioia profonda e impagabile, più che se donasse assicurandosi un contraccambio.
Le beatitudini proclamate da Gesù sono reali: la felicità che esse promettono non è lontana; si realizza immediatamente, in ogni situazione in cui si verificano le condizioni stabilite dal Maestro.

 

 

 

BEATI I POVERI

Nella Bibbia vengono chiamati poveri non solamente quelli che si trovano in una precaria situazione economica e sociale, ma anche quelli che rivelano uno speciale atteggiamento religioso in rapporto a Dio e al prossimo. Il discorso della povertà, nella Bibbia, è in stretto rapporto con le condizioni economiche e politiche del popolo d’Israele ed è condizionato dalla credenza, o meno, nella ricompensa ultraterrena che non sempre è stata avvertita nell’AT.
All’epoca dei patriarchi, nel periodo monarchico e, dopo l’esilio, in alcuni circoli sapienziali i beni di questo mondo, in quanto creati da Dio, venivano considerati come supremo valore della vita umana.
Ignorando la retribuzione ultraterrena, i giusti dovevano ricevere la ricompensa delle loro virtù su questa terra. La vita felice consisteva nel godimento dei beni della terra, identificati nella numerosa figliolanza, nell’abbondanza dei greggi e dei prodotti agricoli e nella celebrità popolare.
In quest’ordine di idee, la povertà appare come uno scandalo, giacché essa mette in questione la virtù di colui che è privo di beni. Se la ricchezza è la normale ricompensa della pietà e della fedeltà a Dio, la povertà è una giusta punizione dell’infedeltà verso Dio, cioè del peccato.
Esiste la povertà, o meglio, la miseria dovuta all’empietà, all’incuria personale e all’indolenza: La mano pigra fa impoverire, la mano operosa arricchisce (Pr 10,4); L’ubriacone e il ghiottone impoveriranno e il dormiglione si vestirà di stracci (Pr 23,21). Ma vi sono poveri che sono tali senza loro colpa, per il fatto che sono vittime dell’ingiustizia degli uomini e di un iniquo ordinamento sociale.
Quando le tribù d’Israele divennero sedentarie in Palestina e furono coinvolte nella civiltà urbana, soprattutto al tempo della monarchia, si accentuarono tra i membri dello stesso popolo le disuguaglianze sociali; fu instaurato il sistema del latifondo ed apparve il proletariato rurale; i piccoli dovevano sostenere le spese del lusso e del prestigio del re, mentre ministri, funzionari, commercianti e grandi proprietari accumulavano ingenti fortune.
La legislazione d’Israele cercò di provvedere agli inconvenienti della povertà mediante l’anno della remissione in favore dei debitori e a vantaggio degli schiavi ebrei, la proibizione del prestito ad interesse e l’insistenza relativa al pagamento quotidiano degli operai.
Leggiamo nel libro del Deuteronomio: Dài generosamente al tuo fratello bisognoso e, quando gli darai, il tuo cuore non si rattristi; perché proprio per questo il Signore Dio tuo ti benedirà in ogni lavoro e in ogni cosa a cui avrai messo mano. Poiché i bisognosi non mancheranno mai nel paese; perciò io ti do questo comando e ti dico: Apri generosamente la mano al tuo fratello povero e bisognoso nel tuo paese (Dt 15,10-11).
I profeti si fecero difensori della giustizia sociale lanciando invettive contro i ricchi del loro tempo e difendendo i miseri e i deboli. Denunciando ogni forma di oppressione: il commercio fraudolento, l’accaparramento delle terre, la giustizia venale, la violenza dei capi. Dio ha orrore dei sacrifici e delle offerte dei ricchi le cui mani grondano sangue sottratto ai poveri (Am 2,6-8; Is 1,15-17; Ger 5,28); la vera religione consiste nel rendere giustizia ai poveri e agli afflitti, perché Dio sta dalla loro parte.
In questo contesto si sviluppa il significato spirituale e religioso della povertà. Il povero, privo di beni di questo mondo e spesso indifeso, è cosciente della propria insufficienza ed è portato a porre la sua fiducia in Dio, attendendo da lui la salvezza. La povertà diventa perciò un atteggiamento religioso di fronte a Dio, caratterizzato da sentimenti di fede, di umiltà e di fiducia. Il ricco invece, che confida nei beni terreni ed è cosciente della sua autosufficienza, è portato all’arroganza e all’orgoglio, e perciò alla dimenticanza di Dio, al peccato, all’oppressione dei miseri e all’empietà.
Dopo l’esilio si sviluppa nel popolo ebraico la corrente religiosa degli anawim, cioè dei poveri del Signore, la cui caratteristica è l’umiltà e la fiducia in Dio. Il libro dei salmi è tutto impregnato della pietà dei poveri del Signore.
La vita e l’insegnamento di Gesù si collocano sulla scia della mistica della povertà materiale e spirituale dell’AT e la portano alla perfezione.
La povertà di Gesù non significa mancanza del necessario: egli esercita un mestiere remunerato, il suo gruppo è sostenuto dai sussidi di amici, principalmente dalle donne facoltose della Galilea (Lc 8,3).
Gesù possedeva un abbigliamento più che decoroso (Gv 19,23). Tuttavia egli visse in modo modesto e durante la sua missione apostolica non aveva un luogo stabile dove posare il capo (Mt 8,20). Gesù si circondò di gente umile, di pescatori e di gabellieri; si prese cura dei poveri, dei malati, dei peccatori, dei mendicanti e delle vedove; predicò il vangelo ai poveri, praticò l’elemosina (Gv 13,29), raccomandandola ai suoi discepoli (Lc 11,41). Insegnò a vedere nei poveri l’immagine della sua presenza. L’ultimo giudizio sull’uomo avrà come criterio fondamentale il comportamento avuto nel riguardo dei miseri e dei bisognosi (Mt 25,31-46).
Entrando in Gerusalemme seduto sopra un asino, Gesù mostrò di essere il messia povero e umile, quello annunciato nell’AT; recitando il salmo 22 sulla croce Gesù fece sue le angosce e le speranze del salmista povero, che si abbandona completamente nelle mani del Padre.
La povertà di Gesù equivale a libertà (Mt 8,20), mitezza e umiltà di cuore (Mt 11,29), disponibilità alla volontà del Padre fino all’accettazione cosciente della sofferenza e della morte in croce.
Gesù risveglia nei suoi discepoli lo sforzo di eliminare la sofferenza e l’indigenza attraverso la pratica della giustizia sociale, la distribuzione della ricchezza e l’aiuto tangibile ai meno abbienti.
Gesù insegnò che la ricchezza e gli agi costituiscono un grave pericolo per l’uomo che vuol rispondere alla chiamata di Dio; la ricchezza infatti rischia di ingombrare o bloccare l’uomo nel cammino verso il regno di Dio. Gesù non condanna la ricchezza in se stessa; egli ha avuto degli amici anche tra le persone agiate, come le donne che lo assistevano con i loro beni (Lc 8,2-4), Zaccheo, Levi e tutti coloro che lo invitavano a pranzo. Gesù ha goduto dei beni della terra (Mt 9,10-13; Gv 2,1-11), tanto che il suo comportamento fu contrapposto a quello ascetico di Giovanni Battista (Mt 11,18-19).
Gesù condanna la ricchezza quando essa impedisce l’apertura dell’animo umano verso Dio. La povertà rende l’uomo distaccato dai legami della terra e disponibile a Dio.
In questo ordine di idee si comprende la beatitudine della povertà annunciata da Cristo. Essa occupa il primo posto tra le beatitudini: Beati i poveri in spirito perché di essi è il regno dei cieli (Mt 5,3). I poveri in spirito sono coloro che, interiormente distaccati dai beni della terra, sono convinti della propria insufficienza e del bisogno di Dio e di conseguenza si aprono fiduciosi a lui. Ad essi Gesù promette la ricchezza più preziosa: il regno di Dio.
Gesù propone una grandissima valorizzazione della povertà materiale e spirituale nel contesto del regno di Dio.
Le prime comunità cristiane si sono sforzate di vivere l’ideale della povertà mediante il distacco dai beni di questo mondo, l’accentuazione dello spirito comunitario e l’organizzazione dell’aiuto ai poveri.
La povertà evangelica trova il suo più alto valore nel dono di se stesso che il cristiano fa a Dio e ai fratelli attraverso l’elargizione dei suoi beni e il dono della sua persona. La povertà cristiana è perciò un lievito di fraternità nel mondo: in una parola, essa è una condizione per amare Dio e i fratelli.

 

 

BEATI GLI AFFLITTI

Il dolore in tutte le sue manifestazioni costituisce uno dei problemi maggiori che hanno angosciato e angosciano gli uomini. Ad esso cercano di dare una spiegazione le filosofie e le religioni. Nella Bibbia la sofferenza viene trattata in modo serio e ampio. L’AT ci offre delle soluzioni parziali di questo enigma umano, mentre il NT propone la trasfigurazione del dolore in unione vitale e feconda con la passione redentrice di Cristo.
L’oppressione degli uomini, le guerre, l’esilio, le sventure e i tormenti non dovrebbero esistere, perché l’uomo porta in sé un desiderio incoercibile di benessere, di libertà, di pace e di salute.
In realtà però in ogni tempo e in ogni condizione di vita, l’uomo è colpito da molte tribolazioni. Giobbe confessa che l’uomo nato da donna ha una vita corta e tormenti a sazietà (Gb 14,1). Le cause delle sofferenze sono le più disparate: le malattie, la vecchiaia e la morte sono dei fenomeni connessi con la natura fragile e limitata dell’uomo. Molte sventure sono procurate all’uomo dalle potenze del male. Altre volte la causa dei dolori e delle ingiustizie è la libera decisione dell’uomo che si oppone alla volontà di Dio, cioè il peccato. È al peccato di Adamo e di Eva che la Genesi fa rimontare la condizione miserabile dell’uomo soggetto alla violenza e alla morte.
Tuttavia esiste una fascia di dolore e di sventura che non dipende dalla responsabilità dell’uomo; la morte colpisce all’improvviso nelle più svariate circostanze, senza guardare in faccia a nessuno, buono o cattivo, giovane, vecchio o bambino; le sofferenze degli innocenti restano inspiegabili. Però nessuno degli agenti che direttamente sono la causa del dolore sono sottratti alla potenza e alla provvidenza di Dio. Leggiamo queste parole di Dio nel profeta Isaia: Io formo la luce e creo le tenebre, faccio il bene e provoco la sciagura, io, il Signore, compio tutto questo (Is 45,7). E il profeta Amos afferma con audacia: Avviene forse nella città una sventura che non sia causata dal Signore? (Am 3,6). I profeti, i sapienti e i salmisti d’Israele si sono premurati di trovare una risposta al problema del dolore entrando progressivamente nel mistero della sua presenza nel mondo e nella vita degli uomini. Per i sapienti la sofferenza è necessariamente connessa con i limiti della natura umana: ci si deve rassegnare a vivere all’ombra di una minaccia che è sempre incombente (Pr 31,6-7; Qo 9,7; Sir 31,21-23). Il dolore può diventare un fattore positivo nelle mani di Dio, che lo usa come strumento della sua giustizia.
I profeti scoprono nella sofferenza un valore purificante, simile a quello del fuoco che libera il metallo dalle scorie. Sta scritto nel libro del Qoèlet: Accetta quanto ti capita, sii paziente tra le tue vicende dolorose, perché nel fuoco si prova l’oro, e gli uomini graditi nel crogiuolo del dolore (Qo 2,4-6).
In altri passi biblici la sofferenza viene considerata come una correzione paterna inviata da Dio; essa ha un potente valore educativo, perché è la correzione del migliore dei padri. La sofferenza appare come una manifestazione della benevolenza divina verso coloro che il Signore ama. Leggiamo nel libro dei proverbi: Non disprezzare, figlio mio, la disciplina del Signore, e non ti infastidire per la sua correzione, perché il Signore corregge colui che ama, come fa il padre con il figlio prediletto (Pr 3,11-12).
Il dolore è una prova di amore da parte di Dio ed è un mezzo di salvezza per l’uomo. Il libro della Sapienza assicura a coloro che soffrono una vita felice dopo la morte: Per una breve pena riceveranno grandi benefici, perché Dio li ha provati, e li ha trovati degni di sé; li ha saggiati come oro nel crogiuolo e li ha graditi come un olocausto. Nel giorno del loro giudizio risplenderanno; come scintille nella stoppia correranno qua e là (Sap 3,5-7).
Nel quarto carme del servo di Jahvè leggiamo: Al Signore è piaciuto prostrarlo con il dolore; poiché offriva se stesso in espiazione, vedrà una discendenza longeva; la volontà del Signore si effettuerà per mezzo suo (Is 53,10).
Gesù fu sensibile alla sofferenza umana, dimostrò compassione e tenerezza verso i malati, i sofferenti e i bisognosi. Molti dei suoi miracoli furono compiuti per liberare gli uomini dalle sofferenze e dalla malattia. Leggiamo nel vangelo secondo Matteo: Gesù percorreva tutte le città e i villaggi insegnando e curando ogni malattia e infermità. E vedendo le folle ne sentì compassione perché erano stanche e abbattute come pecore senza pastore (Mt 9,35-36). Anche ai discepoli inviati in missione temporanea nei villaggi della Palestina, Gesù diede il potere di guarire le infermità. In questo modo Gesù mostrò che il regno di Dio nella sua completa realizzazione esclude ogni dolore e sofferenza umana.
Però Gesù non solo ha lenito le sofferenze umane, ma ha voluto lui stesso provare il dolore fino all’estreme conseguenze. Nell’imminenza della sua passione Gesù è turbato e prova un’angoscia mortale; nel Getsemani la tristezza e lo scoramento lo assalgono in maniera intensissima; è tradito da un amico (Mt 26,49-50), è abbandonato dagli apostoli (Mt 26,56), è rinnegato da Pietro (Lc 22,54-62), oltraggiato dalla folla, dai soldati e dai sommi sacerdoti. Ma proprio attraverso la passione e la morte accettate liberamente e pazientemente, Gesù dà la suprema testimonianza della sua obbedienza al Padre e dell’amore infinito per gli uomini peccatori. Per mezzo della sofferenza e della croce si compie il mistero della liberazione degli uomini, che mediante la fede in Cristo crocifisso e risorto hanno nuovamente accesso al Padre che è nei cieli. Nel disegno di Dio esiste un nesso inscindibile tra dolore e amore, tra sofferenza e glorificazione, tra umiliazione e esaltazione. Il dolore umano, quando diventa manifestazione di amore e di obbedienza, subisce un processo trasfigurante profondo ed impegnativo.
In questo contesto si può comprendere la beatitudine dell’afflizione: Beati gli afflitti perché saranno consolati (Mt 5,4). Accettata in unione con Cristo crocifisso, la sofferenza diventa sopportabile e dolce perché Cristo stesso diventa il nostro conforto e la nostra consolazione.
Il credente è chiamato a portare ogni giorno la sua croce e a seguire Gesù. Secondo la dottrina dell’apostolo Paolo, le sofferenze e le tribolazioni della vita presente sono un dono, una grazia divina, perché assimilano il credente a Cristo stesso e lo inondano della gioia della vittoria che proviene dalla risurrezione di Gesù. La sofferenza, sopportata con amore, prepara una gloria eterna senza limiti, che supera ogni attesa e ogni intendimento umano: se soffriamo con Cristo, regneremo con lui.
Secondo la concezione cristiana, il dolore, in tutta la sua naturale crudeltà e amarezza, può diventare con la grazia del Signore un poderoso strumento d’amore, di grazia e di apostolato; può divenire sorgente di vita e di gioia. San Paolo scrive ai Colossesi: Sono lieto delle sofferenze che sopporto per voi e completo nella mia carne quello che manca ai patimenti di Cristo, a favore del suo corpo che è la Chiesa (Col 1,24). E l’apostolo Pietro: Carissimi, non siate sorpresi per l’incendio di persecuzione che si è acceso in mezzo a voi per provarvi, come se vi accadesse qualcosa di strano. Ma nella misura in cui partecipate alle sofferenze di Cristo, rallegratevi perché anche nella rivelazione della sua gloria possiate rallegrarvi ed esultare. Beati voi, se venite insultati per il nome di Cristo, perché lo Spirito della gloria e lo Spirito di Dio riposa su di voi… Se uno soffre come cristiano, non ne arrossisca; glorifichi anzi Dio per questo nome… Quelli che soffrono secondo il volere di Dio, si mettano nelle mani del loro Creatore fedele e continuino a fare il bene (1Pt 4,12-19).

 

 

BEATI I MITI

La mitezza secondo la Bibbia non è debolezza d’animo, mollezza di carattere, remissività nell’affrontare gli eventi della vita; essa è invece una tranquillità d’animo, che è frutto della carità e che si manifesta esteriormente in un atteggiamento di totale benevolenza verso gli uomini e di coraggiosa sopportazione di persone o di eventi spiacevoli. Il termine ebraico che indica la mitezza significa anche povertà. Perciò la mitezza include un atteggiamento di povertà spirituale, di pazienza, dolcezza e fiducia in Dio, che esclude la collera, la stizza e l’irritazione.
L’AT celebra con molto fervore la mitezza di Dio che è più incline al perdono che al castigo; anche quando punisce, Dio agisce con moderazione. I salmi soprattutto mettono in rilievo l’immensa bontà di Dio.
Quanto è grande la tua bontà, Signore! La riservi per coloro che ti temono, ne ricolmi chi in te si rifugia davanti agli occhi di tutti (Sal 31,20); Tu sei buono, Signore, e perdoni, sei pieno di misericordia con chi ti invoca (Sal 86,5).
Dio governa l’universo con soavità e tutti gli uomini sono invitati a gustare la sua divina clemenza: Gustate e vedete quanto è buono il Signore; beato l’uomo che in lui si rifugia(Sal 34,9).
Le parole del Signore, cioè la legge mosaica, sono dolci al palato dei fedeli: I giudizi del Signore sono tutti fedeli e giusti, più preziosi dell’oro, di molto oro fino, più dolci del miele e di un favo stillante (Sal 19,10-11).
Anche la sapienza che viene dall’alto possiede la qualità della dolcezza: Mangia, figlio mio, il miele, perché è buono e dolce sarà il favo al tuo palato. Sappi che tale è la sapienza per te (Pr 24,13-14).
Gli uomini pii dell’AT si distinguono per la loro mansuetudine. Di fronte alla prosperità dei malvagi le anime pie rischiano di accalorarsi, di eccitarsi e di rivoltarsi contro Dio. Il salmo 37 invece ci insegna: Non adirarti contro gli empi, non invidiare i malfattori… Sta’ in silenzio davanti al Signore e spera in lui; non irritarti per chi ha successo, per l’uomo che trama insidie. Desisti dall’ira e deponi lo sdegno, non irritarti; faresti del male, poiché i malvagi saranno sterminati, ma chi spera nel Signore possederà la terra… I miti possederanno la terra e godranno di una grande pace.
Secondo il salmista, i miti sono coloro che non si scandalizzano del benessere dei peccatori e sperano in Dio stando in silenzio davanti a lui. I miti che evitano il male e operano il bene osservando le leggi del Signore, sono chiamati giusti e perfetti.
Come splendido modello di dolcezza nell’AT è presentato Mosè. Nel libro dei Numeri si legge: Mosè era molto più mansueto di ogni uomo che è sulla terra (Nm 12,3). Questo testo allude al fatto che Aronne e Maria, rispettivamente fratello e sorella di Mosè, conducevano una campagna denigratoria contro il fratello per scalzarne l’autorità. Di fronte a queste manovre Mosè rinunciò a difendersi e rimise la sua causa nelle mani del Signore. Allora il Signore intervenne. Convocati i colpevoli presso la tenda del convegno, Dio colpì Maria con la lebbra. Mosè non si vendicò, ma pregò il Signore perché risparmiasse il castigo alla sorella. La mitezza di Mosè è contrassegnata da una profonda fiducia di Dio, da una calma sopportazione dell’offesa e dal perdono completo che lo spinge a intervenire in favore della sorella punita.
Il futuro Messia, il Cristo, si distinguerà per la sua mansuetudine.
Leggiamo nel libro del profeta Zaccaria: Esulta grandemente, o figlia di Sion, giubila, figlia di Gerusalemme! Ecco a te viene il tuo re. Egli è giusto e vittorioso, umile, cavalca un asino, un puledro figlio di asina. Farà sparire i carri da Efraim e i cavalli da Gerusalemme, l’arco di guerra sarà spezzato, annunzierà la pace alle genti, il suo dominio sarà da mare a mare e dal fiume ai confini della terra (Zc 9,9-10). E nel libro del profeta Isaia si dice del futuro Messia: Non griderà né alzerà il tono, non farà udire in piazza la sua voce, non spezzerà una canna incrinata, non spegnerà uno stoppino dalla fiamma smorta (Is 42,2-3).
Nell’AT la mitezza è presentata come il distintivo della persona veramente religiosa in opposizione all’atteggiamento del superbo e dell’arrogante, che confidando in se stesso e nei mezzi umani, diffida di Dio e opprime i deboli e gli indifesi. Il mite dipende totalmente da Dio, è spiritualmente povero e perciò benigno verso gli uomini, specialmente verso i più deboli. I miti sono gli uomini che piacciono a Dio, come leggiamo nel libro del profeta Isaia: Così dice il Signore:… Su chi volgerò lo sguardo? Sull’umile e su chi ha lo spirito contrito e su chi teme la mia parola (Is 66,1-2).
La suprema manifestazione della mitezza ci è stata data nel NT da Gesù: in lui si sono manifestati la bontà di Dio, nostro salvatore, e il suo amore per gli uomini (Tt 3,4). Gesù compì la missione ricevuta dal Padre nella debolezza e nell’umiltà. Ciò non significa che egli fosse apatico e indifferente all’ipocrisia, alla durezza di cuore, agli scandali e alle profanazioni religiose e morali.
Gesù scacciò i trafficanti del tempio con zelo risoluto, si rattristò per la cecità e la durezza di cuore dei suoi avversari e rivolse loro parole severe. Ma pur smascherando la malvagità degli uomini, Gesù fu sempre il maestro mite e buono. Lui stesso presentò come sua caratteristica la mitezza e l’umiltà di cuore: Imparate da me, che sono mite e umile di cuore (Mt 11,29).
Matteo ama sottolineare la discrezione e la bontà di Gesù anche in altre circostanze. Ne citiamo una. Nel trionfale ingresso di Gesù a Gerusalemme prima della sua passione, tutti gli evangelisti citano la profezia di Zaccaria: Gesù non avanza su un cavallo che è animale da guerra, ma su un asino, che simboleggia la non violenza, l’umiltà e la dolcezza.
Sullo sfondo dell’AT e dell’esempio di Gesù si può comprendere il profondo significato della beatitudine: Beati i miti, perché possederanno la terra, cioè godranno l’eredità promessa da Dio, la beatitudine celeste nel suo regno.
I seguaci di Gesù sono invitati a imitare la mansuetudine e dolcezza del loro maestro. L’apostolo Paolo scrive ai Colossesi: Rivestitevi dunque, come amati da Dio, santi e diletti, di sentimenti di misericordia, di bontà, di umiltà, di mansuetudine, di pazienza; sopportandovi a vicenda e perdonandovi scambievolmente, se qualcuno abbia di che lamentarsi nei riguardi degli altri. Come il Signore vi ha perdonato, così fate anche voi (Col 3,12-13). E nella lettera agli Efesini scrive: Vi esorto… a comportarvi in maniera degna della vocazione che avete ricevuto, con ogni umiltà, mansuetudine e pazienza, sopportandovi a vicenda con amore, cercando di conservare l’unità dello spirito per mezzo del vincolo della pace (Ef 4,1-3).
L’invito alla mitezza ci viene anche dalla prima lettera di Pietro: Siate tutti concordi, partecipi delle gioie e dei dolori degli altri, animati da affetto fraterno, misericordiosi, umili; non rendete male per male, né ingiuria per ingiuria, ma, al contrario rispondete benedicendo; poiché a questo siete stati chiamati per avere in eredità la benedizione (1Pt 3,8-9).
Le grandi promesse di Dio sono fatte ai miti: quelli che ora sono umili e indulgenti, alla fine saranno i reggitori del mondo.

 

 

BEATI GLI AFFAMATI E GLI ASSETATI DI GIUSTIZIA

Nel vangelo di Matteo il termine giustizia designa una condotta conforme alla volontà di Dio, in altre parole la santità, la perfezione cristiana. Vengono proclamati beati coloro che hanno un vivissimo desiderio della santità: Beati quelli che hanno fame e sete di giustizia perché saranno saziati. Gesù ha detto: Se la vostra giustizia (= santità) non supererà quella degli scribi e dei farisei, non entrerete nel regno dei cieli (Mt 5,20). La norma suprema della morale cristiana è la perfezione stessa del Padre: Siate voi dunque perfetti come è perfetto il Padre vostro celeste (Mt 5,48).
Gli atti esterni, senza l’adesione del cuore, non sono sufficienti, perché la giustizia ha valore solamente se compiuta con lo scopo di piacere a Dio e solamente a lui.
Il termine giustizia è molto usato sia nell’AT che nel NT. Il termine può indicare sia un attributo di Dio che un atteggiamento dell’uomo.
Dio si manifesta giusto quando opera con misericordia e realizza le sue promesse di salvezza.
La giustizia divina è un attributo per cui Dio agisce con bontà e misericordia verso gli uomini peccatori, concedendo loro il perdono e la grazia che li trasforma in figli di Dio ed eredi della beatitudine celeste e ciò in virtù dei meriti di Cristo.
Un altro aspetto della giustizia biblica è quello che si riferisce ai rapporti vicendevoli tra gli uomini. Nell’AT durante l’epoca monarchica apparvero nella società d’Israele le disuguaglianze sociali, cioè le differenze tra ricchi e poveri, tra violenti e oppressi, tra padroni e schiavi. Questa situazione di ingiustizia fu sentita in Israele come una rottura dell’originario ordine voluto da Dio, come un contrasto col dono che il Signore aveva fatto al popolo, liberandolo dalla schiavitù dell’Egitto per condurlo in un paese prospero e stabilire con lui l’alleanza. I profeti denunciarono con molto vigore la cupidità dei re, l’ingiustizia dei giudici, l’oppressione dei miseri, il lusso dei ricchi (Am 5,7; 6,12; Is 5,7.23; Ger 22,13.15). Le feste religiose e i riti di culto diventano un’abominazione per il Signore, se non sono in rapporto con la pratica della giustizia e del diritto, cioè dell’onestà, della rettitudine, dell’osservanza del giusto ordine sociale.
Il futuro messia è preannunciato come un principe integro, che amministra la giustizia in favore dei miseri e dei non abbienti (Is 9,6; Ger 23,5; Sal 72,1-3).
Al centro della dottrina morale del NT si trova il precetto dell’amore del prossimo, che presuppone l’esercizio della giustizia in rapporto con Dio e con i fratelli. Nella comunità cristiana viene proclamata la totale uguaglianza dei credenti in Cristo, per cui non ha più senso la distinzione tra ricco e povero, tra libero e schiavo.
La giustizia nella sacra scrittura designa dunque l’amoroso atteggiamento di Dio verso gli uomini e l’appropriato atteggiamento degli uomini verso Dio e verso i propri fratelli.

BEATI I MISERICORDIOSI

Uno degli attributi relativi a Dio più frequentemente ricorrenti nella Bibbia, è quello di misericordioso, cioè disposto al perdono, alla comprensione, a riprendere sempre di nuovo il suo dialogo d’amore con l’uomo.
Dio si rivela a Mosè sul monte Sinai, proclamando: Il Signore, il Signore, Dio misericordioso e pietoso, lento all’ira e ricco di grazia e di fedeltà, che conserva il suo favore per mille generazioni, che perdona la colpa, la trasgressione e il peccato, ma non lascia senza punizione, che castiga la colpa dei padri nei figli e nei figli dei figli fino alla terza e alla quarta generazione (Es 34,6-7). Pur non rinunciando al suo diritto di giudizio e di punizione per gli uomini che non ricambiano il suo amore, la sua misericordia è infinitamente più grande: essa si estende fino a mille generazioni mentre la sua collera arriva alla terza e, al massimo, alla quarta generazione.
Moltissimi salmi esaltano la bontà misericordiosa di Dio. Citiamo solamente il bellissimo salmo 103: Buono e pietoso è il Signore, lento all’ira e grande nell’amore. Egli non continua a contestare e non conserva per sempre il suo sdegno. Non ci tratta secondo i nostri peccati, non ci ripaga secondo le nostre colpe. Come il cielo è alto sulla terra, così è grande la sua misericordia su quanti lo temono; come dista l’oriente dall’occidente, così allontana da noi le nostre colpe. Come un padre ha pietà dei suoi figli, così il Signore ha pietà di quanti lo temono. Perché egli sa di che siamo plasmati, ricorda che noi siamo polvere (Sal 103,8-14).
La storia del popolo d’Israele è la manifestazione della misericordia di Dio lungo i secoli.
Ora, la cosa interessante è che Gesù nella beatitudine della misericordia, esige da noi che abbiamo la stessa capacità di amare, di perdonare e di aiutare tutti quelli che si trovano in necessità, come fa Dio. Anzi, c’è di più: subordina addirittura la concessione della misericordia da parte di Dio alla misericordia che noi sapremo donare agli altri:Beati i misericordiosi perché troveranno misericordia.
Ma l’uomo come può esercitare la misericordia verso gli altri?
Per trovare delle indicazioni concrete sul modo di esercitare la misericordia verso gli altri basta continuare la lettura del discorso della montagna.
Una prima indicazione ci viene da quella esigenza di giustizia superiore a quella degli scribi e dei farisei e che consiste nella legge dell’amore senza nessuna barriera né di persone né di situazioni.
Un’altra indicazione è quella della riconciliazione con il fratello, che avesse qualcosa contro di noi: riconciliazione che dobbiamo realizzare prima di andare a compiere la nostra offerta all’altare (Mt 5,23-24). Un’ulteriore indicazione ci è data soprattutto nel dovere di amare i nemici come Dio li ama: Avete inteso che fu detto: Amerai il prossimo tuo e odierai il tuo nemico; ma io vi dico: amate i vostri nemici e pregate per i vostri persecutori, perché siate figli del Padre vostro celeste, che fa sorgere il suo sole sopra i malvagi e sopra i buoni, e fa piovere sopra i giusti e sopra gli ingiusti… Siate voi dunque perfetti come è perfetto il Padre vostro celeste (Mt 5,43-48).
Dio è misericordioso non perché è indifferente al bene o al male, ma perché sa compatire chi fa il male e attende con pazienza che si converta. Proprio per questo Gesù ci insegna subito dopo a pregare così: Padre nostro… rimetti a noi i nostri debiti, come noi li rimettiamo ai nostri debitori (Mt 6,9-12). Dio diventa così il modello e la misura della nostra misericordia.
Non è facile per nessuno essere misericordioso, non è facile per nessuno perdonare chi ci ha offeso, chi ci ha fatto dei torti, chi ci ha ucciso barbaramente genitori o figli: perciò abbiamo bisogno di chiedere nella preghiera al Padre misericordioso la forza di fare misericordia.
Cristo, morendo sulla croce, ha dato l’esempio più grande del perdono radicale ai suoi crocifissori: Padre, perdona loro perché non sanno quello che fanno (Lc 23,34).
La misericordia, però, si manifesta in casi anche più ordinari e frequenti che non quello del perdono dei nemici o dei grandi gesti eccezionali. È la normale convivenza con gli altri che esige capacità d’amore, di benevolenza, di donazione, di comprensione, di sacrificio. Basterebbe pensare alla tentazione costante in cui ci troviamo di giudicare il prossimo, sostituendoci alla sua coscienza per interpretare, a nostra misura, intenzioni segrete, fini, progetti, calcoli, ecc., e tutto in luce negativa e di condanna senza appello.
È proprio questa cattiveria del nostro spirito, che ci rende impietosi verso gli altri, che Gesù intende condannare quando ci dice: Non giudicate, per non essere giudicati; perché col giudizio con cui giudicate sarete giudicati, e con la misura con la quale misurate sarete misurati. Perché osservi la pagliuzza nell’occhio del tuo fratello, mentre non ti accorgi della trave che hai nel tuo occhio? O come potrai dire al tuo fratello: permetti che tolga la pagliuzza dal tuo occhio, mentre nell’occhio tuo c’è la trave? Ipocrita, togli prima la trave dal tuo occhio e poi ci vedrai bene per togliere la pagliuzza nell’occhio del tuo fratello (Mt 7,1-5).
Dio si arrende a noi, si adegua alla nostra capacità di amare e di perdonare. Perciò ogni nostro gesto di benevolenza più che agli altri è fatto a noi, perché fa ricadere su di noi la benevolenza del Padre: è facendo misericordia che ci meritiamo misericordia!
Eloquente in questo senso è la grandiosa descrizione del giudizio finale (Mt 25,31-46) in cui il concetto di misericordia viene allargato a tutte le situazioni di bisogno materiale e spirituale in cui venga a trovarsi il nostro prossimo.
Si può dire che il cristiano è costantemente posto nella situazione di dover fare opere di misericordia, nelle quali già ora incontra Cristo che gli ricambia amore e benevolenza.
Anche nel più piccolo dei fratelli è presente misteriosamente Cristo che continua ad aver fame negli affamati e a soffrire in tutti quelli che soffrono. Cristo lo incontriamo ad ogni passo, ad ogni uscio. La beatitudine sta precisamente nell’accoglierlo e nel fargli misericordia. Solo così anche noi otterremo misericordia perché anche noi ci troveremo sicuramente, almeno in alcuni momenti, ad essere nella schiera dei più piccoli tra i fratelli di Cristo; affamati, assetati, bisognosi di qualcosa, ammalati, soli, tanto soli. Se avremo visto il segno di Cristo nei bisognosi, gli altri sapranno vederlo anche in noi: la misericordia che avremo fatta ritornerà, moltiplicata, sopra di noi.
Beati i misericordiosi perché otterranno misericordia: fra le beatitudini è la più consolante e quella di cui abbiamo maggiormente bisogno. Però è anche la più faticosa perché esige forza d’animo, spirito di amore, di donazione e di perdono, e il coraggio di farsi carico di tutte le pene, le sofferenze, le umiliazioni dei fratelli, per portarle insieme con loro.
È la beatitudine che ci inonda continuamente dell’amore buono e misericordioso di Dio, ma che non ci permette alcun momento di egoismo, di pigrizia e di disimpegno.

BEATI I PURI DI CUORE

È da escludere l’interpretazione più corrente che identifica la purezza di cuore con la castità o, anche con il retto uso della sessualità: tutto questo può anche rientrare nella beatitudine dei puri di cuore, a condizione però di partire da altre e più larghe premesse, che riguardano tutto l’uomo nella sua interiorità e anche nella sua esteriorità.
Chi sono dunque i puri di cuore di cui parla il vangelo secondo Matteo?
Gli studiosi sono d’accordo nel far risalire al salmo 24 l’espressione che stiamo commentando: Chi salirà il monte del Signore, chi starà nel suo luogo santo? Chi ha mani innocenti e cuore puro, chi non pronunzia menzogna, chi non giura a danno del suo prossimo. Otterrà benedizione dal Signore, giustizia da Dio sua salvezza. Ecco la generazione che lo cerca, che cerca il tuo volto, Dio di Giacobbe (Sal 24,3-6).
La purezza di cui si parla qui è quella interiore che raggiunge in profondità le intenzioni delle nostre azioni e le fanno essere conformi alla volontà di Dio: la purezza di cuore è la santità autentica. Il cuore puro, innocente, non solo è libero dalla colpa, ma anche dal fascino sempre ritornante della tentazione. E questo può esserci dato come dono solamente da Dio. Infatti il salmista prega così: Crea in me, o Dio, un cuore puro, rinnova in me uno spirito saldo (Sal 51,12).
Nella Bibbia, il cuore è il centro della vita interiore, dove trovano sede e origine tutte le forze e le funzioni psichiche e spirituali. Il cuore è soprattutto il vero centro dell’uomo, a cui Dio si volge; qui è la radice della vita religiosa, che determina l’atteggiamento morale. È il cuore che rende puro o impuro tutto l’uomo.
Leggiamo nel vangelo secondo Matteo queste parole di Gesù: Ciò che esce dalla bocca proviene dal cuore. Questo rende immondo l’uomo. Dal cuore, infatti, provengono i propositi malvagi, gli omicidi, gli adulteri, le prostituzioni, i furti, le false testimonianze, le bestemmie. Queste sono le cose che rendono immondo l’uomo (Mt 15,18-20). San Paolo scrive al vescovo Tito: Tutto è puro per i puri; ma per i contaminati e gli infedeli nulla è puro; sono contaminate la loro mente e la loro coscienza (Tt 1,15). Purezza di cuore quindi vuol dire purezza di mente e di coscienza: avere la coscienza pulita.
Il cuore puro è la coscienza innocente, limpida, trasparente, che riflette la luce del volto di Dio, permeabile e docile al suo messaggio e ai suoi comandamenti.
Beati i puri di cuore perché vedranno Dio. Quando vedranno Dio?
Nel libro dell’Esodo leggiamo queste parole di Dio rivolte a Mosè: Tu non potrai vedere il mio volto, perché nessun uomo può vedermi e restare vivo (Es 33,20). Quindi il testo di questa beatitudine si riferisce principalmente alla gloria finale, al paradiso.
L’Apocalisse ci descrive con toni esultanti la felicità dei salvati nella Gerusalemme del cielo: Il trono di Dio e dell’Agnello sarà in mezzo a lei e i suoi servi lo adoreranno; vedranno la sua faccia e porteranno il suo nome sulla fronte (Ap 22,3-4).

BEATI GLI OPERATORI DI PACE

Le beatitudini si indirizzano a persone che fanno qualcosa. Gli operatori di pace non sono semplicemente individui sensibili alla miseria altrui, ma individui che fanno opere di misericordia, che soccorrono fattivamente il prossimo. Gli operatori di pace sono coloro che riportano l’unione e la concordia tra le persone disunite.
Per essere operatori di pace bisogna prima di tutto essere pacifici, ossia pacificati con se stessi, perché nessuno può dare ciò che non ha. Tuttavia questa beatitudine pone l’accento sulla forza d’animo e sulla volontà di produrre la pace dove regnano la tensione, la conflittualità, la rivalità, il sospetto e soprattutto la guerra effettiva. Proprio perché pacifico, il discepolo di Cristo è un operatore di pace, un seminatore dell’amore e della pace che ha nel cuore.
La pace perciò è da intendere come frutto dell’amore e della concordia e non come imposizione di ordine da parte di chi ha la forza o anche solo l’autorità.
È Cristo il più grande operatore di pace. Leggiamo nella lettera agli Efesini: Egli (Cristo) è la nostra pace, colui che ha fatto dei due (dei giudei e dei pagani) un popolo solo, abbattendo il muro di separazione che era frammezzo, cioè l’inimicizia, annullando, per mezzo della sua carne, la legge fatta di prescrizioni e di decreti, per creare in se stesso, dei due, un solo uomo nuovo, facendo la pace, e per riconciliare tutti e due con Dio in un solo corpo, per mezzo della croce, distruggendo in se stesso l’inimicizia. Egli è venuto perciò ad annunziare pace a voi che eravate lontani e pace a coloro che erano vicini. Per mezzo di lui possiamo presentarci, gli uni e gli altri, al Padre in un solo Spirito (Ef 2,14-18). E nella lettera ai Colossesi: Piacque a Dio di far abitare in lui ogni pienezza e per mezzo di lui riconciliare a sé tutte le cose, rappacificando con il sangue della sua croce, cioè per mezzo di lui, le cose che stanno sulla terra e quelle nei cieli (Col 1,19-20).
È Cristo dunque il più grande operatore di pace. Egli ha pagato questo compito cosmico con una morte violenta.
Il segno più plastico e più efficace della rappacificazione universale è perciò la croce che fino a quel momento era stata solo il segno della violenza e della sopraffazione. Su questa linea pacificatrice si muovono alcune indicazioni del seguito del discorso della montagna, che ad alcuni sono sembrate paradossali, se non addirittura assurde, ma non lo sono se vengono confrontate con quanto Gesù ha effettivamente compiuto. Leggiamo nel vangelo secondo Matteo: Avete inteso che fu detto: Occhio per occhio e dente per dente; ma io vi dico di non opporvi al malvagio; anzi se uno ti percuote la guancia destra, tu porgigli anche l’altra; e a chi ti vuol chiamare in giudizio per toglierti la tunica, tu lascia anche il mantello. E se uno ti costringerà a fare un miglio, tu fanne con lui due. Dà a chi ti domanda e a chi desidera da te un prestito non volgere le spalle (Mt 5,38-42).
Apparentemente ci sembra di trovarci davanti a una capitolazione che potrebbe rendere anche più arrogante l’avversario: in realtà è l’unico modo per dimostrare che la violenza è un non senso e che l’amore, che solo genera la pace, è più produttivo perché realizza addirittura il doppio di quanto il violento potrebbe desiderare: la violenza pretende la tunica, l’amore dà spontaneamente la tunica e aggiunge anche il mantello. La violenza genera altra violenza; l’amore invece arresta la violenza e la demolisce, facendone vedere l’assurdità e la sterile follia.
Perché gli operatori di pace saranno chiamati figli di Dio?
Perché solo la pace vera, quella lasciataci da Cristo (Gv 14,27), quella che nasce dal cuore, è capace di creare l’autentica famiglia di Dio, dove tutti si sentono compresi e amati come figli di Dio e fratelli tra loro.

BEATI I PERSEGUITATI

L’ottava e l’ultima beatitudine è ripetuta due volte. Prima nella solita forma di tutte le altre, alla terza persona: Beati i perseguitati a causa della giustizia, perché di essi è il regno dei cieli (Mt 5,10). Successivamente in una forma amplificata, con la seconda persona plurale, quasi ad interpellare direttamente gli ascoltatori: Beati voi quando vi insulteranno, vi perseguiteranno e, mentendo, diranno ogni sorta di male contro di voi per causa mia. Rallegratevi ed esultate, perché grande è la vostra ricompensa nei cieli. Così infatti hanno perseguitato i profeti prima di voi (Mt 5,11-12).
A chi poteva aver nutrito la strana illusione di potersene stare tranquillo dopo essere diventato cristiano, Gesù dice che il segno più qualificante dell’essere cristiano è la persecuzione. Tutto perciò viene messo di nuovo in movimento. E tutto questo non deve ingenerare tristezza, ma gioia ed esultanza.
È l’esperienza che hanno fatto gli apostoli, secondo il racconto degli Atti: Richiamati gli apostoli, li fecero fustigare e ordinarono loro di non continuare a parlare nel nome di Gesù; quindi li rimisero in libertà. Ma essi se ne andarono dal sinedrio lieti di essere stati oltraggiati per amore del nome di Gesù (At 5,40-41).
L’apostolo Paolo scrive: Mi compiaccio nelle mie infermità, negli oltraggi, nelle necessità, nelle persecuzioni, nelle angosce sofferte per Cristo: quando sono debole, è allora che sono forte (2Cor 12,10).
Esaminiamo ora più da vicino questa beatitudine. Ci sono tre cose fondamentali che la caratterizzano e la mettono in singolare rapporto con le beatitudini precedenti.
Prima di tutto questo invito alla gioia, espresso con due verbi congiunti tra loro: Rallegratevi ed esultate. Essi vogliono esprimere una gioia molto intensa. Ogni beatitudine è una dichiarazione di felicità e dà vera gioia. Se il povero è dichiarato beato, ciò gli deve procurare gioia. Se invece si rattristasse o sopportasse di mal animo la sua situazione, non sarebbe per nulla beato. E così si dica di tutte le altre beatitudini.
Allora perché solo i perseguitati per causa della giustizia vengono invitati a godere intensamente? Perché nel loro soffrire maturano una grande ricompensa nei cieli: non solo la loro sofferenza non va perduta, ma ripagata abbondantemente nella vita eterna.
Il vero cristiano non ha alcun timore per le persecuzioni che possono raggiungerlo: invece di spaventarsi riprende vigore, invece di intristirsi ne prova grande gioia. Per questo, Gesù, pur preannunciando lotte e persecuzioni ai suoi apostoli, dirà loro di non avere alcun timore: Non abbiate paura di quelli che uccidono il corpo, ma non hanno potere di uccidere l’anima; temete piuttosto colui che ha il potere di far perire e l’anima e il corpo nella geenna. Due passeri non si vendono forse per un soldo? Eppure neanche uno di essi cadrà a terra senza che il Padre vostro lo voglia (Mt 10,28-29).
La seconda cosa caratteristica di questa beatitudine è la sua esplicita motivazione cristologica: non basta essere perseguitati, bisogna essere perseguitati a causa di Gesù.
Questo riferimento a Cristo, perché la persecuzione e la sofferenza abbiano la ricompensa per la vita eterna, è costante in tutta la tradizione del NT. L’apostolo Pietro scrive:Carissimi, non siate sorpresi per l’incendio di persecuzione che si è acceso in mezzo a voi per provarvi, come se vi accadesse qualcosa di strano. Ma nella misura in cui partecipate alle sofferenze di Cristo, rallegratevi perché anche nella rivelazione della sua gloria possiate rallegrarvi ed esultare. Beati voi, se venite insultati per il nome di Cristo, perché lo Spirito della gloria e lo Spirito di Dio riposa su di voi. Nessuno di voi abbia a soffrire come omicida, o ladro o malfattore o delatore. Ma se uno soffre come cristiano, non ne arrossisca; glorifichi anzi Dio per questo nome (1Pt 4,12-16).
Nel vangelo secondo Giovanni leggiamo queste parole di Gesù: Ricordatevi della parola che vi ho detto: Un servo non è più grande del suo padrone. Se hanno perseguitato me, perseguiteranno anche voi; se hanno osservato la mia parola, osserveranno anche la vostra. Ma tutto questo vi faranno a causa del mio nome, perché non conoscono colui che mi ha mandato (Gv 15,20-21).
Anche san Giacomo ricorda ai cristiani che le prove sofferte per la fede, devono essere motivo di gioia e di esultanza, perché dilatano gli spazi della speranza e dell’amore:Considerate perfetta letizia, miei fratelli, quando subite ogni sorta di prove, sapendo che la prova della vostra fede produce la pazienza. E la pazienza completi l’opera sua in voi, perché siate perfetti e integri, senza mancare di nulla (Gc 1,2-4).
E ancora san Pietro commenta meravigliosamente questa ottava beatitudine quando scrive: Perciò siate ricolmi di gioia, anche se ora dovete essere un po’ afflitti da varie prove, perché il valore della vostra fede, molto più preziosa dell’oro, che, pur destinato a perire, tuttavia si prova col fuoco, torni a vostra lode, gloria e onore nella manifestazione di Gesù Cristo: voi lo amate, pur senza averlo visto; e ora senza vederlo credete in lui. Perciò esultate di gioia indicibile e gloriosa, mentre conseguite la meta della vostra fede, cioè la salvezza delle anime (1Pt 1,6-9).
La terza caratteristica di questa beatitudine è il richiamo dell’esempio dei profeti: Così infatti hanno perseguitato i profeti prima di voi (Mt 5,12).
È un’ulteriore motivazione che Gesù aggiunge per far accettare ai suoi discepoli questa ingrata beatitudine. È una garanzia in più che Gesù fornisce ai suoi perché non si smarriscano di fronte alla prova. I cristiani sono i profeti dei tempi nuovi e quindi nessuna meraviglia se saranno trattati come quelli dei tempi antichi. È quanto Gesù dice agli apostoli quando li manda in missione: Chi dunque mi riconoscerà davanti agli uomini, anch’io lo riconoscerò davanti al Padre mio che è nei cieli; chi invece mi rinnegherà davanti agli uomini, anch’io lo rinnegherò davanti al Padre mio che è nei cieli (Mt 10,32-33).
Il profeta deve gridare ad alta voce il suo annuncio, deve esporsi, fare una scelta esplicita per Cristo: questo gli procurerà impopolarità, dileggio e persecuzione.
Rileggendola in profondità, si vede chiaramente che l’ultima beatitudine non riguarda soltanto alcuni momenti della storia della chiesa, né solo alcuni uomini particolari: al contrario essa riguarda la vita normale del cristiano di ogni tempo e a ogni latitudine.
Annunciare Cristo, testimoniarlo nella propria vita, denunciare corruzione, vizi, tradimenti, lassismo morale, ingiustizie, soprusi, violenze, resistendo, se necessario, fino alla morte: tutto questo vuol dire essere profeti scomodi e perciò esposti alla derisione, alla persecuzione e al terrorismo ideologico. Ma non per questo dobbiamo lasciarci spaventare. Al contrario crediamo al comando e alla promessa di Cristo: Rallegratevi ed esultate perché grande è la vostra ricompensa nei cieli.

La Coroncina della Divina Misericordia

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Gesù ha legato alla recita di questa coroncina una promessa generale e promesse particolari:
– La promessa generale legata alla Coroncina è:
“Per la recita di questa coroncina Mi piace concedere tutto ciò che Mi chiederanno” (Q. V, p. 508). “Con essa – ha detto un’ altra volta Gesù – otterrai tutto, se quello che chiedi è conforme alla Mia volontà” (Q. VI, p. 568). La volontà di Dio è espressione del Suo amore per l’uomo, dunque tutto ciò che è in disaccordo con essa o è un male o è dannoso e non può essere dispensato neanche da Padre migliore.
– Le promesse particolari legate alla Coroncina riguardano l’ora della morte:
“Chiunque la reciterà otterrà tanta misericordia nell’ora della morte. (…) Anche se si trattasse del peccatore più incallito se recita questa coroncina una volta sola, otterrà la grazia della Mia infinita misericordia” (Q. II, p. 263). Si tratta qui della grazia della conversione e di una morte nel timore di Dio e nello stato di grazia. La grandezza della promessa consiste nel fatto che condizione per ottenere la grazia è recitare almeno una volta tutta la coroncina così come Gesù l’ha chiesto con fiducia, umiltà e dolore per i peccati. La stessa grazia – di conversione e remissione dei peccati – sarà ricevuta dagli agonizzanti, se altri accanto al
Gesù ha fatto notare tre condizioni necessarie perché‚ le preghiere in quell’ora siano esaudite:
– la preghiera deve essere diretta a Gesù e dovrebbe aver luogo alle tre del pomeriggio;
– deve riferirsi ai meriti della Sua dolorosa passione.
“In quell’ora – dice Gesù – non rifiuterò nulla all’anima che Mi prega per la Mia Passione” (Q. IV, p. 440). Bisogna aggiungere ancora che l’intenzione della preghiera deve essere in accordo con la volontà di Dio, e la preghiera deve essere fiduciosa, costante e unita alla pratica della carità attiva verso il prossimo, condizione di ogni forma del culto della Divina Misericordia.

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Come si recita

Nel Nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo. Amen 
Padre Nostro, che sei nei Cieli,
sia Santificato il Tuo Nome,
venga il Tuo Regno,
sia fatta la Tua Volontà,
come in Cielo così in Terra,
dacci oggi il nostro Pane quotidiano
e rimetti a noi i nostri Debiti, come noi li rimettiamo ai nostri Debitori,
non ci indurre in tentazione, ma liberaci dal male.
Amen.
Ave Maria, Piena di Grazia, il Signore è con Te,
Tu sei la Benedetta fra le donne
e Benedetto il Frutto del Tuo seno Gesù.
Santa Maria, Madre di Dio,
Prega per noi peccatori,
adesso e nell’ora della nostra morte.
Amen.
Credo in un solo Dio, Padre Onnipotente, creatore del cielo e della terra,
di tutte le cose visibili e invisibili.
Credo in un solo Signore Gesù Cristo unigenito figlio di Dio nato dal Padre prima di tutti i secoli. Dio da Dio, Luce da Luce, Dio vero da Dio vero, generato, non creato, dalla stessa sostanza del Padre. Per mezzo di Lui tutte le cose sono state create. Per noi uomini e per la nostra salvezza discese dal cielo e per opera dello Spirito Santo si è incarnato nel seno della Vergine Maria e si è fatto uomo. Fu crocifisso per noi sotto Ponzio Pilato, morì e fu sepolto e il terzo giorno è resuscitato secondo le Scritture ed è salito al Cielo e siede alle destra del Padre e di nuovo verrà nella gloria per giudicare i vivi e i morti ed il suo Regno non avrà fine.
Credo nello Spirito Santo che è Signore e dà la vita e procede dal Padre e dal Figlio e con il Padre ed il Figlio è adorato e glorificato e ha parlato per mezzo dei profeti.
Credo la Chiesa una, santa, cattolica e apostolica.
Professo un solo battesimo per il perdono dei peccati e aspetto la resurrezione dei morti e la vita del mondo che verrà. Amen
Sui grani del Padre Nostro si recita la seguente preghiera:

 

Eterno Padre, io Ti offro il Corpo, il Sangue, l’Anima e la Divinità 

del Tuo dilettissimo Figlio e Signore nostro Gesù Cristo

in espiazione dei nostri peccati e di quelli del mondo intero.

 

Sui grani dell’Ave Maria si recita la seguente preghiera:

 

Per la Sua dolorosa Passione abbi misericordia di noi e del mondo intero.

 

Al termine della corona si prega tre volte:

 

Santo Dio, Santo Forte, Santo Immortale abbi pietà di noi e del mondo intero.

 

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Preghiera per ottenere la conversione di un peccatore .
Invocare l’ intercessione di Suor Faustina Kowalska e recitare cin fede :

O sangue ed acqua che scaturisci dal cuore di Gesù, come sorgente di misericordia per noi, io confido in Te!

Gesù:
Quando, con fede e con cuore contrito, mi reciterai questa preghiera per qualche peccatore io gli darò la grazia della conversione.
Non temere Gesù tocchera’ il cuore della persona a Lui lontana e gli dara’ la grazia della conversione.
Per ogni preghiera puoi chiedere la conversione di un peccatore specifico e non dimenticare MAI l’intercessione di suor Faustina Kowalska .
Ogni giorno quando vedi persone che sono lontane dalla fede invoca l’intercessione di suor Faustina e recita questa preghiera. Al resto pensera’ il Signore Gesu’.

 

 

LITANIE ALLA DIVINA MISERICORDIA


Misericordia di Dio, che scaturisci dal seno del Padre, confido in Te.
Misericordia di Dio, massimo attributo della divinità, confido in Te.
Misericordia di Dio, mistero inconcepibile, confido in Te.
Misericordia di Dio, sorgente che scaturisce dal mistero della Santissima Trinità,
confido in Te.
Misericordia di Dio, che nessuna mente umana né angelica può comprendere,
confido in Te.
Misericordia di Dio, da cui scaturisce ogni vita e felicità, confido in Te.
Misericordia di Dio, al di sopra dei cieli, confido in Te.
Misericordia di Dio, sorgente di miracoli e di eventi eccezionali, confido in Te.
Misericordia di Dio, che abbracci tutto l’universo, confido in Te.
Misericordia di Dio, venuta nel mondo nella persona del Verbo Incarnato, confido in Te.
Misericordia di Dio, che sei sgorgata dalla ferita aperta nel Cuore di Gesù, confido in Te.
Misericordia di Dio, rinchiusa nel Cuore di Gesù per noi e specialmente per i peccatori, confido in Te.
Misericordia di Dio, imperscrutabile nell’istituzione della Santa Eucaristiaconfido in Te.
Misericordia di Dio, nell’istituzione della santa Chiesa, confido in Te.
Misericordia di Dio, nel sacramento del santo battesimo, confido in Te.
Misericordia di Dio, nella nostra giustificazione per mezzo di Gesù Cristo, confido in Te.
Misericordia di Dio, che ci accompagni per tutta la vita, confido in Te.
Misericordia di Dio, che ci abbracci specialmente nell’ora della morte, confido in Te.
Misericordia di Dio, che ci doni la vita immortale, confido in Te.
Misericordia di Dio, che ci segui in ogni momento della vita, confido in Te.
Misericordia di Dio, che ci difendi dal fuoco dell‘inferno, confido in Te.
Misericordia di Dio, che converti i peccatori induriti, confido in Te.
Misericordia di Dio, meraviglia per gli angeli, incomprensibile ai santi, confido in Te.
Misericordia di Dio, insondabile in tutti i misteri di Dio, confido in Te.
Misericordia di Dio, che ci sollevi da ogni miseria, confido in Te.
Misericordia di Dio, sorgente della nostra felicità e della nostra gioia, confido in Te.
Misericordia di Dio, che ci hai chiamati dal nulla all’esistenza, confido in Te.
Misericordia di Dio, che abbracci tutte le opere delle Sue mani, confido in Te.
Misericordia di Dio, che coroni tutto ciò che esiste ed esisterà, confido in Te.
Misericordia di Dio, in cui tutti siamo immersi, confido in Te.
Misericordia di Dio, dolce sollievo dei cuori affranti, confido in Te.
Misericordia di Dio, unica speranza delle anime disperate, confido in Te.
Misericordia di Dio, riposo dei cuori e serenità in mezzo alla paura, confido in Te.
Misericordia di Dio, delizia ed estasi delle anime sante, confido in Te.
Misericordia di Dio, che infondi speranza contro ogni speranza, confido in Te.

“O Dio Eterno, la cui Misericordia è infinita ed il tesoro della compassione è inesauribile, guarda benigno a noi e moltiplica su di noi la Tua Misericordia, in modo che nei momenti difficili non disperiamo né ci perdiamo d’animo, ma con grande fiducia 
ci sottomettiamo alla Tua santa volontà, che è amore e la stessa Misericordia”
(Diario, 949).

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PREGHIERE DI SANTA FAUSTINA

“Amore eterno, fiamma pura, ardi incessantemente nel mio cuore e divinizza tutto
il mio essere in forza della Tua eterna predilezione, per la quale mi hai dato l’esistenza, chiamandomi a partecipare alla Tua eterna felicità…” (Diario, 1523).

“O Dio misericordioso, che non ci disprezzi, ma ci colmi continuamente delle Tue grazie, ci rendi degni del Tuo regno e, nella Tua bontà, riempi con gli uomini i posti che furono abbandonati dagli angeli ingrati. O Dio di grande Misericordia, che hai distolto il Tuo sguardo santo dagli angeli ribelli e l’hai rivolto all’uomo pentito, sia onore e gloria alla Tua insondabile Misericordia..” (Diario, 1339).

“O Gesù, disteso sulla croce, Ti supplico, concedimi la grazia di adempiere fedelmente la santissima volontà del Padre Tuo, sempre, ovunque ed in tutto. E quando la volontà
di Dio mi sembrerà pesante e difficile da compiere, Te ne supplico, Gesù, scenda allora su di me, dalle Tue Piaghe, la forza ed il vigore e le mie labbra ripetano: Signore, sia fatta la Tua volontà…Gesù pietosissimo, concedimi la grazia di dimenticare me stessa, in modo che viva totalmente per le anime, collaborando con Te all’opera della salvezza, secondo la santissima volontà del Padre Tuo…” (Diario, 1265).

“…O Signore, desidero trasformarmi tutta nella Tua Misericordia ed essere il riflesso vivo di Te. Che il più grande attributo di Dio, cioè la Sua incommensurabile Misericordia, giunga al mio prossimo attraverso il mio cuore e la mia anima. Aiutami, o Signore, a far sì che i miei occhi siano misericordiosi, in modo che io non nutra mai sospetti e non giudichi sulla base di apparenze esteriori, ma sappia scorgere ciò che c’è di bello nell’anima del mio prossimo e gli sia di aiuto. Aiutami, o Signore, a far sì che il mio udito sia misericordioso, che mi chini sulle necessità del mio prossimo, che le mie orecchie non siano indifferenti ai dolori
ed ai gemiti del mio prossimo. Aiutami o Signore, a far sì che la mia lingua sia misericordiosa e non parli mai sfavorevolmente del prossimo, ma abbia per ognuno una parola di conforto
e di perdono.Aiutami, o Signore, a far sì che le mie mani siano misericordiose e piene di buone azioni, in modo che io sappia fare unicamente del bene al prossimo e prenda su di me
i lavori più pesanti e più penosi.
Aiutami, o Signore, a far sì che i miei piedi siano misericordiosi, in modo che io accorra sempre in aiuto del prossimo, vincendo la mia indolenza e la mia stanchezza (…)
Aiutami, o Signore, a far sì che il mio cuore sia misericordioso, in modo che partecipi
a tutte le sofferenze del prossimo (…) Alberghi in me la Tua Misericordia, o mio Signore…” (Diario, 163).

“O Re di Misericordia, guida la mia anima” (Diario, 3).

“…Ogni battito del mio cuore sia un inno di ringraziamento per Te, o Dio.
Ogni goccia del mio sangue circoli per Te, o Signore. La mia anima sia tutta un cantico
di ringraziamento alla Tua Misericordia. Ti amo, o Dio, per Te stesso” (Diario, 1794).

“O Gesù, desidero vivere nel momento presente, vivere come se questo giorno fosse l’ultimo della mia vita: utilizzare scrupolosamente ogni attimo per la maggior gloria
di Dio, sfruttare per me ogni circostanza, in modo che la mia anima ne ricavi un profitto. Guardare ad ogni cosa da questo punto di vista, e cioé che nulla avviene senza il volere di Dio. O Dio d’insondabile Misericordia, abbraccia il mondo intero e riversati su di noi per mezzo del Cuore pietoso di Gesù” (Diario, 1183).

“O Dio di grande Misericordia, bontà infinita, ecco che oggi tutta l’umanità grida dall’abisso della sua miseria alla Tua Misericordia, alla Tua compassione, o Dio, e grida con la voce potente della propria miseria. O Dio benigno, non respingere la preghiera degli esuli di questa terra. O Signore, bontà inconcepibile, che conosci perfettamente la nostra miseria e sai che non siamo in grado di innalzarci fino a Te con le nostre forze, Ti supplichiamo, previenici con la Tua grazia e moltiplica incessantemente su di noi
la Tua Misericordia, in modo che possiamo adempiere fedelmente la Tua santa volontà durante tutta la vita e nell’ora della morte. L’onnipotenza della Tua Misericordia
ci difenda dagli assalti dei nemici della nostra salvezza, in modo che possiamo attendere con fiducia, come figli Tuoi, la Tua ultima venuta…” (Diario, 1570).

 


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Biografia di Santa Faustina Kowalska

Santa Faustina Kowalska , l’apostola della Divina Misericordia, appartiene oggi al gruppo dei santi della Chiesa più conosciuti. Attraverso lei il Signore manda al mondo il grandemessaggio della misericordia Divina e mostra un esempio di perfezione cristiana basata sulla fiducia in Dio e sull’atteggiamento misericordioso verso il prossimo.
Santa Faustina nacque il 25 agosto 1905, terza di dieci figli, da Marianna e Stanislao Kowalski, contadini del villaggio di Glogowiec (attualmente diocesi di Wloclawek). Al battesimo nella chiesa parrocchiale di lwinice Warckie le fu dato il nome di Elena. Fin dall’infanzia si distinse per l’amore, per la preghiera, per la laboriosità, per l’obbedienza e per una grande sensibilità verso la povertà umana. All’età di nove anni ricevette la Prima Comunione; fu per lei un’esperienza profonda perché‚ ebbe subito la consapevolezza della presenza dell’Ospite Divino nella sua anima. Frequentò la scuola per appena tre anni scarsi. Ancora adolescente abbandonò la casa dei genitori e andò a servizio presso alcune famiglie benestanti di Aleksandrow, lodl e Ostrowek, per mantenersi e per aiutare i genitori.
Fin dal settimo anno di vita avvertì nella sua anima la vocazione religiosa, ma non avendo il consenso dei genitori per entrare nel convento, cercava di sopprimerla. Sollecitata poi da una visione di Cristo sofferente, partì per Varsavia dove il 10 agosto del 1925 entrò nel convento delle Suore della Beata Vergine Maria della Misericordia. Col nome di Suor Maria Faustina trascorse in convento tredici anni in diverse case della Congregazione, soprattutto a Cracovia, Vilnius e Plock, lavorando come cuoca, giardiniera e portinaia.
All’esterno nessun segno faceva sospettare la sua vita mistica straordinariamente ricca. Svolgeva con diligenza tutti i lavori, osservava fedelmente le regole religiose, era riservata, silenziosa e nello stesso tempo piena di amore benevolo e disinteressato. La sua vita apparentemente ordinaria, monotona e grigia nascondeva in sè una profonda e straordinaria unione con Dio.
Alla base della sua spiritualità si trova il mistero della misericordia Divina che essa meditava nella parola di Dio e contemplava nella quotidianità della sua vita. La conoscenza e la contemplazione del mistero della misericordia di Dio sviluppavano in lei un atteggiamento di fiducia filiale in Dio e di misericordia verso il prossimo. Scriveva:
O mio Gesù, ognuno dei Tuoi santi rispecchia in s‚ una delle Tue virtu; io desidero rispecchiare il Tuo Cuore compassionevole e pieno di misericordia, voglio glorificarlo. La Tua misericordia, o Gesù, sia impressa sul mio cuore e sulla mia anima come un sigillo e ciò sara il mio segno distintivo in questa e nell’altra vita (Diario, p. 418).
Suor Faustina fu una figlia fedele della Chiesa, che essa amava come Madre e come Corpo Mistico di Gesù Cristo. Consapevole del suo ruolo nella Chiesa, collaborava con la misericordia Divina nell’opera della salvezza delle anime smarrite. Rispondendo al desiderio e all’esempio di Gesù offrì la sua vita in sacrificio. La sua vita spirituale si caratterizzava inoltre nell’amore per l’Eucarestia e nella profonda devozione alla Madre di Dio della Misericordia.
Gli anni della sua vita religiosa abbondarono di grazie straordinarie: le rivelazioni, le visioni, le stigmate nascoste, la partecipazione alla passione del Signore, il dono dell’ubiquità, il dono di leggere nelle anime, il dono della profezia e il raro dono del fidanzamento e dello sposalizio mistico. Il contatto vivo con Dio, con la Madonna, con gli angeli, con i santi, con le anime del purgatorio, con tutto il mondo soprannaturale fu per lei non meno reale e concreto di quello che sperimentava con i sensi. Malgrado il dono di tante grazie straordinarie era consapevole che non sono esse a costituire l’essenza della santità. Scriveva nel “Diario”:
Né le grazie, né le rivelazioni, né le estasi, né alcun altro dono ad essa elargito la rendono perfetta, ma l’unione intima della mia anima con Dio. I doni sono soltanto un ornamento dell’anima, ma non ne costituiscono la sostanza né la perfezione. La mia santità e perfezione consiste in una stretta unione della mia volontà con la volontà di Dio (Diario p. 380).
Il Signore aveva scelto Suor Faustina come segretaria e apostola della Sua misericordia per trasmettere, mediante lei, un grande messaggio al mondo.
Nell’Antico Testamento mandai al Mio popolo i profeti con i fulmini. Oggi mando te a tutta l’umanità con la Mia misericordia. Non voglio punire l’umanità sofferente, ma desidero guarirla e stringerla al Mio Cuore misericordioso (D., p. 522).
La missione di Suor Faustina consiste in tre compiti:
– Avvicinare e proclamare al mondo la verità rivelata nella Sacra Scrittura sull’amore misericordioso di Dio per ogni uomo.
– Implorare la misericordia Divina per tutto il mondo, soprattutto per i peccatori, tra l’altro attraverso la prassi delle nuove forme di culto della Divina Misericordia indicate da Gesù: l’immagine di Cristo con la scritta: Gesù confido in Te, la festa della Divina Misericordia nella prima domenica dopo Pasqua, la coroncina alla Divina Misericordia e la preghiera nell’ora della Misericordia (ore 15). A queste forme del culto e anche alla diffusione della devozione alla Divina Misericordia il Signore allegava grandi promesse a condizione dell’affidamento a Dio e dell’amore attivo per il prossimo.
– Ispirare un movimento apostolico della Divina Misericordia con il compito di proclamare e implorare la misericordia Divina per il mondo e di aspirare alla perfezione cristiana sulla via indicata da Suor Faustina. Si tratta della via che prescrive un atteggiamento di fiducia filiale in Dio, che si esprime nell’adempimento della Sua volontà e nell’atteggiamento misericordioso verso il prossimo.
Oggi questo movimento riunisce nella Chiesa milioni di persone di tutto il mondo: congregazioni religiose, istituti secolari, sacerdoti, confraternite, associazioni, diverse comunità degli apostoli della Divina Misericordia e persone singole che intraprendono i compiti che il Signore ha trasmesso a Suor Faustina.
La missione di Suor Faustina è stata descritta nel “Diario” che essa redigeva seguendo il desiderio di Gesù e i suggerimenti dei padri confessori, annotando fedelmente tutte le parole di Gesù e rivelando il contatto della sua anima con Lui. Il Signore diceva a Faustina:
Segretaria del Mio mistero più profondo, …il tuo compito più profondo è di scrivere tutto ciò che ti faccio conoscere sulla Mia misericordia, per il bene delle anime che leggendo questi scritti proveranno un conforto interiore e saranno incoraggiate ad avvicinarsi a Me (D., p. 557).
Quest’opera infatti avvicina in modo straordinario il mistero della misericordia Divina. Il “Diario” affascina non soltanto la gente comune ma anche i ricercatori che vi scoprono una fonte supplementare per le loro ricerche teologiche. Il “Diario” è stato tradotto in varie lingue, tra cui inglese, francese, italiano, tedesco, spagnolo, portoghese, russo, ceco, slovacco e arabo.
Suor Faustina, distrutta dalla malattia e da varie sofferenze che sopportava volentieri come sacrificio per i peccatori, nella pienezza della maturità spirituale e misticamente unita a Dio, morì a Cracovia il 5 ottobre 1938 all’età di appena 33 anni. La fama della santità della sua vita crebbe insieme alla diffusione del culto della Divina Misericordia e secondo le grazie ottenute tramite la sua intercessione. Negli anni 1965-67 si svolse a Cracovia il processo informativo relativo alla sua vita e alle sue virtù e nel 1968 iniziò a Roma il processo di beatificazione che si concluse nel dicembre del 1992. Il 18 aprile del 1993, sulla piazza di San Pietro a Roma, il Santo Padre Giovanni Paolo II l’ha beatificata e il 30 aprile 2000, Anno del Gande Giubileo del 2000, l’ha canonizzata.
Le reliquie di Suor Faustina attualmente sono sparse nel mondo in varie chiese. La tomba con i pochi resti corporali sono conservati nella cappella della casa a Cracovia dove si recava a pregare. Le reliquie sono anche esposte nel Santuario della Divina Misericordia, Chiesa Santo Spirito in Sassia.

FRUTTI DELLA PREGHIERA
(Il DIARIO di santa Faustina)

“Con la preghiera l’anima si prepara ad affrontare qualsiasi battaglia. In qualunque condizione si trovi un’anima, deve pregare. Deve pregare l’anima pura e bella, poiché diversamente perderebbe la sua bellezza. Deve pregare l’anima che tende alla purezza, altrimenti non vi giungerà. Deve pregare l’anima che si è appena convertita, diversamente cadrebbe di nuovo. Deve pregare l’anima peccatrice, immersa nei peccati, per poter risorgere. E non c’è anima che non abbia il dovere di pregare, poiché ogni grazia arriva tramite la preghiera” (Diario, 146).

“L’anima deve essere fedele alla preghiera, nonostante le tribolazioni, l’aridità e le tentazioni, poiché dalla preghiera in prevalenza dipende talvolta la realizzazione dei grandi progetti di Dio, e se noi non perseveriamo nella preghiera, mettiamo degli impedimenti a ciò che Iddio voleva compiere per mezzo nostro oppure in noi. Ogni anima ricordi queste parole: e trovandosi in una situazione difficile, pregava più
a lungo…” (Diario, 872).

“La pazienza, la preghiera ed il silenzio rafforzano l’anima. Ci sono momenti nei quali l’anima deve tacere, non è conveniente che parli con le creature. Sono i momenti d’insoddisfazione di se stessa (…) In quei momenti vivo esclusivamente di fede…”
(Diario, 944).

“Il silenzio è una spada nella lotta spirituale (…) L’anima  silenziosa è idonea alla più profonda unione con Dio; essa vive quasi di continuo sotto il soffio dello Spirito Santo.
In un’anima silenziosa Iddio opera senza impedimenti…” (Diario, 477).

“Dobbiamo pregare spesso lo Spirito Santo per ottenere la grazia della prudenza.
La prudenza si compone di: riflessione, ragionevole considerazione e fermo proposito. L’ultima decisione appartiene sempre a noi…” (Diario, 1106).

 

 

“Il Signore stesso che mi spinge a scrivere le preghiere e gli inni sulla Sua Misericordia…” (Diario, 1593).

“Desidero che tu conosca più a fondo l’amore di cui arde il Mio Cuore verso le anime e lo comprenderai quando mediterai la Mia Passione. Invoca la Mia Misericordia per i peccatori; desidero la loro salvezza. Quando reciterai questa preghiera con cuore pentito e con fede per qualche peccatore, gli concederò la grazia della conversione.
La breve preghiera è la seguente: O Sangue e Acqua, che scaturisti dal Cuore di Gesù come sorgente di Misericordia per noi, confido in Te” (Diario, 187).

 

 

 

 

 

LE LETTERE DI DON MICHELE SOPOCKO

Scritte a Czarny Bor (Lituania),
alle prime candidate per la Congregazione che si stava formando a Vilna (Vilnius, Lituania).

LETTERA I
LA VITA RELIGIOSA

Gesù, confido in Te!
Care sorelle in Cristo, è ormai la seconda settimana che, per volontà di Dio, sono in solitudine
in seno alla natura, da cui, come da un libro vivo, leggo e glorifico l’infinita misericordia di Dio. Contemporaneamente percorro col pensiero il paese intero immerso nel lutto, mi unisco a tutti
i compatrioti sofferenti, dispersi in tutto il mondo e vedo in spirito come la misericordia del Signore scolpisca nelle loro anime le virtù eroiche necessarie all’espiazione e alla propiziazione, per implorare e ringraziare di tutto l’inesprimibile bontà divina, per ottenere nuove grazie ed meriti futuri, per poter già “esaltare la misericordia di Dio in eterno”. Vedo in spirito come la bontà eterna scolpisca particolarmente queste virtù nelle anime elette, dilettissime, che vivono sotto
una regola religiosa, le quali hanno rinnegato il mondo, i suoi beni illusori, la propria volontà, dedicandosi, senza nessuna riserva, a fortificare il regno di Dio in se stesse ed a diffonderlo tra
gli altri nel mondo intero.

Il regno di Dio è il regno dello Spirito, che alza i suoi edifici meravigliosi su fondamenta poste dallo Spirito di Dio. Gli uomini che vivono esclusivamente secondo la carne non aiuteranno mai
il Signore a costruire la Gerusalemme eterna. Bisogna vivere secondo lo Spirito, rinnegare
se stessi, per capire cosa cosa esiga, dalla nostra miseria, il Re della misericordia.
Bisogna sottomettere allo spirito tutte le potenze del corpo, armonizzare tutta la propria natura, sottomettere la propria volontà a quella di Dio e così preparare il terreno alla potenza che, dall’alto, farà sì che le nostre azioni diventino le azioni di Cristo, perché, come dice l’apostolo delle genti, ”non vivo più io, ma è Cristo che vive in me”.

Il regno visibile di Dio sulla terra è la chiesa cattolica governata, secondo la legge dello Spirito Santo. E’ un edificio stupendo, esteso tra il cielo e la terra, che unisce in sé due mondi, quello temporale e quello eterno. “Nella casa del Padre mio ci sono tanti posti” disse il Salvatore, intendendo la Sua sposa, la chiesa cattolica, che nei suoi vani lascia entrare tutte le genti,
i vari stati, collocandoli  secondo i propri meriti ed accontentandoli  tutti. Ci sono coloro che, attraversata appena la soglia ed illuminati dal raggio e dalla bellezza del vestibolo non vogliono più andare avanti. A loro basta la grigia semioscurità per divampare della gioia del Signore, ancora invisibile però già pregustabile.
Ci sono coloro che nutrono il desiderio di entrare negli appartamenti. Trovandosi nella luce più grande, di fronte agli ostacoli, li superano a fatica, quali formiche. Il Signore misericordiosissimo ne vede gli sforzi e volontariamente apre le porte delle sue grazie e viene verso loro, in aiuto.
Ci sono alcuni infine tali che desiderano entrare in una stanza decorosa, dove, seduto sul trono,
è  il sovrano. Essi corrono, come le spose, allo sposo. Questi sono dilettisimi, basta che abbiano una veste sposale adeguata.

Quando, durante la preghiera,  ci si tuffa con un pensiero in tale magnifico sistema delle opere
del Signore, facilmente si capisce che la vita religiosa è una delle forme necessarie tra i vari modi di dare onore al Re della Misericordia, che è una delle stanze più vicine alla stupenda camera regale, che qui sono chiamati sono coloro in cui il Figlio di Dio si è compiaciuto particolarmente, le spose del Re della Misericordia, verso cui corrono, con grande gioia, indossata la pura veste angelica dell’ umiltà, obbedienza e rinnegamento, cioè della povertà. E’ vero che in ogni anima, anche in quella che vive nel turbine del mondo, può essere stabilito il Regno di Dio, perché tutti
i cristiani cattolici sono chiamati, però, tra tutti i chiamati, non tutti sono scelti e ad ognuno tra questi scelti personalmente sono indicati il posto ed il lavoro.

Cristo affidò agli Apostoli i vari compiti e li mise nei vari appartamenti della sua fortezza.
Pietro, lo stabilì quale Pietra. Giovanni, lasciò che si addormentasse amorosamente sul suo cuore.  A Filippo chiese, con una sola parola, di lasciare tutto per seguirLo. Nella predica sulla montagna, il re della misericordia pose i vari gradi di desiderio della perfezione ed adorazione del Padre Eterno, di cui indicò uno degli attributi in modo particolare, con la raccomandazione di imitarLo proprio in questo: “Siate misericordiosi, come il Padre vostro celeste è misericordioso”.

Questo non è più un consiglio evangelico, ma una richiesta da cui nessuno può essere svincolato. Questo è un comandamento ed allo stesso modo la condizione indispensabile per la perfezione.
E’un commento alle altre parole del Maestro: “Siate perfetti, come il Padre vostro è perfetto”.
In che cosa può meglio manifestarsi tale perfezione, se non nel meditare la misericordia di Dio
e invocare, tramite l’amore di Dio, il debito di gratitudine, se non nell’imitare tale misericordia
con opere di misericordia nei confronti dell’anima e del corpo del prossimo. E’comprensibile allora il motivo per cui le anime che desiderano stare il più vicino al Signore misericordiosissimo, per entrare nella camera più luminosa, più vicina alla stanza regale, siano obbligate, con il quarto voto della misericordia, ad indossare una nuova veste sposale per attingere continuamente la misericordia direttamente dal cuore aperto dello sposo e distribuirla agli altri.

Per quanto riguarda l’oggetto di tale voto, esso è molto chiaro, perché lo stesso Salvatore lo ha precisato: “Avevo fame e mi avete dato da mangiare…”. L’oggetto di tale voto saranno le opere
di misericordia corporale (dar da mangiare agli affamati, dar da bere agli assetati, vestire gli ignudi, alloggiare i pellegrini, visitare gli infermi, visitare i carcerati, seppellire i morti) e spirituale (consigliare i dubbiosi, insegnare a chi non sa, ammonire i peccatori, consolare gli afflitti, perdonare le offese, sopportare pazientemente le persone moleste, pregare Dio per i vivi e per
i morti). E’ di ampia portata e di profondo contenuto e basterà sia per l’ordine contemplativo,
sia per i vari rami degli ordini attivi, perché abbraccia l’intera vita cristiana, forma l’essenza di ogni ordine, tanto più, perciò, può diventare l’oggetto del voto di coloro che lodano e diffondono
il culto della Misericordia Divina.

Carissime sorelle in Cristo, gioisco delle grazie particolari della misericordia di Dio che si sono manifestate nella vostra vocazione. Elette del cuore di Gesù, filari dell’ordine futuro, mediatrici
dei segreti di Dio, per cui pregavo da cinque anni, durante ogni santa messa, a voi soprattutto sono  indirizzate le parole del Maestro: “Voi siete la luce del mondo e il sale della terra,
ma se il sale perdesse sapore, con che cosa glielo si renderà?”. Confido che non lo perdiate,
che, con l’aiuto della misericordia di Dio cresciate in virtù, approfondiate la teologia, rafforziate
gli atti di misericordia, ma anzitutto vi esercitiate nella contrizione abituale, riconoscendo la propria personale indegnità e l’incapacità di realizzare questo compito, mettendo tutta la fiducia nella misericordia di Dio.

Acciocché il tralcio, innestato nella vite, porti il frutto, deve maturare solo in spirito di penitenza
e d’amore. Lo spirito di penitenza dovrebbe essere il principio di tutto l’anno di noviziato:
“Se non vi pentirete, morirete”, disse il Salvatore. Egli stesso fece penitenza per noi e la esige
dai suoi servi: “Se uno vuole seguirmi, rinneghi se stesso, prenda la sua croce ogni giorno”.
Non si tratta di ricercare una penitenza straordinaria, che si potrebbe fare soltanto con il permesso del padre spirituale o della maestra e sotto condizione che essa non procuri un danno alla salute, ma si tratta di accettare con pazienza le diverse croci quotidiane, abbandonandosi alla volontà
di Dio. “Lo spirito contrito ed il cuore afflitto è il sacrificio a Dio” esclama il salmista ispirato.

Questo spirito di penitenza può essere realizzato durante l’anno in diverse forme. Per esempio, durante il primo mese del noviziato, si può cercare di accettare in silenzio le osservazioni giuste ed ingiuste degli altri; durante il secondo mese, evitare i più piccoli sospetti e giudizi del prossimo, considerando se stessi come peggiori; il terzo mese, evitare le consolazioni degli altri nei momenti di fallimento; il quarto mese, evitare le consolazioni spirituali durante la riflessione e la preghiera; il quinto mese, non spazientirsi delle proprie cadute ed imperfezioni; il sesto mese, sopportare con pazienza i cambiamenti del tempo (freddo o caldo), oppure i dispiaceri nelle relazioni con il prossimo dal carattere difficile, ecc.

Oltre che nello spirito di penitenza, bisogna  esercitarsi nel vero amore del prossimo, perché soltanto l‘amore può essere la sorgente degli atti di misericordia verso l’anima ed il corpo.
Inoltre dovrete essere sincere con i padri spirituali e le maestre, con loro bisogna cercare
di parlare riguardo le cose spirituali il più spesso possibile. Bisogna abituarsi a far tutto non solo bene, ma con zelo, scegliere le cose migliori fra due che sono buone, ma soprattutto curare
la purezza della coscienza per poter trovare, durante l’esame di coscienza quotidiano, sempre meno peccati veniali che non possiamo evitare da soli, ma soltanto con l’aiuto della Grazia particolare di Dio. Per questo motivo, bisogna sviluppare in sé lo spirito di preghiera.

Nelle condizioni in cui mi trovo adesso, non mi è possibile scrivervi tutto ciò che vorrei. Durante
la preghiera ed in ogni Santa Messa, continuerò ad implorare il Signore Misericordiosissimo
che dia la luce a voi ed ai vostri direttori e superiori. Confido che Gesù abbia cura di quest’opera perché ella è uscita dal Suo Cuore Misericordiosissimo. Confido che fra poco si creino condizioni migliori per lavorare, ma per adesso ringraziamo Dio per tutto ciò che abbiamo e confidiamo
nella Sua Misericordia.

Don Michal, 13. 03. 1942
LETTERA II
TUTTO È COMPIUTO

Gesù, confido in Te!
Care Sorelle in Cristo, una delle ultime frasi di Gesù sulla croce fu: “Tutto è compiuto”. Con queste parole il Salvatore espresse il compimento di tutte le profezie, le prefigurazioni e le tipologie veterotestamentarie riguardanti la persona del Messia, in altri termini, il compimento della propria missione, cioè il compimento della Volontà del Padre nei minimi particolari. Cristo Signore
è il modello di tutti i cristiani, perchè anche loro devono con insistenza cercar di conoscere
la volontà di Dio riguardo alla propria persona e realizzarla quanto meglio possibile, per poter ripetere alla fine della vita le parole del Salvatore: “Tutto è compiuto”.

Carissime sorelle in Cristo, è giunto il momento decisivo e cruciale nella vostra vita, cioè il momento in cui avete deciso di dedicare il resto del pellegrinaggio terreno al servizio di Dio, ovviamente avendo prima percepito che questa è la volontà di Dio. E’ questa una delle più importanti tappe di tale pellegrinaggio, alla fine del quale bisogna, con la coscienza pura,
dire come Cristo Signore: “Tutto è compiuto”, mi sono presentato all’appello di Dio, chi d’ ora
in poi desidero unicamente servire. Sottometterò la mia alla Sua santa volontà in ogni minimo particolare, piegherò  i miei pensieri, parole e azioni ai Suoi pensieri e alle parole contenute nei santi vangeli, nelle scienze teologiche e nel diritto canonico, ma anche nella regola riconosciuta dalla chiesa, per potere, al tramonto della vita, in piena consapevolezza e la serenità, ancora
una volta ripetere più profondamente: “Tutto  è compiuto”, cioè ho compiuto la volontà di Dio.

Questa è stata l’eterna volontà divina: che voi viveste nel ventesimo secolo con tali persone,
in un preciso ambiente, vi trovaste esposte a certe tentazioni,  poteste ricevere le grazie necessarie per combatterle e poi, in seguito ad un loro eventuale uso sconveniente e contrario alla volontà di Dio, risollevarvi e tuffarvi con fiducia nell’abisso della misericordia di Dio,
per poter d’ ora in poi servirla, conoscerla sempre di più, divulgarne il culto e indurre gli altri. Questa indubbiamente è stata la volontà divina. Gioisco perchè avete riconosciuto questa volontà e accettata, perchè non avete sommerso, sotto gli interessi personali, la voce dello sposo, perchè, alle chiamate interiori ed esteriori, avete risposto con le parole del Maestro: “Ecco io vengo”,
per poter alla fine ripetere “Tutto è compiuto”!

Si è compiuta la salvezza: dal costato del Salvatore nasce la Sua sposa, la madre dei bambini rinati nel santo battesimo, la chiesa cattolica. Questa d’ora in poi attingerà da quel costato
la sorgente di grazie per tutta l’umanità, e vi vuole, Care sorelle,  porre il più vicino possibile
a quella sorgente e farvi mediatrici per i peccatori, gli indifferenti, gli abbandonati e trascurati,
gli inetti, gli ammalati, i prigionieri, i senzatetto, soprattutto, però, i disperati, per soffiare nelle loro anime la fiducia e ancora, una volta, la fiducia nella smisurata, illimitata, incomprensibile, inesprimibile misericordia  di Dio: “Gesù, confido in Te”.

Trema l’inferno nelle sue fondamenta, di fronte alla nuova, e allo stesso tempo alla vecchia parola d’ordine, la quale fra poco risuonerà nel mondo intero. Ecco stanno nascendo i nuovi apostoli
di Cristo, che volevate uccidere. Creeranno la nuova famiglia umana, che arerà tutta la terra con l’aratro forte della fiducia nella misericordia di Dio, la parola d’ordine che riscalderà tutto ciò che è freddo, renderà tenero tutto ciò che è duro, ravviverà tutto ciò che è secco, accenderà tutto ciò che è sta per spegnersi, darà il colore della vita a tutto ciò che è arido, unirà individui, famiglie, società, nazioni e stati nell’ abbraccio del vero amore fraterno, l’amore di Dio e del prossimo!

Ecco lo stupendo compito, che vi ricorda oggi, nel giorno solenne, il Salvatore divino.
Ecco il nobile fine, che propone di scegliere, secondo le proprie capacità ed inclinazioni
a voi tutte e ad ognuna personalmente. Ecco il riassunto del programma del lavoro preparatorio da realizzare nel corso del noviziato, nel lavoro educativo e autoeducativo, perché dopo
si proceda arando, volontariamente, consapevolmente e con zelo, la terra indicata ad ogni anima, senza guardare indietro, senza cercare olio per le lampade, aspettando la ricompensa soltanto
dal misericordiosissimo sposo celeste.
I suddetti fini e compiti siano pur elevati e sproporzionati tanto rispetto alle nostre forze, capacità, disposizioni, quanto rispetto ai nostri limiti ed imperfezioni, ma, ancorchè involontariamente
ci assalgano la paura ed il dubbio, dobbiamo sperimentare prima su noi stessi l’azione dell’illimitabile, incomprensibile ed infinita misericordia di Dio – come Saulo sulla via di Damasco oppure come Pietro nel cortile di Caifa – per poter dopo rinfrancare gli altri nella fiducia, sostenere chi vacilla e dubita, facendogli ripetere la giaculatoria animante e vificante:
”Gesù, confido in Te”.

Anche se, immersi tante volte nell’incommensurabile misericordia, cioè nel sacramento della penitenza, abbiamo purificato le nostre anime dalle ferite di peccato nel preziosissimo sangue
del nostro Salvatore, che continua a sgorgare dal Suo costato aperto, può in noi causare ansia
e scoraggiamento il nostro passato, forse non sempre raggiante e puro, anzi, oscuro e storto almeno in alcuni periodi della vita. Può darsi che la contrizione non sia stata sufficiente oppure
sia mancato il proponimento forte di non commettere più peccati o che non si sia compiuta la penitenza data o che non si sia confessato tutto; ma anche se Dio ci ha già perdonato, veramente vorrà darci adesso più grazie e, anche se ce le volesse concedere, per quali motivi lo farebbe? Questi e altri dubbi ci possono turbare fino a minare la speranza.

Si deve tuttavia necessariamente eliminare ogni dubbio fin dall’inizio, combattere in se stessi
la paura e le ansie, considerandole tentazioni molto pericolose e combatterle con la giaculatoria “Gesù, confido in Te!”. Tu mi assicurasti il perdono, quando rimettesti alla Maddalena le colpe
di cui si rammaricava, quando perdonasti Pietro una volta pentito, quando promettesti il paradiso al malfattore sulla croce. Tu assicurasti che ci sarebbe stata più gioia per un peccatore pentito che per novantanove giusti. Tu sei il buon pastore, che lascia il gregge delle pecore buone sul pascolo e va a cercarne una smarrita, tu mi cercavi, quando mi ero impegolato nelle spine del peccato
e mi ero ferito dolorosamente e,  trovatomi, mi hai preso tra le braccia ed adesso mi stai guarendo con cura le ferite del peccato nella mia anima. Gesù, confido in Te. In Te, non nelle promesse illusorie del mondo bugiardo… In Te, non nelle tentazioni astute e scaltre di Satana…

In Te, non nelle passioni sfrenate ed esuberanti… Confido instancabilmente che tutte le azioni della mia vita si trovino nell’eternità, fuorché i peccati, che Gesù ha annientato nel sacramento della penitenza e che li dimentichi così come dimenticò la vita di peccato della Maddalena,
il rinnegamento di Pietro, la persecuzione di Saulo, come anche dimenticò le colpe di Agostino; basta che io mi penta ancora. L’ultima pietra del male, che comunque appartiene al passato, dovrebbe diventare la pietra angolare al nuovo edificio della santità. Gesù, confido in Te.

L’ansia e lo scoraggiamento possono essere dovute al nostro stato attuale, al nostro carattere pieno dei vizi, magari, alle nostre cadute, le quali, nonostante il proposito di migliorare, continuano a ripetersi frequentemente nostro malgrado. Si deve, perciò, ricordare la sentenza ascetica memorabile che sulla terra non esiste nessuno stato di perfezione ma soltanto l’aspirazione. La santità sulla terra non è niente di stabile, è uno stato dinamico come disse
il Salvatore. “Da allora in poi viene annunziato il Regno di Dio e ognuno si sforza per entrarvi”
(Lc 16,16). Ciò si nota nelle numerose parabole del Signore Gesù; nella parabola di dracma perduta…, del grano di senape crescente, particolarmente nella parabola dei servi e dei talenti. Solo coloro che lavorano, riceveranno il guadagno. Soltanto a coloro che, dopo avere ricevuto
i talenti, sono andati ad impiegarli e ne hanno guadagnati il doppio, il salvatore celeste promette il regno dei cieli. “Siate perfetti come il Padre Celeste ”.

Quanto di più ci avviciniamo al fine irraggiungibile, tanto più numerose troviamo in noi le mancanze. Per questo non dobbiamo scoraggiarci, ma senterci stimolati ad appoggiarsi nel nostro maestro, nel tentativo di uscirne. E’ dogma della fede che la grazia divina è necessaria per la salvezza; con le nostre proprie forze non siamo in grado di evitare i peccati veniali quotidiani. Perciò la fiducia nell’aiuto promesso dal salvatore nostro è il migliore rimedio a tutti i dubbi dovuti dallo stato di imperfezione attuale delle nostre anime.

L’ansia e lo scoraggiamento possono essere dovuti anche di più all’incertezza del futuro: persevererò, ce la farò oppure crollerò, come potrò andare avanti, se fino adesso non ho fatto
i grandi progressi? Il Signore Cristo disapprova tali previsioni e dice: “Non affannatevi dunque
per domani, perché il domani avrà già le sue inquietudini. A ciascuno giorno basta la sua pena.”
(Mt 6, 34) L’autore ben conosciuto di “Sì, Padre” afferma che “essere santo significa vivere completamente il presente”. E’proprio così, perché siamo responsabili solo dei momenti presenti, non di quelli futuri. Perciò fantasticare è pericoloso quanto riflettere ed considerare male il passato. Se a qualcuno risulta difficile resistere alla riflessione sul futuro, che si presenta nero, risvegliando ansia e dubbi per quanto potrebbe capitare, egli si aiuti con la giaculatoria
“Gesù, confido in Te” La fiducia nella misericordia di Dio ristabilirà la pace interiore, turbata
dalla paura del futuro, perché “Dio è il nostro scudo e la nostra corazza” come lo dice il salmista.

Ciò comporta che la fiducia nella misericordia di Dio ha un ruolo privilegiato nella vita spirituale come nessun’altra virtù, perciò il Salvatore la raccomanda più vivamente, dicendo per un verso: “Senza di me non potete far nulla” e per altro verso: “Abbiate fiducia, io ho vinto il mondo!”,
Abbi fiducia, figlia, i tuoi peccati sono perdonati”, “Abbi fiducia e vedrai la gloria di Dio”, “Perché hai dubitato, uomo di poca fede”, “Non abbiate paura, io sono con voi” ecc. Perciò prima di tutto dobbiamo consolidare la nostra fiducia riguardo al passato, al presente ed al futuro, perché solo così avremo il perno della nostra vita interiore, solo così ci troveremo su un terreno solido nel nostro lavoro educativo con noi stessi e in futuro con le altre anime, solo così potremo fare olocausto di noi stessi con i voti, offrendoci senza nessuna riserva al Signore Dio, al Suo servizio esclusivo.

Oggi si parla tanto di servire il Signore con gioia, perché essa è veramente indispensabile. “Servite il Signore con gioia” esclamava il salmista. Però non la si può estorcere contro la propria volontà. Essa arriva e sparisce di frequente impercettibilmente, giacché la gioia è un sentimento piacevole che nasce in chi è in possesso di un certo bene. La durata della gioia dipende dalla durata del bene; con esso appare e con esso sparisce, se lo perdiamo oppure ci rendiamo conto della sua vanità od almeno della sua imperfezione. La sofferenza, quando viene vissuta senza scopo, di solito bandisce e divora la gioia. Invece la sofferenza, accolta e vissuta con un’intenzione buona genera una gioia bellissima, purissima e permanente, come la ebbero
i martiri. Tale sofferenza ci avvicina a Dio, al sommo bene, che è il solo a concederci la gioia perenne.

Perciò è la fiducia nella misericordia di Dio che trasforma la sofferenza nella gioia permanente.
E, mediante la giaculatoria “Gesù, confido in Te”, l’anima sofferente viene inondata nel suo profondo da la pace infinita, capace di irradiare esternamente la gioia. Nella tristezza bisogna cercare la consolazione affidandoci con fiducia alla misericordia di Dio, come la trovavano i santi; in tale fiducia si trova il segreto della gioia soprannaturale, nonostante le lacrime amare che continuano a fluire dagli occhi sgomenti. Soltanto Maria Immacolata che ebbe fiducia illimitata, poté inneggiare l’inno di gioia: “il mio spirito esulta in Dio, mio Salvatore”, come cantò non solo quando incontrò la cugina Elisabetta, ma probabilmente anche sotto la croce quando la spada
del dolore ne trafisse  il cuore, perché ella sempre lodava  la misericordia di Dio in cui confidava.

“Di generazione in generazione la sua misericordia
si stende su quelli che lo temono
Ha soccorso Israele, suo servo,
ricordandosi della Sua Misericordia”
(Lc 1, 50.54)

Sulla terra tutto passa: passano irreparabilmente i giorni della vita avvicinandoci a quello della morte, con la quale passeremo all’eternità; con la vita passa la gioia terrena che assomiglia vagamente a quella che ci aspetta nell’eternità, ove prenderemo parte della pace eterna senza nessun turbamento e smarrimento. Colui che spesso ripeteva durante la vita “Gesù, confido in Te” non verrà sorpreso dalla morte addormentato, ma vigilante coi fianchi cinti, fiducioso, quasi come con la fiaccola accesa. Con l’ultimo respiro dirà “Gesù, confido in Te” e subito dopo sentirà
il richiamo delizioso: “Vieni, benedetto, alla gioia eterna”. Ovviamente la fiducia non può diventare il quietismo oppure la fiducia esagerata. Soltanto se unita con la penitenza vera
e sincera, essa diventa una capacità morale giusta.

Senza tale unione può trasformarsi nel peccato contro lo Spirito Santo, isolenza che inibisce l’azione della grazia divina nell’anima. Peccare contro la fiducia nella misericordia di Dio è la più gran disgrazia, perché, come afferma l’autore di “Sì, Padre”, non tanto il peccato, quanto la persistenza in esso è il male peggiore. Il quietismo inclina a tale persistenza. Perciò, care sorelle in Cristo, pronunciando le parole “Gesù, confido in Te” dovremo fare tutto ciò che ci è possibile
al fine di corrispondere alla grazia di Dio e collaborare debitamente con essa. Innanzitutto, in conformità con la regola, senza una ragione importante, non possiamo omettere la riflessione giornaliera, che è indispensabile.

Mediante essa si allarga e consolida la nostra conoscenza di Dio e della Sua misericordia, manifesta a noi soprattutto attraverso la vita, passione e morte del Signore Gesù, attraverso la vita eucaristica del nostro salvatore, nel sua dolcissimo cuore e in quello della Sua dilettissima madre, che è la nostra madre di Misericordia. Bisogna, comunque, sapere che è meglio rimanere nella riflessione una mezz’ora intera senza sosta invece di pregare due volte al giorno quindici minuti. Nel primo caso si approfondisce di più, nel secondo si perde tanto tempo per la preparazione
e il raccoglimento, senza i quali la riflessione solitamente è poco fruttuosa. E’ bene conoscere, particolarmente all’inizio, il metodo di San Ignazio ed esercitarsene. Dopo ogni anima può fare
la riflessione secondo il proprio metodo. La preghiera non è l’unico segno della nostra vita pia, però rimane il segno sostanziale della nostra vera religiosità.

Oltre a ciò bisogna ogni giorno fare l’esame di coscienza, sia generale sia particolare, la lettura spirituale della Sacra Scrittura e dei libri ascetici, lo studio della teologia e del diritto  canonico, conoscere meglio la storia della nostra Madre Chiesa, conversare su temi spirituali con le consorelle e su quelli riguardanti la vita interiore con la maestra, rimanendo fedeli allo stesso tempo al compimento dei propri compiti familiari, affinché la pace della casa non sia turbata.
Ciò non è facile, però, con l’aiuto di Dio e la buona volontà, tutto si può migliorare, lasciandoci guidare dalla prudenza, che è la guida di tutte le virtù, auriga virtutum. Soprattutto bisogna preoccuparci di realizzare debitamente tutto ciò che ci obblighiamo o ci obbligheremo a compiere attraverso i voti.

Questa è l’aspetto più importante che dovrebbe diventare il principale oggetto dei nostri sforzi
Il Signore Dio smarrirà colui che violenta la Chiesa di Dio”, grida il profeta; mediante il voto la nostra anima e il nostro corpo diventano la chiesa di Dio, la dimora dello Spirito Santo. Mediante il voto di castità, che pronuncerete, diventerete il tempio del Signore. Poichè a Maria, tempio vivo, Dio diede il privilegio di essere l’Immacolata Concezione, pensate quanto voi, quali spose del Salvatore, dovete cercare di rimanere intatte nei pensieri, nelle parole e nelle azioni.

Bisogna rigorosamente evitare le occasioni e le tentazioni e combatterle con  tranquillità, però con decisione, fin dall’inizio, dicendo subito: “Gesù, confido in Te”, nella condizione in cui vi trovate al momento. È difficile precisare l’oggetto dei voti di povertà, obbedienza e pratica della misericordia, perciò vi basti effondere una promessa. Anch’essa tuttavia deve essere praticata seriamente, perché riguarda Dio. Cercherò di delineare il mio parere in proposito.

L’oggetto del voto di povertà comporta, rispetto ai beni temporali, l’atteggiamento di distacco
di chi sa di non poter disporre liberamente della proprietà legalmente ottenuta, ma sempre
in tutto parla con la maestra e chiede l’autorizzazione  per attuare i propri progetti.

L’oggetto del voto di obbedienza comporta la sottomissione della propria volontà, se non in tutte le azioni, il che attualmente è impossibile, almeno in un ambito preciso scelto in accordo con la maestra. Si può per esempio limitare l’ambito dell’atteggiamento da tenere  verso le persone con cui si vive quotidianamente,  genitori, sorelle o fratelli, e decidere di non far niente senza averle prima consultate, oppure almeno di non fare quello chi a loro dispiace. Ovviamente solo se una tale decisione non coincide con un’altra  già precedentemente convenuta.

Adesso bisogna soprattutto lottare contro almeno uno dei vizi, per esempio contro quello che
è più diffuso, cioè l’ egoismo oppure l’ esagerato amor proprio, che è la malattia dei nostri tempi, malattia individuale, nazionale e sociale, che è la morte di Dio e del prossimo, tomba della pace interiore ed esteriore, sorgente di confusione, di ogni contesa e guerra, seme di peccato e di oltraggio. Questo vizio limita la nostra prospettiva sul mondo, diminuendola sempre di più.

Rende impossibile la vita comunitaria, trasformando a volte il luogo di preghiere e di raccoglimento in una caverna delle iene che si mordono e si odiano reciprocamente. Perciò si deve subito e con forza sradicare quel vizio, prendendo come modello il Maestro Divino, il quale disse: “Imparate da me che sono mite ed umile di cuore”. Solo uno che si sia liberato di se stesso, del suo esagerato amor proprio, può diventare grande ed aperto, ricettivo nei confronti dell’azione
della grazia di Dio, può dire onestamente e senza ipocrisia: “Gesù, confido  in Te”.

Mi è impossibile scrivervi tutto ciò che vorrei, mi manca sia il tempo sia lo spazio. Spero che voi stesse, con una guida illuminata conosciate, capiate e mettiate in pratica tutte le indicazioni di Cristo e della sua sposa, la chiesa, inerenti ad un fine così nobile quale è la vita religiosa. Spero che la misericordia di Dio non  limiti le grazie alle Sue combattive serve. Esse si sono proposte uno solo obiettivo davanti ai loro occhi. Spero che la Madre della misericordia vi prenda sotto
il suo mantello in modo particolare e che guidi i vostri passi.

Spero che l’angelo custode di ognuna di voi, sotto la comando del principe degli spiriti celesti,
san Michele Arcangelo, vi guidi sulla via diritta, vi ammonisca con la voce interiore e vi parli mediante la bocca dei confessori e dei padri spirituali, vi sostenga con ispirazioni e preghiere
al cospetto del trono dell’Altissimo. Auguro a tutte voi ed ad ognuna personalmente che il giorno 11 di questo mese sia il giorno del vostro fidanzamento con Gesù e che, nell’anno prossimo,
esso diventi il giorno delle nozze delle vergini sagge, con le lampade accese di amore e di fiducia, per far luce agli altri uomini. Prego con fervore ogni giorno con queste intenzioni e, specialmente in quel giorno, ripeterò le parole del salmista “Mostrami, Signore, la tua misericordia e donami la tua salvezza!”.

In Dio, don Michele, 9.04.1942

LETTERA III

“Misericordia Dei confidentibus  in Eum,
Misericordia di Dio per coloro
che confidano in Lui!”

Care Sorelle in Cristo,
Ogni grande idea si esprime solitamente con parole brevi, che diventano la parola d’ordine
dei loro propugnatori. Anche l’idea della misericordia di Dio dovrebbe averne una, con la quale
si possano riconoscere i suoi adoratori, un motto per i suoi apostoli, con quale salutarsi ogni volta si incontrano  e nella quale si compendiano la profondità ed il programma dell’apostolato.
Alla ricerca di tale parola d’ordine sono ricorso alla Sacra Scrittura, alla lettera di Dio per
gli uomini – e vi ho trovato due espressioni molto adeguate e una di esse può essere da noi assunta come la parola d’ordine: “La Misericordia di Dio per coloro che operano misericordia”
e “La Misericordia di Dio per coloro che confidano in Lui”. Tutte e due s’incontrano diverse volte nella Sacra Scrittura, letteralmente oppure come un pensiero fondamentale delle pericopi più lunghe o più brevi. Mi sembra, perciò, che tutte e due siano adeguate, ma io propendo per la prima.

Questa parola d’ordine è presente in tutti i libri dell’Antico Testamento, però più spesso
la si può incontrare nei Salmi, di cui addurrò alcuni brani. Nel Salmo 13, Davide si sente del tutto abbandonato ed esprime grande fiducia solo nella misericordia di Dio: “Nella tua misericordia ho confidato/ Gioisca il mo cuore nella tua salvezza” (Sal 13, 6). Nel Salmo 17, il re ispirato supplica
il soccorso di Dio contro la crudeltà dei nemici, esprimendo fiducia in Dio misericordioso ”Mostrami i prodigi del tuo amore / tu che salvi dai nemici / chi si affida alla tua destra” (Sal 17, 7). Nel Salmo 21, Davide ringrazia della vittoria attribuendola alla fiducia riposta nella misericordia
di Dio “Perché il re confida nel signore / per la fedeltà dell’Altissimo non sarà mai scosso” (Sal 21, 8). Nel Salmo 31, lo stesso autore davanti ai grandi pericoli che lo minacciano prega al Signore
e fa riferimento anche alla fiducia “ma io ho fede nel Signore / Esulterò di gioia per la tua grazia
(Sal 31, 7b-8a).

Nel Salmo 32, esprime la propria gioia perchè il Signore ha perdonato a colui che ha confidato
in Lui “Molti saranno i dolori dell’empio / ma la grazia circonda chi confida nel Signore
(Sal 32, 10). In quasi tutto il Salmo 33 risuona il messaggio che tutto avviene, non come la gente desidera, ma come Dio misericordioso guiderà gli eventi “Ecco, l’occhio del Signore veglia
su chi lo teme, / su chi spera nella sua grazia
” (Sal 33, 22). Lo stesso nel Salmo 52 “Io invece
come olivo verdeggiante / nella casa di Dio. / Mi abbandono alla fedeltà di Dio / ora e per sempre
” (Sal 52, 10) e nel salmo 86 “Tu sei buono, Signore, e perdoni, / sei pieno di misericordia
con chi ti invoca
” (Sal 86, 5). Nel Salmo 103, Davide identifica la fiducia con il timore figliale “Come il cielo è alto sulla terra, / così è grande la sua misericordia su quanti lo temono
(Sal 103, 11).

Nel salmo 143, lo stesso autore ispirato, di fronte alla ribellione del figlio Absalom chiede aiuto
il più presto possibile ed è sicuro di ottenerlo di ottenerlo “Al mattino fammi sentire la tua grazia, / poiché in te confido” (Sal 143,8). Nel Salmo 147, l’autore ispirato chiede al creato di lodare Dio, perché “il Signore si compiace di chi lo teme, / di chi spera nella sua grazia” (Sal 147, 11).
Infine il Salmo 136 può essere considerato quasi una litania della misericordia di Dio nell’Antico Testamento, perché il salmista, enumerando ogni beneficio ottenuto da chi confida in Dio, aggiunge in ogni strofa il ritornello: “Perché eterna è la Sua misericordia”.

Non riporto ulteriori citazioni della Sacra Scrittura, limitandomi ad un brano solo del Nuovo Testamento, il più peculiare: ”Andiamo con fiducia alla capitale di grazie, perché possiamo sperimentare la misericordia e trovare grazia”. Qui l’Apostolo delle Genti richiede la fiducia
e garantisce la misericordia di Dio a tutti coloro che in essa confidano. Presuppongo, perciò,
che il primo testo sia più appropriato, perché corrisponde di più alla giaculatoria messa sotto l’immagine, con la differenza che la prima forma è più esclamativa, la seconda, invece, più indicativa.

“Con le parole si manifesta la volontà, con le azioni la potenza”, disse Mickiewicz, esprimendo così una ben conosciuta verità di vita, più volte confermata nella Sacra Scrittura, ma in modo particolare sottolineata dal Salvatore nella parabola sugli operai e sui talenti. Nell’azione
si manifesta il nostro valore presso Dio e gli uomini. Perciò ci dovremmo preparare debitamente
ed  esercitarci ora, in conformità con il tipo di azione prescelto (interiore, contemplativa
o esteriore). Nel nostro modo di agire, sia quello esteriore sia quello interiore, lo scopo principale dovrebbe essere duplice: la gloria di Dio e il profitto per il prossimo. La gloria consiste nel conoscerLo ed amarLo sempre di più, meditando la misericordia di Dio; il profitto invece comporta il compito di compiere atti di misericordia verso l’ anima ed il corpo del prossimo. Quest’ultimo
ha un’importanza  pregnante ai nostri giorni, perché tra la gente si riscontrano tante sperequazioni e divergenze di idee.

Che cosa ha causato tale divisione tra la gente? Soprattutto la deviazione da Dio. Chi non sa oppure si dimentica che Dio è il Padre di tutti gli uomini, non riconosce la fraternità esistente
tra le genti delle diverse nazioni. Un ruolo non secondario va riconnesso anche alla questione sociale. Questa si chiede se prevalga lo spirito di egoismo oppure di sacrificio, se la base della società sia lo sfruttamento dei deboli a vantaggio dei potenti oppure se l’organizzazione stessa imponga sacrifici a tutti, nell’interesse del bene comune, innanzitutto però prendendosi cura dei più deboli. Ci sono tanti uomini che hanno troppo e pretendono ancora di più, non di meno ci sono coloro che hanno molto poco, anzi, che non hanno quasi niente e che vorrebbero ricevere viene loro rifiutato.
Tra questi due estremi contrapposti potrebbe scoppiare una lotta – una lotta tanto più terribile
in quanto, da una parte, contende la potenza d’oro e dall’altra la potenza del desiderio
di possederlo, che rasenta la disperazione. Guardando quello che accade si può profetizzare
che tale lotta non cesserà fin quando la gente non si volgerà alla misericordia di Dio e non incomincerà ad imitare Dio in quell’ attributo, con atti di misericordia verso il prossimo.

Il cristianesimo garantisce il diritto di proprietà, conforme al comandamento “non rubare”,
il quale d’altronde sgorga dalla legge naturale, dall’imperfezione della natura umana dopo
la caduta, lo garantisce, però, come utile a rendere il sacrificio, come condizione per poi liberarsene , come una particella di libertà, senza la quale uomo non avrebbe avuto il merito.

La Chiesa solo approssimativamente chiede una decima del guadagno per le opere della misericordia, però non lascia senza vincoli le altre novanta per cento parti del reddito, richiedendo che in ogni istante siano disponibili per il bene comune, nella misura nota solo a Dio. Oltre all’ elemosina materiale, bisogna anche portare l’elemosina in spirito ai poveri, cioè  trattenere rapporti d’amicizia con loro, sostenerli con un consiglio, intruirli, pregare per loro. Sedendo accanto al lettuccio di ammalati e sofferenti, entrando nei segreti di cuori amareggiati,
di coscienze svuotate, nelle case private, negli ospedali, nelle botteghe, nelle scuole, nelle città
e nelle campagne, in varie condizioni, pienamente conosceremo tutti gli aspetti di questo programma, inizieremo a realizzarlo, contribuiremo a rasserenare le menti inquiete.

L’elemento individuale insito in atti di misericordia consiste nella santificazione personale
di quanti compiono tali atti. Niente nobilita l’uomo quanto vedere nei poveri materialmente
e spiritualmente presente lo stesso Cristo Signore; mettendo le mani nelle loro piaghe, materiali oppure spirituali, immaginare che si tocchino le piaghe sulle mani, sulle gambe, sulla testa e sul costato dello stesso Salvatore. Riconoscere in loro i nostri padroni e in noi stessi i servi.

Chiamarli  messaggeri di Dio, chiamati ad esistere per provare fino a che punto imitiamo Dio nel suo specifico attributo. Ciò significa che i poveri non sono superflui. Il Salvatore disse: “I poveri li avrete sempre con voi”. Un povero che soffre serve Dio e la società, così come colui che prega.
Egli compie l’ufficio espiatorio, l’olocausto di cui i meriti scendono su di noi, perché egli porta
un peso più grande di quello che possono portare gli altri e nella sua preghiera risuona una potenza che dalla natura apre alla sopra-natura e, tirandone la tenda, rende l’implorazione
ed l‘invocazione di milioni di persone.

Noi invece abbiamo la possibilità’, con l’aiuto di Gesù Cristo, re della misericordia, fondandoci sulla Sua misericordia, di rendere misericordia alla gente e  contribuire al cammino di  santificazione, aiutandola a crescere nella santità e svolgere così un’influenza positiva sulla società. Colui che confida in Dio misericordiosissimo, non sarà soltanto il passivo ricevente
delle grazie, ma cercherà di compiere le opere della misericordia.

Aggiungo i saluti a tutti   Don Michele

LETTERA IV
IL SANTISSIMO SACRAMENTO DELL’ALTARE

Gesù, confido in Te!
06. 08 1942. Carissime Sorelle in Cristo, Visitando otto anni fa la Terra Santa, sono rimasto particolarmente impressionato dalla vista, sul Monte Tabor, del luogo della Trasfigurazione
del Signore. Il Signore Gesù, consapevole dell’avvicinarsi della Sua passione, volle consolidare nella fede nella sua divinità gli apostoli prescelti (Pietro, Giacemmo e Giovani) e si manifestò loro in tutto lo splendore della Sua gloria e della maestà. Offrendo in quel luogo a Dio il sacrificio incruento, mi sono ricordato, o meglio, mi sono reso conto che il Cristo Signore fa il miracolo della Trasfigurazione ogni giorno, non solo davanti agli Apostoli prescelti, ma davanti a tutti i presenti, in tutti i nostri santi templi, durante la santa messa, ove, benché non manifesti apertamente lo splendore della Sua gloria e maestà, operando la transustanziazione del pane in carne e del vino in sangue, risveglia la nostra fede agli stessi sentimenti che ebbero gli apostoli sul Monte Tabor.

Il santissimo sacramento è la manifestazione dell’illimitata misericordia di Dio. La misericordia
di Dio consiste nel rivolgersi del creatore alle creature, allo scopo di farle uscire dalle miserie
e cancellare le mancanze. Ebbene, nel santissimo sacramento dell’altare, la parola eterna,
“per la quale tutto si è fatto”, non solo si rivolge, ma si offre come dono perfetto alla gente, donandosi continuamente con la Sua somma saggezza, potenza e generosità. “Prendete
e mangiatene, questo è la mia carne”
 – dice il Salvatore.

Com’è straordinaria questa espressione! Nutrirsi di Dio, incarnare in sé Dio, diventare il tabernacolo vivente di Dio, ricevere il corpo di Gesù, il quale morì sulla croce, giacque nella tomba, salì al cielo, siede alla destra del Padre, ove è la gioia degli angeli, la gloria del cielo,
lo stupore degli spiriti benedetti. Assieme al corpo c’è il sangue, l’anima e la divinità, che ne sono inseparabili. “Fate questo in memoria di me” – cioè prendete il pane, dite come dico io: 
“Questo è il mio corpo”
 e, in quel momento, il pane diventerà il Mio corpo sulle mani di tutti
i sacerdoti senza eccezione, perché la potenza delle Mie parole non dipende dai meriti di colui che le pronuncia.

Questo sarà il Mio corpo per tutti i secoli, in tutti i luoghi, Mi moltiplicherò su milioni di altari,
in miliardi di ostie e particelle, però in ognuna rimarrò intero, vivo, presente con umanità e divinità. Come si può estrinsecare la perfezione di quel dono misericordioso, come paragonarlo con qualunque altro? Gli altri doni di Dio, anche tutti i sacramenti trapassano, ma il santissimo sacramento è un dono continuo che dura in ogni momento, sia di notte sia di giorno,
fino alla fine dei tempi. Egli rimane con noi pronto ad ascoltarci, continua ad intercedere per noi presso al Padre celeste, a contemplare le Sue perfezioni, a lodarle, si umilia nel nostro nome per dare gloria a Dio, continua a ringraziare nel nostro nome, implora il perdono dei nostri peccati, ricompensa e rende soddisfazione, incessantemente si offre come il nostro mediatore davanti
al Padre celeste, per allontanare il colpo della giustizia ed ottenere la misericordia.

Quando il nostro emisfero è sommerso nel sonno, nell’altro emisfero i sacerdoti tengono in mano l’olocausto per i peccati del mondo. In tal modo il nostro mediatore è continuamente sospeso
tra il cielo e la terra dinanzi al Padre celeste, coprendo il mondo peccaminoso con le sue piaghe come lo vide suor Faustina in un’estasi. Noi lo dimentichiamo, Egli non cessa di ricordarsi di noi; noi lo offendiamo, Egli persiste ad offrirsi per noi; noi lo attristiamo, Egli ci consola; noi cadiamo sotto i colpi delle tentazioni, Egli continua ad alzarci, ci fortifica e ci chiama: “Venite da me che siete affaticati ed oppressi ed io vi darò sollievo”.

Possiamo, perciò, arguire che il Santissimo Sacramento è un dono continuo della misericordia; che il nostro cuore sarebbe duro, se non si spronasse all’amore ed alla gratitudine sempre
più grande verso Gesù, nostro Signore e la santa comunione, ricevuta in maniera sempre più dignitosa. Ella è un tesoro infinito di grazie che possiamo ricavare ininterrottamente senza mai diminuire, con cui possiamo ripagare i nostri debiti e soddisfare le nostre necessità e quelle
del mondo intero.

La misericordiosa offerta da Cristo, nostro Signore alla gente, nel santissimo sacramento,
è la manifestazione della saggezza, della potenza e della generosità divina. La saggezza
sta nel trovare il fine adeguato ed i mezzi che consistono in tutto ciò che troviamo nel sacramento dell’Altare. Il Signore Gesù è tornato al Padre, però non ci abbandona, ha nascosto il suo splendore sotto il velo eucaristico, donandoci la possibilità di esercitarci con fede in ciò che non vediamo, ci insegna, indossando su di Sè la semplice forma del pane, la semplicità e la modestia nel modo di vestirci, ci insegna l’umiltà, la vita nascosta, il distacco dal mondo, il sacrificio e il rinnegamento della propria volontà, nell’obbedienza, il rinnegamento dei beni materiali, nella povertà; ricevendoLo sotto la forma di nutrimento, c’incoraggia ed esercita non solo a rimanere strettamente uniti a Lui, ma a lasciarci costantemente trasformare e edificare.
La saggezza eterna ci ha preparato una lezione esplicita sulla misericordia di Dio, che continua
a persistere, a rialzare l’uomo volto a partecipare alla vita divina ed all’unione sempre più stretta col Redentore.

La potenza divina si manifesta nei miracoli che si ripetono continuamente nel santissimo sacramento: il miracolo della trasfigurazione del pane nell’essenza del corpo di Cristo
e del vino nell’essenza del Suo sangue, il miracolo della presenza Sua sugli altari, senza cessare di rimanere nel cielo, il miracolo della Sua presenza in ogni particola, anzi, in ogni particella,
il miracolo della forma del pane e del vino che mantengono il proprio gusto e colore, il miracolo che tutto ciò succede dopo che il sacerdote ha pronunciato sull’altare le parole di consacrazione.

Sant’Agostino, riflettendo sulla potenza divina che si manifesta nel sacramento dell’altare, escalmò:“Iddio, benché Tu fossi il più saggio, non potresti fare niente di migliore; sebbene Tu fossi onnipotente, non potresti fare niente di più perfetto; ancorché Tu fossi il più ricco, non avresti niente di più prezioso che il Santissimo Sacramento”. San Giovanni apostolo, nel suo Vangelo, fin dall’inizio, parla della Parola Eterna, che si fece carne e venne ad abitare in mezzo noi e, cominciando il racconto dell’Ultima Cena, in cui fu instaurato il Santissimo Sacramento, innanzitutto ricorda che Dio  Padre aveva dato, nelle mani del Figlio, ogni potenza e forza.

Riconosciamo la generosità di uno che ci ama dal dono offertoci, particolarmente quando non c’è dovuto e quando non aspettiamo niente da costui. Da Gesù nostro Signore non c’è dovuto niente; nonostante ciò, Egli ci dona non solo le grazie, ma se stesso. Ci si dona in un modo che rovescia tutte le leggi della natura, tramite i miracoli più straordinari, umiliandosi per la sua misericordia, sopportando disonore, insulto, sacrilegio, come risulta dal giorno in cui ha stabilito il santissimo sacramento. Che cosa aspettava? Sapeva che dalla gran parte della gente avrebbe ottenuto indifferenza, tiepidezza, abbandono, talvolta le peggiori insolenze e bestemmie. Malgrado
ciò lo accettò per la sua misericordia.

Mediante il sacramento dell’altare, continua a mantenersi la relazione tra il cielo ed il purgatorio. Per un verso il Salvatore, nell’offerta della santa messa, si dona al Padre celeste per l’umanità, per alto verso il Padre celeste ci dona il Suo Figlio nella santa comunione, la cui l’efficacia si stende su vivi e morti. Ai vivi dà forza, consolazione e gioia, alle anime sofferenti nel purgatorio, tramite le nostre preghiere, dà sollievo, li addolcisce nelle sofferenza. L’esperienza ci convince
di questa verità. L’anima che vede che Dio le si dona per prima, sente come la cosa giusta donarsi a Lui completamente. Non solo lo desidera, ma è piena di buona volontà e di santo zelo che
la trasformano, che le fanno trovare la gioia, nei sacrifici, e la forza, per superare gli ostacoli.
Il Sacramento dell’Altare non solo rialza l’anima, ma anche indebolisce il nemico, perché come dicono i Padri del Concilio di Trento, indebolisce il fuoco della passione e decresce l’impulso della carne.

Oh, quale tristezza ci sarebbe stata senza il santissimo sacramento! Nelle Chiese niente  avrebbe parlato al nostro cuore (come si vede nelle chiese protestanti). Il mondo sarebbe stato un esilio senza la consolazione nelle sofferenze, senza la luce nelle tenebre e senza consiglio nei dubbi.
Il santissimo sacramento, invece, cambia tutto in gioia: le chiese diventano il paradiso, ove si può pregustare la patria ed ove si può inneggiare con il salmista: “Quanto sono amabili le tue dimore,
\ Signore degli eserciti! \ Il mio cuore e la mia carne \ esultano nel Dio vivente.”
 (Sal 84, 2.3b)

Come siamo felici malgrado le calamità dell’ambiente.
Come siamo sicuri, nonostante i pericoli.
Come siamo ricchi, anche se la miseria ci circonda!
Come siamo forti, malgrado l’enormità dei nemic!
Come siamo gioiosi, a dispetto del fiume di lacrime!
Come sono straordinarie la gloria e grandezza in noi, nonostante l’umiliazione e il disprezzo.
Dio ci rende onore, scendendo dalla dimora della Sua gloria per poterci visitare ed esserci compagno nel nostro pellegrinaggio. Per Sua misericordia, ogni giorno si ripetono questa discesa e visita Sua in tutti i templi: anche adesso, in vari posti, Egli si fa  quasi prigioniero solitario perché possiamo avere facile acceso a Lui, perché Egli possa ascoltare le nostre richieste.
Quale questa gloria è per noi!

Tramite il santissimo sacramento si realizza la comunione dei santi sulla terra, nel cielo e nel purgatorio. Come due misure equivalenti ad una terza sono uguali tra di loro, così tutte le anime che ricevono lo stesso corpo del Salvatore nell’unico amore di un solo sposo, si uniscono strettamente, nonostante lo spazio terreno ed il diverso stato di vita dopo la morte. In Lui ci uniamo con i santi nel cielo, da cui otteniamo aiuto. In Lui ci uniamo anche con le anime del purgatorio ed a loro assicuriamo consolazione e refrigerio. “Per ipsum, cum ipso, et in ipso
– per Cristo, con Cristo ed in Cristo si realizza la comunione dei santi come professiamo
nel nostro Credo.

I santi nel cielo gioiscono soprattutto per l’umanità di Cristo, sempre presente anche nel santissimo sacramento, per il Suo dolcissimo volto, sorgente di ogni loro bellezza, bontà e felicità, per il Suo cuore, la cui la misericordia essi hanno sperimentato su di sé. Gioiscono delle Sue ferite, attraverso le quali leggono con quale prezzo sono stati ripagati i loro tradimenti. Come un naufrago sopravvissuto, quando già nel porto, con gioia e gratitudine, rinfrancato dal timore dei pericoli passatiti, si stringe ai piedi di colui che si è gettato nella corrente per salvarlo,  con lo stesso trasporto essi inneggiano quegli inni di ringraziamento che Giovanni sentì e scrisse nell’Apocalisse: “A Colui che siede sul trono e all’Agnello lode, onore, gloria e potenza, nei secoli dei secoli” (Ap 5, 13) “(…) perché sei stato immolato e hai riscattato per Dio con il tuo sangue uomini di ogni tribù, lingua, popolo e nazione e li hai costituiti per il nostro Dio un regno di sacerdoti e regneranno sopra la terra.” (Ap 5, 9).

Anche noi sulla terra gioiamo della presenza del Cristo-Uomo sui nostri altari e, pur non vedendoLo direttamente, grazie alla fede, vi ritroviamo i Suoi tratti con le perfezioni divino-umane e, tramite Lui, ci uniamo ai santi nel cielo e alle anime che del purgatorio, sotto la sua giustizia,
e intercediamo per loro alla Sua misericordia.
Nel santissimo sacramento veniamo continuamente innondati dalla misericordia di Dio.
Ciò ci obbliga a rispettarLo e amarLo, a fare la santa comunione di frequente ed in modo degno,
a visitarLo nella Chiesa.

Quanto è terribile questo luogo!” (Gn 28, 17) disse Giaccone, dopo essersi svegliato dal sonno
in cui aveva visto la scala che univa la terra al cielo. Tanto più può rispettare queste parole un cristiano credente di fronte al tabernacolo, in cui viene conservato il santissimo sacramento. “Questa è proprio la casa di Dio” (Gn 28, 17), cui si deve la somma gloria. Quanto più il Signor
Gesù si umilia nel santissimo sacramento, tanto più dobbiamo renderGli onore.

Il Padre celeste ce ne diede esempio, quando fece scendere gli angeli verso la mangiatoia
del figlio, perché onorassero il re dei re e perché annunziassero la Sua gloria a quanti abitavano nelle vicinanze. Sulle rive del Giordano aprì il cielo e rese testimonianza ai peccatori del Suo amatissimo figlio, di cui si era compiaciuto. Quando la malizia umana Lo inchiodò in croce
e Lo coprì di sommo disprezzo, il Padre celeste fece oscurare tutta la terra, resuscitare i morti, mentre un terremoto  spezzava le rocce.
Questo ci spiega quanto grande dovrebbe essere il nostro amore nei confronti del Signore Gesù, che si è umiliato nel santissimo sacramento, perché lì davvero si è voluto umiliare. Nella mangiatoia almeno aveva la forma di un neonato, sulla croce conservava la forma umana,
invece qui non ha più niente di simile all’uomo e tanto meno a Dio. Agli occhi umani ha una forma poco pregevole, in cui, comunque, è nascosto un raggio della stessa grandezza che illuminò Mosè sul Monte Sinai ed i discepoli sul Monte Tabor.

Questa particola sulla patena contiene Dio infinito, che i cieli non sono in grado di racchiudere
in se stessi. Quanto grande è la Sua umiliazione, per cui tante anime pie, tra cui suor Faustina, videro gli eserciti degli angeli rendere onore senza sosta al re dei cieli, ivi nascosto, come san Giovanni Evangelista quando vide ventiquattro vegliardi con quattro esseri viventi di fronte
al trono (Apocalisse 4 e 5.6)!

Tutto questo ci fa capire quale dovrebbe essere il nostro rispetto nei confronti del santissimo sacramento. Qui, davanti al quale tutto il cielo trema e Gli rende onore, possiamo noi stare
con la mente dispersa ed il cuore indifferente, con un vestito inadeguato e futile?. Non siamo soltanto i servi del Signore, ma anche debitori di fronte al giudice, creature di fronte al creatore. Noi siamo polvere e cenere della terra.
Perciò santa Teresa di frequente ripeteva in monastero: “Mie sorelle, dovreste essere di fronte
al Santissimo Sacramento come le anime benedette nel cielo
”. Suor Faustina, invece, di fronte al santissimo sacramento sempre, quando nessuno la guardava, rimaneva in ginocchio con le mani incrociate. Da un tale rispetto esteriore sgorga l’effusione della pietà interiore, perché un atteggiamento esteriore influisce sul raccoglimento, e Dio lo ripaga subito e rende in sovrabbondanza all’anima la grazia della pietà e dello zelo. Da un tale rispetto deriva anche l’insegnamento necessario al prossimo, un certo tipo di apostolato verso coloro che ci osservano. All’opposto la mancanza di rispetto in chiesa o cappella, troppa libertà, sussurrio raffreddano
ed inibiscono la pietà negli altri e, in certi casi, causano titubanza nella fede.

Il nostro secondo obbligo verso il santissimo sacramento è l’amore nei confronti di Gesù Cristo,
ivi  presente. Molte le ragioni. Lì è presente il padre della misericordia, Dio, degno d’amore tanto sulla terra quanto in cielo, ove gli angeli ed i santi, proprio nell’amarLo, trovano la più grande felicità. Lì è presente Dio, per la Sua misericordia, quale gli angeli non hanno sperimentato su loro stessi, come noi, per Sua misericordia. La riflessione su questo è il mezzo migliore per risvegliare l’amore. Lì è presente Dio-Uomo, il più bello ed il più perfetto tra i figli dell’uomo. Questa presenza di Cristo tra gli uomini ha, per alcuni aspetti, di più ragione di essere che quella in cielo. Perché nel cielo non viene umiliato, si trova al Suo posto, all’apice della gloria, che riceve dagli angeli e dai santi per i quali, come ho già detto, la sua umanità è fonte di felicità permette inesprimibile.

Qui per sua misericordia discende dall’alto, si dona ai peccatori, che non lo amano, di parlare
con Lui, di riceverLo, pur esposto a disprezzo, ingiuria e sacrilegio. Nel cielo è come il re sul suo trono, invece qui si fa la vittima per i peccatori,  per i servi che si sono ribellati; si fa il mediatore che implora la misericordia e li protegge dalle pene divine. Oh, come siamo poco o niente riconoscenti, se non siamo pieni d’amore verso il nascosto prigioniero eucaristico, a cui ci abituiamo e che totalmente dimentichiamo! Per questo bisogna esaminare il proprio comportamento ed imitare Santa Maria Maddalena de Pazzi, Santa Catterina di Siena, Santa Teresa e gli altri cuori giusti che avevano un grande amore verso il santissimo sacramento.

L’amore dovrebbe dare un valore ad ogni momento che possiamo trascorrere in adorazione
in chiesa oppure almeno col pensiero volto al santissimo sacramento, durante il lavoro. L’amore ci spinge a fare un’ora santa, durante la giornata o almeno per settimana, dove offrire tutte le nostre azioni (preghiere, impegni, passatempi) al prigioniero eucaristico, in espiazione dei peccati. L’amore fa sì che, nonostante i lavori più impegnativi, l’anima si unisca a Lui con le giaculatorie. Gli offre le sue sofferenze, umiliazioni, difficoltà e pesi. Prima di tutto l’amore ci prepara ad ascoltare degnamente la santa messa, durante la quale viene celebrata l’eucarestia e si compie quella meravigliosa trasfigurazione che ci spinge alla nostra trasfigurazione interiore, ad estirpare i vizi, le imperfezioni e tanto di più i peccati e ad innestare e praticare le virtù che sono necessarie, anzi indispensabili a rinnovare l’immagine e la somiglianza divina. Lo potremo fare esclusivamente in unione con Cristo Signore, se Lo riceviamo spesso e devotamente nella santa comunione.

Il terzo obbligo nostro verso il santissimo sacramento comporta l’impegno a una frequente
e degna comunione, che è un mezzo salvifico sia per l’ anima sia per il corpo. Anche se il peccato originale viene tolto con il santo battesimo e i peccati commessi col sacramento della penitenza, nella natura umana rimangono le ferite dell’ignoranza, la ferita della debolezza e dell’inclinazione al male della volontà, le ferite della concupiscenza carnale, dei desideri e del disordine in tutta la natura, in cui non c’è più armonia tra le facoltà spirituali e corporali: le facoltà corporali disobbediscono alle facoltà spirituali, le quali, a loro volta, disobbediscono alla volontà divina. Nessuno con i propri sforzi è in grado di far ritornare tale armonia.

Soltanto la cura divina, che agisce piano piano, come un rimedio, può arrivare a tal fine.
Tale cura sta nel ricevere frequentemente la santa comunione, perciò il Signor Gesù disse: “Io sono il pane vivo disceso dal cielo. Chi mangia di questo pane vivrà in eterno”, vivrà qui, sulla terra, una vita piena, armoniosa, divino-umana e, dopo la morte, nella gloria eterna. “Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue, anche se muore, vivrà in eterno”.

Tramite la santa comunione ci uniamo in modo il più stretto possibile con il Signor Gesù – Dio abita in noi e noi in Lui, noi ci trasformiamo in Lui fino a diventare, si può dire, un solo corpo ed un solo sangue. Colui che Lo riceve degnamente è come un altro Cristo; non perché Cristo si sia trasformato in noi, ma perché noi ci trasformiamo in Lui. RicevendoLo di frequente, ci rendiamo conto che non è accettabile che la nostra lingua, su cui si poserà il corpo di Gesù, sparli oppure dica parole senza pensare; che il nostro corpo, che sarà il vivo ciborio del santissimo sacramento, sia inquinato dalla lussuria anche se minima; che il cuore, che diventerà dimora divina, abbia accesso a ciò che non è santo e puro.

Perciò si capisce che la santa comunione smorza le concupiscenze, estingue il fuoco del desiderio e così guarisce la nostra impotenza spirituale. La donna che soffriva di emorragia era sicura che sarebbe stata guarita dopo aver toccato il lembo del mantello del Salvatore.
Quanto di più coloro che non solo ne toccano la veste, ma decorosamente ricevono il Corpo ed
il Sangue del Signor Gesù. Le parole sono inadeguate e inefficaci, bisogna vivere e sperimentare
i benefici del frumento degli eletti e del vino che dà la vita alle vergini, come dice l’autore ispirato: “Chi  mangia di me, vivrà per me”. Ciò significa che la sua vita non sarà più la vita né terrena, né carnale, ma la vita di Cristo Gesù; ne imiterà umiltà, purezza, obbedienza, mitezza, povertà e pazienza. Potrà ripetere con l’Apostolo Paolo: “Non sono più io che vivo, ma è Cristo che vive in me”. San Brnardo, invece, dice: “Se sperimenti meno rabbia, invidia, impurità e le altre ingiurie, ringrazia di tutto ciò il Santissimo Corpo di Cristo Gesù”.

Per ottenere buoni effetti, bisogna ricevere il santissimo sacramento degnamente. Soprattutto bisogna prepararsi bene, sia per il Signore sia per noi stessi; per il Signore, perché stiamo per ricevere il re dei re, per noi stessi invece, perché la comunione, senza preparazione, è causa
di condanna. Non è possibile leggere senza tremore la parabola evangelica sul commensale
al banchetto nuziale, che, privo dell’abito nuziale, fu gettato fuori, con le mani e i piedi legati,
nelle tenebre, ove è pianto e stridore di denti.
Questo abito nuziale è, per noi, la grazia santificante, cioè la libertà dal peccato mortale
e l’intenzione pura. I peccati veniali, che senza la grazia particolare non si possono evitare,
non sono in sé un ostacolo, perché il Signor Gesù li toglie con la Sua presenza. Se non sono volontari, commessi con consapevolezza e volontà cattiva (per esempio l’attaccamento alle creature dovuto dalle occasioni liberamente scelte, le piccole rabbie, maldicenze ecc.), possono talvolta costituire un ostacolo che almeno abbassa se non toglie addirittura gli effetti buoni della santa comunione.

Bisogna, allora, prendere su serio quel grande pensiero: “Mi preparerò alla santa comunione
e perciò durante questa preparazione decido di compiere devotamente tutte le mie azioni di sera, di notte e di mattino; occorre compiere di frequente atti d’amore verso Dio e chiedere se stessi chi è Colui che verrà a me e perché  lo farà? Chi sono io?”. Alla fine bisogna risvegliare in sé il desiderio di ricevere il Signore Gesù e, quando non lo sentiamo, chiedere questa grazia, offrendo in cambio l’atteggiamento della Santissima Vergine e di tutti i santi.

Ricevendo la santa comunione, bisogna risvegliare l’ atto di fede, di speranza e carità, dolore, desiderio ed avvicinarsi con la grandissima umiltà, piena di rispetto, ripetere, non solo con e labbra ma con attenzione, le parole del centurione oppure quelle del figlio prodigo: “Ho peccato contro il Cielo e contro di te, non sono più degno di essere chiamato tuo figlio” (Lc 15, 19).
L’amore pieno di fiducia sarà il coronamento della preparazione ed accompagnerà lo stesso atto. Talvolta non sperimentiamo tale amore, allora possiamo chiederlo con fiducia: “Gesù, confido in Te” Tuttavia l’amore di Dio non sta nel sentimento, ma si racchiude nella volontà e nella disponibilità a servirLo e dedicarsi totalmente a Lui.

Subito dopo la santa comunione, evitiamo di parlare e, nel raccoglimento, ascoltiamo ciò che
ci dice Gesù Cristo in un momento così prezioso e seguiamo il movimento della grazia. Dopo risvegliamo in noi l’atto di adorazione, di meraviglia e amore. Umiliamoci di fronte all’infinita grandezza del Salvatore, offriamo lode agli angeli e ai santi per completare i nostri onori indegni. Restiamo affascinati dalla misericordia di Dio che si abbassa alla miseria della creatura. Desideriamo appartenere solo a Gesù, rinneghiamo tutto ciò che è terreno.

Successivamente manifestiamoo un atto di ringraziamento per quell’inesprimibile misericordia
e supplichiamo lo stesso Salvatore affinché ringrazi il Padre celeste da parte nostra, che siamo indegni. Chiediamo con semplicità e fiducia, presentiamo a Lui sinceramente le nostre miserie
e le varie mancanze, le necessità del prossimo, dei compatriotti dispersi nel mondo intero e dei sofferenti, le necessità dei  nemici e alla fine quelle di tutto il mondo. Questo è un momento in cui possiamo chiedere e ricevere tutto. Poi possiamo offrire noi stessi, tutto ciò che abbiamo e che siamo perché ci guidi secondo la Sua volontà.

Alla fine facciamo un proposito adeguato, che dovrebbe essere frutto della santa comunione.
Tali atti dovrebbero durare circa mezz’ora. Si può accorciare quel tempo solo in caso di urgenza però, anche in tal caso, bisogna continuare, di ritorno dalla chiesa oppure durante il lavoro o durante un dialogo inevitabile con un’altra persona. Diamo importanza al ringraziamento dopo la santa comunione, perché lo esige la religiosità, la gratitudine ed il nostro proprio interesse, perché in questi momenti l’anima sperimenta la più grande dolcezza nel rapporto col Signore Gesù. Allora Egli è disposto ad illuminarla molto volentieri, a riscaldarla, commuoverla, allora quel sacramento porta i frutti. Chi trascura il ringraziamento, ostacola la grazia, imita un povero che non vuole accettare l’elemosina che un ricco gli sta per dare.

La comunione senza la preparazione e senza il ringraziamento adeguato non solo non porta frutto, ma anche danno, causando la tiepidezza spirituale volontaria. Allora colui che la riceve non esce dai vizi, non fa progresso nel cammino della virtù, abusa delle grazie divine di cui dovrà rendere conto. Per tale anima la religione non rappresenta nessun valore, diventa fredda, come marmo, insensibile e dura, come una pietra. Tale uomo non fa nessun tipo di penitenza,
cerca la consolazione nelle creature, non pensa alla santificazione ed è incline alla caduta. “Perché tu sei tiepido, cioè nè caldo nè freddo” dice lo Spirito Santo (Apocalisse 3,16).

Attualmente tante persone rimangono senza la santa comunione nei luoghi lontani dalle chiese
e dai sacerdoti, per esempio in prigione, in lavoro, durante le vacanze ecc. Ciononostante si può usufruire dei frutti buoni di cui parlavo sopra ricevendo la comunione spirituale. Essa consiste nel fervente desiderio di ricevere il Signore Gesù, mossi da un amore che ci riempie il cuore. Quella comunione di desiderio, chiamata la comunione spirituale, è molto utile all’anima, perché risveglia l’inclinazione alle cose divine ed il desiderio a una vita perfetta, dà la forza di esercitarsi nelle virtù e talvolta porta più profitto della stessa comunione sacramentale, se ricevuta con meno amore. Oltre a ciò può essere ricevuta in qualsiasi luogo, non solo nelle chiese e nella cappella, ma anche a casa, durante il lavoro ed, in modo particolare, durante la visita del santissimo sacramento.

Il modo di ricevere la santa comunione è il seguente: in quel momento ci raccogliamo
e col pensiero ci mettiamo di fronte al tabernacolo dove è racchiuso il santissimo sacramento. Risvegliamo gli atti di fede, di speranza, di amore, di dolore, di lode e di desiderio. Raffiguriamo con il pensiero il sacerdote che ci dà il santissimo sacramento. RiceviamoLo in spirito con grande umiltà, rispetto ed amore fiducioso. Rendiamo poi grazie, come dopo la Comunione sacramentale. Proprio con la comunione spirituale l’angelo del Signore nutrì suor Faustina tredici volte durante la sua malattia, rivelandole come fosse gradita a Dio tale pratica, che voi, serve della misericordia di Dio praticherete e verso cui incoraggerete altre anime di buona volontà.

La visita al santissimo sacramento è il nostro quarto obbligo verso Gesù, prigioniero eucaristico. Se Gesù fosse venuto visibilmente in un luogo sulla terra, come fece in Giudea, e lì avesse parlato con quelli a cui Egli avesse fatto una visita, senza dubbio avremmo considerato obbligo, ma anche motivo di gioia poter raggiungerLo. E se si fosse seduto tra di noi, nella nostra città, ed avesse detto: “Venite a me, mi piace molto intrattenermi con voi”, sicuramente avremmo considerato degno di pena colui che non Gli fosse andato incontro. La fede, però, ci assicura che in ogni santissimo sacramento abbiamo lo stesso Gesù, davanti al quale si sono presentati i tre magi
per prostrarsi alla Sua presenza, davanti al quale si inginocchiano tutti gli angeli e che ci invita: “Venite da me tutti”, “Chiedete e vi sarà dato”, “I miei tesori sono inesauribili”. “Qui riceverete le grazie non solo per voi stessi, ma anche per i vostri vicini, per le anime del purgatorio e per il mondo intero”. La chiesa ci incoraggia a tale pratica.

Il modo presentarci a visitare il Signore Gesù nel santissimo sacramento può variare, però sempre deve esserci la pietà esteriore ed interiore. La prima è condizione indispensabile alla seconda,
la quale, invece, condiziona la possibilità di trarre profitto dalla visita. Prima dobbiamo raccoglierci e risvegliare la gioia di poter passare un attimo in compagnia con Signore Gesù.
Successivamente rendiamo lode esteriore ed omaggi interiori. Dopo parliamo con Gesù, con  semplicità, di tutto ciò che ci indica il cuore, esprimiamo la nostra gioia e tristezza, le difficoltà
e le preoccupazioni. E se non sappiamo che cosa dire, esprimiamoci con semplicità, umiliandoci di fronte a Lui nella nostra miseria, Gli presentiamo le nostre richieste, quali mendicanti ai piedi
di un ricco, le nostre necessità e quelle della chiesa, quelle della patria, del nostro popolo,
del prossimo e dei nemici.

Passiamo di seguito a riflettere sulla vita del Salvatore nel santissimo sacramento, sulla lode che Egli rende al Padre, sulla Sua misericordia, mitezza e pazienza verso gli uomini, sulla Sua umiltà, povertà e mortificazione, e facciamo il proposito di vivere secondo nobili esempi. Allontaniamoci dal santissimo sacramento, lasciamo il nostro cuore nel ciborio e controlliamo i sensi per non dissipare e disperdere le grazie ricevute. Se il tempo ce lo permetta, recitiamo una diecina del rosario. Compiendo i suddetti obblighi verso il santissimo sacramento, voi, quali serve della misericordia di Dio diventerete sempre più perfette, trasformandovi interiormente. A questo invita il Signore Gesù nella Sua trasfigurazione, in ogni santa messa.

Vi auguro questo e con questa intenzione prego  per voi senza sosta.
Dedicato a Dio da don Michele

LETTERA V
LA DIREZIONE SPIRITUALE

Gesù, confido in Te!
Carissime sorelle in Cristo, la solennità di Cristo Re dell’universo ricorda al mondo che Gesù, nostro Signore, è il sommo sovrano sulla terra, alla cui l’autorità sono sottomessi ogni uomo,
ogni società, ogni nazione e ogni stato, che inoltre Egli governa ogni anima, particolarmente quella che aspira alla perfezione, pur tramite il suo vicario, confessore oppure padre spirituale. Perciò, quando Paolo si convertì, Gesù stesso non gli rivelò i Suoi progetti, ma lo rimandò
da Anania, perché sentisse dalla sua bocca quanto doveva fare.

La perfezione è una lunga ed ardua scalata in alto, su un ripido sentiero, circondato da  abissi. Avventurarsi in quel percorso, senza una guida esperta, è una grande imprudenza, perché
è molto facile lasciarsi trascinare dalle illusioni, per quanto riguarda lo stato dell’ anima. Occorre un medico spirituale, capace di diagnosticare lo stato di salute della nostra anima, per poterci indicare un rimedio efficace. Poichè non siamo neppur in grado di essere artefici della nostra propria salute corporale, tanto di più non lo siamo di quella spirituale.

Il direttore spirituale è necessario ai principianti, perché li sostenga nell’esercizio della penitenza e ne attenui il fervore iniziale, perché, nei momenti delle consolazioni spirituali, li avverta che esse non dureranno per sempre, viceversa, nel momento del dubbio, li consoli, calmi e fortifichi, spiegando che la desolazione spirituale è un mezzo ottimo per consolidare l’anima sulla via della virtù e per purificare il nostro amore. Tanto di più occorre il padre spirituale sulla via illuminativa, per poter discernere le virtù necessarie ed indicare gli esercizi ed i metodi per farle crescere, prevenire lo scoraggiamento, confortare, incoraggiare alla continua tensione nello sforzo,
indicare il frutto che ci aspetta, dopo aver superato la prova.

Ancora di più occorre il padre spirituale quando bisogna salire sulla via unitiva, quando bisogna custodire in sé, con i sacrifici ed l’accondiscendenza continua alle ispirazioni della grazia, i doni dello Spirito Santo, che vanno distinti dalle istigazioni di satana e della propria natura inquinata, cosa che l’anima non è in grado di fare da sola. Nella formazione spirituale dell’anima,
la presenza del padre spirituale è indispensabile. La confessione si limita a riconoscere
le proprie colpe. La direzione spirituale si estende molto oltre. Cerca il fondamento del peccato,
le inclinazioni profondamente radicate in noi, fa riferimento al temperamento, alle tentazioni,
alla imprudenza; lo fa per trovare un rimedio che combatta la malattia alla radice.

Per lottare in modo efficace con i nostri vizi, il direttore spirituale indica le virtù opposte
ad essi, sia quelle comuni a tutti i cristiani, sia quelle particolari ai vari gruppi delle persone,
aiuta a trovare i mezzi migliori nella pratica delle virtù, negli esercizi spirituali (la riflessione, l’esame di coscienza, la devozione particolare al Sacro cuore di Gesù, alla Maria Vergine, ecc.). Aiuta anche a discernere la propria vocazione e dopo aiuta a capire i compiti di ogni stato.

Perché il direttore spirituale possa guidare l’anima sulla retta via, dovrebbe conoscere le vicende più importanti della sua vita, i peccati più frequenti, gli sforzi sostenuti per uscirne, i risultati ottenuti, per sapere come ancora conviene operare. Dovrebbe inoltre essere a conoscenza della disposizione attuale, delle inclinazioni, ripugnanze, stile di vita, tentazioni e tattica di combattimento, delle virtù necessarie e dei mezzi per acquistarle. La persona che vuole usufruire della direzione spirituale deve presentare tutto alla sua guida.

Allora il direttore spirituale può più facilmente preparare un programma adeguato allo stato dell’anima, perché tutte le anime non possono essere guidate allo stesso modo, bisogna adeguarsi al livello in cui uno si trova per poterlo aiutarlo ad andare in alto, senza fretta, sul sentiero ripido della perfezione. Alcune anime sono più ferventi ed inclinate al sacrificio, altre invece più quiete
e più lente, in quanto non tutte sono chiamate allo stesso grado di perfezione. Perciò sbagliano molto coloro che vogliono che uno solo padre spirituale guidi (per esempio in una congregazione) in modo uguale, che formi tutti secondo lo stesso modello e assicuri a tutti la stessa direzione. Questo è assolutamente impossibile e, ovunque venga praticato, porta danno al progresso delle singole anime, anzi, quell’ atteggiamento contrasta con il diritto canonico.

Non vi parlerò delle qualificazioni dei direttori spirituali, né dei loro compiti, che loro devono conoscere; menzionerò solo che dovrebbero essere caratterizzati dalla bontà, dalla scienza necessaria, ma soprattutto dalla prudenza, dalla prudenza soprannaturale, rafforzata dal dono
del consiglio dello Spirito Santo, che sia il padre spirituale sia le anime guidate devono pregare. Santa Teresa, avendo la possibilità scegliere tra un confessore prudente e santo ed uno prudente e saggio, per quanto meno santo, preferì il secondo. Devo qui accennare agli obblighi delle persone guidate.

Nel direttore spirituale bisogna veder lo stesso Cristo. Se com’è vero che il potere viene da Dio, tanto più vale questo nei riguardi del potere esercitato sulle anime da un sacerdote; Egli è un ambasciatore di Cristo, che esercita il potere Divino: “Siamo messaggeri di Cristo e qundo vi rammettiamo in realtà è dio che vi rammette”.

Perciò è ovvio che bisogna rispettare il padre spirituale, fidarsi in lui ed ascoltarlo. Bisogna rispettarlo come il rappresentante di Dio. Se un direttore avesse qualche vizio, non bisogna soffermarsi su questo, ma, vista la sua importanza  e la missione che svolge, evitare la critica amara quanto la familiarità esagerata.

Il rispetto dev’essere  accompagnato dalla fiducia piena, filiale e una grande apertura del cuore sincero e la fedele, disposto ad esprimere apertamente le cose buone e quelle cattive, senza pensarci troppo e senza nascondere le tentazioni e le debolezze, i desideri ed i propositi, le buone opere e le intenzioni, in poche parole tutto ciò che riguarda il bene dell’anima. Quanto più il padre ci conosce, tanto più gli è facile darci sagge indicazioni, incoraggiamenti, consolazione,
per rafforzarci, consolarci e guidarci. Le persone timide parlino delle loro difficoltà e quelle invece inclini a parlare troppo che non trasformino la direzione spirituale in una pia chiacchierata ma si limitino a riferire il necessario.

Se si vuole che la direzione sia vera, occorre l’obbedienza al padre spirituale. Non c’è niente
di peggio che eludere al direttore spirituale le proprie emozioni ed opinioni. Non c’è niente i più dannoso per l’anima perché, cosi facendo, non si cerca la volontà di Dio ma quella propria,
inoltre si elude un mezzo divino per scopi egoistici. L’unico desiderio nostro dev’essere quello
di conoscere la volontà divina, tramite l’obbedienza al nostro direttore spirituale, invece
di costringerlo costringerlo a ricorrere all’autorità con i mezzi più o meno convincenti. Si può ingannare il padre spirituale, ma non Colui il cui posto egli sostituisce. Se vediamo che un certo consiglio ci risulta difficile od impossibile da realizzare, dobbiamo dirglielo con semplicità.
Il direttore può sbagliare, ma noi non sbagliamo quando gli siamo obbedienti. Se ci consigliasse qualcosa che va contro la fede o il decoro, allora bisogna cambiare il direttore.

Si può cambiare il direttore soltanto per una ragione grave e dopo matura riflessione perché occorre una continuità della direzione, cosa che diventa impossibile se il direttore viene cambiato di frequente.
Alcune anime vorrebbero tale cambiamento solo per la curiosità di conoscerne un altro. Questo accade particolarmente quando un direttore continua a ripetere gli stessi consigli spiacevoli per
la natura dell’anima guidata. Altre invece desiderano cambiare per personale instabilità, superbia, una certa scontentezza permanente  per quello che hanno, per il desiderio di aprirsi ai vari confessori, volendo attirare attenzione, per vergogna o semplicemente per nascondere al confessore  alcune debolezze umilianti. Questi sono motivi non validi e bisogna combatterli,
se si vuole progredire con coerenza e costanza nella vita spirituale.

La Chiesa sempre di più insiste sulla libertà dell’anima nella scelta del confessore. Le opinioni però variano, fino a non riconoscere la direzione spirituale e a rigettare le sue condizioni. Chi non riconosce la direzione spirituale, rifiuta il progresso spirituale e allo stesso modo la santità, perché solo in casi eccezionali, quando vengono a mancare i direttori, lo stesso Dio diventa il padre spirituale delle anime elette.

Quando ci sono le ragioni sufficienti per cambiare il direttore, non bisogna ritardare ad andare
da un altro.Tale ragioni possono essere seguenti: quando, nonostante gli sforzi, non siamo
in grado di avere rispetto, di essere aperti e fiduciosi nei confronti del direttore, perché allora sarebbe  impossibile usufruire dei suoi consigli, quando veniamo a sapere che il direttore ci allontana dalla perfezione a causa delle sue idee troppo mondane, oppure per la sua simpatia troppo vivacemente visibile, con prove palesi in alcune circostanze; quando siamo sicuri che
al direttore mancano scienza, prudenza e previdenza necessarie. Per poter cambiare il direttore
non occorre sapere che le nostre accuse sono giuste od ingiuste, basta che ci portano danno.

Queste riflessioni mi sono venute in mente all’approssimarsi della ricorrenza della festa di Cristo Re. Condividendole insieme a voi, vi auguro che Cristo, tramite i direttori spirituali, regni nei cuori degli adoratori della Misericordia e a loro doni la Sua benedizione.

Don Michele Sopocko

 

 

“Ogni atto di venerazione della Divina Misericordia deve essere un’espressione di fiducia e deve essere legato alla pratica della misericordia verso il prossimo, se al devoto della Misericordia deve assicurare tutti quei benefici che Gesù ha legato a tale devozione” (R., p. 19).

 

Venerazione dell’immagine di Gesù Misericordioso

Il disegno essenziale di questo quadro è stato mostrato a suor Faustina nella visione del 22 febbraio 1931 nella cella del convento di Płock. “La sera, stando nella mia cella – scrive suor Faustina – vidi il Signore Gesù vestito di una veste bianca: una mano alzata per benedire mentre l’altra toccava sul petto la veste, che ivi leggermente scostata lasciava uscire due grandi raggi, rosso l’uno e l’altro pallido (…) Dopo un istante, Gesù mi disse, Dipingi un’immagine secondo il modello che vedi, con sotto scritto: Gesù confido in Te” (Q. I, p. 26). Tre anni dopo a Vilnius Gesù ha spiegato il significato dei raggi: “I due raggi rappresentano il Sangue e l’Acqua” (Q. I, p. 132). Non si tratta qui di un qualche effetto artistico, ma di una simbologia del quadro estremamente profonda.

Agli elementi essenziali del quadro appartengono le parole poste in basso: “Gesù, confido in Te”. Gesù parlava di ciò già durante la prima apparizione a P*ock e poi a Vilnius: “Gesù mi ricordò (…) che queste tre parole dovevano essere messe in evidenza” (Q. I, p. 138). Non si tratta qui del numero delle parole, ma del loro senso integralmente legato al disegno e al contenuto del quadro.

Gesù ha definito un altro particolare di questo quadro, ha detto infatti: “Il Mio sguardo da questa immagine è tale e quale al Mio sguardo dalla croce” (Q. I, p. 140). La questione dello sguardo non è dunque senza importanza, se lo stesso Gesù mette l’accento su di essa, dando un significato a questo particolare. E qui incontriamo una doppia interpretazione di questo desiderio di Gesù: alcuni – e tra loro don Sopocko – leggono queste parole in modo realistico e dicono che lo sguardo deve essere diretto in basso come dall’alto della croce; altri credono, che si tratti dello sguardo che esprime la misericordia (tra loro padre J. Andrasz, il secondo direttore spirituale di suor Faustina). A seconda di questa interpretazione sono sorte – si può dire – due “scuole” di rappresentazione dell’immagine del Gesù Misericordioso: una ha il suo modello nel dipinto di E. Kazimirowski, mentre la seconda nel dipinto di A. Hyla, del santuario della Divina Misericordia a Cracovia.

Senza significato invece sembra essere la questione dell’altezza della mano destra. Don M. Sopocko credeva che la mano dovesse essere alzata solo all’altezza della spalla. Nel Diario invece troviamo solo questo: “La mano destra è alzata per benedire”. E’ la cosa più importante, mentre invece se la mano è alzata all’altezza della spalla oppure più in alto, non ha alcun significato per il contenuto del quadro.

Quale è il significato di questo quadro?

Il cosiddetto “luogo teologico” è stato indicato dallo stesso Gesù, legando la benedizione del quadro e la sua pubblica venerazione alla liturgia della prima domenica dopo Pasqua. La Chiesa legge in quel giorno il Vangelo sull’apparizione di Gesù risorto nel Cenacolo e sull’istituzione del sacramento della penitenza (Gv 20, 19-29).

A questa scena del Cenacolo si sovrappone l’avvenimento del Venerdì Santo: la crocifissione e la trafittura del Cuore di Gesù con la lancia. “Entrambi i raggi uscirono dall’intimo della Mia misericordia, quando sulla croce il Mio Cuore, già in agonia, venne squarciato con la lancia” (Q. I, p. 132). Di questo scrive san Giovanni nel 19ø capitolo del Vangelo. Gesù ha spiegato poi che “il raggio pallido rappresenta l’Acqua che giustifica le anime; il raggio rosso rappresenta il Sangue che è la vita delle anime” (Q. I, p. 132). San Tommaso, riferendosi ai Padri della Chiesa, unisce la simbologia dell’acqua e del Sangue con il sacramento del battesimo e con l’Eucarestia, cosa che può essere riferita anche agli altri sacramenti. “Alla luce del Vangelo di Giovanni – scrive don I. Rozycki – l’acqua e il sangue (…) stanno a significare le grazie dello Spirito Santo, che ci sono state donate per la morte di Cristo. I due raggi rappresentati sul dipinto di Gesù Misericordioso possiedono questo stesso profondo significato” (R., p. 20).

L’immagine del Gesù Misericordioso spesso viene identificata come quella della Divina Misericordia e giustamente poiché‚ nella passione, morte e risurrezione di Cristo la misericordia di Dio verso l’uomo si è rivelata con totale pienezza.

 

In cosa consiste il culto dell’immagine della Divina Misericordia?

L’immagine occupa una posizione chiave in tutta la devozione alla Divina Misericordia, poiché‚ costituisce una visibile sintesi degli elementi essenziali di questa devozione: esso ricorda l’essenza del culto, l’infinita fiducia nel buon Dio e il dovere della carità misericordiosa verso il prossimo. Della fiducia parla chiaramente l’atto che si trova nella parte bassa del quadro: “Gesù, confido in Te”. L’immagine che rappresenta la misericordia di Dio deve essere per chiara volontà di Gesù un segno che ricordi l’essenziale dovere cristiano, cioè l’attiva carità verso il prossimo. “Essa deve ricordare le esigenze della Mia misericordia, poiché‚ anche la fede più forte non serve a nulla senza le opere” (Q. II, p. 278). La venerazione del quadro dunque consiste nell’unione di una orazione fiduciosa con la pratica di atti di misericordia.

Le promesse legate alla venerazione dell’immagine.

Gesù ha definito con molta chiarezza tre promesse:

– “L’anima che venererà questa immagine, non perirà” (Q. I, p. 18): cioè ha promesso la salvezza eterna.

– “Prometto pure già su questa terra (…) la vittoria sui nemici” (Q. I, p. 18): si tratta dei nemici della salvezza e del raggiungimento di grandi progressi sulla via della perfezione cristiana.

– “Io stesso la difenderò come Mia propria gloria” nell’ora della morte (Q. I, p. 26): ha cioè promesso la grazia di una morte felice.

La generosità di Gesù non si limita a queste tre grazie particolari. Poiché‚ ha detto: “Porgo agli uomini il recipiente, col quale debbono venire ad attingere le grazie alla sorgente della misericordia” (Q. I, p. 141), non ha posto alcun limite n‚ al campo n‚ alla grandezza di queste grazie e dei benefici terreni, che ci si può aspettare, venerando con incrollabile fiducia l’immagine della Divina Misericordia.

La storia del quadro

Il primo quadro della Divina Misericordia fu dipinto a Vilnius, nel 1934, dal pittore Eugenio Kazimirowski. Suor Faustina dette personalmente le indicazioni al pittore. Quando il quadro fu terminato, non ne rimase contenta e piangendo si lamentò con Gesù: “Chi Ti dipingerà così bello come sei?”. In risposta sentì: “Non nella bellezza dei colori n‚ del pennello sta la grandezza di questa immagine, ma nella Mia grazia” (Q. I, p. 136).

Questo dipinto per la prima volta è stato mostrato in pubblico e ha avuto pubblica venerazione nel santuario della Madre della Misericordia a Ostra Brama il 26-28 aprile 1935. Ha suscitato grande interesse tra i fedeli e le sue riproduzioni negli anni della II Guerra Mondiale sono state diffuse per iniziativa di don M. Sopocko. Oggi tale quadro è venerato nella chiesa di Santo Spirito a Vilnius.

In tutto il mondo è però famoso il quadro di Lagiewniki, a Cracovia, dipinto da Adolf Hyla. Il suo primo dipinto, offerto come ex-voto per la salvezza della famiglia durante la guerra, è stato benedetto il 7 marzo 1943 e da allora nel santuario di Cracovia hanno luogo pubbliche celebrazioni della Divina Misericordia. Il quadro tuttavia era troppo grande e non entrava sull’altare, dove veniva collocato durante le funzioni alla Divina Misericordia. Per questo motivo la superiora, madre Irena Krzyzanowska ordinò al pittore un secondo quadro, che per grandezza e forma entrasse all’interno dell’altare laterale. La Domenica in Albis, il 16 aprile 1944, per la prima volta solennemente celebrata in quella cappella in onore della Divina Misericordia, padre Jozef Andrasz S J benedisse il nuovo quadro dipinto da Adolf Hyla. Esso rappresentava Gesù Misericordioso sullo sfondo di un prato e di cespugli. Nel 1954 A. Hyla ha ridipinto lo sfondo del quadro con un colore scuro e sotto i piedi di Gesù ha dipinto un pavimento.

Anche se l’immagine del Gesù Misericordioso della cappella di Cracovia – Lagiewniki non era, storicamente parlando, il primo quadro, neanche nelle cappelle della congregazione, fu proprio esso ad essere famoso per le grazie, mentre le sue copie e riproduzioni sono state diffuse in tutto il mondo. Così doveva avverarsi il desiderio di Gesù, pronunciato già durante la prima apparizione a P*ock: “Desidero che questa immagine venga venerata prima nella vostra cappella, e poi nel mondo intero” (Q. I, p. 26).

 

La festa della Misericordia

E’ la più importante di tutte le forme di devozione alla Divina Misericordia. Gesù parlò per la prima volta del desiderio di istituire questa festa a suor Faustina a P*ock nel 1931, quando le trasmetteva la sua volontà per quanto riguardava il quadro: “Io desidero che vi sia una festa della Misericordia. Voglio che l’immagine, che dipingerai con il pennello, venga solennemente benedetta nella prima domenica dopo Pasqua; questa domenica deve essere la festa della Misericordia” (Q. I, p. 27). Negli anni successivi – secondo gli studi di don I. Rozycki – Gesù è ritornato a fare questa richiesta addirittura in 14 apparizioni definendo con precisione il giorno della festa nel calendario liturgico della Chiesa, la causa e lo scopo della sua istituzione, il modo di prepararla e di celebrarla come pure le grazie ad essa legate.

La scelta della prima domenica dopo Pasqua ha un suo profondo senso teologico: indica lo stretto legame tra il mistero pasquale della Redenzione e la festa della Misericordia, cosa che ha notato anche suor Faustina: “Ora vedo che l’opera della Redenzione è collegata con l’opera della Misericordia richiesta dal Signore” (Q. I, p. 46). Questo legame è sottolineato ulteriormente dalla novena che precede la festa e che inizia il Venerdì Santo.

Gesù ha spiegato la ragione per cui ha chiesto l’istituzione della festa: “Le anime periscono, nonostante la Mia dolorosa Passione (…). Se non adoreranno la Mia misericordia, periranno per sempre” (Q. II, p. 345).

La preparazione alla festa deve essere una novena, che consiste nella recita, cominciando dal Venerdì Santo, della coroncina alla Divina Misericordia. Questa novena è stata desiderata da Gesù ed Egli ha detto a proposito di essa che “elargirà grazie di ogni genere” (Q. II, p. 294).

Per quanto riguarda il modo di celebrare la festa Gesù ha espresso due desideri:

– che il quadro della Misericordia sia quel giorno solennemente benedetto e pubblicamente, cioè liturgicamente, venerato;

– che i sacerdoti parlino alle anime di questa grande e insondabile misericordia Divina (Q. II, p. 227) e in tal modo risveglino nei fedeli la fiducia.

“Sì, – ha detto Gesù – la prima domenica dopo Pasqua è la festa della Misericordia, ma deve esserci anche l’azione ed esigo il culto della Mia misericordia con la solenne celebrazione di questa festa e col culto all’immagine che è stata dipinta” (Q. II, p. 278).

La grandezza di questa festa è dimostrata dalle promesse:

– “In quel giorno, chi si accosterà alla sorgente della vita questi conseguirà la remissione totale delle colpe e delle pene” (Q. I, p. 132) – ha detto Gesù. Una particolare grazia è legata alla Comunione ricevuta quel giorno in modo degno: “la remissione totale delle colpe e castighi”.Questa grazia – spiega don I. Rozycki – “è qualcosa di decisamente più grande che la indulgenza plenaria. Quest’ultima consiste infatti solo nel rimettere le pene temporali, meritate per i peccati commessi (…)E’ essenzialmente più grande anche delle grazie dei sei sacramenti, tranne il sacramento del battesimo, poiché‚ la remissione delle colpe e dei castighi è solo una grazia sacramentale del santo battesimo. Invece nelle promesse riportate Cristo ha legato la remissione dei peccati e dei castighi con la Comunione ricevuta nella festa della Misericordia, ossia da questo punto di vista l’ha innalzata al rango di “secondo battesimo”. E’ chiaro che la Comunione ricevuta nella festa della Misericordia deve essere non solo degna, ma anche adempiere alle fondamentali esigenze della devozione alla Divina Misericordia” (R., p. 25). La comunione deve essere ricevuta il giorno della festa della Misericordia, invece la confessione – come dice don I. Rozycki – può essere fatta prima (anche qualche giorno). L’importante è non avere alcun peccato.

Gesù non ha limitato la sua generosità solo a questa, anche se eccezionale, grazia. Infatti ha detto che “riverserà tutto un mare di grazie sulle anime che si avvicinano alla sorgente della Mia misericordia“, poiché‚ “in quel giorno sono aperti tutti i canali attraverso i quali scorrono le grazie divine. Nessuna anima abbia paura di accostarsi a Me anche se i suoi peccati fossero come lo scarlatto” (Q. II, p. 267). Don I. Rozycki scrive che unaincomparabile grandezza delle grazie legate a questa festa si manifesta in tre modi:

– tutte le persone, anche quelle che prima non nutrivano devozione alla Divina Misericordia e persino i peccatori che solo quel giorno si convertissero, possono partecipare alle grazie che Gesù ha preparato per la festa;

– Gesù vuole in quel giorno regalare agli uomini non solo le grazie salvificanti, ma anche benefici terreni – sia alle singole persone sia ad intere comunità;

– tutte le grazie e benefici sono in quel giorno accessibili per tutti, a patto che siano chieste con grande fiducia (R., p. 25-26).

Questa grande ricchezza di grazie e benefici non è stata da Cristo legata ad alcuna altra forma di devozione alla Divina Misericordia.

Numerosi sono stati gli sforzi di don M. Sopocko affinché‚ questa festa fosse istituita nella Chiesa. Egli non ne ha vissuto però l’introduzione. Dieci anni dopo la sua morte, il card. Franciszek Macharski con la Lettera Pastorale per la Quaresima (1985) ha introdotto la festa nella diocesi di Cracovia e seguendo il suo esempio, negli anni successivi, lo hanno fatto i vescovi di altre diocesi in Polonia.

Il culto della Divina Misericordia nella prima domenica dopo Pasqua nel santuario di Cracovia – Lagiewniki era già presente nel 1944. La partecipazione alle funzioni era così numerosa che la Congregazione ha ottenuto l’indulgenza plenaria, concessa nel 1951 per sette anni dal card. Adam Sapieha. Dalle pagine del Diario sappiamo che suor Faustina fu la prima a celebrare individualmente questa festa, con il permesso del confessore.

 

La coroncina alla Divina Misericordia

Questa preghiera era stata dettata a suor Faustina da Gesù il 13 e il 14 settembre 1935 a Vilnius. Nella sua cella ha avuto la visione di un angelo, venuto a castigare la terra per i peccati. Quando ha visto questo segno dell’ira di Dio ha cominciato a chiedere all’angelo di attendere ancora poiché‚ il mondo avrebbe fatto penitenza. Quando però si è trovata al cospetto della Santissima Trinità non ha avuto il coraggio di ripetere la supplica. Solo quando nell’anima ha sentito la forza della grazia di Gesù ha cominciato a pregare con le parole che ha udito interiormente (erano le parole della coroncina alla Divina Misericordia) e allora ha visto che il castigo è stato allontanato dalla terra. Il mattino dopo, entrata in cappella, Gesù ancora una volta le ha insegnato con esattezza come bisogna recitare questa preghiera. (Q. I, p. 192 – Q. I, p. 193).

Don I. Rozycki spiegando il contenuto della coroncina dice che in essa offriamo a Dio Padre “il Corpo e il Sangue, l’Anima e la Divinità” di Gesù Cristo, Figlio di Dio, cioè la Sua Divina Persona e la Sua Umanità, non la stessa natura di Dio, che è comune al Padre, al Figlio e allo Spirito Santo e come tale non può essere offerta a Dio Padre. Possiamo invece offrire tutta la Persona del Figlio di Dio Incarnato, poiché‚ Egli stesso “ha dato se stesso per noi quale offerta e sacrificio” (Ef 5,2).

Recitando la coroncina ci uniamo all’offerta di Gesù fatta sulla croce “in espiazione dei nostri peccati e di quelli del mondo intero”. In essa offriamo a Dio Padre il Suo Amatissimo Figlio e dunque ci appelliamo al “motivo più forte per essere esauditi da Dio” (R., p. 27).

Sui grani dell’Ave Maria del Rosario ripetiamo: “Per la Sua dolorosa passione abbi misericordia di noi e del mondo intero”, che significa – secondo lo spirito della devozione – appellarsi non tanto alla riparazione fatta da Cristo sulla croce, quanto alla Sua misericordia, che vuole offrirsi agli uomini.

La recita di questa preghiera è anche un atto di misericordia, poiché‚ in essa chiediamo “la misericordia per noi e per il mondo intero”. Il pronome “noi” sta a significare, secondo la spiegazione di don I. Rozycki, la persona che recita la preghiera e coloro per i quali desidera o è obbligata a pregare. Invece “il mondo intero” – sono tutte le persone che vivono sulla terra e le anime che soffrono in purgatorio.

La formula della coroncina è destinata alla recita comunitaria o individuale, senza differenza, e perciò non bisogna cambiare n‚ le persone dei verbi n‚ aggiungere altre parole. La trasformazione invece delle parole nell’espressione: “mondo intero” a “tutto il mondo” è corretta, perché‚ in nulla cambia il testo della coroncina ed è più esatta nella lingua polacca.

Gesù ha legato alla recita di questa coroncina una promessa generale e promesse particolari:

– La promessa generale legata alla Coroncina è:

“Per la recita di questa coroncina Mi piace concedere tutto ciò che Mi chiederanno” (Q. V, p. 508). “Con essa – ha detto un’ altra volta Gesù – otterrai tutto, se quello che chiedi è conforme alla Mia volontà” (Q. VI, p. 568). La volontà di Dio è espressione del Suo amore per l’uomo, dunque tutto ciò che è in disaccordo con essa o è un male o è dannoso e non può essere dispensato neanche da Padre migliore.

– Le promesse particolari legate alla Coroncina riguardano l’ora della morte:

“Chiunque la reciterà otterrà tanta misericordia nell’ora della morte. (…) Anche se si trattasse del peccatore più incallito se recita questa coroncina una volta sola, otterrà la grazia della Mia infinita misericordia” (Q. II, p. 263). Si tratta qui della grazia della conversione e di una morte nel timore di Dio e nello stato di grazia. La grandezza della promessa consiste nel fatto che condizione per ottenere la grazia è recitare almeno una volta tutta la coroncina così come Gesù l’ha chiesto con fiducia, umiltà e dolore per i peccati. La stessa grazia – di conversione e remissione dei peccati – sarà ricevuta dagli agonizzanti, se altri accanto al

Gesù ha fatto notare tre condizioni necessarie perché‚ le preghiere in quell’ora siano esaudite:

– la preghiera deve essere diretta a Gesù e dovrebbe aver luogo alle tre del pomeriggio;

– deve riferirsi ai meriti della Sua dolorosa passione.

“In quell’ora – dice Gesù – non rifiuterò nulla all’anima che Mi prega per la Mia Passione” (Q. IV, p. 440). Bisogna aggiungere ancora che l’intenzione della preghiera deve essere in accordo con la volontà di Dio, e la preghiera deve essere fiduciosa, costante e unita alla pratica della carità attiva verso il prossimo, condizione di ogni forma del culto della Divina Misericordia.

 

 

 

L’ora della Misericordia

Nell’ottobre 1937 a Cracovia, in circostanze non meglio specificate da Suor Faustina, Gesù ha raccomandato di onorare l’ora della propria morte, che lui stesso ha chiamato “un’ora di grande misericordia per il mondo intero” (Q. IV pag. 440). “In quell’ora – ha detto successivamente – fu fatta grazia al mondo intero, la misericordia vinse la giustizia” (Q V, pag. 517).

Gesù ha insegnato a suor Faustina come celebrare l’ora della Misericordia e ha raccomandato di:

  • invocare la misericordia di Dio per tutto il mondo, soprattutto per i peccatori;
  • meditare la Sua passione, soprattutto l’abbandono nel momento dell’agonia e, in quel caso ha promesso la grazia della comprensione del suo valore.
  • Consigliava in modo particolare: “in quell’ora cerca di fare la Via Crucis, se i tuoi impegni lo permettono e se non puoi fare la Via crucis entra almeno per un momento in cappella ed onora il mio Cuore che nel SS.mo Sacramento è pieno di misericordia. E se non puoi andare in cappella, raccogliti in preghiera almeno per un breve momento là dove ti trovi” (Q V, pag. 517).

Gesù ha fatto notare tre condizioni necessarie perché le preghiere in quell’ora siano esaudite:

  • la preghiera deve essere diretta a Gesù e dovrebbe aver luogo alle tre del pomeriggio;
  • deve riferirsi ai meriti della Sua dolorosa passione.

In quell’ora – dice Gesù – non rifiuterò nulla all’anima che Mi prega per la Mia Passione(Q IV, pag. 440). Bisogna aggiungere ancora che l’intenzione della preghiera deve essere in accordo con la Volontà di Dio, e la preghiera deve essere fiduciosa, costante e unita alla pratica della carità attiva verso il prossimo, condizione di ogni forma del Culto della Divina Misericordia

 

 

Diffusione del culto della Divina Misericordia

Parlando delle forme di devozione alla Divina Misericordia don I. Rozycki menziona anche la diffusione del culto della Misericordia, poiché‚ anche a questa forma sono legate promesse. A tutti promette protezione materna durante l’intera esistenza e “tutte le anime che adoreranno la Mia misericordia e ne diffonderanno il culto (…) queste anime nell’ora della morte non avranno paura. La Mia misericordia le proteggerà in quell’ultima lotta” (Q. V, p. 508).

A tutti sono dirette dunque due promesse:

– la prima riguarda la protezione materna in tutta la vita,

– la seconda riguarda l’ora della morte.

Un particolare invito Gesù rivolge ai sacerdoti assicurando che “i peccatori induriti si inteneriranno alle loro parole, quando essi parleranno della Mia sconfinata misericordia e della compassione che ho per loro nel Mio Cuore” (Q. V, p. 504).

Gesù non definisce – oltre all’omelia – altri modi di diffusione del culto della Misericordia, dunque essi possono essere intesi abbastanza largamente. Essere apostolo della Misericordia di Dio significa innanzitutto dare testimonianza di vita nello spirito di fiducia in Dio e di misericordia verso il prossimo. Tale esempio ci ha lasciato suor Faustina, esempio che attira gli altri alla fiducia totale in Dio infinitamente buono e onnipotente, e a fare atti di carità verso il prossimo.

 

L’Apostolato della Divina Misericordia

Nel Diario di suor Faustina si parla anche della questione della cosiddetta “nuova congregazione”. Da una lettura superficiale degli appunti dell’Apostola della Divina Misericordia si potrebbe dedurre cheGesù le ha chiesto la fondazione di una congregazione, a cui ha affidato il compito di proclamare e chiedere la misericordia di Dio per il mondo intero. Un’analisi più profonda degli scritti di suor Faustina porta invece alla conclusione che non si tratta qui di una nuova congregazione, ma di un grande gruppo di apostolato nello spirito della devozione alla Divina Misericordia, apostoli che debbono svolgere i compiti prima menzionati nel momento attuale della storia della Chiesa e del mondo.

Bisogna sottolineare che Gesù neanche una volta ha usato la definizione “nuova congregazione”. A suor Faustina diceva: “tu e le tue compagne”, “tale congregazione” oppure “questa congregazione”. Ha definito tuttavia in modo molto chiaro le sue richieste, riguardanti i compiti e lo spirito di quella comunità. “Unitamente alle tue compagne, dovrai impetrare la misericordia per voi stesse e per il mondo” (Q. I, p. 179) – ha detto Gesù. “Concilierai la terra col cielo, mitigherai la giusta collera di Dio” (Q. II, p. 8). Questa era la prima richiesta, mentre la seconda era:“Penetra nei Miei segreti e conoscerai l’abisso della Mia misericordia verso le creature e la mia bontà insondabile e questa farai conoscere al mondo” (Q. I, p. 180). Affinché‚ la misericordia divina possa essere conosciuta e diffusa efficacemente in tutto il mondo peccatore,Gesù desidera una particolare preghiera per i sacerdoti e i religiosi. “Affido alle tue cure due perle preziose per il Mio Cuore, che sono le anime dei sacerdoti e le anime dei religiosi; per loro pregherai in modo particolare; la loro forza dipenderà dal vostro annientamento” (Q. II, p. 212). Gesù ha definito invece lo spirito di questa comunità in modo molto breve, dicendo: “La vostra vita deve essere modellata su di Me, dalla mangiatoia alla morte in croce” (Q. I, p. 180).

Suor Faustina inizialmente credeva che si trattasse di una nuova congregazione, che invocasse la misericordia di Dio per il mondo, proclamasse l’infinita bontà di Dio e vivesse radicalmente il Vangelo, imitando Cristo “dalla mangiatoia alla croce”. Man mano che passava il tempo però e con nuove esperienze e illuminazioni divine, ha capito che non si tratta solo di una congregazione contemplativa, che lei stessa voleva fondare e per la quale ha perfino tracciato una regola, ma anche di una congregazione attiva, maschile e femminile e di un ampio gruppo di persone nel mondo.

Il 27 giugno 1938 ha scritto nel Diario: “Il Signore mi ha fatto conoscere la sua volontà quasi in tre sfumature, pur essendo una cosa sola” (Q. III, p. 393). Così dunque questa “nuova congregazione” possiede come “tre forme”.

La prima è costituita dalle “anime isolate dal mondo/ che/ arderanno come vittime davanti al trono di Dio ed impetreranno la misericordia per il mondo intero… Ed imploreranno benedizioni per i sacerdoti e con la loro preghiera prepareranno il mondo per la venuta finale di Gesù” (Q. III, p. 393).

La seconda “sfumatura” sono le congregazioni che uniscono la preghiera agli atti di misericordia. “In modo particolare proteggeranno dal male le anime dei bambini (…) si impegneranno a risvegliare l’amore e la misericordia di Gesù nel mondo pieno di egoismo” (Q. III, p. 393).

La terza “sfumatura” deve essere costituita dalle persone che vivono fuori dai conventi. A questo gruppo “possono appartenere tutte le persone che vivono nel mondo”, che pregheranno e compiranno azioni di misericordia, almeno una al giorno. Pur non essendo “vincolati da alcun voto”, tuttavia “parteciperanno a tutti i meriti e privilegi della comunità” (Q. III, p. 393).

Come si deduce dalla descrizione di suor Faustina, non si tratta di una congregazione in senso stretto, ma di una unica grande comunità di persone, di varie condizioni e vocazioni, che sono unite dal mistero della Divina Misericordia. E’ una comunità di persone, che attraverso la pratica della devozione alla Misericordia divina vive con lo spirito evangelico di fiducia e di misericordia e cerca di realizzare i compiti che Gesù ha affidato a suor Faustina: invocare la misericordia di Dio per il mondo e proclamare in modo particolare questo mistero di fede al mondo intero.

Gli stessi compiti – professare e proclamare la misericordia di Dio al mondo smarrito, fare opere di misericordia e invocare la pietà di Dio sull’umanità – sono stati affidati dal Santo Padre Giovanni Paolo II a tutta la Chiesa. Del resto la Chiesa ha vissuto questo spirito nei primi secoli della cristianità, di cui ci parlano gli scritti dei Padri della Chiesa.

Oggi viviamo in un’epoca di decadimento di molti valori fondamentali non solo cristiani, ma “semplicemente della morale umana, della cultura morale”. Da qui nasce l’invocazione alla misericordia di Dio e la proclamazione di questa verità di fede sembra una condizione indiscutibile per la rinascita dell’umanità e della pace nel mondo. “Per quanto forte possa essere la resistenza della storia umana, per quanto marcata l’eterogeneità della civiltà contemporanea, per quanto grande la negazione di Dio nel mondo umano, tuttavia tanto più grande deve essere la vicinanza a quel mistero che nascosto da secoli in Dio, è poi stato realmente partecipato nel tempo all’uomo mediante Gesù Cristo” (Dives in misericordia, 15).

Al centro della grande comunità di devoti e di apostoli della Divina Misericordia c’è la figura di suor Faustina. Ella, in modo perfetto, ha realizzato nella sua vita lo spirito e i compiti che Gesù ha posto davanti a lei e alla “nuova congregazione”. I tentativi di fondare la “nuova congregazione” erano per lei esperienza della “notte mistica”. Grazie ad essa suor Faustina ha raggiunto le vette della mistica ed è diventata un modello visibile della via alla santità e dell’apostolato per tutti coloro che sono attratti dal mistero di Dio e dal desiderio di rendere felici gli altri.

In Polonia e oltre i suoi confini molti sacerdoti, molte congregazioni religiose e persone laiche si sono unite in diversi modi a questa grande comunità di devoti e apostoli della Misericordia di Dio. Sono sorti e continuano a nascere nuovi istituti di vita consacrata, che si dedicano a tale scopo, gruppi di preghiera e quelli che all’orazione uniscono l’attività caritativa, vivendo nel mondo. Ci sono pure molte persone che non appartengono ad alcun gruppo, ma vivono lo spirito della devozione alla Divina Misericordia e in questo modo appartengono a quella grande comunità di devoti e apostoli della Divina Misericordia.

Speriamo che le persone coinvolte in questa opera siano sempre più numerose, poiché‚ il mondo ha bisogno di vivi testimoni di Dio e di mani unite nella preghiera per impetrare la misericordia, perché‚ – come ha detto Gesù a suor Faustina – “l’umanità non troverà pace, finché‚ non si rivolgerà con fiducia alla Mia misericordia” (Q. I, p. 132).

 

RECITA DELLA CORONCINA DELLA DIVINA MISERICORDIA

Gesù conosce benissimo i tuoi problemi,le tue paure, i tuoi bisogni ,la tua malattia e ti vuole aiutare.Ma come fa se tu non lo invochi,non lo preghi ?E’ un Padre misericordioso che ti aspetta a braccia aperte in qualunque momento.Prendi ora la corona del rosario e pregalo di esaudire le tue necessità: vedrai continui e silenziosi miracoli nella tua vita.Affidati a Lui con la coroncina alla Divina Misericordia ,esaudirà tutte le tue richieste ……..ti toglierà la tristezza e ti darà la Sua gioia.Non temere .Ti dice : credi forse che Mi manchi l ‘onnipotenza per venirti in aiuto ? Fidati fidati fidati di Lui.

Attraverso questa preghiera noi offriamo al Padre Eterno tutta la Persona di Gesù, cioè la Sua divinità e tutta la Sua umanità che comprende corpo, sangue e anima. Offrendo al Padre Eterno il Figlio amatissimo, ci richiamiamo all’amore del Padre per il Figlio che soffre per noi. La preghiera della Coroncina si può recitare in comune o individualmente. Le parole pronunciate da Gesù a Suor Faustina, dimostrano che il bene della comunità e di tutta l’umanità si trova al primo posto: “Con la recita della Coroncina avvicini a Me il genere umano” (Quaderni…, II, 281) Alla recita della Coroncina Gesù ha legato la promessa generale: “Per la recita di questa Coroncina Mi piace concedere tutto ciò che Mi chiederanno” (Quaderni…, V, 124 ) Nello scopo per il quale viene recitata la Coroncina Gesù ha posto la condizione dell’efficacia di questa preghiera: “Con la Coroncina otterrai tutto, se quello che chiedi è conforme alla Mia Misericordia”  (Quaderni…, VI, 93). In altre parole, il bene che chiediamo deve essere assolutamente conforme alla volontà di Dio. Gesù ha promesso chiaramente di concedere grazie eccezionalmente grandi a quelli che reciteranno la Coroncina.

PROMESSA GENERALE :

Per la recita di questa coroncina Mi piace concedere tutto cio’ che Mi chiederanno.

PROMESSE PARTICOLARI :

1) Chiunque reciterà la Coroncina alla Divina Misericordia otterrà tanta misericordia nell’ora della morte – cioè la grazia della conversione e la morte in stato di grazia – anche se si trattasse del peccatore più incallito e la recita una volta sola….(Quaderni…, II, 122)

2)Quando verrà recitata vicino agli agonizzanti, mi metterò fra il Padre e l’anima agonizzante non come giusto Giudice, ma come Salvatore misericordioso.Gesù ha promesso la grazia della conversione e della remissione dei peccati agli agonizzanti in conseguenza della recita della Coroncina da parte degli stessi agonizzanti o degli altri (Quaderni…, II, 204 – 205)

3) Tutte le anime che adoreranno la Mia Misericordia e reciteranno la Coroncina nell’ora della morte non avranno paura. La Mia Misericordia li proteggerà in quell’ultima lotta (Quaderni…, V, 124).

Poiché queste tre promesse sono molto grandi e riguardano il momento decisivo del nostro destino, Gesù rivolge proprio ai sacerdoti un appello affinché consiglino ai peccatori la recita della Coroncina alla Divina Misericordia come ultima tavola di salvezza .

Con essa otterrai tutto, se quello che chiedi è conforme alla Mia volontà.

L’ora della Misericordia

Nell’ottobre 1937 a Cracovia, in circostanze non meglio specificate da Suor Faustina, Gesù ha raccomandato di onorare l’ora della propria morte, che lui stesso ha chiamato “un’ora di grande misericordia per il mondo intero” (Q. IV pag. 440). “In quell’ora – ha detto successivamente – fu fatta grazia al mondo intero, la misericordia vinse la giustizia” (Q V, pag. 517).

Gesù ha insegnato a suor Faustina come celebrare l’ora della Misericordia e ha raccomandato di:

  • invocare la misericordia di Dio per tutto il mondo, soprattutto per i peccatori;
  • meditare la Sua passione, soprattutto l’abbandono nel momento dell’agonia e, in quel caso ha promesso la grazia della comprensione del suo valore.
  • Consigliava in modo particolare: “in quell’ora cerca di fare la Via Crucis, se i tuoi impegni lo permettono e se non puoi fare la Via crucis entra almeno per un momento in cappella ed onora il mio Cuore che nel SS.mo Sacramento è pieno di misericordia. E se non puoi andare in cappella, raccogliti in preghiera almeno per un breve momento là dove ti trovi” (Q V, pag. 517).

Gesù ha fatto notare tre condizioni necessarie perché le preghiere in quell’ora siano esaudite:

  • la preghiera deve essere diretta a Gesù e dovrebbe aver luogo alle tre del pomeriggio;
  • deve riferirsi ai meriti della Sua dolorosa passione.

In quell’ora – dice Gesù – non rifiuterò nulla all’anima che Mi prega per la Mia Passione(Q IV, pag. 440). Bisogna aggiungere ancora che l’intenzione della preghiera deve essere in accordo con la Volontà di Dio, e la preghiera deve essere fiduciosa, costante e unita alla pratica della carità attiva verso il prossimo, condizione di ogni forma del Culto della Divina Misericordia

Gesù a Santa Maria Faustina Kowalska