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“NESSUNO DI VOI PUÒ FINIRE ALL’INFERNO SENZA SAPERLO”… In che senso?

esorcismo


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Il demonio, obbligato a dire la Verità da un Ministro della Chiesa Cattolica Esorcista, per Volere di Dio, parla del Giorno del Giudizio riservato ad ogni essere umano, quando, appena finito l’esistenza terrena, viene Chiamato al Cospetto dell’Altissimo per essere Giudicato. Una delle orribili Verità che il demonio sotto Obbligo Divino deve riferire è la quasi totale assenza odierna del Sacro-Santo Timore di Dio. Credendo che Dio è Infinitamente Misericordioso, l’essere umano, deviato dal proprio giudizio e consigliato dagli spiriti dannati, non Rende Rispetto a Dio negando la Sua Infinita Giustizia. Infatti come Dio è Misericordioso è Giusto, quindi è GIUDICE VERO. Tutte le anime del Purgatorio, del Paradiso e perfino dell’Inferno TEMONO LA GIUSTIZIA DI DIO e il demonio, costretto a dire la Verità dal Comando in Nome di Dio dell’Esorcista, mette in guardia le anime che ancora non sono state giudicate a Credere nell’Esistenza dell’Inferno e nella infida trappola malefica che viene sottoposta ad ogni anima moribonda per dannarla in eterno, Chiedendo a Dio, come unica Ancora di Salvezza la Sua Pietà e Misericordia con vero sentimento di contrizione e dolore.

ESORCISMO DELL’11/08/1983

IL SANTO TIMORE DI DIO
Demonio – È un grande successo per noi che la Chiesa oggi parli sempre meno del santo e salutare timore dell’Altissimo. Grazie alla nostra subdola opera, alcuni preti non ne parlano affatto; o perché non ci credono più nemmeno loro, o perché se ne vergognano, temendo di apparire ingenui e superati. Al contrario si coltiva il timore delle leggi, il timore dell’uomo, il timore delle umiliazioni, ma del timore dell’Altissimo va sparendo perfino l’ombra. Noi demoni siamo diventati i più grandi predicatori della Misericordia del Cielo, ma la predichiamo disgiunta dalla giustizia e così vi portiamo fuori strada, vi facciamo credere che i vostri peccati non solo non vi porteranno all’inferno, ma resteranno del tutto impuniti. Sibilando nelle vostre anime che l’Altissimo è misericordioso e non ricordandovi che è anche giusto (come se la giustizia fosse la negazione della Misericordia) vi portiamo a non ricambiare il suo amore, ma a calpestarlo, a offenderlo senza ritegno. Ed è quello che sempre più spesso fate, visto che, credendo a noi, voi vi illudete che si possa calpestarlo senza poi pagarne le conseguenze.
Se volete bene a voi stessi, se volete trovare delle ragioni convincenti per non peccare, imparate a valutare le cose, soprattutto il tempo e l’eternità, alla luce del santo timore dell’Altissimo. Con lui non si scherza.
Vi ama, ma vuole che anche voi lo amiate. Vi invita a credere fermamente nella sua Misericordia, ma senza sottovalutare anche minimamente, la sua giustizia.
Conservate sempre il santo e salutare timore dell’Altissimo, che si traduce nella paura dell’eterna dannazione, del fuoco eterno, con cui saranno torturati per sempre corpi e anime all’inferno. Ora basta! Io non volevo dire queste cose!
SIETE AVVERTITI CHE L’INFERNO ESISTE
Esorcista – Ti ordino di continuare nel nome di Dio.
Demonio – Nessuno di voi può finire all’inferno senza saperlo. Che esiste la possibilità e il serio rischio della condanna eterna vi è stato detto e vi viene ricordato in molte occasioni dall’Altissimo. Con particolare frequenza ne sono avvertiti i Sacerdoti, che hanno un più stretto contatto con la Sacra Scrittura. Ma oltre che con la sua parola scritta, l’Altissimo, vi ricorda la realtà dell’inferno, e la possibilità per tutti di finirci dentro, parlando nell’intimo della vostra coscienza, o nel sonno, o con la morte di persone buone o cattive. Quando assistete un moribondo o uno che sia appena spirato e pregate per lui dicendo: “Signore, donagli il riposo eterno, splenda a lui la luce perpetua. Riposi in pace. Amen”, come è possibile che non vi ricordiate dell’inferno? Forse in quell’attimo ci pensate, ma poi vi rituffate nella vita frenetica di tutti i giorni e il pensiero del Giudizio dell’Altissimo e dell’inferno si dilegua, così come all’alba le deboli luci delle stelle spariscono quando il sole vi abbaglia della sua luce.
Quando qualcuno sta morendo dovreste pensare che si sta giocando per quell’anima l’ultima carta: lì attorno ci sono anche, presenti come avvoltoi pronti alla rapina, molti spiriti cattivi che tutto fanno per trascinare quell’anima con loro all’inferno.
(N.dR. Un tempo, quando veniva suonata la campana dell’agonia, la gente, ovunque si trovasse, si sentiva invitata alla preghiera epensava: “Qualcuno in questo momento sta morendo, bisogna pregare per quell’anima”; e molte invocazioni salivano al Cielo per la salvezza eterna di quel moribondo. Ora invece, la campana suona quando uno è già morto, quando è già giudicato, quando non c’è più per lui alcuna possibilità di salvezza).
E vedendo un uomo che muore, dovreste pensare che un giorno toccherà a voi… morire… subire il Giudizio… e vedervi ancora accolti o rifiutati dal Cielo.
LA MISERICORDIA DI DIO CONTINUA A RICHIAMARE
Demonio – l’Altissimo non smette mai di richiamarvi, come farebbe ogni buona madre per distogliere i suoi figli da un pericolo. Nella sua Misericordia è disposto a perdonarvi tutti i vostri peccati, perché vuole che nessuno di voi vada perduto.
Che cosa non ha fatto durante la sua vita terrena e con la sua passione e la sua morte spaventosa? Nulla ha tralasciato allora e nulla tralascia anche oggi per la vostra salvezza. Se l’Altissimo ha fatto e fa così tanto per salvarvi ciò è una conferma in più che anche per voi c’è il rischio di perdersi. E se l’Altissimo non sottovaluta questo rischio che correte, non dovete sottovalutarlo nemmeno voi, nel vostro interesse. Ma voi non avete ancora imparto a volere bene a voi stessi!
Ricordatele voi per primi queste verità e non trascurate di ricordarle anche agli altri: non lo farete mai abbastanza. (Urla furiosamente).
IL TIMORE DELLA MORTE
Demonio – Fino a che uno è ancora vivo ha la possibilità di salvarsi, purché dica: “Pietà, Signore, pietà di me”. Ma quando l’anima si separa dal corpo non c’è più nessuna possibilità; in quello stesso istante avviene il Giudizio: in un lampo vedrà tutta la sua vita e dovrà risponderne all’Altissimo.
E guai a quell’anima se non si sarà purificata in tempo, con un sincero pentimento, di tutti i suoi peccati: sperimenterà da quel momento e per tutta l’eternità l’ira tremenda di un Giudice giusto, ma severo.
L’unica pietà che il supremo Giudice potrà offrire a quell’anima è di farla finire all’inferno, lontana da Lui.
Sarebbe infatti un castigo più tremendo per quell’anima se, in quelle condizioni di ostinato peccato, finisse in Paradiso: la vista dell’Altissimo, dei suoi Angeli dei suoi Santi, ricolmi di Grazia, rivestiti di gloria e pieni di gioia, sarebbe una tortura più grave di tutte le pene che dovrà subire all’inferno.
NESSUNO È AL SICURO
Demonio – Per tutti dovrete pregare molto, anche per chi è considerato un santo. Noi non lasciamo in pace nessuno, né in vita, né tanto meno nel momento della morte. Anche chi per tutta la vita ha camminato per la strada stretta può trovarsi nel momento della morte in grandi tentazioni: noi cerchiamo di creargli nell’anima una spaventosa oscurità e di portarlo alla disperazione.
Dovete pregare molto e per tutti non solo perché sia evitato l’inferno, ma anche perché sia evitato o almeno ridotto il tempo della purificazione in Purgatorio.
È cosa tremenda anche il Purgatorio.
È tremendo quando l’anima si separa dal corpo con la morte non vedersi accolti dall’Altissimo perché non ancora del tutto purificati dalle colpe commesse nella vita.
Certo, ci sono persone che eviteranno il fuoco purificatore del Purgatorio perché la Misericordia dell’Altissimo terrà conto delle molte sofferenze che hanno patito nella vita, ma anche per queste la morte sarà tremenda.
Solo in pochi casi, per volontà del Cielo la morte non si presenta con un volto orrendo.
Parlate della morte nelle vostre prediche, ora ne parlate troppo poco e la vostra gente continua a vivere nell’incoscienza e nel peccato.
Pregate e fate pregare per i moribondi e per le anime del Purgatorio. Basta, basta farmi parlare!
IL TIMORE Dl DIO DEVE ESSERE ANNUNZIATO A TUTTI
Esorcista – Prosegui e dì quanto il Cielo ti ordina di dire.
Demonio – Io, Belzebù, sono stato costretto a dirvi queste cose e sono costretto a raccomandarvi ancora: curate questo santo e salutare timore dell’Altissimo. Dovete parlarne tutti: gli educatori ai giovani loro affidati, i maestri ai loro bambini e i genitori ai loro figli. Deve parlarne il Papa a tutta la Chiesa, i Vescovi ai loro Sacerdoti e i Superiori religiosi alle anime consacrate.
Soprattutto ne parlino i Sacerdoti nelle loro omelie, molto più di quanto non facciano ora.
Se non viene predicato il timore dell’Altissimo in questa vita, non resterà che il terrore nell’altra, il terrore di un Giudice che di là non perdona, il terrore dell’inferno, un terrore tremendo, eterna assenza di rimedio.
Meglio per voi il timore in questa vita che le angosce del Purgatorio nell’altra o il timore eterno che trovereste all’inferno. (Grida paurosamente).
Io sono costretto a dirvi che questa è la verità. Non credete a chi vi inganna dicendo che l’Altissimo è Misericordia infinita e tralascia di dirvi che è anche Giustizia infinita.

Tratto da: “Grande Opera Mariana Gesù e Maria” – ottobre-dicembre 2005 n.4.

Gloria Polo – “Sono stata alle porte del Cielo e dell’inferno” – Video Testimonianza

cielo e inferno
La testimonianza di una donna Colombiana, Gloria Polo, dell’Esistenza del Paradiso, del Purgatorio e dell’Inferno, a seguito del suo decesso per arresto cardiaco dopo essere stata colpita, con suo nipote, da un fulmine. Il giudizio e la seconda opportunità di Gloria sono un Bene Assoluto per l’Umanità che non deve rimanere indifferente e convertirsi alla Chiamata del Signore. Con questa bellissima, indimenticabile, struggente testimonianza dell’Amore e Misericordia di Gesù Dio Figlio, e con Lui, di Dio Padre e di Dio Spirito Santo nella Santissima Trinità, abbiamo tutti una opportunità di Conversione e di Salvezza. Quello che ci viene chiesto, come dice Gloria nella Testimonianza, è di ricambiare di Cuore, sebbene miseri esseri umani, l’Amore di Dio, onorandolo con le nostre azioni, opere, preghiere, rispettando i Dieci Comandamenti, giacchè ogni peccato grave e pienamente voluto è mortale per l’anima (e come sentiremo nell’intervista anche per il corpo. Gloria, attraverso il racconto della sua vita, ci mostra come si può diventare facili prede di lucifero, il demonio, che svuota l’intelligenza umana fino ad accecarla totalmente, portando le anime all’inferno nella dannazione vera, indescrivibile, senza alcuna Via d’uscita.

Don Giuseppe Tomaselli: Intervista con Melid (demonio impuro)

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“E’ in circolazione un libretto, dal titolo “Interviste col maligno”. Ho pensato che potrei scrivere anch’io un libretto sul delicato argomento, in quanto da cinquant’anni in qua (1934 — 1984) ho esercitato il compito di esorcista ed anzi ho avuto non poche volte l’occasione di vedere il demonio, in forma umana, di lottare direttamente con lui, anzi di essere stato preso più volte per il collo e maltrattato. Ho potuto studiarlo, come si vedrò in questo scritto, nelle varie manifestazioni. Inoltre sono stato e sono Direttore Spirituale di anime mistiche, le quali sogliono essere bersaglio diretto e terribile del demonio in persona e come Direttore di tali anime ho potuto constatare fatti, che sembrerebbero inimmaginabili, eppure io sono stato testimonio per decine e decine di volte. Per svolgere il tema ho dovuto impostare l’intervista in forma ideale, né potrebbe farsi diversamente; però quanto si verrà esponendo corrisponde ai detti ed ai fatti, di cui io sono stato testimonio oculare, auricolare e parte direttamente interessata”.[Don Giuseppe Tomaselli – uno zelantissimo Prete Cattolico( 1902-1989)]

“L’INFERNO ESISTE VERAMENTE… E’ UN LUOGO TERRIBILE E TERRIFICANTE.”

 
 inferno esiste

Messaggio del 7 dicembre 2011, dato ad Angelik Caruana a  Borg in-Nadur (Malta)

Miei cari figli e figli del mio cuore!
Figli miei, la vigilia della mia festa cade in questo giorno. Infatti oggi è la vigilia della mia festa e proprio dal cuore desidero dirvi quanto segue: figli miei e miei piccoli, voglio che crediate nell’esistenza dell’inferno. Forse non si sente più tanto parlare in proposito. Figli miei e miei piccoli, l’inferno esiste veramente. Molte anime stanno andando in esso e si stanno perdendo. Fate in modo di non andarci anche voi a causa del peccato, figli miei. E’ un luogo orribile e terrificante.
Satana fa tutto ciò che è in suo potere per distruggervi e ricorre a certe insinuazioni per distrarvi, dicendo: ‘Questa è buona e non quest’altra’; ‘Guarda come questo è meglio di quell’altro!’; ‘ Osserva come questa donna è meglio di tua moglie, lei ti apprezza di più ‘,’ Guarda come quest’uomo ti ama più di tuo marito’. Satana suscita tante immagini all’interno della fantasia nella tua mente, figli miei!.
Egli cerca anche di distruggere i sacerdoti. Infatti, figli miei, cerca di deformare il loro pensiero su tutto; li induce a dire bene ciò che è male e a predicare come corrette cose che sono storte. In effetti questo è ciò che Satana sta facendo, figli miei. E’ il suo lavoro per disturbare tutti. Eppure io vi proteggerò da lui. Venite a me, sempre a me, figli miei, ed io vi libererò da Satana, che sicuramente continua a seguirvi e ad aggirarsi alle vostre spalle. Egli non risparmia alcuno sforzo nel cercare di tenervi in mano. Ma se pregate col vostro rosario, Satana verrà mantenuto lontano da voi.
Figli miei, questo è quello che ho voluto condividere con voi questa sera: l’inferno esiste, vi dico ancora una volta che molte anime vanno all’inferno. Ecco perché mio Figlio Gesù mi manda qui: è perché vuole che il mondo si converta. Mio Figlio Gesù vuole urgentemente la conversione di tutto il mondo. Non vuole vedere Satana conquistare il mondo. È per questo che mi ha mandato e ha scelto quest’isola e questa collina di Borg in-Nadur.
Figli miei e miei piccoli, insegnate alla gente che l’inferno esiste veramente e non evitate di parlare dell’inferno. Parlate, figli miei. Vi ripeto, istruite il popolo, e dite ciò che li fa andare laggiù.
Questo è ciò che ho voluto condividere con voi, figli miei e miei piccoli.
Grazie per aver ascoltato la mia chiamata.

La Passione di Gesù Cristo nella Santa Messa

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Il Credo Cristiano dell’unica Via, Verità e Vita, rivelataci tramite il Vangelo, annunciata dai Profeti nella Sacra Bibbia e confermataci dalle Rivelazioni dei Santi, Mistici e Veggenti della Chiesa Cattolica.
L’Agnello di Dio, nato dalla Santissima Vergine e Immacolata Maria, che Toglie i Peccati dal mondo, con la Sua Infinita Misericordia.
Attraverso la sua Immolazione, ha aperto anche a noi la Porta del Paradiso e della Beatitudine Eterna.
Offrendosi a Dio Padre come Sacrificio Perfetto, in Remissione dei nostri peccati, Gesù ci ha permesso di essere accolti nella Casa dell’Altissimo, quando, pentiti delle enormi offese commesse durante la nostra Vita contro Dio, Unico e Trino, con cuore contrito e dolorante, avessimo chiesto la sua Misericordia, pienamente coscienti di non aver saputo o voluto compiere nella nostra Vita il Suo Volere e quindi di esserci macchiati di peccati davanti a Lui.
Per poter Perdonare le nostre colpe davanti all’Altissimo, Gesù, l’Unto del Signore, il Re dell’Universo, ha voluto Prendere su di se Tutta la miseria umana e accusarsi esso stesso davanti a Dio Padre delle nostre mancanze, bassezze, iniquità e peccati, arrivando a sudare Sangue nell’Orto degli Ulivi. ( Vedi “La Passione” di Catalina Rivas).
Il Sacrificio Perfetto che si rinnova davanti all’Altare durante la celebrazione della Santa Messa ogni giorno e in ogni luogo, dà Gloria al Padre e riporta tutta l’Assemblea presente in Chiesa sul Luogo e nel Momento della Morte in Croce di Gesù, rivivendo la Passione di Gesù Cristo nostro Dio e Salvatore: dalla Sofferenza e Preghiera per l’Umanità di Gesù nel Getsemani, alla Cattura e Condanna e ancora alla Dolorosissima Passione, fino ad arrivare alla Crocifissione sul Golgota. Nella Celebrazione della Santa Messa, Dono Infinito della Misericordia Divina, Gesù si fà Nutrimento dello Spirito e del Corpo, essendo Veramente Presente in Corpo, Sangue, Anima e Divinità nell’Eucarestia, per diventare un Tutt’Uno con noi, il suo Gregge, la sua Creazione donandoci lo Spirito Santo, per Guidarci in questa Vita terrena e successivamente, Vivere in Eterno nel Regno dei Cieli.
L’Importanza della Madre di Gesù, Maria Santissima per la Vita stessa dell’Emmanuele, il Verbo di Dio e con la Sua partecipazione alle Sofferenze del Figlio di Dio durante tutta la Passione(la Spada che secondo Simeone avrebbe trafitto il Suo Cuore), La rende Madre di Misericordia, Regina dell’Universo, Madre nostra (“ecco tuo figlio… ecco tua Madre…”). A Lei, che per Volere di Dio è la Mediatrice di Grazie per i Suoi figli, al Suo Cuore Immacolato e al Sacro Cuore di Gesù Innalziamo Lode e canti d’Amore.
Vediamo questo video ben fatto, che mostra il Vero Significato della Santa Messa.

Gli Angeli Ribelli un racconto di Don Giuseppe Tomaselli

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Di seguito viene riportato il colloquio e le fasi di un esorcismo condotto da Don Giuseppe Tomaselli ad una bambina. Dal colloquio interamente preso dall’opuscolo Pubblicato dallo stesso esorcista ” Gli Angeli Ribelli”, possiamo apprendere come il demonio cerchi di strappare le Anime a Dio e portarle con se all’inferno nella dannazione eterna. Esso cerca anime da poter torturare(fisicamente o psicologicamente), e portare alla perdizione, vagando sulla terra, senza che noi possiamo saperlo. La cosa più importante è anche capire che il demonio è furbo, malvagio e subdolo. Conoscendo tutte le bassezze umane, è capace di fare cadere le anime nel peccato, anche le più pie, senza che esse possano percepire la sua presenza, quindi, rimanendo nascosto, senza far capire che le tiene strette a se in una morsa infernale.
Entrato in casa dell’ossessa, il demonio per bocca della bambina disse:

– Via di qua, Pretaccio Cattolico! Perché vieni a disturbarmi?. . .
Presi l’aspersorio con l’acqua Benedetta.

Inferocì il demonio: Via queste cosacce!. . . Pretaccio Cattolico, te la farò pagare!. . .

“In nome di Dio, ti comando di rispondere!”
– Chi sei tu che comandi a me?

“Sono un povero uomo; ma come Ministro di Dio ti comando e tu devi ubbidire. ”

Sull’istante l’ossessa si sedette e rimase con le braccia conserte. Io parlavo in latino ed il demonio arrabbiato mi disse:
– Non voglio parlare in latino, linguaccia di voi Pretacci Cattolicacci!

Tuttavia lo tempestai di domande in lingua latina: Qual è il tuo nome?
– Il mio nome? … Non t’importa saperlo e perciò non te lo dico.

“Sei solo in questa bambina?”
– Per il momento sono solo, ma se vuoi chiamo i compagni.

“No, resta solo! – Prima di essere qui, dove ti trovavi? ”
– Andavo in giro per le vie!

“Cosa fai lungo le vie?”
– Cerco di far fare peccati alla gente

“E tu cosa ne guadagni?”
– Che guadagno? … Trascino all’inferno anime con me!

“Siete molti nell’inferno? ”
– Eh! … Sapessi, sapessi quanti siamo! … Dunque, vuoi sapere chi sono? Io sono il demonio della disonestà!

“E dimmi: Vanno molti all’inferno per l’impurità? ”
– Tutti quelli che sono là dentro, vi si trovano per questo peccato ed anche gli altri ci verranno per lo stesso peccato.

Passavano di lì alcuni giovanotti i quali pronunziavano parolacce disoneste; il demonio disse:
– Ecco, passano i miei aiutanti.

“Ora basta con le chiacchiere! Tu devi lasciare la creatura! ”
– No, non me ne vado. Del resto che male faccio alla bambina?

“Devi subito partire! ”
– Satana, Satana … vieni in mio aiuto! …

In quell’istante arrivarono altri tre demoni; la bambina, finito l’esorcismo, me lo assicurò. Avevo il Santissimo Sacramento, nascosto sotto il pastrano; la ossessa mi disse:
– Tu nella borsetta tieni Satana! …  e stese la mano verso il mio petto.

Le diedi una botta sulla mano e ridendo mi rispose:
– Tu batti la bambina; a me puoi far niente.

[…]  io dissi al demonio: “In nome di Gesù Nazareno, parti subito!” Intanto attaccai al petto della bambina un’immaginetta del Sacro Cuore. Il demonio divenne furibondo; si era in parecchi a tenere la bambina a freno.

– Ve la farò pagare a tutti! … Satana, Satana, manda ancora sette compagni in mio aiuto!
Infatti altri sette demoni entrarono in quel corpo, come mi confermò la bambina appena liberata. Non potendo più il demonio resistere, esclamò: Me ne vado! Però lascerò la bambina piangente e non la farò più alzare da questa sedia. 

Sull’istante la bambina si sedette e diede in un pianto dirotto; momentaneamente i demoni la lasciarono. Le domandai: “Perché piangi?” <<  Ma, non lo so! >> “Fa’ il segno della Croce!” <<Non posso sollevare il braccio.>>  “Allora, alzati!” <<Non posso alzarmi! >>
La bambina era rimasta come legata in tutto il corpo, impotente ad alzarsi dalla sedia; i demoni però erano usciti, poiché essa tra le lacrime pregava recitando il Padre Nostro.
Passato del tempo, la bambina cominciò a ridere ed a camminare con sveltezza; era ritornata l’ossessione.

– Sono ancora qui, disse il demonio, e non me ne vado … Siamo in troppi e non riuscirai a cacciarci. 

A dire il vero sentivo un po’ di stanchezza e ricorsi a diversi mezzi efficaci per riuscire nell’impresa. L’acqua benedetta è meravigliosa negli esorcismi. Versando quest’acqua sul corpo dell’ossessa, il demonio è tormentato fortemente.

– Pretaccio, smetti, smetti … non tormentarmi più!
“Se vuoi che smetta, lascia la bambina! “

– No; tu tormenti me ed io tormento essa!
Non cessai di aspergere con l’acqua santa, finché il demonio disse: Ebbene me ne vado; ma prima che essa muoia, sarò di ritorno! … Noi siamo stati mandati da Lucifero in questa casa e, siccome non riusciamo nel compito, egli ci tormenta. Satana maledice il momento in cui ci ha mandati qua e noi tremiamo a metter piede qua dentro … Dimmi dove debbo andare me ne vado:

“Va’ in alto mare; va’ ad incorporare qualche pesce o qualche altra bestia!”
– Cosa me ne faccio di questi esseri? … Io cerco uomini! … Perché non vai tu a riposare nel corpo delle bestie?

“Ed allora, nel nome di Dio Onnipotente, vattene nell’inferno! ”
– E me ne vado!

“Però non uscire più dall’inferno! ”
– Ah, in questo non posso ubbidirti! Lucifero mi tormenta … son costretto ad uscire ed andare per il mondo!

“Te lo comando! … Ubbidisci! ”
– Parto subito!

La bambina abbassò un istante le palpebre, emise un leggero sospiro … e restò libera.
Dunque, dissi alla piccina, “come stai?”<< Oh, Padre, lei è qua? … >> ” Ti accorgi adesso che sono qua? È tanto tempo che lotto e parlo con te!” << Ma io non l’ho visto! >> “In questo frattempo cosa hai visto? “<<  Son venuti attorno a me tanti demoni, che mi hanno battuta; ora se ne sono andati. >> ” Tu che cosa facevi quando c’erano i demoni? “ << Pregavo, recitando l’Ave Maria nella mia mente. Ora sono serena, ma ho un po’ di dolore nel corpo per le botte ricevute.>>
Quanto ho narrato è verità; non nomino l’interessata, né i testimoni dei fatti, per misura di prudenza. Quella bambina oggi è madre di numerosi figli.
Faccio rilevare che quando si studia un caso di ossessione, è lecito fare degli esperimenti, per assicurarsi della presenza del demonio; ma quando l’ossessione è sicura, è male mettersi in rapporto con lo spirito maligno unicamente per curiosità, facendo domande capricciose, chiedendo notizie di cose occulte, ecc. Non si dimentichi che il demonio è padre della menzogna e perciò non tutto quello che dice è assolutamente vero.
Allorché in una famiglia trovasi qualcuno invaso dal demonio, appena si manifesta la presenza diabolica, non si stia a chiacchierare con l’ossesso, bensì si preghi da tutti i presenti, affinché Satana si trovi a disagio e parta presto.
I parenti dell’ossesso procurino di stare in grazia di Dio, si accostino alla Confessione ed alla Santa Comunione, recitino il Rosario, consacrino la famiglia al Sacro Cuore di Gesù e al Cuore Immacolato di Maria. Se qualcuno dei parenti è in disgrazia di Dio, può darsi che il demonio lasci la persona invasa e prenda possesso di lui.
Nei giorni e nelle ore in cui l’ossesso è libero, si approfitti per farlo confessare e ricevere la Santa Comunione. Alcuni credono che se l’ossesso riceve i Sacramenti, non potrà liberarsi dal demonio per tutta la vita; questo è falso.

Per chi si pone la domanda , “ma cosa avrà fatto di male una bambina che viene presa di mira dal demonio e della quale si impossessa? ” è bene sentire il parere dello stesso Esorcista Don Giuseppe Tomaselli che al riguardo dice:
“Iddio avrebbe potuto rendere impotenti i demoni; relegati nell’abisso, non avrebbero potuto nuocere ad alcuno. Dai fatti noi sappiamo che il Signore ha lasciato una certa libertà a Lucifero ed ai suoi subalterni, libertà limitata, ma vera. Perché Iddio ha fatto così? … E chi può penetrare i misteri dell’Onnipotente? … Si può pensare che la Divina Provvidenza voglia servirsi dell’opera dei demoni per aumentare in Cielo la gloria dei suoi eletti. Chi infatti è tentato e supera la tentazione, guadagna un merito eterno.”

Gli Angeli Ribelli: Spiriti celesti diventati Tenebra.

Lotta in Cielo.

Iddio creò sterminate schiere di Angeli, cioè di Puri Spiriti, dotati di grande intelligenza e di forte volontà. Il Cielo si popolò in un attimo di questi esseri beati, che lodavano il Creatore e nello stesso tempo godevano di perfetta felicità.
Gli Angeli sono distribuiti in nove categorie, o cori; così risulta dalla Sacra Scrittura.
L’Angelo più bello era Lucifero, o Apportatore di luce, il quale, per così dire, eclissava gli altri col suo splendore.
Iddio, che è giusto, volle mettere alla prova la fedeltà, esigendo dagli Angeli un atto particolare di umile sudditanza. Secondo S. Tommaso d’Aquino e secondo i più celebri Padri della Chiesa, la prova fu questa: la Seconda Persona Divina, il Figlio Eterno del Padre, Gesù Cristo, nella pienezza dei tempi si sarebbe fatto uomo, pur restando vero Dio, e tutti gli Angeli avrebbero dovuto adorarlo, pur vedendolo rivestito di misera carne umana.
A noi, esseri inferiori rispetto agli Angeli, non sarebbe costata troppo una simile prova; per gli Angeli invece la prova fu durissima. Lucifero, dotato di qualità eccellentissime, pensando che un giorno avrebbe dovuto umiliarsi davanti al Figlio di Dio fatto uomo, senti in sé tanto orgoglio da dire: Non lo servirò!… Se si farà uomo, sarò a lui superiore! – Altre schiere di Angeli si unirono a Lucifero, quasi per dare la scalata alla Divinità. Si iniziò la tremenda lotta in Cielo. Noi sappiamo ciò che avvenne in quella lotta, perché Iddio la manifestò al Profeta Daniele ed a San Giovanni Evangelista. L’Arcangelo San Michele, a capo d’innumerevoli Angeli, si oppose alla superbia di Lucifero, dicendo: Chi è come Dio? Il Creatore alla fine della lotta intervenne direttamente; confermò in grazia gli Angeli fedeli e punì i ribelli.

 

Diavoli in giro.

L’inferno, oltre ad essere un luogo, è anche uno stato. I demoni stanno parte nell’inferno e parte vanno in giro, vagando per il mondo; ma ancorché essi vadano di qua e di là, tuttavia soffrono sempre le pene infernali, poiché la maledizione di Dio poggia sempre sopra di loro.
La Santa Chiesa, nell’antica Liturgia, alla fine della Messa aveva una preghiera particolare, rivolta a San Michele Arcangelo «…E tu, o Principe della Milizia Celeste, con forza divina ricaccia nell’inferno Satana e gli altri demoni, i quali vagano per il mondo alla perdizione delle anime».
tratto da “Gli Angeli Caduti” di Don giuseppe Tomaselli.

 

BIOGRAFIA DI DON GIUSEPPE TOMASELLI

Don Giuseppe Tomaselli nacque a Biancavilla, un paese in provincia di Catania, il 26 gennaio del 1902 in una famiglia profondamente cattolica. Nel 1916 entrò nella Congregazione Salesiana fondata nel 1859 da San Giovanni Bosco, l’Apostolo della gioventù. Nel 1926 venne ordinato sacerdote e cominciò il suo lungo ministero durato quasi 63 anni durante i quali ha ricoperto vari incarichi: parroco, insegnante, cappellano presso comunità religiose, esorcista ed apostolo della buona stampa cattolica. Scrisse un centinaio di semplici libretti devozionali ed apologetici che stampò in milioni di copie e che diffuse in Italia e anche all’estero.

 

Cosa Interferisce o blocca completamente con il piano infernale del demonio di dannare le Anime?

Essere dei buoni Cristiani, allontanando da ogni occasione di cadere nel peccato, andando regolarmente in Chiesa, partecipando ai Santissimi Sacramenti, Pregando con perseveranza, specialmente il Santo Rosario, leggendo le Sacre Scritture, facendo digiuno e astinenza, impedisce al demonio di vincere la fragilità dell’anima umana, con l’Intercessione Gloriosa di Maria Santissima, confidando nella Misericordia di Gesù Cristo, si viene protetti da Dio. E’ bene far benedire da un Ministro di Chiesa la propria casa e la propria famiglia, e fare uso quotidiano dell’Acqua Santa, avere con se Santini Benedetti e Immagini Sacre Benedette(meglio la medaglietta Miracolosa o lo Scapolare del Carmelo). Il Male è attratto dal male, l’indecisione, la lontananza da Dio, la tiepidezza umana, la superstizione… Non tenere mai oggetti, come dei souvenire, che sono dedicati a dei pagani o oggetti dal passato malvagio, ma disfarsene immediatamente. La Regola della Difesa contro il demonio è Stare in Grazia di Dio.

LE BEATITUDINI EVANGELICHE

The Sermon on the Mount Carl Bloch, 1890

LE BEATITUDINI EVANGELICHE

  1. Quante e quali sono le Beatitudini evangeliche?
Le Beatitudini evangeliche sono otto:

Beati i poveri in spirito, perché di essi è il regno dei cieli.

Beati gli afflitti, perché saranno consolati.

Beati i miti, perché erediteranno la terra.

Beati quelli che hanno fame e sete della giustizia, perché saranno saziati.

Beati i misericordiosi, perché troveranno misericordia.

Beati i puri di cuore, perché vedranno Dio.

Beati gli operatori di pace, perché saranno chiamati figli di Dio.

Beati i perseguitati per causa della giustizia, perché di essi è il regno dei cieli.

  1. Chi sono i poveri in spirito, che Gesù Cristo chiama beati?
I poveri in spirito, secondo il Vangelo, sono quelli che hanno il cuore distaccato dalle ricchezze; ne fanno buon uso, se le posseggono; non le cercano con sollecitudine, se ne sono privi; ne soffrono con rassegnazione la perdita, se loro vengono tolte.
  1. Chi sono gli afflitti, che sono detti beati?
Gli afflitti, che sono detti beati, sono coloro che soffrono rassegnati le tribolazioni, e che si affliggono per i peccati commessi, per i mali e per gli scandali che si vedono nel mondo, per la lontananza dal paradiso e per il pericolo di perderlo.
  1. Chi sono i miti?
I miti sono quelli che trattano il prossimo con dolcezza, e ne soffrono con pazienza i difetti e i torti che da essi ricevono, senza lamentele, risentimenti o vendette.
  1. Chi sono quelli che hanno fame e sete della giustizia?
Quelli che hanno fame e sete della giustizia sono coloro che desiderano ardentemente crescere sempre più nella divina grazia e nell’esercizio delle opere buone e virtuose.
  1. Chi sono i misericordiosi?
I misericordiosi sono quelli che amano in Dio e per amor di Dio il loro prossimo, ne compassionano le miserie sia spirituali, che corporali, e cercano di sollevarlo secondo le loro forze e il loro stato.
  1. Chi sono i puri di cuore?
I puri di cuore sono quelli che non hanno alcun affetto al peccato e ne stanno lontani, e schivano soprattutto ogni sorta di impurità.
  1. Chi sono gli operatori di pace?
Gli operatori di pace sono quelli che conservano la pace col prossimo e con se stessi, e cercano di mettere la pace tra quelli che sono in discordia.
  1. Chi sono i perseguitati per causa della giustizia?
I perseguitati per causa della giustizia sono coloro che sopportano con pazienza le derisioni, i rimproveri e le persecuzioni per causa della fede e della legge di Gesù Cristo.
  1. Che cosa significano i diversi premi promessi da Gesù Cristo nelle Beatitudini?
I diversi premi promessi da Gesù Cristo nelle Beatitudini significano tutti, sotto diversi nomi, la gloria eterna del cielo.
  1. Coloro che seguono le Beatitudini ne ricevono già qualche ricompensa in questa vita?
Sì, certamente, coloro che seguono le Beatitudini ne ricevono già qualche ricompensa anche in questa vita, perché già godono un’interna pace e contentezza, che è principio, benché imperfetto, dell’eterna felicità.
  1. Quelli che seguono le massime del mondo possono dirsi felici?
No, quelli che seguono le massime del mondo non sono felici, perché non hanno la vera pace dell’anima, e corrono pericolo di dannarsi.

 

LE BEATITUDINI: LEGGE FONDAMENTALE DEL CRISTIANESIMO

Le beatitudini sono il codice della vita cristiana, la sintesi del messaggio rivoluzionario che Cristo ha portato al mondo: un messaggio di felicità.
Gesù proclama e realizza un cambiamento più sorprendente di quello di Cana (Gv 2,1-11): la povertà diventa ricchezza, le lacrime gioia.
Egli non segue le vie battute dagli uomini, né suggerisce nuovi mezzi perché la loro affannosa ricerca trovi finalmente la meta. Prende atto del loro bisogno di gioia, lo approva, perché lo ha installato Dio creatore nel loro cuore, ma cambia la segnaletica del percorso, muta radicalmente il valore delle cose, ribalta la mentalità del mondo.
Non si tratta di leggere lo straordinario messaggio delle beatitudini per suscitare in noi uno sterile entusiasmo estetico o un’illusione di facile consolazione. È parola di Dio: È la voce di Dio fatto uomo che si propaga nel mondo e arriva alle anime, ad ogni singola anima… La prima nota che si avverte è un grido quasi polemico, contraddittorio: non indica quel concetto piuttosto comune di ritenere il vangelo come un balsamo lenitivo di ogni afflizione… È ben altro. Ha sì tutta la dolcezza e la capacità di confortarci: ma il vangelo è fuoco, il vangelo è ardimento, è la forza di Dio… Il vangelo ci dice cose che sembrano irreali: Beati i poveri, beati i piangenti, beati i perseguitati, beati quelli che rinunciano alla vendetta, all’uso della forza… Ecco come il vangelo sgombra dai nostri cuori la congerie dei falsi fondamenti delle nostre speranze terrene (Paolo VI).
Quelli che vogliono seguire Gesù Cristo devono essere forti, impegnati, liberi, leali: non possono servire a due padroni, a Dio e a mammona (Mt 6,24).
La vecchia obiezione contro il messaggio del vangelo, secondo cui il cristianesimo sarebbe la religione della rinuncia e della tristezza, nemica della vita e dell’impegno sulla terra, la religione dell’alienazione che impedirebbe ai suoi seguaci la compromissione con i problemi umani e il contributo fattivo alla loro soluzione, è una ben misera obiezione. Coloro che accusano il cristianesimo di alienazione non sanno capire nulla al di fuori del gioco delle passioni e degli interessi, non sanno vedere una spanna più in là dei loro contrasti temporali. Si tratta di un’incomprensione e di un rifiuto aprioristici al cui fondo sta il timore di essere posti in discussione, di venire costretti ad un esame poco lusinghiero per il loro orgoglio, ad un possibile superamento dei loro interessi.
Il vangelo non è contro l’uomo, anzi ne mette in luce la parte migliore, ne esalta le aspirazioni e lo spinge ad una crescita reale e operosa per il miglioramento della sua stessa condizione terrestre. Il vangelo non rende tristi e non toglie le speranze di una perfezione nella vita. Tutt’altro: esso non solo non spegne la felicità, ma la proclama. Tutte le ripresentate voci di Cristo incominciano con la grande parola “Beati”, cioè essere felici; avere gioia e pienezza dell’essere. Il vangelo garantisce la felicità. Ma con due clausole. La prima è che esso cambia la natura della felicità. Questa consiste non nei beni effimeri, ma nel regno di Dio. Quindi: Cercate prima il regno di Dio… e tutte queste cose vi saranno aggiunte. La seconda novità introdotta da Gesù è quella che cambia i modi per raggiungere la felicità. Niente bramosia di ricchezze, niente egoismo, odio, cupidigie.
Bisogna invece contraddire queste tendenze o passioni, istinti, tentazioni. Si deve andare contro corrente, incominciando a rendere degno, paziente e sacro il dolore… Nel rileggere e meditare il discorso delle beatitudini si comprenderà come esso sia il codice della vita cristiana, il principio per dimostrarsi autentici, veramente fedeli, effettivi seguaci di Cristo (Paolo VI).
Le beatitudini non sono un testo da declamare quando si ha voglia di belle frasi: devono penetrare nell’intelletto e nella volontà e trasformare l’esistenza. Viviamo in un mondo dove la povertà non è certo in onore; dove il pianto degli afflitti, la mitezza, la misericordia, la purezza di cuore e cose simili sono ritenute prerogativa degli scemi.
Cristo ha insegnato ad alzare lo sguardo al di là dei limiti del presente. I poveri in spirito oggi possono godere del dono della pace e domani saranno padroni del regno di Dio. Perciò non debbono sentirsi abbandonati e infelici: devono sapere di essere beati. Così gli afflitti, quelli che piangono… Le lacrime non sono lontane da nessuno: il dolore accompagna la vita di ogni uomo. Così ogni uomo può conoscere oggi la beatitudine e la speranza della consolazione che scenderà sul suo cuore tribolato come una carezza della mano di Dio. Piangere è già una beatitudine… Ai suoi poveri, la consolazione Cristo la semina già nell’ora dei singhiozzi, quando il dolore brucia in cima come una candela e l’anima cola in gocce. Il piangere – solo il piangere – ci fa poi misericordiosi, ci fa provare pietà di noi stessi e degli altri; e quando siamo misericordia, finalmente tra Dio e noi non c’è più confine, la nostra acqua si mescola alla sua… E se di Dio vorremo essere chiamati figli, allora arruoliamoci nella schiera dei pacifici: che è una durissima milizia e tutto vuol dire fuor che vivere in pace e disertare la lotta, ma battersi per la madre più minacciata e tremante, la pace (Luigi Santucci).

 

LE BEATITUDINI NELLA VITA DI GESÙ

Quello che Gesù insegnava ai suoi discepoli lo viveva lui per primo.
Egli viveva distaccato da ogni bene materiale e da ogni comodità. Nato povero, visse ancora più povero e morì poverissimo. Le volpi e gli uccelli sono proprietari, lui nullatenente: Le volpi hanno le loro tane e gli uccelli del cielo i loro nidi, ma il Figlio dell’uomo non ha dove posare il capo (Mt 8,20). Lui, il padrone di tutte le cose fa una scelta di povertà e di distacco assoluto. S. Paolo scriveva ai Corinzi: Voi conoscete la grazia del Signore nostro Gesù Cristo: da ricco che era, si è fatto povero per voi, perché voi diventaste ricchi per mezzo della sua povertà (2 Cor 8,9). Gesù è un povero che vuol arricchire spiritualmente gli altri. È felice della sua povertà purché l’umanità possa acquistare più ricchezza d’anima.
Gesù è mite e si attribuisce espressamente questa qualità: Imparate da me che sono mite e umile di cuore (Mt 11,29). Egli non è come gli scribi e i farisei che legano pesanti fardelli e li impongono sulle spalle della gente, ma loro non vogliono muoverli neppure con un dito (Mt 23,4). Presentando il suo messaggio sotto forma di beatitudini, manifesta la sua intenzione di attirare gli uditori alla sua dottrina, piuttosto che opprimerli con prescrizioni da osservare.
Mite e umile di cuore durante la sua vita, conserva la sua dolcezza sulla croce. Oltraggiato non rispondeva con oltraggi e soffrendo non minacciava vendetta, ma rimetteva la sua causa a colui che giudica con giustizia (1Pt 2,23). Implora perdono per i responsabili della sua morte, invocando per essi le circostanze attenuanti: Padre, perdonali, perché non sanno quello che fanno (Lc 23,34).
Sulla croce realizza in modo impressionante la beatitudine degli assetati: Ho sete (Gv 19,28). Egli ha sete fisicamente, ma soprattutto ha sete di maggior giustizia e d’amore nel mondo. Come aveva fame della volontà del Padre (Gv 4,34) così aveva sete di questo regno di grazia che avrebbe trasformato l’umanità. Con la sua fame e la sua sete Gesù ha aperto la via ai nostri buoni desideri, ai desideri di un mondo migliore.
Gesù è puro di cuore. Nel suo cuore non v’è alcuna passione avvilente. La sola passione era di far amare il Padre e di salvare gli uomini.
Aveva una dirittura totale nella condotta, non deviava e non si lasciava fuorviare da alcuna ambizione personale. Viveva nella chiarezza della verità. In lui non è mai penetrata l’ombra della menzogna o la complicità col male. Tuttavia questa rettitudine assoluta non è mai stata durezza, non si è mai tradotta in severità per gli altri.
Gesù è stato misericordioso. Aveva una sincera e profonda pietà per i peccatori: i suoi avversari l’hanno accusato di essere l’amico dei peccatori e di mangiare con loro (Lc 15,2). Egli stesso ci spiega perché questa simpatia per loro era così viva in lui: Il Figlio dell’uomo è venuto a cercare e a salvare ciò che era perduto (Lc 19,10).
Molti episodi del vangelo testimoniano questo amore misericordioso: la samaritana (Gv 4), la donna adultera (Gv 8), la prostituta pentita (Lc 7), il pubblicano Zaccheo (Lc 19)…
Gesù è operatore di pace. Anzi, Egli è la nostra pace (Ef 2,14). Riconciliando gli uomini con Dio, li riconcilia tra loro. Stabilisce la pace nelle relazioni umane. Fornisce il principio di soluzione di tutti i conflitti: l’amore universale, senza limiti, un amore che non si stanca mai di perdonare e che tenta tutte le strade per riconciliare quelli che sono divisi. Nel suo Natale porta la pace agli uomini (Lc 2,14) e la pace sarà nuovamente il dono della sua Pasqua di risurrezione (Gv 20,19-21). Non la pace degli armistizi, dei trattati e dei tira molla della politica, ma la sua pace: Vi lascio la pace, vi do la mia pace. Non come la dà il mondo, io la do a voi. Non sia turbato il vostro cuore e non abbiate timore (Gv 14,27). La pace che egli dona l’ha conquistata con il suo sacrificio sulla croce.
Gesù è stato afflitto e perseguitato. È lui l’uomo dei dolori annunciato da Isaia (Is 52,13-53,12). Tanto si è occupato di alleviare quelli che soffrivano e di guarire i malati e gli infermi, altrettanto ha accolto le sofferenze fisiche e morali che il Padre gli aveva destinato. La vita di Gesù non è mai stata facile: Tutta la vita di Cristo è stata croce e martirio(Imitazione di Cristo. Libro II Cap. XII,7). Fin dal suo nascere e in tutto il corso della sua esistenza terrena è stato cercato a morte e molestato dagli avversari. Trovò la sua gioia nell’eseguire la volontà del Padre, percorrendo la via della sofferenza.
Tutte le beatitudini hanno trovato in Gesù un modello perfetto. La felicità nascosta nella sua vita terrena si è rivelata in modo definitivo nel trionfo della sua risurrezione.
Egli ci ha mostrato così che la felicità della beatitudine comincia nella vita presente e si svilupperà in pienezza nella vita del mondo che verrà.
 

LA FELICITÀ NELLE BEATITUDINI

Dio ha creato l’uomo per la felicità. Le beatitudini, insegnandoci la via della felicità, ci fanno comprendere che essa viene dall’alto, che è un dono di Dio. L’uomo deve aprirsi a questo dono. Se pretende di conquistare da solo la felicità, si chiude al dono divino e si mette nell’impossibilità di essere felice.
Molti partono alla conquista della felicità, cercano di assicurarsi tutti i mezzi che possono procurare gioia e soddisfazione, si costruiscono sogni incantevoli e sopportano spesso pesanti sacrifici per raggiungere la felicità che intravedono. Ma questa felicità indietreggia sempre davanti alla mano che tenta di afferrarla. E finalmente cadono le illusioni, i miraggi scompaiono: chi si credeva sulla via della felicità si ritrova infelice con un pesante fardello di delusioni e di amarezza. Le costruzioni puramente umane della felicità crollano sempre prima o poi.
L’uomo creato per essere felice, non può conquistare la felicità con le proprie forze perché ha in sé un orientamento verso Dio, è fatto su misura per Dio, non può essere felice che raggiungendo e possedendo Dio. È Dio la felicità dell’uomo. Lui solo può colmargli il cuore. Signore, tu ci hai fatti per te, e il nostro cuore non trova riposo finché non riposa in te (s. Agostino. Confessioni I,1).
Dio non attende lo stato celeste per donarsi all’uomo; offre già il suo amore a coloro che vivono in terra e si dona ad essi nella misura in cui si aprono al suo amore e acconsentono liberamente di riceverlo.
La felicità discende da Dio; non vi è altra sorgente. Questa sorgente è sempre zampillante, la felicità è sempre offerta. Tocca all’uomo accoglierla e non rifiutarla.
La felicità è un dono divino ed è molto differente da ciò che avremmo pensato e desiderato noi. Le beatitudini proclamate da Gesù ci presentano condizioni di felicità che non avremmo mai immaginate. Dio è tutt’altro!: I miei pensieri non sono i vostri pensieri, le vostre vie non sono le mie vie, oracolo del Signore. Quanto il cielo sovrasta la terra, tanto le mie vie sovrastano le vostre vie, i miei pensieri sovrastano i vostri pensieri (Is 55,8-9).
Le beatitudini evangeliche promettono la felicità ai poveri e agli umili, a quelli che soffrono e subiscono persecuzioni: sembrano così poco reali!
La carta della felicità che ci offre il mondo e che governa la condotta di molti uomini e donne è molto diversa, esattamente tutto il contrario:
Beati quelli che guadagnano molto denaro.
Beati quelli che possono appagare le loro passioni.
Beati quelli che non hanno sofferenze e a cui tutto riesce nella vita.
Beati quelli che arrivano ad imporsi, a dominare gli altri.
Beati quelli che fanno quello che vogliono senza ammettere altra regola che la propria volontà.
Beati quelli che afferrano il più possibile di tutto quanto esiste nel mondo.
Beati quelli che mietono successi e sono ammirati, quelli che fanno carriera e diventano delle celebrità.
Beati…
Gesù mostra la falsità di queste beatitudini. Egli proclama quelle vere e invita l’umanità a riflettere e a provare.
Non è vero che la ricchezza procura la felicità. Non è vero che l’asservimento alle passioni rende l’uomo felice. Non è vero che la felicità è riservata a chi ha solo soddisfazioni e nessuna sofferenza. Il dolore c’è per tutti; e nel dolore la felicità può esistere solo per coloro che lo sanno orientare verso Dio.
Non è vero che l’orgoglioso, l’egoista e chi cerca di dominare gli altri con l’astuzia o la violenza, trovano in queste cose la felicità che cercano.
Quelli che si lasciano sedurre da false beatitudini hanno un concetto superficiale della felicità: una ubriacatura momentanea che lascia un malessere prolungato.
La felicità che promette Gesù è di un altro genere. È la vera felicità, quella che si radica nel fondo dell’anima. Tra le false beatitudini e quelle vere non vi è solo una differenza nelle vie d’accesso, ma nella stessa natura della felicità.
Il vangelo è una buona notizia che rende felici, ma giustamente questa felicità è offerta a coloro che desiderano Dio e non pongono l’ideale della loro esistenza nelle molteplici gioie terrene.
Le beatitudini sono indirizzate a tutti perché Gesù ha voluto offrire a tutti la felicità, quella vera, quella più alta, quella che il mondo non può intaccare né rapire.
Nella misura in cui gli uomini si aprono alla grazia che è loro data dall’alto possono comprendere il senso delle beatitudini annunciate da Cristo e dedurre conseguenze politiche per la loro vita. I cristiani sono invitati ad ascoltare la parola di Cristo. Potremmo dire che la prima beatitudine consiste nell’ascoltare le beatitudini, per poi viverle realmente:Beati coloro che ascoltano la parola di Dio e la mettono in pratica! (Lc 11,28).
La via della felicità non è espressa solo in queste beatitudini, ma in tutto il vangelo: queste ci forniscono le indicazioni essenziali.
Inoltre non dobbiamo dimenticare che sono enunciate altre beatitudini. Le troviamo in ordine sparso nel vangelo: Beato colui che non si scandalizza di me (Mt 11,6); Beati i vostri occhi perché vedono e i vostri orecchi perché sentono (Mt 13,16); Beato quel servo che il padrone al suo ritorno troverà ad agire così! (Mt 24,46); Quando dài un banchetto, invita poveri, storpi, zoppi, ciechi; e sarai beato perché non hanno da ricambiarti. Riceverai infatti la tua ricompensa alla risurrezione dei giusti (Lc 14,13-14)…
Dopo aver lavato i piedi agli apostoli e averne spiegato il significato, Gesù aggiunge: Sapendo queste cose, sarete beati se le metterete in pratica (Gv 13,17).
Ha proclamato beati quelli che, pur non avendo visto, avrebbero creduto (Gv 20,29).
Maria, sua madre, è beata perché ha creduto (Lc 1,45), perché ha ascoltato la parola di Dio, e l’ha messa in pratica (Lc 11,27-28).
Vi è ancora una beatitudine pronunciata da Gesù, ma che non si trova tale e quale nei testi evangelici. Ce l’ha conservata il libro degli Atti degli apostoli in un discorso di Paolo:In tutte le maniere vi ho dimostrato che lavorando così si devono soccorrere i deboli, ricordandoci delle parole del Signore Gesù, che disse: “Vi è più gioia nel dare che nel ricevere!” (At 20,35).
La beatitudine è veramente la caratteristica di tutto l’insegnamento di Gesù, che incoraggia gli uditori al dono di se stessi. Colui che dà gratuitamente, prova una gioia profonda e impagabile, più che se donasse assicurandosi un contraccambio.
Le beatitudini proclamate da Gesù sono reali: la felicità che esse promettono non è lontana; si realizza immediatamente, in ogni situazione in cui si verificano le condizioni stabilite dal Maestro.

 

 

 

BEATI I POVERI

Nella Bibbia vengono chiamati poveri non solamente quelli che si trovano in una precaria situazione economica e sociale, ma anche quelli che rivelano uno speciale atteggiamento religioso in rapporto a Dio e al prossimo. Il discorso della povertà, nella Bibbia, è in stretto rapporto con le condizioni economiche e politiche del popolo d’Israele ed è condizionato dalla credenza, o meno, nella ricompensa ultraterrena che non sempre è stata avvertita nell’AT.
All’epoca dei patriarchi, nel periodo monarchico e, dopo l’esilio, in alcuni circoli sapienziali i beni di questo mondo, in quanto creati da Dio, venivano considerati come supremo valore della vita umana.
Ignorando la retribuzione ultraterrena, i giusti dovevano ricevere la ricompensa delle loro virtù su questa terra. La vita felice consisteva nel godimento dei beni della terra, identificati nella numerosa figliolanza, nell’abbondanza dei greggi e dei prodotti agricoli e nella celebrità popolare.
In quest’ordine di idee, la povertà appare come uno scandalo, giacché essa mette in questione la virtù di colui che è privo di beni. Se la ricchezza è la normale ricompensa della pietà e della fedeltà a Dio, la povertà è una giusta punizione dell’infedeltà verso Dio, cioè del peccato.
Esiste la povertà, o meglio, la miseria dovuta all’empietà, all’incuria personale e all’indolenza: La mano pigra fa impoverire, la mano operosa arricchisce (Pr 10,4); L’ubriacone e il ghiottone impoveriranno e il dormiglione si vestirà di stracci (Pr 23,21). Ma vi sono poveri che sono tali senza loro colpa, per il fatto che sono vittime dell’ingiustizia degli uomini e di un iniquo ordinamento sociale.
Quando le tribù d’Israele divennero sedentarie in Palestina e furono coinvolte nella civiltà urbana, soprattutto al tempo della monarchia, si accentuarono tra i membri dello stesso popolo le disuguaglianze sociali; fu instaurato il sistema del latifondo ed apparve il proletariato rurale; i piccoli dovevano sostenere le spese del lusso e del prestigio del re, mentre ministri, funzionari, commercianti e grandi proprietari accumulavano ingenti fortune.
La legislazione d’Israele cercò di provvedere agli inconvenienti della povertà mediante l’anno della remissione in favore dei debitori e a vantaggio degli schiavi ebrei, la proibizione del prestito ad interesse e l’insistenza relativa al pagamento quotidiano degli operai.
Leggiamo nel libro del Deuteronomio: Dài generosamente al tuo fratello bisognoso e, quando gli darai, il tuo cuore non si rattristi; perché proprio per questo il Signore Dio tuo ti benedirà in ogni lavoro e in ogni cosa a cui avrai messo mano. Poiché i bisognosi non mancheranno mai nel paese; perciò io ti do questo comando e ti dico: Apri generosamente la mano al tuo fratello povero e bisognoso nel tuo paese (Dt 15,10-11).
I profeti si fecero difensori della giustizia sociale lanciando invettive contro i ricchi del loro tempo e difendendo i miseri e i deboli. Denunciando ogni forma di oppressione: il commercio fraudolento, l’accaparramento delle terre, la giustizia venale, la violenza dei capi. Dio ha orrore dei sacrifici e delle offerte dei ricchi le cui mani grondano sangue sottratto ai poveri (Am 2,6-8; Is 1,15-17; Ger 5,28); la vera religione consiste nel rendere giustizia ai poveri e agli afflitti, perché Dio sta dalla loro parte.
In questo contesto si sviluppa il significato spirituale e religioso della povertà. Il povero, privo di beni di questo mondo e spesso indifeso, è cosciente della propria insufficienza ed è portato a porre la sua fiducia in Dio, attendendo da lui la salvezza. La povertà diventa perciò un atteggiamento religioso di fronte a Dio, caratterizzato da sentimenti di fede, di umiltà e di fiducia. Il ricco invece, che confida nei beni terreni ed è cosciente della sua autosufficienza, è portato all’arroganza e all’orgoglio, e perciò alla dimenticanza di Dio, al peccato, all’oppressione dei miseri e all’empietà.
Dopo l’esilio si sviluppa nel popolo ebraico la corrente religiosa degli anawim, cioè dei poveri del Signore, la cui caratteristica è l’umiltà e la fiducia in Dio. Il libro dei salmi è tutto impregnato della pietà dei poveri del Signore.
La vita e l’insegnamento di Gesù si collocano sulla scia della mistica della povertà materiale e spirituale dell’AT e la portano alla perfezione.
La povertà di Gesù non significa mancanza del necessario: egli esercita un mestiere remunerato, il suo gruppo è sostenuto dai sussidi di amici, principalmente dalle donne facoltose della Galilea (Lc 8,3).
Gesù possedeva un abbigliamento più che decoroso (Gv 19,23). Tuttavia egli visse in modo modesto e durante la sua missione apostolica non aveva un luogo stabile dove posare il capo (Mt 8,20). Gesù si circondò di gente umile, di pescatori e di gabellieri; si prese cura dei poveri, dei malati, dei peccatori, dei mendicanti e delle vedove; predicò il vangelo ai poveri, praticò l’elemosina (Gv 13,29), raccomandandola ai suoi discepoli (Lc 11,41). Insegnò a vedere nei poveri l’immagine della sua presenza. L’ultimo giudizio sull’uomo avrà come criterio fondamentale il comportamento avuto nel riguardo dei miseri e dei bisognosi (Mt 25,31-46).
Entrando in Gerusalemme seduto sopra un asino, Gesù mostrò di essere il messia povero e umile, quello annunciato nell’AT; recitando il salmo 22 sulla croce Gesù fece sue le angosce e le speranze del salmista povero, che si abbandona completamente nelle mani del Padre.
La povertà di Gesù equivale a libertà (Mt 8,20), mitezza e umiltà di cuore (Mt 11,29), disponibilità alla volontà del Padre fino all’accettazione cosciente della sofferenza e della morte in croce.
Gesù risveglia nei suoi discepoli lo sforzo di eliminare la sofferenza e l’indigenza attraverso la pratica della giustizia sociale, la distribuzione della ricchezza e l’aiuto tangibile ai meno abbienti.
Gesù insegnò che la ricchezza e gli agi costituiscono un grave pericolo per l’uomo che vuol rispondere alla chiamata di Dio; la ricchezza infatti rischia di ingombrare o bloccare l’uomo nel cammino verso il regno di Dio. Gesù non condanna la ricchezza in se stessa; egli ha avuto degli amici anche tra le persone agiate, come le donne che lo assistevano con i loro beni (Lc 8,2-4), Zaccheo, Levi e tutti coloro che lo invitavano a pranzo. Gesù ha goduto dei beni della terra (Mt 9,10-13; Gv 2,1-11), tanto che il suo comportamento fu contrapposto a quello ascetico di Giovanni Battista (Mt 11,18-19).
Gesù condanna la ricchezza quando essa impedisce l’apertura dell’animo umano verso Dio. La povertà rende l’uomo distaccato dai legami della terra e disponibile a Dio.
In questo ordine di idee si comprende la beatitudine della povertà annunciata da Cristo. Essa occupa il primo posto tra le beatitudini: Beati i poveri in spirito perché di essi è il regno dei cieli (Mt 5,3). I poveri in spirito sono coloro che, interiormente distaccati dai beni della terra, sono convinti della propria insufficienza e del bisogno di Dio e di conseguenza si aprono fiduciosi a lui. Ad essi Gesù promette la ricchezza più preziosa: il regno di Dio.
Gesù propone una grandissima valorizzazione della povertà materiale e spirituale nel contesto del regno di Dio.
Le prime comunità cristiane si sono sforzate di vivere l’ideale della povertà mediante il distacco dai beni di questo mondo, l’accentuazione dello spirito comunitario e l’organizzazione dell’aiuto ai poveri.
La povertà evangelica trova il suo più alto valore nel dono di se stesso che il cristiano fa a Dio e ai fratelli attraverso l’elargizione dei suoi beni e il dono della sua persona. La povertà cristiana è perciò un lievito di fraternità nel mondo: in una parola, essa è una condizione per amare Dio e i fratelli.

 

 

BEATI GLI AFFLITTI

Il dolore in tutte le sue manifestazioni costituisce uno dei problemi maggiori che hanno angosciato e angosciano gli uomini. Ad esso cercano di dare una spiegazione le filosofie e le religioni. Nella Bibbia la sofferenza viene trattata in modo serio e ampio. L’AT ci offre delle soluzioni parziali di questo enigma umano, mentre il NT propone la trasfigurazione del dolore in unione vitale e feconda con la passione redentrice di Cristo.
L’oppressione degli uomini, le guerre, l’esilio, le sventure e i tormenti non dovrebbero esistere, perché l’uomo porta in sé un desiderio incoercibile di benessere, di libertà, di pace e di salute.
In realtà però in ogni tempo e in ogni condizione di vita, l’uomo è colpito da molte tribolazioni. Giobbe confessa che l’uomo nato da donna ha una vita corta e tormenti a sazietà (Gb 14,1). Le cause delle sofferenze sono le più disparate: le malattie, la vecchiaia e la morte sono dei fenomeni connessi con la natura fragile e limitata dell’uomo. Molte sventure sono procurate all’uomo dalle potenze del male. Altre volte la causa dei dolori e delle ingiustizie è la libera decisione dell’uomo che si oppone alla volontà di Dio, cioè il peccato. È al peccato di Adamo e di Eva che la Genesi fa rimontare la condizione miserabile dell’uomo soggetto alla violenza e alla morte.
Tuttavia esiste una fascia di dolore e di sventura che non dipende dalla responsabilità dell’uomo; la morte colpisce all’improvviso nelle più svariate circostanze, senza guardare in faccia a nessuno, buono o cattivo, giovane, vecchio o bambino; le sofferenze degli innocenti restano inspiegabili. Però nessuno degli agenti che direttamente sono la causa del dolore sono sottratti alla potenza e alla provvidenza di Dio. Leggiamo queste parole di Dio nel profeta Isaia: Io formo la luce e creo le tenebre, faccio il bene e provoco la sciagura, io, il Signore, compio tutto questo (Is 45,7). E il profeta Amos afferma con audacia: Avviene forse nella città una sventura che non sia causata dal Signore? (Am 3,6). I profeti, i sapienti e i salmisti d’Israele si sono premurati di trovare una risposta al problema del dolore entrando progressivamente nel mistero della sua presenza nel mondo e nella vita degli uomini. Per i sapienti la sofferenza è necessariamente connessa con i limiti della natura umana: ci si deve rassegnare a vivere all’ombra di una minaccia che è sempre incombente (Pr 31,6-7; Qo 9,7; Sir 31,21-23). Il dolore può diventare un fattore positivo nelle mani di Dio, che lo usa come strumento della sua giustizia.
I profeti scoprono nella sofferenza un valore purificante, simile a quello del fuoco che libera il metallo dalle scorie. Sta scritto nel libro del Qoèlet: Accetta quanto ti capita, sii paziente tra le tue vicende dolorose, perché nel fuoco si prova l’oro, e gli uomini graditi nel crogiuolo del dolore (Qo 2,4-6).
In altri passi biblici la sofferenza viene considerata come una correzione paterna inviata da Dio; essa ha un potente valore educativo, perché è la correzione del migliore dei padri. La sofferenza appare come una manifestazione della benevolenza divina verso coloro che il Signore ama. Leggiamo nel libro dei proverbi: Non disprezzare, figlio mio, la disciplina del Signore, e non ti infastidire per la sua correzione, perché il Signore corregge colui che ama, come fa il padre con il figlio prediletto (Pr 3,11-12).
Il dolore è una prova di amore da parte di Dio ed è un mezzo di salvezza per l’uomo. Il libro della Sapienza assicura a coloro che soffrono una vita felice dopo la morte: Per una breve pena riceveranno grandi benefici, perché Dio li ha provati, e li ha trovati degni di sé; li ha saggiati come oro nel crogiuolo e li ha graditi come un olocausto. Nel giorno del loro giudizio risplenderanno; come scintille nella stoppia correranno qua e là (Sap 3,5-7).
Nel quarto carme del servo di Jahvè leggiamo: Al Signore è piaciuto prostrarlo con il dolore; poiché offriva se stesso in espiazione, vedrà una discendenza longeva; la volontà del Signore si effettuerà per mezzo suo (Is 53,10).
Gesù fu sensibile alla sofferenza umana, dimostrò compassione e tenerezza verso i malati, i sofferenti e i bisognosi. Molti dei suoi miracoli furono compiuti per liberare gli uomini dalle sofferenze e dalla malattia. Leggiamo nel vangelo secondo Matteo: Gesù percorreva tutte le città e i villaggi insegnando e curando ogni malattia e infermità. E vedendo le folle ne sentì compassione perché erano stanche e abbattute come pecore senza pastore (Mt 9,35-36). Anche ai discepoli inviati in missione temporanea nei villaggi della Palestina, Gesù diede il potere di guarire le infermità. In questo modo Gesù mostrò che il regno di Dio nella sua completa realizzazione esclude ogni dolore e sofferenza umana.
Però Gesù non solo ha lenito le sofferenze umane, ma ha voluto lui stesso provare il dolore fino all’estreme conseguenze. Nell’imminenza della sua passione Gesù è turbato e prova un’angoscia mortale; nel Getsemani la tristezza e lo scoramento lo assalgono in maniera intensissima; è tradito da un amico (Mt 26,49-50), è abbandonato dagli apostoli (Mt 26,56), è rinnegato da Pietro (Lc 22,54-62), oltraggiato dalla folla, dai soldati e dai sommi sacerdoti. Ma proprio attraverso la passione e la morte accettate liberamente e pazientemente, Gesù dà la suprema testimonianza della sua obbedienza al Padre e dell’amore infinito per gli uomini peccatori. Per mezzo della sofferenza e della croce si compie il mistero della liberazione degli uomini, che mediante la fede in Cristo crocifisso e risorto hanno nuovamente accesso al Padre che è nei cieli. Nel disegno di Dio esiste un nesso inscindibile tra dolore e amore, tra sofferenza e glorificazione, tra umiliazione e esaltazione. Il dolore umano, quando diventa manifestazione di amore e di obbedienza, subisce un processo trasfigurante profondo ed impegnativo.
In questo contesto si può comprendere la beatitudine dell’afflizione: Beati gli afflitti perché saranno consolati (Mt 5,4). Accettata in unione con Cristo crocifisso, la sofferenza diventa sopportabile e dolce perché Cristo stesso diventa il nostro conforto e la nostra consolazione.
Il credente è chiamato a portare ogni giorno la sua croce e a seguire Gesù. Secondo la dottrina dell’apostolo Paolo, le sofferenze e le tribolazioni della vita presente sono un dono, una grazia divina, perché assimilano il credente a Cristo stesso e lo inondano della gioia della vittoria che proviene dalla risurrezione di Gesù. La sofferenza, sopportata con amore, prepara una gloria eterna senza limiti, che supera ogni attesa e ogni intendimento umano: se soffriamo con Cristo, regneremo con lui.
Secondo la concezione cristiana, il dolore, in tutta la sua naturale crudeltà e amarezza, può diventare con la grazia del Signore un poderoso strumento d’amore, di grazia e di apostolato; può divenire sorgente di vita e di gioia. San Paolo scrive ai Colossesi: Sono lieto delle sofferenze che sopporto per voi e completo nella mia carne quello che manca ai patimenti di Cristo, a favore del suo corpo che è la Chiesa (Col 1,24). E l’apostolo Pietro: Carissimi, non siate sorpresi per l’incendio di persecuzione che si è acceso in mezzo a voi per provarvi, come se vi accadesse qualcosa di strano. Ma nella misura in cui partecipate alle sofferenze di Cristo, rallegratevi perché anche nella rivelazione della sua gloria possiate rallegrarvi ed esultare. Beati voi, se venite insultati per il nome di Cristo, perché lo Spirito della gloria e lo Spirito di Dio riposa su di voi… Se uno soffre come cristiano, non ne arrossisca; glorifichi anzi Dio per questo nome… Quelli che soffrono secondo il volere di Dio, si mettano nelle mani del loro Creatore fedele e continuino a fare il bene (1Pt 4,12-19).

 

 

BEATI I MITI

La mitezza secondo la Bibbia non è debolezza d’animo, mollezza di carattere, remissività nell’affrontare gli eventi della vita; essa è invece una tranquillità d’animo, che è frutto della carità e che si manifesta esteriormente in un atteggiamento di totale benevolenza verso gli uomini e di coraggiosa sopportazione di persone o di eventi spiacevoli. Il termine ebraico che indica la mitezza significa anche povertà. Perciò la mitezza include un atteggiamento di povertà spirituale, di pazienza, dolcezza e fiducia in Dio, che esclude la collera, la stizza e l’irritazione.
L’AT celebra con molto fervore la mitezza di Dio che è più incline al perdono che al castigo; anche quando punisce, Dio agisce con moderazione. I salmi soprattutto mettono in rilievo l’immensa bontà di Dio.
Quanto è grande la tua bontà, Signore! La riservi per coloro che ti temono, ne ricolmi chi in te si rifugia davanti agli occhi di tutti (Sal 31,20); Tu sei buono, Signore, e perdoni, sei pieno di misericordia con chi ti invoca (Sal 86,5).
Dio governa l’universo con soavità e tutti gli uomini sono invitati a gustare la sua divina clemenza: Gustate e vedete quanto è buono il Signore; beato l’uomo che in lui si rifugia(Sal 34,9).
Le parole del Signore, cioè la legge mosaica, sono dolci al palato dei fedeli: I giudizi del Signore sono tutti fedeli e giusti, più preziosi dell’oro, di molto oro fino, più dolci del miele e di un favo stillante (Sal 19,10-11).
Anche la sapienza che viene dall’alto possiede la qualità della dolcezza: Mangia, figlio mio, il miele, perché è buono e dolce sarà il favo al tuo palato. Sappi che tale è la sapienza per te (Pr 24,13-14).
Gli uomini pii dell’AT si distinguono per la loro mansuetudine. Di fronte alla prosperità dei malvagi le anime pie rischiano di accalorarsi, di eccitarsi e di rivoltarsi contro Dio. Il salmo 37 invece ci insegna: Non adirarti contro gli empi, non invidiare i malfattori… Sta’ in silenzio davanti al Signore e spera in lui; non irritarti per chi ha successo, per l’uomo che trama insidie. Desisti dall’ira e deponi lo sdegno, non irritarti; faresti del male, poiché i malvagi saranno sterminati, ma chi spera nel Signore possederà la terra… I miti possederanno la terra e godranno di una grande pace.
Secondo il salmista, i miti sono coloro che non si scandalizzano del benessere dei peccatori e sperano in Dio stando in silenzio davanti a lui. I miti che evitano il male e operano il bene osservando le leggi del Signore, sono chiamati giusti e perfetti.
Come splendido modello di dolcezza nell’AT è presentato Mosè. Nel libro dei Numeri si legge: Mosè era molto più mansueto di ogni uomo che è sulla terra (Nm 12,3). Questo testo allude al fatto che Aronne e Maria, rispettivamente fratello e sorella di Mosè, conducevano una campagna denigratoria contro il fratello per scalzarne l’autorità. Di fronte a queste manovre Mosè rinunciò a difendersi e rimise la sua causa nelle mani del Signore. Allora il Signore intervenne. Convocati i colpevoli presso la tenda del convegno, Dio colpì Maria con la lebbra. Mosè non si vendicò, ma pregò il Signore perché risparmiasse il castigo alla sorella. La mitezza di Mosè è contrassegnata da una profonda fiducia di Dio, da una calma sopportazione dell’offesa e dal perdono completo che lo spinge a intervenire in favore della sorella punita.
Il futuro Messia, il Cristo, si distinguerà per la sua mansuetudine.
Leggiamo nel libro del profeta Zaccaria: Esulta grandemente, o figlia di Sion, giubila, figlia di Gerusalemme! Ecco a te viene il tuo re. Egli è giusto e vittorioso, umile, cavalca un asino, un puledro figlio di asina. Farà sparire i carri da Efraim e i cavalli da Gerusalemme, l’arco di guerra sarà spezzato, annunzierà la pace alle genti, il suo dominio sarà da mare a mare e dal fiume ai confini della terra (Zc 9,9-10). E nel libro del profeta Isaia si dice del futuro Messia: Non griderà né alzerà il tono, non farà udire in piazza la sua voce, non spezzerà una canna incrinata, non spegnerà uno stoppino dalla fiamma smorta (Is 42,2-3).
Nell’AT la mitezza è presentata come il distintivo della persona veramente religiosa in opposizione all’atteggiamento del superbo e dell’arrogante, che confidando in se stesso e nei mezzi umani, diffida di Dio e opprime i deboli e gli indifesi. Il mite dipende totalmente da Dio, è spiritualmente povero e perciò benigno verso gli uomini, specialmente verso i più deboli. I miti sono gli uomini che piacciono a Dio, come leggiamo nel libro del profeta Isaia: Così dice il Signore:… Su chi volgerò lo sguardo? Sull’umile e su chi ha lo spirito contrito e su chi teme la mia parola (Is 66,1-2).
La suprema manifestazione della mitezza ci è stata data nel NT da Gesù: in lui si sono manifestati la bontà di Dio, nostro salvatore, e il suo amore per gli uomini (Tt 3,4). Gesù compì la missione ricevuta dal Padre nella debolezza e nell’umiltà. Ciò non significa che egli fosse apatico e indifferente all’ipocrisia, alla durezza di cuore, agli scandali e alle profanazioni religiose e morali.
Gesù scacciò i trafficanti del tempio con zelo risoluto, si rattristò per la cecità e la durezza di cuore dei suoi avversari e rivolse loro parole severe. Ma pur smascherando la malvagità degli uomini, Gesù fu sempre il maestro mite e buono. Lui stesso presentò come sua caratteristica la mitezza e l’umiltà di cuore: Imparate da me, che sono mite e umile di cuore (Mt 11,29).
Matteo ama sottolineare la discrezione e la bontà di Gesù anche in altre circostanze. Ne citiamo una. Nel trionfale ingresso di Gesù a Gerusalemme prima della sua passione, tutti gli evangelisti citano la profezia di Zaccaria: Gesù non avanza su un cavallo che è animale da guerra, ma su un asino, che simboleggia la non violenza, l’umiltà e la dolcezza.
Sullo sfondo dell’AT e dell’esempio di Gesù si può comprendere il profondo significato della beatitudine: Beati i miti, perché possederanno la terra, cioè godranno l’eredità promessa da Dio, la beatitudine celeste nel suo regno.
I seguaci di Gesù sono invitati a imitare la mansuetudine e dolcezza del loro maestro. L’apostolo Paolo scrive ai Colossesi: Rivestitevi dunque, come amati da Dio, santi e diletti, di sentimenti di misericordia, di bontà, di umiltà, di mansuetudine, di pazienza; sopportandovi a vicenda e perdonandovi scambievolmente, se qualcuno abbia di che lamentarsi nei riguardi degli altri. Come il Signore vi ha perdonato, così fate anche voi (Col 3,12-13). E nella lettera agli Efesini scrive: Vi esorto… a comportarvi in maniera degna della vocazione che avete ricevuto, con ogni umiltà, mansuetudine e pazienza, sopportandovi a vicenda con amore, cercando di conservare l’unità dello spirito per mezzo del vincolo della pace (Ef 4,1-3).
L’invito alla mitezza ci viene anche dalla prima lettera di Pietro: Siate tutti concordi, partecipi delle gioie e dei dolori degli altri, animati da affetto fraterno, misericordiosi, umili; non rendete male per male, né ingiuria per ingiuria, ma, al contrario rispondete benedicendo; poiché a questo siete stati chiamati per avere in eredità la benedizione (1Pt 3,8-9).
Le grandi promesse di Dio sono fatte ai miti: quelli che ora sono umili e indulgenti, alla fine saranno i reggitori del mondo.

 

 

BEATI GLI AFFAMATI E GLI ASSETATI DI GIUSTIZIA

Nel vangelo di Matteo il termine giustizia designa una condotta conforme alla volontà di Dio, in altre parole la santità, la perfezione cristiana. Vengono proclamati beati coloro che hanno un vivissimo desiderio della santità: Beati quelli che hanno fame e sete di giustizia perché saranno saziati. Gesù ha detto: Se la vostra giustizia (= santità) non supererà quella degli scribi e dei farisei, non entrerete nel regno dei cieli (Mt 5,20). La norma suprema della morale cristiana è la perfezione stessa del Padre: Siate voi dunque perfetti come è perfetto il Padre vostro celeste (Mt 5,48).
Gli atti esterni, senza l’adesione del cuore, non sono sufficienti, perché la giustizia ha valore solamente se compiuta con lo scopo di piacere a Dio e solamente a lui.
Il termine giustizia è molto usato sia nell’AT che nel NT. Il termine può indicare sia un attributo di Dio che un atteggiamento dell’uomo.
Dio si manifesta giusto quando opera con misericordia e realizza le sue promesse di salvezza.
La giustizia divina è un attributo per cui Dio agisce con bontà e misericordia verso gli uomini peccatori, concedendo loro il perdono e la grazia che li trasforma in figli di Dio ed eredi della beatitudine celeste e ciò in virtù dei meriti di Cristo.
Un altro aspetto della giustizia biblica è quello che si riferisce ai rapporti vicendevoli tra gli uomini. Nell’AT durante l’epoca monarchica apparvero nella società d’Israele le disuguaglianze sociali, cioè le differenze tra ricchi e poveri, tra violenti e oppressi, tra padroni e schiavi. Questa situazione di ingiustizia fu sentita in Israele come una rottura dell’originario ordine voluto da Dio, come un contrasto col dono che il Signore aveva fatto al popolo, liberandolo dalla schiavitù dell’Egitto per condurlo in un paese prospero e stabilire con lui l’alleanza. I profeti denunciarono con molto vigore la cupidità dei re, l’ingiustizia dei giudici, l’oppressione dei miseri, il lusso dei ricchi (Am 5,7; 6,12; Is 5,7.23; Ger 22,13.15). Le feste religiose e i riti di culto diventano un’abominazione per il Signore, se non sono in rapporto con la pratica della giustizia e del diritto, cioè dell’onestà, della rettitudine, dell’osservanza del giusto ordine sociale.
Il futuro messia è preannunciato come un principe integro, che amministra la giustizia in favore dei miseri e dei non abbienti (Is 9,6; Ger 23,5; Sal 72,1-3).
Al centro della dottrina morale del NT si trova il precetto dell’amore del prossimo, che presuppone l’esercizio della giustizia in rapporto con Dio e con i fratelli. Nella comunità cristiana viene proclamata la totale uguaglianza dei credenti in Cristo, per cui non ha più senso la distinzione tra ricco e povero, tra libero e schiavo.
La giustizia nella sacra scrittura designa dunque l’amoroso atteggiamento di Dio verso gli uomini e l’appropriato atteggiamento degli uomini verso Dio e verso i propri fratelli.

BEATI I MISERICORDIOSI

Uno degli attributi relativi a Dio più frequentemente ricorrenti nella Bibbia, è quello di misericordioso, cioè disposto al perdono, alla comprensione, a riprendere sempre di nuovo il suo dialogo d’amore con l’uomo.
Dio si rivela a Mosè sul monte Sinai, proclamando: Il Signore, il Signore, Dio misericordioso e pietoso, lento all’ira e ricco di grazia e di fedeltà, che conserva il suo favore per mille generazioni, che perdona la colpa, la trasgressione e il peccato, ma non lascia senza punizione, che castiga la colpa dei padri nei figli e nei figli dei figli fino alla terza e alla quarta generazione (Es 34,6-7). Pur non rinunciando al suo diritto di giudizio e di punizione per gli uomini che non ricambiano il suo amore, la sua misericordia è infinitamente più grande: essa si estende fino a mille generazioni mentre la sua collera arriva alla terza e, al massimo, alla quarta generazione.
Moltissimi salmi esaltano la bontà misericordiosa di Dio. Citiamo solamente il bellissimo salmo 103: Buono e pietoso è il Signore, lento all’ira e grande nell’amore. Egli non continua a contestare e non conserva per sempre il suo sdegno. Non ci tratta secondo i nostri peccati, non ci ripaga secondo le nostre colpe. Come il cielo è alto sulla terra, così è grande la sua misericordia su quanti lo temono; come dista l’oriente dall’occidente, così allontana da noi le nostre colpe. Come un padre ha pietà dei suoi figli, così il Signore ha pietà di quanti lo temono. Perché egli sa di che siamo plasmati, ricorda che noi siamo polvere (Sal 103,8-14).
La storia del popolo d’Israele è la manifestazione della misericordia di Dio lungo i secoli.
Ora, la cosa interessante è che Gesù nella beatitudine della misericordia, esige da noi che abbiamo la stessa capacità di amare, di perdonare e di aiutare tutti quelli che si trovano in necessità, come fa Dio. Anzi, c’è di più: subordina addirittura la concessione della misericordia da parte di Dio alla misericordia che noi sapremo donare agli altri:Beati i misericordiosi perché troveranno misericordia.
Ma l’uomo come può esercitare la misericordia verso gli altri?
Per trovare delle indicazioni concrete sul modo di esercitare la misericordia verso gli altri basta continuare la lettura del discorso della montagna.
Una prima indicazione ci viene da quella esigenza di giustizia superiore a quella degli scribi e dei farisei e che consiste nella legge dell’amore senza nessuna barriera né di persone né di situazioni.
Un’altra indicazione è quella della riconciliazione con il fratello, che avesse qualcosa contro di noi: riconciliazione che dobbiamo realizzare prima di andare a compiere la nostra offerta all’altare (Mt 5,23-24). Un’ulteriore indicazione ci è data soprattutto nel dovere di amare i nemici come Dio li ama: Avete inteso che fu detto: Amerai il prossimo tuo e odierai il tuo nemico; ma io vi dico: amate i vostri nemici e pregate per i vostri persecutori, perché siate figli del Padre vostro celeste, che fa sorgere il suo sole sopra i malvagi e sopra i buoni, e fa piovere sopra i giusti e sopra gli ingiusti… Siate voi dunque perfetti come è perfetto il Padre vostro celeste (Mt 5,43-48).
Dio è misericordioso non perché è indifferente al bene o al male, ma perché sa compatire chi fa il male e attende con pazienza che si converta. Proprio per questo Gesù ci insegna subito dopo a pregare così: Padre nostro… rimetti a noi i nostri debiti, come noi li rimettiamo ai nostri debitori (Mt 6,9-12). Dio diventa così il modello e la misura della nostra misericordia.
Non è facile per nessuno essere misericordioso, non è facile per nessuno perdonare chi ci ha offeso, chi ci ha fatto dei torti, chi ci ha ucciso barbaramente genitori o figli: perciò abbiamo bisogno di chiedere nella preghiera al Padre misericordioso la forza di fare misericordia.
Cristo, morendo sulla croce, ha dato l’esempio più grande del perdono radicale ai suoi crocifissori: Padre, perdona loro perché non sanno quello che fanno (Lc 23,34).
La misericordia, però, si manifesta in casi anche più ordinari e frequenti che non quello del perdono dei nemici o dei grandi gesti eccezionali. È la normale convivenza con gli altri che esige capacità d’amore, di benevolenza, di donazione, di comprensione, di sacrificio. Basterebbe pensare alla tentazione costante in cui ci troviamo di giudicare il prossimo, sostituendoci alla sua coscienza per interpretare, a nostra misura, intenzioni segrete, fini, progetti, calcoli, ecc., e tutto in luce negativa e di condanna senza appello.
È proprio questa cattiveria del nostro spirito, che ci rende impietosi verso gli altri, che Gesù intende condannare quando ci dice: Non giudicate, per non essere giudicati; perché col giudizio con cui giudicate sarete giudicati, e con la misura con la quale misurate sarete misurati. Perché osservi la pagliuzza nell’occhio del tuo fratello, mentre non ti accorgi della trave che hai nel tuo occhio? O come potrai dire al tuo fratello: permetti che tolga la pagliuzza dal tuo occhio, mentre nell’occhio tuo c’è la trave? Ipocrita, togli prima la trave dal tuo occhio e poi ci vedrai bene per togliere la pagliuzza nell’occhio del tuo fratello (Mt 7,1-5).
Dio si arrende a noi, si adegua alla nostra capacità di amare e di perdonare. Perciò ogni nostro gesto di benevolenza più che agli altri è fatto a noi, perché fa ricadere su di noi la benevolenza del Padre: è facendo misericordia che ci meritiamo misericordia!
Eloquente in questo senso è la grandiosa descrizione del giudizio finale (Mt 25,31-46) in cui il concetto di misericordia viene allargato a tutte le situazioni di bisogno materiale e spirituale in cui venga a trovarsi il nostro prossimo.
Si può dire che il cristiano è costantemente posto nella situazione di dover fare opere di misericordia, nelle quali già ora incontra Cristo che gli ricambia amore e benevolenza.
Anche nel più piccolo dei fratelli è presente misteriosamente Cristo che continua ad aver fame negli affamati e a soffrire in tutti quelli che soffrono. Cristo lo incontriamo ad ogni passo, ad ogni uscio. La beatitudine sta precisamente nell’accoglierlo e nel fargli misericordia. Solo così anche noi otterremo misericordia perché anche noi ci troveremo sicuramente, almeno in alcuni momenti, ad essere nella schiera dei più piccoli tra i fratelli di Cristo; affamati, assetati, bisognosi di qualcosa, ammalati, soli, tanto soli. Se avremo visto il segno di Cristo nei bisognosi, gli altri sapranno vederlo anche in noi: la misericordia che avremo fatta ritornerà, moltiplicata, sopra di noi.
Beati i misericordiosi perché otterranno misericordia: fra le beatitudini è la più consolante e quella di cui abbiamo maggiormente bisogno. Però è anche la più faticosa perché esige forza d’animo, spirito di amore, di donazione e di perdono, e il coraggio di farsi carico di tutte le pene, le sofferenze, le umiliazioni dei fratelli, per portarle insieme con loro.
È la beatitudine che ci inonda continuamente dell’amore buono e misericordioso di Dio, ma che non ci permette alcun momento di egoismo, di pigrizia e di disimpegno.

BEATI I PURI DI CUORE

È da escludere l’interpretazione più corrente che identifica la purezza di cuore con la castità o, anche con il retto uso della sessualità: tutto questo può anche rientrare nella beatitudine dei puri di cuore, a condizione però di partire da altre e più larghe premesse, che riguardano tutto l’uomo nella sua interiorità e anche nella sua esteriorità.
Chi sono dunque i puri di cuore di cui parla il vangelo secondo Matteo?
Gli studiosi sono d’accordo nel far risalire al salmo 24 l’espressione che stiamo commentando: Chi salirà il monte del Signore, chi starà nel suo luogo santo? Chi ha mani innocenti e cuore puro, chi non pronunzia menzogna, chi non giura a danno del suo prossimo. Otterrà benedizione dal Signore, giustizia da Dio sua salvezza. Ecco la generazione che lo cerca, che cerca il tuo volto, Dio di Giacobbe (Sal 24,3-6).
La purezza di cui si parla qui è quella interiore che raggiunge in profondità le intenzioni delle nostre azioni e le fanno essere conformi alla volontà di Dio: la purezza di cuore è la santità autentica. Il cuore puro, innocente, non solo è libero dalla colpa, ma anche dal fascino sempre ritornante della tentazione. E questo può esserci dato come dono solamente da Dio. Infatti il salmista prega così: Crea in me, o Dio, un cuore puro, rinnova in me uno spirito saldo (Sal 51,12).
Nella Bibbia, il cuore è il centro della vita interiore, dove trovano sede e origine tutte le forze e le funzioni psichiche e spirituali. Il cuore è soprattutto il vero centro dell’uomo, a cui Dio si volge; qui è la radice della vita religiosa, che determina l’atteggiamento morale. È il cuore che rende puro o impuro tutto l’uomo.
Leggiamo nel vangelo secondo Matteo queste parole di Gesù: Ciò che esce dalla bocca proviene dal cuore. Questo rende immondo l’uomo. Dal cuore, infatti, provengono i propositi malvagi, gli omicidi, gli adulteri, le prostituzioni, i furti, le false testimonianze, le bestemmie. Queste sono le cose che rendono immondo l’uomo (Mt 15,18-20). San Paolo scrive al vescovo Tito: Tutto è puro per i puri; ma per i contaminati e gli infedeli nulla è puro; sono contaminate la loro mente e la loro coscienza (Tt 1,15). Purezza di cuore quindi vuol dire purezza di mente e di coscienza: avere la coscienza pulita.
Il cuore puro è la coscienza innocente, limpida, trasparente, che riflette la luce del volto di Dio, permeabile e docile al suo messaggio e ai suoi comandamenti.
Beati i puri di cuore perché vedranno Dio. Quando vedranno Dio?
Nel libro dell’Esodo leggiamo queste parole di Dio rivolte a Mosè: Tu non potrai vedere il mio volto, perché nessun uomo può vedermi e restare vivo (Es 33,20). Quindi il testo di questa beatitudine si riferisce principalmente alla gloria finale, al paradiso.
L’Apocalisse ci descrive con toni esultanti la felicità dei salvati nella Gerusalemme del cielo: Il trono di Dio e dell’Agnello sarà in mezzo a lei e i suoi servi lo adoreranno; vedranno la sua faccia e porteranno il suo nome sulla fronte (Ap 22,3-4).

BEATI GLI OPERATORI DI PACE

Le beatitudini si indirizzano a persone che fanno qualcosa. Gli operatori di pace non sono semplicemente individui sensibili alla miseria altrui, ma individui che fanno opere di misericordia, che soccorrono fattivamente il prossimo. Gli operatori di pace sono coloro che riportano l’unione e la concordia tra le persone disunite.
Per essere operatori di pace bisogna prima di tutto essere pacifici, ossia pacificati con se stessi, perché nessuno può dare ciò che non ha. Tuttavia questa beatitudine pone l’accento sulla forza d’animo e sulla volontà di produrre la pace dove regnano la tensione, la conflittualità, la rivalità, il sospetto e soprattutto la guerra effettiva. Proprio perché pacifico, il discepolo di Cristo è un operatore di pace, un seminatore dell’amore e della pace che ha nel cuore.
La pace perciò è da intendere come frutto dell’amore e della concordia e non come imposizione di ordine da parte di chi ha la forza o anche solo l’autorità.
È Cristo il più grande operatore di pace. Leggiamo nella lettera agli Efesini: Egli (Cristo) è la nostra pace, colui che ha fatto dei due (dei giudei e dei pagani) un popolo solo, abbattendo il muro di separazione che era frammezzo, cioè l’inimicizia, annullando, per mezzo della sua carne, la legge fatta di prescrizioni e di decreti, per creare in se stesso, dei due, un solo uomo nuovo, facendo la pace, e per riconciliare tutti e due con Dio in un solo corpo, per mezzo della croce, distruggendo in se stesso l’inimicizia. Egli è venuto perciò ad annunziare pace a voi che eravate lontani e pace a coloro che erano vicini. Per mezzo di lui possiamo presentarci, gli uni e gli altri, al Padre in un solo Spirito (Ef 2,14-18). E nella lettera ai Colossesi: Piacque a Dio di far abitare in lui ogni pienezza e per mezzo di lui riconciliare a sé tutte le cose, rappacificando con il sangue della sua croce, cioè per mezzo di lui, le cose che stanno sulla terra e quelle nei cieli (Col 1,19-20).
È Cristo dunque il più grande operatore di pace. Egli ha pagato questo compito cosmico con una morte violenta.
Il segno più plastico e più efficace della rappacificazione universale è perciò la croce che fino a quel momento era stata solo il segno della violenza e della sopraffazione. Su questa linea pacificatrice si muovono alcune indicazioni del seguito del discorso della montagna, che ad alcuni sono sembrate paradossali, se non addirittura assurde, ma non lo sono se vengono confrontate con quanto Gesù ha effettivamente compiuto. Leggiamo nel vangelo secondo Matteo: Avete inteso che fu detto: Occhio per occhio e dente per dente; ma io vi dico di non opporvi al malvagio; anzi se uno ti percuote la guancia destra, tu porgigli anche l’altra; e a chi ti vuol chiamare in giudizio per toglierti la tunica, tu lascia anche il mantello. E se uno ti costringerà a fare un miglio, tu fanne con lui due. Dà a chi ti domanda e a chi desidera da te un prestito non volgere le spalle (Mt 5,38-42).
Apparentemente ci sembra di trovarci davanti a una capitolazione che potrebbe rendere anche più arrogante l’avversario: in realtà è l’unico modo per dimostrare che la violenza è un non senso e che l’amore, che solo genera la pace, è più produttivo perché realizza addirittura il doppio di quanto il violento potrebbe desiderare: la violenza pretende la tunica, l’amore dà spontaneamente la tunica e aggiunge anche il mantello. La violenza genera altra violenza; l’amore invece arresta la violenza e la demolisce, facendone vedere l’assurdità e la sterile follia.
Perché gli operatori di pace saranno chiamati figli di Dio?
Perché solo la pace vera, quella lasciataci da Cristo (Gv 14,27), quella che nasce dal cuore, è capace di creare l’autentica famiglia di Dio, dove tutti si sentono compresi e amati come figli di Dio e fratelli tra loro.

BEATI I PERSEGUITATI

L’ottava e l’ultima beatitudine è ripetuta due volte. Prima nella solita forma di tutte le altre, alla terza persona: Beati i perseguitati a causa della giustizia, perché di essi è il regno dei cieli (Mt 5,10). Successivamente in una forma amplificata, con la seconda persona plurale, quasi ad interpellare direttamente gli ascoltatori: Beati voi quando vi insulteranno, vi perseguiteranno e, mentendo, diranno ogni sorta di male contro di voi per causa mia. Rallegratevi ed esultate, perché grande è la vostra ricompensa nei cieli. Così infatti hanno perseguitato i profeti prima di voi (Mt 5,11-12).
A chi poteva aver nutrito la strana illusione di potersene stare tranquillo dopo essere diventato cristiano, Gesù dice che il segno più qualificante dell’essere cristiano è la persecuzione. Tutto perciò viene messo di nuovo in movimento. E tutto questo non deve ingenerare tristezza, ma gioia ed esultanza.
È l’esperienza che hanno fatto gli apostoli, secondo il racconto degli Atti: Richiamati gli apostoli, li fecero fustigare e ordinarono loro di non continuare a parlare nel nome di Gesù; quindi li rimisero in libertà. Ma essi se ne andarono dal sinedrio lieti di essere stati oltraggiati per amore del nome di Gesù (At 5,40-41).
L’apostolo Paolo scrive: Mi compiaccio nelle mie infermità, negli oltraggi, nelle necessità, nelle persecuzioni, nelle angosce sofferte per Cristo: quando sono debole, è allora che sono forte (2Cor 12,10).
Esaminiamo ora più da vicino questa beatitudine. Ci sono tre cose fondamentali che la caratterizzano e la mettono in singolare rapporto con le beatitudini precedenti.
Prima di tutto questo invito alla gioia, espresso con due verbi congiunti tra loro: Rallegratevi ed esultate. Essi vogliono esprimere una gioia molto intensa. Ogni beatitudine è una dichiarazione di felicità e dà vera gioia. Se il povero è dichiarato beato, ciò gli deve procurare gioia. Se invece si rattristasse o sopportasse di mal animo la sua situazione, non sarebbe per nulla beato. E così si dica di tutte le altre beatitudini.
Allora perché solo i perseguitati per causa della giustizia vengono invitati a godere intensamente? Perché nel loro soffrire maturano una grande ricompensa nei cieli: non solo la loro sofferenza non va perduta, ma ripagata abbondantemente nella vita eterna.
Il vero cristiano non ha alcun timore per le persecuzioni che possono raggiungerlo: invece di spaventarsi riprende vigore, invece di intristirsi ne prova grande gioia. Per questo, Gesù, pur preannunciando lotte e persecuzioni ai suoi apostoli, dirà loro di non avere alcun timore: Non abbiate paura di quelli che uccidono il corpo, ma non hanno potere di uccidere l’anima; temete piuttosto colui che ha il potere di far perire e l’anima e il corpo nella geenna. Due passeri non si vendono forse per un soldo? Eppure neanche uno di essi cadrà a terra senza che il Padre vostro lo voglia (Mt 10,28-29).
La seconda cosa caratteristica di questa beatitudine è la sua esplicita motivazione cristologica: non basta essere perseguitati, bisogna essere perseguitati a causa di Gesù.
Questo riferimento a Cristo, perché la persecuzione e la sofferenza abbiano la ricompensa per la vita eterna, è costante in tutta la tradizione del NT. L’apostolo Pietro scrive:Carissimi, non siate sorpresi per l’incendio di persecuzione che si è acceso in mezzo a voi per provarvi, come se vi accadesse qualcosa di strano. Ma nella misura in cui partecipate alle sofferenze di Cristo, rallegratevi perché anche nella rivelazione della sua gloria possiate rallegrarvi ed esultare. Beati voi, se venite insultati per il nome di Cristo, perché lo Spirito della gloria e lo Spirito di Dio riposa su di voi. Nessuno di voi abbia a soffrire come omicida, o ladro o malfattore o delatore. Ma se uno soffre come cristiano, non ne arrossisca; glorifichi anzi Dio per questo nome (1Pt 4,12-16).
Nel vangelo secondo Giovanni leggiamo queste parole di Gesù: Ricordatevi della parola che vi ho detto: Un servo non è più grande del suo padrone. Se hanno perseguitato me, perseguiteranno anche voi; se hanno osservato la mia parola, osserveranno anche la vostra. Ma tutto questo vi faranno a causa del mio nome, perché non conoscono colui che mi ha mandato (Gv 15,20-21).
Anche san Giacomo ricorda ai cristiani che le prove sofferte per la fede, devono essere motivo di gioia e di esultanza, perché dilatano gli spazi della speranza e dell’amore:Considerate perfetta letizia, miei fratelli, quando subite ogni sorta di prove, sapendo che la prova della vostra fede produce la pazienza. E la pazienza completi l’opera sua in voi, perché siate perfetti e integri, senza mancare di nulla (Gc 1,2-4).
E ancora san Pietro commenta meravigliosamente questa ottava beatitudine quando scrive: Perciò siate ricolmi di gioia, anche se ora dovete essere un po’ afflitti da varie prove, perché il valore della vostra fede, molto più preziosa dell’oro, che, pur destinato a perire, tuttavia si prova col fuoco, torni a vostra lode, gloria e onore nella manifestazione di Gesù Cristo: voi lo amate, pur senza averlo visto; e ora senza vederlo credete in lui. Perciò esultate di gioia indicibile e gloriosa, mentre conseguite la meta della vostra fede, cioè la salvezza delle anime (1Pt 1,6-9).
La terza caratteristica di questa beatitudine è il richiamo dell’esempio dei profeti: Così infatti hanno perseguitato i profeti prima di voi (Mt 5,12).
È un’ulteriore motivazione che Gesù aggiunge per far accettare ai suoi discepoli questa ingrata beatitudine. È una garanzia in più che Gesù fornisce ai suoi perché non si smarriscano di fronte alla prova. I cristiani sono i profeti dei tempi nuovi e quindi nessuna meraviglia se saranno trattati come quelli dei tempi antichi. È quanto Gesù dice agli apostoli quando li manda in missione: Chi dunque mi riconoscerà davanti agli uomini, anch’io lo riconoscerò davanti al Padre mio che è nei cieli; chi invece mi rinnegherà davanti agli uomini, anch’io lo rinnegherò davanti al Padre mio che è nei cieli (Mt 10,32-33).
Il profeta deve gridare ad alta voce il suo annuncio, deve esporsi, fare una scelta esplicita per Cristo: questo gli procurerà impopolarità, dileggio e persecuzione.
Rileggendola in profondità, si vede chiaramente che l’ultima beatitudine non riguarda soltanto alcuni momenti della storia della chiesa, né solo alcuni uomini particolari: al contrario essa riguarda la vita normale del cristiano di ogni tempo e a ogni latitudine.
Annunciare Cristo, testimoniarlo nella propria vita, denunciare corruzione, vizi, tradimenti, lassismo morale, ingiustizie, soprusi, violenze, resistendo, se necessario, fino alla morte: tutto questo vuol dire essere profeti scomodi e perciò esposti alla derisione, alla persecuzione e al terrorismo ideologico. Ma non per questo dobbiamo lasciarci spaventare. Al contrario crediamo al comando e alla promessa di Cristo: Rallegratevi ed esultate perché grande è la vostra ricompensa nei cieli.

La Coroncina della Divina Misericordia

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Gesù ha legato alla recita di questa coroncina una promessa generale e promesse particolari:
– La promessa generale legata alla Coroncina è:
“Per la recita di questa coroncina Mi piace concedere tutto ciò che Mi chiederanno” (Q. V, p. 508). “Con essa – ha detto un’ altra volta Gesù – otterrai tutto, se quello che chiedi è conforme alla Mia volontà” (Q. VI, p. 568). La volontà di Dio è espressione del Suo amore per l’uomo, dunque tutto ciò che è in disaccordo con essa o è un male o è dannoso e non può essere dispensato neanche da Padre migliore.
– Le promesse particolari legate alla Coroncina riguardano l’ora della morte:
“Chiunque la reciterà otterrà tanta misericordia nell’ora della morte. (…) Anche se si trattasse del peccatore più incallito se recita questa coroncina una volta sola, otterrà la grazia della Mia infinita misericordia” (Q. II, p. 263). Si tratta qui della grazia della conversione e di una morte nel timore di Dio e nello stato di grazia. La grandezza della promessa consiste nel fatto che condizione per ottenere la grazia è recitare almeno una volta tutta la coroncina così come Gesù l’ha chiesto con fiducia, umiltà e dolore per i peccati. La stessa grazia – di conversione e remissione dei peccati – sarà ricevuta dagli agonizzanti, se altri accanto al
Gesù ha fatto notare tre condizioni necessarie perché‚ le preghiere in quell’ora siano esaudite:
– la preghiera deve essere diretta a Gesù e dovrebbe aver luogo alle tre del pomeriggio;
– deve riferirsi ai meriti della Sua dolorosa passione.
“In quell’ora – dice Gesù – non rifiuterò nulla all’anima che Mi prega per la Mia Passione” (Q. IV, p. 440). Bisogna aggiungere ancora che l’intenzione della preghiera deve essere in accordo con la volontà di Dio, e la preghiera deve essere fiduciosa, costante e unita alla pratica della carità attiva verso il prossimo, condizione di ogni forma del culto della Divina Misericordia.

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Come si recita

Nel Nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo. Amen 
Padre Nostro, che sei nei Cieli,
sia Santificato il Tuo Nome,
venga il Tuo Regno,
sia fatta la Tua Volontà,
come in Cielo così in Terra,
dacci oggi il nostro Pane quotidiano
e rimetti a noi i nostri Debiti, come noi li rimettiamo ai nostri Debitori,
non ci indurre in tentazione, ma liberaci dal male.
Amen.
Ave Maria, Piena di Grazia, il Signore è con Te,
Tu sei la Benedetta fra le donne
e Benedetto il Frutto del Tuo seno Gesù.
Santa Maria, Madre di Dio,
Prega per noi peccatori,
adesso e nell’ora della nostra morte.
Amen.
Credo in un solo Dio, Padre Onnipotente, creatore del cielo e della terra,
di tutte le cose visibili e invisibili.
Credo in un solo Signore Gesù Cristo unigenito figlio di Dio nato dal Padre prima di tutti i secoli. Dio da Dio, Luce da Luce, Dio vero da Dio vero, generato, non creato, dalla stessa sostanza del Padre. Per mezzo di Lui tutte le cose sono state create. Per noi uomini e per la nostra salvezza discese dal cielo e per opera dello Spirito Santo si è incarnato nel seno della Vergine Maria e si è fatto uomo. Fu crocifisso per noi sotto Ponzio Pilato, morì e fu sepolto e il terzo giorno è resuscitato secondo le Scritture ed è salito al Cielo e siede alle destra del Padre e di nuovo verrà nella gloria per giudicare i vivi e i morti ed il suo Regno non avrà fine.
Credo nello Spirito Santo che è Signore e dà la vita e procede dal Padre e dal Figlio e con il Padre ed il Figlio è adorato e glorificato e ha parlato per mezzo dei profeti.
Credo la Chiesa una, santa, cattolica e apostolica.
Professo un solo battesimo per il perdono dei peccati e aspetto la resurrezione dei morti e la vita del mondo che verrà. Amen
Sui grani del Padre Nostro si recita la seguente preghiera:

 

Eterno Padre, io Ti offro il Corpo, il Sangue, l’Anima e la Divinità 

del Tuo dilettissimo Figlio e Signore nostro Gesù Cristo

in espiazione dei nostri peccati e di quelli del mondo intero.

 

Sui grani dell’Ave Maria si recita la seguente preghiera:

 

Per la Sua dolorosa Passione abbi misericordia di noi e del mondo intero.

 

Al termine della corona si prega tre volte:

 

Santo Dio, Santo Forte, Santo Immortale abbi pietà di noi e del mondo intero.

 

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Preghiera per ottenere la conversione di un peccatore .
Invocare l’ intercessione di Suor Faustina Kowalska e recitare cin fede :

O sangue ed acqua che scaturisci dal cuore di Gesù, come sorgente di misericordia per noi, io confido in Te!

Gesù:
Quando, con fede e con cuore contrito, mi reciterai questa preghiera per qualche peccatore io gli darò la grazia della conversione.
Non temere Gesù tocchera’ il cuore della persona a Lui lontana e gli dara’ la grazia della conversione.
Per ogni preghiera puoi chiedere la conversione di un peccatore specifico e non dimenticare MAI l’intercessione di suor Faustina Kowalska .
Ogni giorno quando vedi persone che sono lontane dalla fede invoca l’intercessione di suor Faustina e recita questa preghiera. Al resto pensera’ il Signore Gesu’.

 

 

LITANIE ALLA DIVINA MISERICORDIA


Misericordia di Dio, che scaturisci dal seno del Padre, confido in Te.
Misericordia di Dio, massimo attributo della divinità, confido in Te.
Misericordia di Dio, mistero inconcepibile, confido in Te.
Misericordia di Dio, sorgente che scaturisce dal mistero della Santissima Trinità,
confido in Te.
Misericordia di Dio, che nessuna mente umana né angelica può comprendere,
confido in Te.
Misericordia di Dio, da cui scaturisce ogni vita e felicità, confido in Te.
Misericordia di Dio, al di sopra dei cieli, confido in Te.
Misericordia di Dio, sorgente di miracoli e di eventi eccezionali, confido in Te.
Misericordia di Dio, che abbracci tutto l’universo, confido in Te.
Misericordia di Dio, venuta nel mondo nella persona del Verbo Incarnato, confido in Te.
Misericordia di Dio, che sei sgorgata dalla ferita aperta nel Cuore di Gesù, confido in Te.
Misericordia di Dio, rinchiusa nel Cuore di Gesù per noi e specialmente per i peccatori, confido in Te.
Misericordia di Dio, imperscrutabile nell’istituzione della Santa Eucaristiaconfido in Te.
Misericordia di Dio, nell’istituzione della santa Chiesa, confido in Te.
Misericordia di Dio, nel sacramento del santo battesimo, confido in Te.
Misericordia di Dio, nella nostra giustificazione per mezzo di Gesù Cristo, confido in Te.
Misericordia di Dio, che ci accompagni per tutta la vita, confido in Te.
Misericordia di Dio, che ci abbracci specialmente nell’ora della morte, confido in Te.
Misericordia di Dio, che ci doni la vita immortale, confido in Te.
Misericordia di Dio, che ci segui in ogni momento della vita, confido in Te.
Misericordia di Dio, che ci difendi dal fuoco dell‘inferno, confido in Te.
Misericordia di Dio, che converti i peccatori induriti, confido in Te.
Misericordia di Dio, meraviglia per gli angeli, incomprensibile ai santi, confido in Te.
Misericordia di Dio, insondabile in tutti i misteri di Dio, confido in Te.
Misericordia di Dio, che ci sollevi da ogni miseria, confido in Te.
Misericordia di Dio, sorgente della nostra felicità e della nostra gioia, confido in Te.
Misericordia di Dio, che ci hai chiamati dal nulla all’esistenza, confido in Te.
Misericordia di Dio, che abbracci tutte le opere delle Sue mani, confido in Te.
Misericordia di Dio, che coroni tutto ciò che esiste ed esisterà, confido in Te.
Misericordia di Dio, in cui tutti siamo immersi, confido in Te.
Misericordia di Dio, dolce sollievo dei cuori affranti, confido in Te.
Misericordia di Dio, unica speranza delle anime disperate, confido in Te.
Misericordia di Dio, riposo dei cuori e serenità in mezzo alla paura, confido in Te.
Misericordia di Dio, delizia ed estasi delle anime sante, confido in Te.
Misericordia di Dio, che infondi speranza contro ogni speranza, confido in Te.

“O Dio Eterno, la cui Misericordia è infinita ed il tesoro della compassione è inesauribile, guarda benigno a noi e moltiplica su di noi la Tua Misericordia, in modo che nei momenti difficili non disperiamo né ci perdiamo d’animo, ma con grande fiducia 
ci sottomettiamo alla Tua santa volontà, che è amore e la stessa Misericordia”
(Diario, 949).

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PREGHIERE DI SANTA FAUSTINA

“Amore eterno, fiamma pura, ardi incessantemente nel mio cuore e divinizza tutto
il mio essere in forza della Tua eterna predilezione, per la quale mi hai dato l’esistenza, chiamandomi a partecipare alla Tua eterna felicità…” (Diario, 1523).

“O Dio misericordioso, che non ci disprezzi, ma ci colmi continuamente delle Tue grazie, ci rendi degni del Tuo regno e, nella Tua bontà, riempi con gli uomini i posti che furono abbandonati dagli angeli ingrati. O Dio di grande Misericordia, che hai distolto il Tuo sguardo santo dagli angeli ribelli e l’hai rivolto all’uomo pentito, sia onore e gloria alla Tua insondabile Misericordia..” (Diario, 1339).

“O Gesù, disteso sulla croce, Ti supplico, concedimi la grazia di adempiere fedelmente la santissima volontà del Padre Tuo, sempre, ovunque ed in tutto. E quando la volontà
di Dio mi sembrerà pesante e difficile da compiere, Te ne supplico, Gesù, scenda allora su di me, dalle Tue Piaghe, la forza ed il vigore e le mie labbra ripetano: Signore, sia fatta la Tua volontà…Gesù pietosissimo, concedimi la grazia di dimenticare me stessa, in modo che viva totalmente per le anime, collaborando con Te all’opera della salvezza, secondo la santissima volontà del Padre Tuo…” (Diario, 1265).

“…O Signore, desidero trasformarmi tutta nella Tua Misericordia ed essere il riflesso vivo di Te. Che il più grande attributo di Dio, cioè la Sua incommensurabile Misericordia, giunga al mio prossimo attraverso il mio cuore e la mia anima. Aiutami, o Signore, a far sì che i miei occhi siano misericordiosi, in modo che io non nutra mai sospetti e non giudichi sulla base di apparenze esteriori, ma sappia scorgere ciò che c’è di bello nell’anima del mio prossimo e gli sia di aiuto. Aiutami, o Signore, a far sì che il mio udito sia misericordioso, che mi chini sulle necessità del mio prossimo, che le mie orecchie non siano indifferenti ai dolori
ed ai gemiti del mio prossimo. Aiutami o Signore, a far sì che la mia lingua sia misericordiosa e non parli mai sfavorevolmente del prossimo, ma abbia per ognuno una parola di conforto
e di perdono.Aiutami, o Signore, a far sì che le mie mani siano misericordiose e piene di buone azioni, in modo che io sappia fare unicamente del bene al prossimo e prenda su di me
i lavori più pesanti e più penosi.
Aiutami, o Signore, a far sì che i miei piedi siano misericordiosi, in modo che io accorra sempre in aiuto del prossimo, vincendo la mia indolenza e la mia stanchezza (…)
Aiutami, o Signore, a far sì che il mio cuore sia misericordioso, in modo che partecipi
a tutte le sofferenze del prossimo (…) Alberghi in me la Tua Misericordia, o mio Signore…” (Diario, 163).

“O Re di Misericordia, guida la mia anima” (Diario, 3).

“…Ogni battito del mio cuore sia un inno di ringraziamento per Te, o Dio.
Ogni goccia del mio sangue circoli per Te, o Signore. La mia anima sia tutta un cantico
di ringraziamento alla Tua Misericordia. Ti amo, o Dio, per Te stesso” (Diario, 1794).

“O Gesù, desidero vivere nel momento presente, vivere come se questo giorno fosse l’ultimo della mia vita: utilizzare scrupolosamente ogni attimo per la maggior gloria
di Dio, sfruttare per me ogni circostanza, in modo che la mia anima ne ricavi un profitto. Guardare ad ogni cosa da questo punto di vista, e cioé che nulla avviene senza il volere di Dio. O Dio d’insondabile Misericordia, abbraccia il mondo intero e riversati su di noi per mezzo del Cuore pietoso di Gesù” (Diario, 1183).

“O Dio di grande Misericordia, bontà infinita, ecco che oggi tutta l’umanità grida dall’abisso della sua miseria alla Tua Misericordia, alla Tua compassione, o Dio, e grida con la voce potente della propria miseria. O Dio benigno, non respingere la preghiera degli esuli di questa terra. O Signore, bontà inconcepibile, che conosci perfettamente la nostra miseria e sai che non siamo in grado di innalzarci fino a Te con le nostre forze, Ti supplichiamo, previenici con la Tua grazia e moltiplica incessantemente su di noi
la Tua Misericordia, in modo che possiamo adempiere fedelmente la Tua santa volontà durante tutta la vita e nell’ora della morte. L’onnipotenza della Tua Misericordia
ci difenda dagli assalti dei nemici della nostra salvezza, in modo che possiamo attendere con fiducia, come figli Tuoi, la Tua ultima venuta…” (Diario, 1570).

 


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Biografia di Santa Faustina Kowalska

Santa Faustina Kowalska , l’apostola della Divina Misericordia, appartiene oggi al gruppo dei santi della Chiesa più conosciuti. Attraverso lei il Signore manda al mondo il grandemessaggio della misericordia Divina e mostra un esempio di perfezione cristiana basata sulla fiducia in Dio e sull’atteggiamento misericordioso verso il prossimo.
Santa Faustina nacque il 25 agosto 1905, terza di dieci figli, da Marianna e Stanislao Kowalski, contadini del villaggio di Glogowiec (attualmente diocesi di Wloclawek). Al battesimo nella chiesa parrocchiale di lwinice Warckie le fu dato il nome di Elena. Fin dall’infanzia si distinse per l’amore, per la preghiera, per la laboriosità, per l’obbedienza e per una grande sensibilità verso la povertà umana. All’età di nove anni ricevette la Prima Comunione; fu per lei un’esperienza profonda perché‚ ebbe subito la consapevolezza della presenza dell’Ospite Divino nella sua anima. Frequentò la scuola per appena tre anni scarsi. Ancora adolescente abbandonò la casa dei genitori e andò a servizio presso alcune famiglie benestanti di Aleksandrow, lodl e Ostrowek, per mantenersi e per aiutare i genitori.
Fin dal settimo anno di vita avvertì nella sua anima la vocazione religiosa, ma non avendo il consenso dei genitori per entrare nel convento, cercava di sopprimerla. Sollecitata poi da una visione di Cristo sofferente, partì per Varsavia dove il 10 agosto del 1925 entrò nel convento delle Suore della Beata Vergine Maria della Misericordia. Col nome di Suor Maria Faustina trascorse in convento tredici anni in diverse case della Congregazione, soprattutto a Cracovia, Vilnius e Plock, lavorando come cuoca, giardiniera e portinaia.
All’esterno nessun segno faceva sospettare la sua vita mistica straordinariamente ricca. Svolgeva con diligenza tutti i lavori, osservava fedelmente le regole religiose, era riservata, silenziosa e nello stesso tempo piena di amore benevolo e disinteressato. La sua vita apparentemente ordinaria, monotona e grigia nascondeva in sè una profonda e straordinaria unione con Dio.
Alla base della sua spiritualità si trova il mistero della misericordia Divina che essa meditava nella parola di Dio e contemplava nella quotidianità della sua vita. La conoscenza e la contemplazione del mistero della misericordia di Dio sviluppavano in lei un atteggiamento di fiducia filiale in Dio e di misericordia verso il prossimo. Scriveva:
O mio Gesù, ognuno dei Tuoi santi rispecchia in s‚ una delle Tue virtu; io desidero rispecchiare il Tuo Cuore compassionevole e pieno di misericordia, voglio glorificarlo. La Tua misericordia, o Gesù, sia impressa sul mio cuore e sulla mia anima come un sigillo e ciò sara il mio segno distintivo in questa e nell’altra vita (Diario, p. 418).
Suor Faustina fu una figlia fedele della Chiesa, che essa amava come Madre e come Corpo Mistico di Gesù Cristo. Consapevole del suo ruolo nella Chiesa, collaborava con la misericordia Divina nell’opera della salvezza delle anime smarrite. Rispondendo al desiderio e all’esempio di Gesù offrì la sua vita in sacrificio. La sua vita spirituale si caratterizzava inoltre nell’amore per l’Eucarestia e nella profonda devozione alla Madre di Dio della Misericordia.
Gli anni della sua vita religiosa abbondarono di grazie straordinarie: le rivelazioni, le visioni, le stigmate nascoste, la partecipazione alla passione del Signore, il dono dell’ubiquità, il dono di leggere nelle anime, il dono della profezia e il raro dono del fidanzamento e dello sposalizio mistico. Il contatto vivo con Dio, con la Madonna, con gli angeli, con i santi, con le anime del purgatorio, con tutto il mondo soprannaturale fu per lei non meno reale e concreto di quello che sperimentava con i sensi. Malgrado il dono di tante grazie straordinarie era consapevole che non sono esse a costituire l’essenza della santità. Scriveva nel “Diario”:
Né le grazie, né le rivelazioni, né le estasi, né alcun altro dono ad essa elargito la rendono perfetta, ma l’unione intima della mia anima con Dio. I doni sono soltanto un ornamento dell’anima, ma non ne costituiscono la sostanza né la perfezione. La mia santità e perfezione consiste in una stretta unione della mia volontà con la volontà di Dio (Diario p. 380).
Il Signore aveva scelto Suor Faustina come segretaria e apostola della Sua misericordia per trasmettere, mediante lei, un grande messaggio al mondo.
Nell’Antico Testamento mandai al Mio popolo i profeti con i fulmini. Oggi mando te a tutta l’umanità con la Mia misericordia. Non voglio punire l’umanità sofferente, ma desidero guarirla e stringerla al Mio Cuore misericordioso (D., p. 522).
La missione di Suor Faustina consiste in tre compiti:
– Avvicinare e proclamare al mondo la verità rivelata nella Sacra Scrittura sull’amore misericordioso di Dio per ogni uomo.
– Implorare la misericordia Divina per tutto il mondo, soprattutto per i peccatori, tra l’altro attraverso la prassi delle nuove forme di culto della Divina Misericordia indicate da Gesù: l’immagine di Cristo con la scritta: Gesù confido in Te, la festa della Divina Misericordia nella prima domenica dopo Pasqua, la coroncina alla Divina Misericordia e la preghiera nell’ora della Misericordia (ore 15). A queste forme del culto e anche alla diffusione della devozione alla Divina Misericordia il Signore allegava grandi promesse a condizione dell’affidamento a Dio e dell’amore attivo per il prossimo.
– Ispirare un movimento apostolico della Divina Misericordia con il compito di proclamare e implorare la misericordia Divina per il mondo e di aspirare alla perfezione cristiana sulla via indicata da Suor Faustina. Si tratta della via che prescrive un atteggiamento di fiducia filiale in Dio, che si esprime nell’adempimento della Sua volontà e nell’atteggiamento misericordioso verso il prossimo.
Oggi questo movimento riunisce nella Chiesa milioni di persone di tutto il mondo: congregazioni religiose, istituti secolari, sacerdoti, confraternite, associazioni, diverse comunità degli apostoli della Divina Misericordia e persone singole che intraprendono i compiti che il Signore ha trasmesso a Suor Faustina.
La missione di Suor Faustina è stata descritta nel “Diario” che essa redigeva seguendo il desiderio di Gesù e i suggerimenti dei padri confessori, annotando fedelmente tutte le parole di Gesù e rivelando il contatto della sua anima con Lui. Il Signore diceva a Faustina:
Segretaria del Mio mistero più profondo, …il tuo compito più profondo è di scrivere tutto ciò che ti faccio conoscere sulla Mia misericordia, per il bene delle anime che leggendo questi scritti proveranno un conforto interiore e saranno incoraggiate ad avvicinarsi a Me (D., p. 557).
Quest’opera infatti avvicina in modo straordinario il mistero della misericordia Divina. Il “Diario” affascina non soltanto la gente comune ma anche i ricercatori che vi scoprono una fonte supplementare per le loro ricerche teologiche. Il “Diario” è stato tradotto in varie lingue, tra cui inglese, francese, italiano, tedesco, spagnolo, portoghese, russo, ceco, slovacco e arabo.
Suor Faustina, distrutta dalla malattia e da varie sofferenze che sopportava volentieri come sacrificio per i peccatori, nella pienezza della maturità spirituale e misticamente unita a Dio, morì a Cracovia il 5 ottobre 1938 all’età di appena 33 anni. La fama della santità della sua vita crebbe insieme alla diffusione del culto della Divina Misericordia e secondo le grazie ottenute tramite la sua intercessione. Negli anni 1965-67 si svolse a Cracovia il processo informativo relativo alla sua vita e alle sue virtù e nel 1968 iniziò a Roma il processo di beatificazione che si concluse nel dicembre del 1992. Il 18 aprile del 1993, sulla piazza di San Pietro a Roma, il Santo Padre Giovanni Paolo II l’ha beatificata e il 30 aprile 2000, Anno del Gande Giubileo del 2000, l’ha canonizzata.
Le reliquie di Suor Faustina attualmente sono sparse nel mondo in varie chiese. La tomba con i pochi resti corporali sono conservati nella cappella della casa a Cracovia dove si recava a pregare. Le reliquie sono anche esposte nel Santuario della Divina Misericordia, Chiesa Santo Spirito in Sassia.

FRUTTI DELLA PREGHIERA
(Il DIARIO di santa Faustina)

“Con la preghiera l’anima si prepara ad affrontare qualsiasi battaglia. In qualunque condizione si trovi un’anima, deve pregare. Deve pregare l’anima pura e bella, poiché diversamente perderebbe la sua bellezza. Deve pregare l’anima che tende alla purezza, altrimenti non vi giungerà. Deve pregare l’anima che si è appena convertita, diversamente cadrebbe di nuovo. Deve pregare l’anima peccatrice, immersa nei peccati, per poter risorgere. E non c’è anima che non abbia il dovere di pregare, poiché ogni grazia arriva tramite la preghiera” (Diario, 146).

“L’anima deve essere fedele alla preghiera, nonostante le tribolazioni, l’aridità e le tentazioni, poiché dalla preghiera in prevalenza dipende talvolta la realizzazione dei grandi progetti di Dio, e se noi non perseveriamo nella preghiera, mettiamo degli impedimenti a ciò che Iddio voleva compiere per mezzo nostro oppure in noi. Ogni anima ricordi queste parole: e trovandosi in una situazione difficile, pregava più
a lungo…” (Diario, 872).

“La pazienza, la preghiera ed il silenzio rafforzano l’anima. Ci sono momenti nei quali l’anima deve tacere, non è conveniente che parli con le creature. Sono i momenti d’insoddisfazione di se stessa (…) In quei momenti vivo esclusivamente di fede…”
(Diario, 944).

“Il silenzio è una spada nella lotta spirituale (…) L’anima  silenziosa è idonea alla più profonda unione con Dio; essa vive quasi di continuo sotto il soffio dello Spirito Santo.
In un’anima silenziosa Iddio opera senza impedimenti…” (Diario, 477).

“Dobbiamo pregare spesso lo Spirito Santo per ottenere la grazia della prudenza.
La prudenza si compone di: riflessione, ragionevole considerazione e fermo proposito. L’ultima decisione appartiene sempre a noi…” (Diario, 1106).

 

 

“Il Signore stesso che mi spinge a scrivere le preghiere e gli inni sulla Sua Misericordia…” (Diario, 1593).

“Desidero che tu conosca più a fondo l’amore di cui arde il Mio Cuore verso le anime e lo comprenderai quando mediterai la Mia Passione. Invoca la Mia Misericordia per i peccatori; desidero la loro salvezza. Quando reciterai questa preghiera con cuore pentito e con fede per qualche peccatore, gli concederò la grazia della conversione.
La breve preghiera è la seguente: O Sangue e Acqua, che scaturisti dal Cuore di Gesù come sorgente di Misericordia per noi, confido in Te” (Diario, 187).

 

 

 

 

 

LE LETTERE DI DON MICHELE SOPOCKO

Scritte a Czarny Bor (Lituania),
alle prime candidate per la Congregazione che si stava formando a Vilna (Vilnius, Lituania).

LETTERA I
LA VITA RELIGIOSA

Gesù, confido in Te!
Care sorelle in Cristo, è ormai la seconda settimana che, per volontà di Dio, sono in solitudine
in seno alla natura, da cui, come da un libro vivo, leggo e glorifico l’infinita misericordia di Dio. Contemporaneamente percorro col pensiero il paese intero immerso nel lutto, mi unisco a tutti
i compatrioti sofferenti, dispersi in tutto il mondo e vedo in spirito come la misericordia del Signore scolpisca nelle loro anime le virtù eroiche necessarie all’espiazione e alla propiziazione, per implorare e ringraziare di tutto l’inesprimibile bontà divina, per ottenere nuove grazie ed meriti futuri, per poter già “esaltare la misericordia di Dio in eterno”. Vedo in spirito come la bontà eterna scolpisca particolarmente queste virtù nelle anime elette, dilettissime, che vivono sotto
una regola religiosa, le quali hanno rinnegato il mondo, i suoi beni illusori, la propria volontà, dedicandosi, senza nessuna riserva, a fortificare il regno di Dio in se stesse ed a diffonderlo tra
gli altri nel mondo intero.

Il regno di Dio è il regno dello Spirito, che alza i suoi edifici meravigliosi su fondamenta poste dallo Spirito di Dio. Gli uomini che vivono esclusivamente secondo la carne non aiuteranno mai
il Signore a costruire la Gerusalemme eterna. Bisogna vivere secondo lo Spirito, rinnegare
se stessi, per capire cosa cosa esiga, dalla nostra miseria, il Re della misericordia.
Bisogna sottomettere allo spirito tutte le potenze del corpo, armonizzare tutta la propria natura, sottomettere la propria volontà a quella di Dio e così preparare il terreno alla potenza che, dall’alto, farà sì che le nostre azioni diventino le azioni di Cristo, perché, come dice l’apostolo delle genti, ”non vivo più io, ma è Cristo che vive in me”.

Il regno visibile di Dio sulla terra è la chiesa cattolica governata, secondo la legge dello Spirito Santo. E’ un edificio stupendo, esteso tra il cielo e la terra, che unisce in sé due mondi, quello temporale e quello eterno. “Nella casa del Padre mio ci sono tanti posti” disse il Salvatore, intendendo la Sua sposa, la chiesa cattolica, che nei suoi vani lascia entrare tutte le genti,
i vari stati, collocandoli  secondo i propri meriti ed accontentandoli  tutti. Ci sono coloro che, attraversata appena la soglia ed illuminati dal raggio e dalla bellezza del vestibolo non vogliono più andare avanti. A loro basta la grigia semioscurità per divampare della gioia del Signore, ancora invisibile però già pregustabile.
Ci sono coloro che nutrono il desiderio di entrare negli appartamenti. Trovandosi nella luce più grande, di fronte agli ostacoli, li superano a fatica, quali formiche. Il Signore misericordiosissimo ne vede gli sforzi e volontariamente apre le porte delle sue grazie e viene verso loro, in aiuto.
Ci sono alcuni infine tali che desiderano entrare in una stanza decorosa, dove, seduto sul trono,
è  il sovrano. Essi corrono, come le spose, allo sposo. Questi sono dilettisimi, basta che abbiano una veste sposale adeguata.

Quando, durante la preghiera,  ci si tuffa con un pensiero in tale magnifico sistema delle opere
del Signore, facilmente si capisce che la vita religiosa è una delle forme necessarie tra i vari modi di dare onore al Re della Misericordia, che è una delle stanze più vicine alla stupenda camera regale, che qui sono chiamati sono coloro in cui il Figlio di Dio si è compiaciuto particolarmente, le spose del Re della Misericordia, verso cui corrono, con grande gioia, indossata la pura veste angelica dell’ umiltà, obbedienza e rinnegamento, cioè della povertà. E’ vero che in ogni anima, anche in quella che vive nel turbine del mondo, può essere stabilito il Regno di Dio, perché tutti
i cristiani cattolici sono chiamati, però, tra tutti i chiamati, non tutti sono scelti e ad ognuno tra questi scelti personalmente sono indicati il posto ed il lavoro.

Cristo affidò agli Apostoli i vari compiti e li mise nei vari appartamenti della sua fortezza.
Pietro, lo stabilì quale Pietra. Giovanni, lasciò che si addormentasse amorosamente sul suo cuore.  A Filippo chiese, con una sola parola, di lasciare tutto per seguirLo. Nella predica sulla montagna, il re della misericordia pose i vari gradi di desiderio della perfezione ed adorazione del Padre Eterno, di cui indicò uno degli attributi in modo particolare, con la raccomandazione di imitarLo proprio in questo: “Siate misericordiosi, come il Padre vostro celeste è misericordioso”.

Questo non è più un consiglio evangelico, ma una richiesta da cui nessuno può essere svincolato. Questo è un comandamento ed allo stesso modo la condizione indispensabile per la perfezione.
E’un commento alle altre parole del Maestro: “Siate perfetti, come il Padre vostro è perfetto”.
In che cosa può meglio manifestarsi tale perfezione, se non nel meditare la misericordia di Dio
e invocare, tramite l’amore di Dio, il debito di gratitudine, se non nell’imitare tale misericordia
con opere di misericordia nei confronti dell’anima e del corpo del prossimo. E’comprensibile allora il motivo per cui le anime che desiderano stare il più vicino al Signore misericordiosissimo, per entrare nella camera più luminosa, più vicina alla stanza regale, siano obbligate, con il quarto voto della misericordia, ad indossare una nuova veste sposale per attingere continuamente la misericordia direttamente dal cuore aperto dello sposo e distribuirla agli altri.

Per quanto riguarda l’oggetto di tale voto, esso è molto chiaro, perché lo stesso Salvatore lo ha precisato: “Avevo fame e mi avete dato da mangiare…”. L’oggetto di tale voto saranno le opere
di misericordia corporale (dar da mangiare agli affamati, dar da bere agli assetati, vestire gli ignudi, alloggiare i pellegrini, visitare gli infermi, visitare i carcerati, seppellire i morti) e spirituale (consigliare i dubbiosi, insegnare a chi non sa, ammonire i peccatori, consolare gli afflitti, perdonare le offese, sopportare pazientemente le persone moleste, pregare Dio per i vivi e per
i morti). E’ di ampia portata e di profondo contenuto e basterà sia per l’ordine contemplativo,
sia per i vari rami degli ordini attivi, perché abbraccia l’intera vita cristiana, forma l’essenza di ogni ordine, tanto più, perciò, può diventare l’oggetto del voto di coloro che lodano e diffondono
il culto della Misericordia Divina.

Carissime sorelle in Cristo, gioisco delle grazie particolari della misericordia di Dio che si sono manifestate nella vostra vocazione. Elette del cuore di Gesù, filari dell’ordine futuro, mediatrici
dei segreti di Dio, per cui pregavo da cinque anni, durante ogni santa messa, a voi soprattutto sono  indirizzate le parole del Maestro: “Voi siete la luce del mondo e il sale della terra,
ma se il sale perdesse sapore, con che cosa glielo si renderà?”. Confido che non lo perdiate,
che, con l’aiuto della misericordia di Dio cresciate in virtù, approfondiate la teologia, rafforziate
gli atti di misericordia, ma anzitutto vi esercitiate nella contrizione abituale, riconoscendo la propria personale indegnità e l’incapacità di realizzare questo compito, mettendo tutta la fiducia nella misericordia di Dio.

Acciocché il tralcio, innestato nella vite, porti il frutto, deve maturare solo in spirito di penitenza
e d’amore. Lo spirito di penitenza dovrebbe essere il principio di tutto l’anno di noviziato:
“Se non vi pentirete, morirete”, disse il Salvatore. Egli stesso fece penitenza per noi e la esige
dai suoi servi: “Se uno vuole seguirmi, rinneghi se stesso, prenda la sua croce ogni giorno”.
Non si tratta di ricercare una penitenza straordinaria, che si potrebbe fare soltanto con il permesso del padre spirituale o della maestra e sotto condizione che essa non procuri un danno alla salute, ma si tratta di accettare con pazienza le diverse croci quotidiane, abbandonandosi alla volontà
di Dio. “Lo spirito contrito ed il cuore afflitto è il sacrificio a Dio” esclama il salmista ispirato.

Questo spirito di penitenza può essere realizzato durante l’anno in diverse forme. Per esempio, durante il primo mese del noviziato, si può cercare di accettare in silenzio le osservazioni giuste ed ingiuste degli altri; durante il secondo mese, evitare i più piccoli sospetti e giudizi del prossimo, considerando se stessi come peggiori; il terzo mese, evitare le consolazioni degli altri nei momenti di fallimento; il quarto mese, evitare le consolazioni spirituali durante la riflessione e la preghiera; il quinto mese, non spazientirsi delle proprie cadute ed imperfezioni; il sesto mese, sopportare con pazienza i cambiamenti del tempo (freddo o caldo), oppure i dispiaceri nelle relazioni con il prossimo dal carattere difficile, ecc.

Oltre che nello spirito di penitenza, bisogna  esercitarsi nel vero amore del prossimo, perché soltanto l‘amore può essere la sorgente degli atti di misericordia verso l’anima ed il corpo.
Inoltre dovrete essere sincere con i padri spirituali e le maestre, con loro bisogna cercare
di parlare riguardo le cose spirituali il più spesso possibile. Bisogna abituarsi a far tutto non solo bene, ma con zelo, scegliere le cose migliori fra due che sono buone, ma soprattutto curare
la purezza della coscienza per poter trovare, durante l’esame di coscienza quotidiano, sempre meno peccati veniali che non possiamo evitare da soli, ma soltanto con l’aiuto della Grazia particolare di Dio. Per questo motivo, bisogna sviluppare in sé lo spirito di preghiera.

Nelle condizioni in cui mi trovo adesso, non mi è possibile scrivervi tutto ciò che vorrei. Durante
la preghiera ed in ogni Santa Messa, continuerò ad implorare il Signore Misericordiosissimo
che dia la luce a voi ed ai vostri direttori e superiori. Confido che Gesù abbia cura di quest’opera perché ella è uscita dal Suo Cuore Misericordiosissimo. Confido che fra poco si creino condizioni migliori per lavorare, ma per adesso ringraziamo Dio per tutto ciò che abbiamo e confidiamo
nella Sua Misericordia.

Don Michal, 13. 03. 1942
LETTERA II
TUTTO È COMPIUTO

Gesù, confido in Te!
Care Sorelle in Cristo, una delle ultime frasi di Gesù sulla croce fu: “Tutto è compiuto”. Con queste parole il Salvatore espresse il compimento di tutte le profezie, le prefigurazioni e le tipologie veterotestamentarie riguardanti la persona del Messia, in altri termini, il compimento della propria missione, cioè il compimento della Volontà del Padre nei minimi particolari. Cristo Signore
è il modello di tutti i cristiani, perchè anche loro devono con insistenza cercar di conoscere
la volontà di Dio riguardo alla propria persona e realizzarla quanto meglio possibile, per poter ripetere alla fine della vita le parole del Salvatore: “Tutto è compiuto”.

Carissime sorelle in Cristo, è giunto il momento decisivo e cruciale nella vostra vita, cioè il momento in cui avete deciso di dedicare il resto del pellegrinaggio terreno al servizio di Dio, ovviamente avendo prima percepito che questa è la volontà di Dio. E’ questa una delle più importanti tappe di tale pellegrinaggio, alla fine del quale bisogna, con la coscienza pura,
dire come Cristo Signore: “Tutto è compiuto”, mi sono presentato all’appello di Dio, chi d’ ora
in poi desidero unicamente servire. Sottometterò la mia alla Sua santa volontà in ogni minimo particolare, piegherò  i miei pensieri, parole e azioni ai Suoi pensieri e alle parole contenute nei santi vangeli, nelle scienze teologiche e nel diritto canonico, ma anche nella regola riconosciuta dalla chiesa, per potere, al tramonto della vita, in piena consapevolezza e la serenità, ancora
una volta ripetere più profondamente: “Tutto  è compiuto”, cioè ho compiuto la volontà di Dio.

Questa è stata l’eterna volontà divina: che voi viveste nel ventesimo secolo con tali persone,
in un preciso ambiente, vi trovaste esposte a certe tentazioni,  poteste ricevere le grazie necessarie per combatterle e poi, in seguito ad un loro eventuale uso sconveniente e contrario alla volontà di Dio, risollevarvi e tuffarvi con fiducia nell’abisso della misericordia di Dio,
per poter d’ ora in poi servirla, conoscerla sempre di più, divulgarne il culto e indurre gli altri. Questa indubbiamente è stata la volontà divina. Gioisco perchè avete riconosciuto questa volontà e accettata, perchè non avete sommerso, sotto gli interessi personali, la voce dello sposo, perchè, alle chiamate interiori ed esteriori, avete risposto con le parole del Maestro: “Ecco io vengo”,
per poter alla fine ripetere “Tutto è compiuto”!

Si è compiuta la salvezza: dal costato del Salvatore nasce la Sua sposa, la madre dei bambini rinati nel santo battesimo, la chiesa cattolica. Questa d’ora in poi attingerà da quel costato
la sorgente di grazie per tutta l’umanità, e vi vuole, Care sorelle,  porre il più vicino possibile
a quella sorgente e farvi mediatrici per i peccatori, gli indifferenti, gli abbandonati e trascurati,
gli inetti, gli ammalati, i prigionieri, i senzatetto, soprattutto, però, i disperati, per soffiare nelle loro anime la fiducia e ancora, una volta, la fiducia nella smisurata, illimitata, incomprensibile, inesprimibile misericordia  di Dio: “Gesù, confido in Te”.

Trema l’inferno nelle sue fondamenta, di fronte alla nuova, e allo stesso tempo alla vecchia parola d’ordine, la quale fra poco risuonerà nel mondo intero. Ecco stanno nascendo i nuovi apostoli
di Cristo, che volevate uccidere. Creeranno la nuova famiglia umana, che arerà tutta la terra con l’aratro forte della fiducia nella misericordia di Dio, la parola d’ordine che riscalderà tutto ciò che è freddo, renderà tenero tutto ciò che è duro, ravviverà tutto ciò che è secco, accenderà tutto ciò che è sta per spegnersi, darà il colore della vita a tutto ciò che è arido, unirà individui, famiglie, società, nazioni e stati nell’ abbraccio del vero amore fraterno, l’amore di Dio e del prossimo!

Ecco lo stupendo compito, che vi ricorda oggi, nel giorno solenne, il Salvatore divino.
Ecco il nobile fine, che propone di scegliere, secondo le proprie capacità ed inclinazioni
a voi tutte e ad ognuna personalmente. Ecco il riassunto del programma del lavoro preparatorio da realizzare nel corso del noviziato, nel lavoro educativo e autoeducativo, perché dopo
si proceda arando, volontariamente, consapevolmente e con zelo, la terra indicata ad ogni anima, senza guardare indietro, senza cercare olio per le lampade, aspettando la ricompensa soltanto
dal misericordiosissimo sposo celeste.
I suddetti fini e compiti siano pur elevati e sproporzionati tanto rispetto alle nostre forze, capacità, disposizioni, quanto rispetto ai nostri limiti ed imperfezioni, ma, ancorchè involontariamente
ci assalgano la paura ed il dubbio, dobbiamo sperimentare prima su noi stessi l’azione dell’illimitabile, incomprensibile ed infinita misericordia di Dio – come Saulo sulla via di Damasco oppure come Pietro nel cortile di Caifa – per poter dopo rinfrancare gli altri nella fiducia, sostenere chi vacilla e dubita, facendogli ripetere la giaculatoria animante e vificante:
”Gesù, confido in Te”.

Anche se, immersi tante volte nell’incommensurabile misericordia, cioè nel sacramento della penitenza, abbiamo purificato le nostre anime dalle ferite di peccato nel preziosissimo sangue
del nostro Salvatore, che continua a sgorgare dal Suo costato aperto, può in noi causare ansia
e scoraggiamento il nostro passato, forse non sempre raggiante e puro, anzi, oscuro e storto almeno in alcuni periodi della vita. Può darsi che la contrizione non sia stata sufficiente oppure
sia mancato il proponimento forte di non commettere più peccati o che non si sia compiuta la penitenza data o che non si sia confessato tutto; ma anche se Dio ci ha già perdonato, veramente vorrà darci adesso più grazie e, anche se ce le volesse concedere, per quali motivi lo farebbe? Questi e altri dubbi ci possono turbare fino a minare la speranza.

Si deve tuttavia necessariamente eliminare ogni dubbio fin dall’inizio, combattere in se stessi
la paura e le ansie, considerandole tentazioni molto pericolose e combatterle con la giaculatoria “Gesù, confido in Te!”. Tu mi assicurasti il perdono, quando rimettesti alla Maddalena le colpe
di cui si rammaricava, quando perdonasti Pietro una volta pentito, quando promettesti il paradiso al malfattore sulla croce. Tu assicurasti che ci sarebbe stata più gioia per un peccatore pentito che per novantanove giusti. Tu sei il buon pastore, che lascia il gregge delle pecore buone sul pascolo e va a cercarne una smarrita, tu mi cercavi, quando mi ero impegolato nelle spine del peccato
e mi ero ferito dolorosamente e,  trovatomi, mi hai preso tra le braccia ed adesso mi stai guarendo con cura le ferite del peccato nella mia anima. Gesù, confido in Te. In Te, non nelle promesse illusorie del mondo bugiardo… In Te, non nelle tentazioni astute e scaltre di Satana…

In Te, non nelle passioni sfrenate ed esuberanti… Confido instancabilmente che tutte le azioni della mia vita si trovino nell’eternità, fuorché i peccati, che Gesù ha annientato nel sacramento della penitenza e che li dimentichi così come dimenticò la vita di peccato della Maddalena,
il rinnegamento di Pietro, la persecuzione di Saulo, come anche dimenticò le colpe di Agostino; basta che io mi penta ancora. L’ultima pietra del male, che comunque appartiene al passato, dovrebbe diventare la pietra angolare al nuovo edificio della santità. Gesù, confido in Te.

L’ansia e lo scoraggiamento possono essere dovute al nostro stato attuale, al nostro carattere pieno dei vizi, magari, alle nostre cadute, le quali, nonostante il proposito di migliorare, continuano a ripetersi frequentemente nostro malgrado. Si deve, perciò, ricordare la sentenza ascetica memorabile che sulla terra non esiste nessuno stato di perfezione ma soltanto l’aspirazione. La santità sulla terra non è niente di stabile, è uno stato dinamico come disse
il Salvatore. “Da allora in poi viene annunziato il Regno di Dio e ognuno si sforza per entrarvi”
(Lc 16,16). Ciò si nota nelle numerose parabole del Signore Gesù; nella parabola di dracma perduta…, del grano di senape crescente, particolarmente nella parabola dei servi e dei talenti. Solo coloro che lavorano, riceveranno il guadagno. Soltanto a coloro che, dopo avere ricevuto
i talenti, sono andati ad impiegarli e ne hanno guadagnati il doppio, il salvatore celeste promette il regno dei cieli. “Siate perfetti come il Padre Celeste ”.

Quanto di più ci avviciniamo al fine irraggiungibile, tanto più numerose troviamo in noi le mancanze. Per questo non dobbiamo scoraggiarci, ma senterci stimolati ad appoggiarsi nel nostro maestro, nel tentativo di uscirne. E’ dogma della fede che la grazia divina è necessaria per la salvezza; con le nostre proprie forze non siamo in grado di evitare i peccati veniali quotidiani. Perciò la fiducia nell’aiuto promesso dal salvatore nostro è il migliore rimedio a tutti i dubbi dovuti dallo stato di imperfezione attuale delle nostre anime.

L’ansia e lo scoraggiamento possono essere dovuti anche di più all’incertezza del futuro: persevererò, ce la farò oppure crollerò, come potrò andare avanti, se fino adesso non ho fatto
i grandi progressi? Il Signore Cristo disapprova tali previsioni e dice: “Non affannatevi dunque
per domani, perché il domani avrà già le sue inquietudini. A ciascuno giorno basta la sua pena.”
(Mt 6, 34) L’autore ben conosciuto di “Sì, Padre” afferma che “essere santo significa vivere completamente il presente”. E’proprio così, perché siamo responsabili solo dei momenti presenti, non di quelli futuri. Perciò fantasticare è pericoloso quanto riflettere ed considerare male il passato. Se a qualcuno risulta difficile resistere alla riflessione sul futuro, che si presenta nero, risvegliando ansia e dubbi per quanto potrebbe capitare, egli si aiuti con la giaculatoria
“Gesù, confido in Te” La fiducia nella misericordia di Dio ristabilirà la pace interiore, turbata
dalla paura del futuro, perché “Dio è il nostro scudo e la nostra corazza” come lo dice il salmista.

Ciò comporta che la fiducia nella misericordia di Dio ha un ruolo privilegiato nella vita spirituale come nessun’altra virtù, perciò il Salvatore la raccomanda più vivamente, dicendo per un verso: “Senza di me non potete far nulla” e per altro verso: “Abbiate fiducia, io ho vinto il mondo!”,
Abbi fiducia, figlia, i tuoi peccati sono perdonati”, “Abbi fiducia e vedrai la gloria di Dio”, “Perché hai dubitato, uomo di poca fede”, “Non abbiate paura, io sono con voi” ecc. Perciò prima di tutto dobbiamo consolidare la nostra fiducia riguardo al passato, al presente ed al futuro, perché solo così avremo il perno della nostra vita interiore, solo così ci troveremo su un terreno solido nel nostro lavoro educativo con noi stessi e in futuro con le altre anime, solo così potremo fare olocausto di noi stessi con i voti, offrendoci senza nessuna riserva al Signore Dio, al Suo servizio esclusivo.

Oggi si parla tanto di servire il Signore con gioia, perché essa è veramente indispensabile. “Servite il Signore con gioia” esclamava il salmista. Però non la si può estorcere contro la propria volontà. Essa arriva e sparisce di frequente impercettibilmente, giacché la gioia è un sentimento piacevole che nasce in chi è in possesso di un certo bene. La durata della gioia dipende dalla durata del bene; con esso appare e con esso sparisce, se lo perdiamo oppure ci rendiamo conto della sua vanità od almeno della sua imperfezione. La sofferenza, quando viene vissuta senza scopo, di solito bandisce e divora la gioia. Invece la sofferenza, accolta e vissuta con un’intenzione buona genera una gioia bellissima, purissima e permanente, come la ebbero
i martiri. Tale sofferenza ci avvicina a Dio, al sommo bene, che è il solo a concederci la gioia perenne.

Perciò è la fiducia nella misericordia di Dio che trasforma la sofferenza nella gioia permanente.
E, mediante la giaculatoria “Gesù, confido in Te”, l’anima sofferente viene inondata nel suo profondo da la pace infinita, capace di irradiare esternamente la gioia. Nella tristezza bisogna cercare la consolazione affidandoci con fiducia alla misericordia di Dio, come la trovavano i santi; in tale fiducia si trova il segreto della gioia soprannaturale, nonostante le lacrime amare che continuano a fluire dagli occhi sgomenti. Soltanto Maria Immacolata che ebbe fiducia illimitata, poté inneggiare l’inno di gioia: “il mio spirito esulta in Dio, mio Salvatore”, come cantò non solo quando incontrò la cugina Elisabetta, ma probabilmente anche sotto la croce quando la spada
del dolore ne trafisse  il cuore, perché ella sempre lodava  la misericordia di Dio in cui confidava.

“Di generazione in generazione la sua misericordia
si stende su quelli che lo temono
Ha soccorso Israele, suo servo,
ricordandosi della Sua Misericordia”
(Lc 1, 50.54)

Sulla terra tutto passa: passano irreparabilmente i giorni della vita avvicinandoci a quello della morte, con la quale passeremo all’eternità; con la vita passa la gioia terrena che assomiglia vagamente a quella che ci aspetta nell’eternità, ove prenderemo parte della pace eterna senza nessun turbamento e smarrimento. Colui che spesso ripeteva durante la vita “Gesù, confido in Te” non verrà sorpreso dalla morte addormentato, ma vigilante coi fianchi cinti, fiducioso, quasi come con la fiaccola accesa. Con l’ultimo respiro dirà “Gesù, confido in Te” e subito dopo sentirà
il richiamo delizioso: “Vieni, benedetto, alla gioia eterna”. Ovviamente la fiducia non può diventare il quietismo oppure la fiducia esagerata. Soltanto se unita con la penitenza vera
e sincera, essa diventa una capacità morale giusta.

Senza tale unione può trasformarsi nel peccato contro lo Spirito Santo, isolenza che inibisce l’azione della grazia divina nell’anima. Peccare contro la fiducia nella misericordia di Dio è la più gran disgrazia, perché, come afferma l’autore di “Sì, Padre”, non tanto il peccato, quanto la persistenza in esso è il male peggiore. Il quietismo inclina a tale persistenza. Perciò, care sorelle in Cristo, pronunciando le parole “Gesù, confido in Te” dovremo fare tutto ciò che ci è possibile
al fine di corrispondere alla grazia di Dio e collaborare debitamente con essa. Innanzitutto, in conformità con la regola, senza una ragione importante, non possiamo omettere la riflessione giornaliera, che è indispensabile.

Mediante essa si allarga e consolida la nostra conoscenza di Dio e della Sua misericordia, manifesta a noi soprattutto attraverso la vita, passione e morte del Signore Gesù, attraverso la vita eucaristica del nostro salvatore, nel sua dolcissimo cuore e in quello della Sua dilettissima madre, che è la nostra madre di Misericordia. Bisogna, comunque, sapere che è meglio rimanere nella riflessione una mezz’ora intera senza sosta invece di pregare due volte al giorno quindici minuti. Nel primo caso si approfondisce di più, nel secondo si perde tanto tempo per la preparazione
e il raccoglimento, senza i quali la riflessione solitamente è poco fruttuosa. E’ bene conoscere, particolarmente all’inizio, il metodo di San Ignazio ed esercitarsene. Dopo ogni anima può fare
la riflessione secondo il proprio metodo. La preghiera non è l’unico segno della nostra vita pia, però rimane il segno sostanziale della nostra vera religiosità.

Oltre a ciò bisogna ogni giorno fare l’esame di coscienza, sia generale sia particolare, la lettura spirituale della Sacra Scrittura e dei libri ascetici, lo studio della teologia e del diritto  canonico, conoscere meglio la storia della nostra Madre Chiesa, conversare su temi spirituali con le consorelle e su quelli riguardanti la vita interiore con la maestra, rimanendo fedeli allo stesso tempo al compimento dei propri compiti familiari, affinché la pace della casa non sia turbata.
Ciò non è facile, però, con l’aiuto di Dio e la buona volontà, tutto si può migliorare, lasciandoci guidare dalla prudenza, che è la guida di tutte le virtù, auriga virtutum. Soprattutto bisogna preoccuparci di realizzare debitamente tutto ciò che ci obblighiamo o ci obbligheremo a compiere attraverso i voti.

Questa è l’aspetto più importante che dovrebbe diventare il principale oggetto dei nostri sforzi
Il Signore Dio smarrirà colui che violenta la Chiesa di Dio”, grida il profeta; mediante il voto la nostra anima e il nostro corpo diventano la chiesa di Dio, la dimora dello Spirito Santo. Mediante il voto di castità, che pronuncerete, diventerete il tempio del Signore. Poichè a Maria, tempio vivo, Dio diede il privilegio di essere l’Immacolata Concezione, pensate quanto voi, quali spose del Salvatore, dovete cercare di rimanere intatte nei pensieri, nelle parole e nelle azioni.

Bisogna rigorosamente evitare le occasioni e le tentazioni e combatterle con  tranquillità, però con decisione, fin dall’inizio, dicendo subito: “Gesù, confido in Te”, nella condizione in cui vi trovate al momento. È difficile precisare l’oggetto dei voti di povertà, obbedienza e pratica della misericordia, perciò vi basti effondere una promessa. Anch’essa tuttavia deve essere praticata seriamente, perché riguarda Dio. Cercherò di delineare il mio parere in proposito.

L’oggetto del voto di povertà comporta, rispetto ai beni temporali, l’atteggiamento di distacco
di chi sa di non poter disporre liberamente della proprietà legalmente ottenuta, ma sempre
in tutto parla con la maestra e chiede l’autorizzazione  per attuare i propri progetti.

L’oggetto del voto di obbedienza comporta la sottomissione della propria volontà, se non in tutte le azioni, il che attualmente è impossibile, almeno in un ambito preciso scelto in accordo con la maestra. Si può per esempio limitare l’ambito dell’atteggiamento da tenere  verso le persone con cui si vive quotidianamente,  genitori, sorelle o fratelli, e decidere di non far niente senza averle prima consultate, oppure almeno di non fare quello chi a loro dispiace. Ovviamente solo se una tale decisione non coincide con un’altra  già precedentemente convenuta.

Adesso bisogna soprattutto lottare contro almeno uno dei vizi, per esempio contro quello che
è più diffuso, cioè l’ egoismo oppure l’ esagerato amor proprio, che è la malattia dei nostri tempi, malattia individuale, nazionale e sociale, che è la morte di Dio e del prossimo, tomba della pace interiore ed esteriore, sorgente di confusione, di ogni contesa e guerra, seme di peccato e di oltraggio. Questo vizio limita la nostra prospettiva sul mondo, diminuendola sempre di più.

Rende impossibile la vita comunitaria, trasformando a volte il luogo di preghiere e di raccoglimento in una caverna delle iene che si mordono e si odiano reciprocamente. Perciò si deve subito e con forza sradicare quel vizio, prendendo come modello il Maestro Divino, il quale disse: “Imparate da me che sono mite ed umile di cuore”. Solo uno che si sia liberato di se stesso, del suo esagerato amor proprio, può diventare grande ed aperto, ricettivo nei confronti dell’azione
della grazia di Dio, può dire onestamente e senza ipocrisia: “Gesù, confido  in Te”.

Mi è impossibile scrivervi tutto ciò che vorrei, mi manca sia il tempo sia lo spazio. Spero che voi stesse, con una guida illuminata conosciate, capiate e mettiate in pratica tutte le indicazioni di Cristo e della sua sposa, la chiesa, inerenti ad un fine così nobile quale è la vita religiosa. Spero che la misericordia di Dio non  limiti le grazie alle Sue combattive serve. Esse si sono proposte uno solo obiettivo davanti ai loro occhi. Spero che la Madre della misericordia vi prenda sotto
il suo mantello in modo particolare e che guidi i vostri passi.

Spero che l’angelo custode di ognuna di voi, sotto la comando del principe degli spiriti celesti,
san Michele Arcangelo, vi guidi sulla via diritta, vi ammonisca con la voce interiore e vi parli mediante la bocca dei confessori e dei padri spirituali, vi sostenga con ispirazioni e preghiere
al cospetto del trono dell’Altissimo. Auguro a tutte voi ed ad ognuna personalmente che il giorno 11 di questo mese sia il giorno del vostro fidanzamento con Gesù e che, nell’anno prossimo,
esso diventi il giorno delle nozze delle vergini sagge, con le lampade accese di amore e di fiducia, per far luce agli altri uomini. Prego con fervore ogni giorno con queste intenzioni e, specialmente in quel giorno, ripeterò le parole del salmista “Mostrami, Signore, la tua misericordia e donami la tua salvezza!”.

In Dio, don Michele, 9.04.1942

LETTERA III

“Misericordia Dei confidentibus  in Eum,
Misericordia di Dio per coloro
che confidano in Lui!”

Care Sorelle in Cristo,
Ogni grande idea si esprime solitamente con parole brevi, che diventano la parola d’ordine
dei loro propugnatori. Anche l’idea della misericordia di Dio dovrebbe averne una, con la quale
si possano riconoscere i suoi adoratori, un motto per i suoi apostoli, con quale salutarsi ogni volta si incontrano  e nella quale si compendiano la profondità ed il programma dell’apostolato.
Alla ricerca di tale parola d’ordine sono ricorso alla Sacra Scrittura, alla lettera di Dio per
gli uomini – e vi ho trovato due espressioni molto adeguate e una di esse può essere da noi assunta come la parola d’ordine: “La Misericordia di Dio per coloro che operano misericordia”
e “La Misericordia di Dio per coloro che confidano in Lui”. Tutte e due s’incontrano diverse volte nella Sacra Scrittura, letteralmente oppure come un pensiero fondamentale delle pericopi più lunghe o più brevi. Mi sembra, perciò, che tutte e due siano adeguate, ma io propendo per la prima.

Questa parola d’ordine è presente in tutti i libri dell’Antico Testamento, però più spesso
la si può incontrare nei Salmi, di cui addurrò alcuni brani. Nel Salmo 13, Davide si sente del tutto abbandonato ed esprime grande fiducia solo nella misericordia di Dio: “Nella tua misericordia ho confidato/ Gioisca il mo cuore nella tua salvezza” (Sal 13, 6). Nel Salmo 17, il re ispirato supplica
il soccorso di Dio contro la crudeltà dei nemici, esprimendo fiducia in Dio misericordioso ”Mostrami i prodigi del tuo amore / tu che salvi dai nemici / chi si affida alla tua destra” (Sal 17, 7). Nel Salmo 21, Davide ringrazia della vittoria attribuendola alla fiducia riposta nella misericordia
di Dio “Perché il re confida nel signore / per la fedeltà dell’Altissimo non sarà mai scosso” (Sal 21, 8). Nel Salmo 31, lo stesso autore davanti ai grandi pericoli che lo minacciano prega al Signore
e fa riferimento anche alla fiducia “ma io ho fede nel Signore / Esulterò di gioia per la tua grazia
(Sal 31, 7b-8a).

Nel Salmo 32, esprime la propria gioia perchè il Signore ha perdonato a colui che ha confidato
in Lui “Molti saranno i dolori dell’empio / ma la grazia circonda chi confida nel Signore
(Sal 32, 10). In quasi tutto il Salmo 33 risuona il messaggio che tutto avviene, non come la gente desidera, ma come Dio misericordioso guiderà gli eventi “Ecco, l’occhio del Signore veglia
su chi lo teme, / su chi spera nella sua grazia
” (Sal 33, 22). Lo stesso nel Salmo 52 “Io invece
come olivo verdeggiante / nella casa di Dio. / Mi abbandono alla fedeltà di Dio / ora e per sempre
” (Sal 52, 10) e nel salmo 86 “Tu sei buono, Signore, e perdoni, / sei pieno di misericordia
con chi ti invoca
” (Sal 86, 5). Nel Salmo 103, Davide identifica la fiducia con il timore figliale “Come il cielo è alto sulla terra, / così è grande la sua misericordia su quanti lo temono
(Sal 103, 11).

Nel salmo 143, lo stesso autore ispirato, di fronte alla ribellione del figlio Absalom chiede aiuto
il più presto possibile ed è sicuro di ottenerlo di ottenerlo “Al mattino fammi sentire la tua grazia, / poiché in te confido” (Sal 143,8). Nel Salmo 147, l’autore ispirato chiede al creato di lodare Dio, perché “il Signore si compiace di chi lo teme, / di chi spera nella sua grazia” (Sal 147, 11).
Infine il Salmo 136 può essere considerato quasi una litania della misericordia di Dio nell’Antico Testamento, perché il salmista, enumerando ogni beneficio ottenuto da chi confida in Dio, aggiunge in ogni strofa il ritornello: “Perché eterna è la Sua misericordia”.

Non riporto ulteriori citazioni della Sacra Scrittura, limitandomi ad un brano solo del Nuovo Testamento, il più peculiare: ”Andiamo con fiducia alla capitale di grazie, perché possiamo sperimentare la misericordia e trovare grazia”. Qui l’Apostolo delle Genti richiede la fiducia
e garantisce la misericordia di Dio a tutti coloro che in essa confidano. Presuppongo, perciò,
che il primo testo sia più appropriato, perché corrisponde di più alla giaculatoria messa sotto l’immagine, con la differenza che la prima forma è più esclamativa, la seconda, invece, più indicativa.

“Con le parole si manifesta la volontà, con le azioni la potenza”, disse Mickiewicz, esprimendo così una ben conosciuta verità di vita, più volte confermata nella Sacra Scrittura, ma in modo particolare sottolineata dal Salvatore nella parabola sugli operai e sui talenti. Nell’azione
si manifesta il nostro valore presso Dio e gli uomini. Perciò ci dovremmo preparare debitamente
ed  esercitarci ora, in conformità con il tipo di azione prescelto (interiore, contemplativa
o esteriore). Nel nostro modo di agire, sia quello esteriore sia quello interiore, lo scopo principale dovrebbe essere duplice: la gloria di Dio e il profitto per il prossimo. La gloria consiste nel conoscerLo ed amarLo sempre di più, meditando la misericordia di Dio; il profitto invece comporta il compito di compiere atti di misericordia verso l’ anima ed il corpo del prossimo. Quest’ultimo
ha un’importanza  pregnante ai nostri giorni, perché tra la gente si riscontrano tante sperequazioni e divergenze di idee.

Che cosa ha causato tale divisione tra la gente? Soprattutto la deviazione da Dio. Chi non sa oppure si dimentica che Dio è il Padre di tutti gli uomini, non riconosce la fraternità esistente
tra le genti delle diverse nazioni. Un ruolo non secondario va riconnesso anche alla questione sociale. Questa si chiede se prevalga lo spirito di egoismo oppure di sacrificio, se la base della società sia lo sfruttamento dei deboli a vantaggio dei potenti oppure se l’organizzazione stessa imponga sacrifici a tutti, nell’interesse del bene comune, innanzitutto però prendendosi cura dei più deboli. Ci sono tanti uomini che hanno troppo e pretendono ancora di più, non di meno ci sono coloro che hanno molto poco, anzi, che non hanno quasi niente e che vorrebbero ricevere viene loro rifiutato.
Tra questi due estremi contrapposti potrebbe scoppiare una lotta – una lotta tanto più terribile
in quanto, da una parte, contende la potenza d’oro e dall’altra la potenza del desiderio
di possederlo, che rasenta la disperazione. Guardando quello che accade si può profetizzare
che tale lotta non cesserà fin quando la gente non si volgerà alla misericordia di Dio e non incomincerà ad imitare Dio in quell’ attributo, con atti di misericordia verso il prossimo.

Il cristianesimo garantisce il diritto di proprietà, conforme al comandamento “non rubare”,
il quale d’altronde sgorga dalla legge naturale, dall’imperfezione della natura umana dopo
la caduta, lo garantisce, però, come utile a rendere il sacrificio, come condizione per poi liberarsene , come una particella di libertà, senza la quale uomo non avrebbe avuto il merito.

La Chiesa solo approssimativamente chiede una decima del guadagno per le opere della misericordia, però non lascia senza vincoli le altre novanta per cento parti del reddito, richiedendo che in ogni istante siano disponibili per il bene comune, nella misura nota solo a Dio. Oltre all’ elemosina materiale, bisogna anche portare l’elemosina in spirito ai poveri, cioè  trattenere rapporti d’amicizia con loro, sostenerli con un consiglio, intruirli, pregare per loro. Sedendo accanto al lettuccio di ammalati e sofferenti, entrando nei segreti di cuori amareggiati,
di coscienze svuotate, nelle case private, negli ospedali, nelle botteghe, nelle scuole, nelle città
e nelle campagne, in varie condizioni, pienamente conosceremo tutti gli aspetti di questo programma, inizieremo a realizzarlo, contribuiremo a rasserenare le menti inquiete.

L’elemento individuale insito in atti di misericordia consiste nella santificazione personale
di quanti compiono tali atti. Niente nobilita l’uomo quanto vedere nei poveri materialmente
e spiritualmente presente lo stesso Cristo Signore; mettendo le mani nelle loro piaghe, materiali oppure spirituali, immaginare che si tocchino le piaghe sulle mani, sulle gambe, sulla testa e sul costato dello stesso Salvatore. Riconoscere in loro i nostri padroni e in noi stessi i servi.

Chiamarli  messaggeri di Dio, chiamati ad esistere per provare fino a che punto imitiamo Dio nel suo specifico attributo. Ciò significa che i poveri non sono superflui. Il Salvatore disse: “I poveri li avrete sempre con voi”. Un povero che soffre serve Dio e la società, così come colui che prega.
Egli compie l’ufficio espiatorio, l’olocausto di cui i meriti scendono su di noi, perché egli porta
un peso più grande di quello che possono portare gli altri e nella sua preghiera risuona una potenza che dalla natura apre alla sopra-natura e, tirandone la tenda, rende l’implorazione
ed l‘invocazione di milioni di persone.

Noi invece abbiamo la possibilità’, con l’aiuto di Gesù Cristo, re della misericordia, fondandoci sulla Sua misericordia, di rendere misericordia alla gente e  contribuire al cammino di  santificazione, aiutandola a crescere nella santità e svolgere così un’influenza positiva sulla società. Colui che confida in Dio misericordiosissimo, non sarà soltanto il passivo ricevente
delle grazie, ma cercherà di compiere le opere della misericordia.

Aggiungo i saluti a tutti   Don Michele

LETTERA IV
IL SANTISSIMO SACRAMENTO DELL’ALTARE

Gesù, confido in Te!
06. 08 1942. Carissime Sorelle in Cristo, Visitando otto anni fa la Terra Santa, sono rimasto particolarmente impressionato dalla vista, sul Monte Tabor, del luogo della Trasfigurazione
del Signore. Il Signore Gesù, consapevole dell’avvicinarsi della Sua passione, volle consolidare nella fede nella sua divinità gli apostoli prescelti (Pietro, Giacemmo e Giovani) e si manifestò loro in tutto lo splendore della Sua gloria e della maestà. Offrendo in quel luogo a Dio il sacrificio incruento, mi sono ricordato, o meglio, mi sono reso conto che il Cristo Signore fa il miracolo della Trasfigurazione ogni giorno, non solo davanti agli Apostoli prescelti, ma davanti a tutti i presenti, in tutti i nostri santi templi, durante la santa messa, ove, benché non manifesti apertamente lo splendore della Sua gloria e maestà, operando la transustanziazione del pane in carne e del vino in sangue, risveglia la nostra fede agli stessi sentimenti che ebbero gli apostoli sul Monte Tabor.

Il santissimo sacramento è la manifestazione dell’illimitata misericordia di Dio. La misericordia
di Dio consiste nel rivolgersi del creatore alle creature, allo scopo di farle uscire dalle miserie
e cancellare le mancanze. Ebbene, nel santissimo sacramento dell’altare, la parola eterna,
“per la quale tutto si è fatto”, non solo si rivolge, ma si offre come dono perfetto alla gente, donandosi continuamente con la Sua somma saggezza, potenza e generosità. “Prendete
e mangiatene, questo è la mia carne”
 – dice il Salvatore.

Com’è straordinaria questa espressione! Nutrirsi di Dio, incarnare in sé Dio, diventare il tabernacolo vivente di Dio, ricevere il corpo di Gesù, il quale morì sulla croce, giacque nella tomba, salì al cielo, siede alla destra del Padre, ove è la gioia degli angeli, la gloria del cielo,
lo stupore degli spiriti benedetti. Assieme al corpo c’è il sangue, l’anima e la divinità, che ne sono inseparabili. “Fate questo in memoria di me” – cioè prendete il pane, dite come dico io: 
“Questo è il mio corpo”
 e, in quel momento, il pane diventerà il Mio corpo sulle mani di tutti
i sacerdoti senza eccezione, perché la potenza delle Mie parole non dipende dai meriti di colui che le pronuncia.

Questo sarà il Mio corpo per tutti i secoli, in tutti i luoghi, Mi moltiplicherò su milioni di altari,
in miliardi di ostie e particelle, però in ognuna rimarrò intero, vivo, presente con umanità e divinità. Come si può estrinsecare la perfezione di quel dono misericordioso, come paragonarlo con qualunque altro? Gli altri doni di Dio, anche tutti i sacramenti trapassano, ma il santissimo sacramento è un dono continuo che dura in ogni momento, sia di notte sia di giorno,
fino alla fine dei tempi. Egli rimane con noi pronto ad ascoltarci, continua ad intercedere per noi presso al Padre celeste, a contemplare le Sue perfezioni, a lodarle, si umilia nel nostro nome per dare gloria a Dio, continua a ringraziare nel nostro nome, implora il perdono dei nostri peccati, ricompensa e rende soddisfazione, incessantemente si offre come il nostro mediatore davanti
al Padre celeste, per allontanare il colpo della giustizia ed ottenere la misericordia.

Quando il nostro emisfero è sommerso nel sonno, nell’altro emisfero i sacerdoti tengono in mano l’olocausto per i peccati del mondo. In tal modo il nostro mediatore è continuamente sospeso
tra il cielo e la terra dinanzi al Padre celeste, coprendo il mondo peccaminoso con le sue piaghe come lo vide suor Faustina in un’estasi. Noi lo dimentichiamo, Egli non cessa di ricordarsi di noi; noi lo offendiamo, Egli persiste ad offrirsi per noi; noi lo attristiamo, Egli ci consola; noi cadiamo sotto i colpi delle tentazioni, Egli continua ad alzarci, ci fortifica e ci chiama: “Venite da me che siete affaticati ed oppressi ed io vi darò sollievo”.

Possiamo, perciò, arguire che il Santissimo Sacramento è un dono continuo della misericordia; che il nostro cuore sarebbe duro, se non si spronasse all’amore ed alla gratitudine sempre
più grande verso Gesù, nostro Signore e la santa comunione, ricevuta in maniera sempre più dignitosa. Ella è un tesoro infinito di grazie che possiamo ricavare ininterrottamente senza mai diminuire, con cui possiamo ripagare i nostri debiti e soddisfare le nostre necessità e quelle
del mondo intero.

La misericordiosa offerta da Cristo, nostro Signore alla gente, nel santissimo sacramento,
è la manifestazione della saggezza, della potenza e della generosità divina. La saggezza
sta nel trovare il fine adeguato ed i mezzi che consistono in tutto ciò che troviamo nel sacramento dell’Altare. Il Signore Gesù è tornato al Padre, però non ci abbandona, ha nascosto il suo splendore sotto il velo eucaristico, donandoci la possibilità di esercitarci con fede in ciò che non vediamo, ci insegna, indossando su di Sè la semplice forma del pane, la semplicità e la modestia nel modo di vestirci, ci insegna l’umiltà, la vita nascosta, il distacco dal mondo, il sacrificio e il rinnegamento della propria volontà, nell’obbedienza, il rinnegamento dei beni materiali, nella povertà; ricevendoLo sotto la forma di nutrimento, c’incoraggia ed esercita non solo a rimanere strettamente uniti a Lui, ma a lasciarci costantemente trasformare e edificare.
La saggezza eterna ci ha preparato una lezione esplicita sulla misericordia di Dio, che continua
a persistere, a rialzare l’uomo volto a partecipare alla vita divina ed all’unione sempre più stretta col Redentore.

La potenza divina si manifesta nei miracoli che si ripetono continuamente nel santissimo sacramento: il miracolo della trasfigurazione del pane nell’essenza del corpo di Cristo
e del vino nell’essenza del Suo sangue, il miracolo della presenza Sua sugli altari, senza cessare di rimanere nel cielo, il miracolo della Sua presenza in ogni particola, anzi, in ogni particella,
il miracolo della forma del pane e del vino che mantengono il proprio gusto e colore, il miracolo che tutto ciò succede dopo che il sacerdote ha pronunciato sull’altare le parole di consacrazione.

Sant’Agostino, riflettendo sulla potenza divina che si manifesta nel sacramento dell’altare, escalmò:“Iddio, benché Tu fossi il più saggio, non potresti fare niente di migliore; sebbene Tu fossi onnipotente, non potresti fare niente di più perfetto; ancorché Tu fossi il più ricco, non avresti niente di più prezioso che il Santissimo Sacramento”. San Giovanni apostolo, nel suo Vangelo, fin dall’inizio, parla della Parola Eterna, che si fece carne e venne ad abitare in mezzo noi e, cominciando il racconto dell’Ultima Cena, in cui fu instaurato il Santissimo Sacramento, innanzitutto ricorda che Dio  Padre aveva dato, nelle mani del Figlio, ogni potenza e forza.

Riconosciamo la generosità di uno che ci ama dal dono offertoci, particolarmente quando non c’è dovuto e quando non aspettiamo niente da costui. Da Gesù nostro Signore non c’è dovuto niente; nonostante ciò, Egli ci dona non solo le grazie, ma se stesso. Ci si dona in un modo che rovescia tutte le leggi della natura, tramite i miracoli più straordinari, umiliandosi per la sua misericordia, sopportando disonore, insulto, sacrilegio, come risulta dal giorno in cui ha stabilito il santissimo sacramento. Che cosa aspettava? Sapeva che dalla gran parte della gente avrebbe ottenuto indifferenza, tiepidezza, abbandono, talvolta le peggiori insolenze e bestemmie. Malgrado
ciò lo accettò per la sua misericordia.

Mediante il sacramento dell’altare, continua a mantenersi la relazione tra il cielo ed il purgatorio. Per un verso il Salvatore, nell’offerta della santa messa, si dona al Padre celeste per l’umanità, per alto verso il Padre celeste ci dona il Suo Figlio nella santa comunione, la cui l’efficacia si stende su vivi e morti. Ai vivi dà forza, consolazione e gioia, alle anime sofferenti nel purgatorio, tramite le nostre preghiere, dà sollievo, li addolcisce nelle sofferenza. L’esperienza ci convince
di questa verità. L’anima che vede che Dio le si dona per prima, sente come la cosa giusta donarsi a Lui completamente. Non solo lo desidera, ma è piena di buona volontà e di santo zelo che
la trasformano, che le fanno trovare la gioia, nei sacrifici, e la forza, per superare gli ostacoli.
Il Sacramento dell’Altare non solo rialza l’anima, ma anche indebolisce il nemico, perché come dicono i Padri del Concilio di Trento, indebolisce il fuoco della passione e decresce l’impulso della carne.

Oh, quale tristezza ci sarebbe stata senza il santissimo sacramento! Nelle Chiese niente  avrebbe parlato al nostro cuore (come si vede nelle chiese protestanti). Il mondo sarebbe stato un esilio senza la consolazione nelle sofferenze, senza la luce nelle tenebre e senza consiglio nei dubbi.
Il santissimo sacramento, invece, cambia tutto in gioia: le chiese diventano il paradiso, ove si può pregustare la patria ed ove si può inneggiare con il salmista: “Quanto sono amabili le tue dimore,
\ Signore degli eserciti! \ Il mio cuore e la mia carne \ esultano nel Dio vivente.”
 (Sal 84, 2.3b)

Come siamo felici malgrado le calamità dell’ambiente.
Come siamo sicuri, nonostante i pericoli.
Come siamo ricchi, anche se la miseria ci circonda!
Come siamo forti, malgrado l’enormità dei nemic!
Come siamo gioiosi, a dispetto del fiume di lacrime!
Come sono straordinarie la gloria e grandezza in noi, nonostante l’umiliazione e il disprezzo.
Dio ci rende onore, scendendo dalla dimora della Sua gloria per poterci visitare ed esserci compagno nel nostro pellegrinaggio. Per Sua misericordia, ogni giorno si ripetono questa discesa e visita Sua in tutti i templi: anche adesso, in vari posti, Egli si fa  quasi prigioniero solitario perché possiamo avere facile acceso a Lui, perché Egli possa ascoltare le nostre richieste.
Quale questa gloria è per noi!

Tramite il santissimo sacramento si realizza la comunione dei santi sulla terra, nel cielo e nel purgatorio. Come due misure equivalenti ad una terza sono uguali tra di loro, così tutte le anime che ricevono lo stesso corpo del Salvatore nell’unico amore di un solo sposo, si uniscono strettamente, nonostante lo spazio terreno ed il diverso stato di vita dopo la morte. In Lui ci uniamo con i santi nel cielo, da cui otteniamo aiuto. In Lui ci uniamo anche con le anime del purgatorio ed a loro assicuriamo consolazione e refrigerio. “Per ipsum, cum ipso, et in ipso
– per Cristo, con Cristo ed in Cristo si realizza la comunione dei santi come professiamo
nel nostro Credo.

I santi nel cielo gioiscono soprattutto per l’umanità di Cristo, sempre presente anche nel santissimo sacramento, per il Suo dolcissimo volto, sorgente di ogni loro bellezza, bontà e felicità, per il Suo cuore, la cui la misericordia essi hanno sperimentato su di sé. Gioiscono delle Sue ferite, attraverso le quali leggono con quale prezzo sono stati ripagati i loro tradimenti. Come un naufrago sopravvissuto, quando già nel porto, con gioia e gratitudine, rinfrancato dal timore dei pericoli passatiti, si stringe ai piedi di colui che si è gettato nella corrente per salvarlo,  con lo stesso trasporto essi inneggiano quegli inni di ringraziamento che Giovanni sentì e scrisse nell’Apocalisse: “A Colui che siede sul trono e all’Agnello lode, onore, gloria e potenza, nei secoli dei secoli” (Ap 5, 13) “(…) perché sei stato immolato e hai riscattato per Dio con il tuo sangue uomini di ogni tribù, lingua, popolo e nazione e li hai costituiti per il nostro Dio un regno di sacerdoti e regneranno sopra la terra.” (Ap 5, 9).

Anche noi sulla terra gioiamo della presenza del Cristo-Uomo sui nostri altari e, pur non vedendoLo direttamente, grazie alla fede, vi ritroviamo i Suoi tratti con le perfezioni divino-umane e, tramite Lui, ci uniamo ai santi nel cielo e alle anime che del purgatorio, sotto la sua giustizia,
e intercediamo per loro alla Sua misericordia.
Nel santissimo sacramento veniamo continuamente innondati dalla misericordia di Dio.
Ciò ci obbliga a rispettarLo e amarLo, a fare la santa comunione di frequente ed in modo degno,
a visitarLo nella Chiesa.

Quanto è terribile questo luogo!” (Gn 28, 17) disse Giaccone, dopo essersi svegliato dal sonno
in cui aveva visto la scala che univa la terra al cielo. Tanto più può rispettare queste parole un cristiano credente di fronte al tabernacolo, in cui viene conservato il santissimo sacramento. “Questa è proprio la casa di Dio” (Gn 28, 17), cui si deve la somma gloria. Quanto più il Signor
Gesù si umilia nel santissimo sacramento, tanto più dobbiamo renderGli onore.

Il Padre celeste ce ne diede esempio, quando fece scendere gli angeli verso la mangiatoia
del figlio, perché onorassero il re dei re e perché annunziassero la Sua gloria a quanti abitavano nelle vicinanze. Sulle rive del Giordano aprì il cielo e rese testimonianza ai peccatori del Suo amatissimo figlio, di cui si era compiaciuto. Quando la malizia umana Lo inchiodò in croce
e Lo coprì di sommo disprezzo, il Padre celeste fece oscurare tutta la terra, resuscitare i morti, mentre un terremoto  spezzava le rocce.
Questo ci spiega quanto grande dovrebbe essere il nostro amore nei confronti del Signore Gesù, che si è umiliato nel santissimo sacramento, perché lì davvero si è voluto umiliare. Nella mangiatoia almeno aveva la forma di un neonato, sulla croce conservava la forma umana,
invece qui non ha più niente di simile all’uomo e tanto meno a Dio. Agli occhi umani ha una forma poco pregevole, in cui, comunque, è nascosto un raggio della stessa grandezza che illuminò Mosè sul Monte Sinai ed i discepoli sul Monte Tabor.

Questa particola sulla patena contiene Dio infinito, che i cieli non sono in grado di racchiudere
in se stessi. Quanto grande è la Sua umiliazione, per cui tante anime pie, tra cui suor Faustina, videro gli eserciti degli angeli rendere onore senza sosta al re dei cieli, ivi nascosto, come san Giovanni Evangelista quando vide ventiquattro vegliardi con quattro esseri viventi di fronte
al trono (Apocalisse 4 e 5.6)!

Tutto questo ci fa capire quale dovrebbe essere il nostro rispetto nei confronti del santissimo sacramento. Qui, davanti al quale tutto il cielo trema e Gli rende onore, possiamo noi stare
con la mente dispersa ed il cuore indifferente, con un vestito inadeguato e futile?. Non siamo soltanto i servi del Signore, ma anche debitori di fronte al giudice, creature di fronte al creatore. Noi siamo polvere e cenere della terra.
Perciò santa Teresa di frequente ripeteva in monastero: “Mie sorelle, dovreste essere di fronte
al Santissimo Sacramento come le anime benedette nel cielo
”. Suor Faustina, invece, di fronte al santissimo sacramento sempre, quando nessuno la guardava, rimaneva in ginocchio con le mani incrociate. Da un tale rispetto esteriore sgorga l’effusione della pietà interiore, perché un atteggiamento esteriore influisce sul raccoglimento, e Dio lo ripaga subito e rende in sovrabbondanza all’anima la grazia della pietà e dello zelo. Da un tale rispetto deriva anche l’insegnamento necessario al prossimo, un certo tipo di apostolato verso coloro che ci osservano. All’opposto la mancanza di rispetto in chiesa o cappella, troppa libertà, sussurrio raffreddano
ed inibiscono la pietà negli altri e, in certi casi, causano titubanza nella fede.

Il nostro secondo obbligo verso il santissimo sacramento è l’amore nei confronti di Gesù Cristo,
ivi  presente. Molte le ragioni. Lì è presente il padre della misericordia, Dio, degno d’amore tanto sulla terra quanto in cielo, ove gli angeli ed i santi, proprio nell’amarLo, trovano la più grande felicità. Lì è presente Dio, per la Sua misericordia, quale gli angeli non hanno sperimentato su loro stessi, come noi, per Sua misericordia. La riflessione su questo è il mezzo migliore per risvegliare l’amore. Lì è presente Dio-Uomo, il più bello ed il più perfetto tra i figli dell’uomo. Questa presenza di Cristo tra gli uomini ha, per alcuni aspetti, di più ragione di essere che quella in cielo. Perché nel cielo non viene umiliato, si trova al Suo posto, all’apice della gloria, che riceve dagli angeli e dai santi per i quali, come ho già detto, la sua umanità è fonte di felicità permette inesprimibile.

Qui per sua misericordia discende dall’alto, si dona ai peccatori, che non lo amano, di parlare
con Lui, di riceverLo, pur esposto a disprezzo, ingiuria e sacrilegio. Nel cielo è come il re sul suo trono, invece qui si fa la vittima per i peccatori,  per i servi che si sono ribellati; si fa il mediatore che implora la misericordia e li protegge dalle pene divine. Oh, come siamo poco o niente riconoscenti, se non siamo pieni d’amore verso il nascosto prigioniero eucaristico, a cui ci abituiamo e che totalmente dimentichiamo! Per questo bisogna esaminare il proprio comportamento ed imitare Santa Maria Maddalena de Pazzi, Santa Catterina di Siena, Santa Teresa e gli altri cuori giusti che avevano un grande amore verso il santissimo sacramento.

L’amore dovrebbe dare un valore ad ogni momento che possiamo trascorrere in adorazione
in chiesa oppure almeno col pensiero volto al santissimo sacramento, durante il lavoro. L’amore ci spinge a fare un’ora santa, durante la giornata o almeno per settimana, dove offrire tutte le nostre azioni (preghiere, impegni, passatempi) al prigioniero eucaristico, in espiazione dei peccati. L’amore fa sì che, nonostante i lavori più impegnativi, l’anima si unisca a Lui con le giaculatorie. Gli offre le sue sofferenze, umiliazioni, difficoltà e pesi. Prima di tutto l’amore ci prepara ad ascoltare degnamente la santa messa, durante la quale viene celebrata l’eucarestia e si compie quella meravigliosa trasfigurazione che ci spinge alla nostra trasfigurazione interiore, ad estirpare i vizi, le imperfezioni e tanto di più i peccati e ad innestare e praticare le virtù che sono necessarie, anzi indispensabili a rinnovare l’immagine e la somiglianza divina. Lo potremo fare esclusivamente in unione con Cristo Signore, se Lo riceviamo spesso e devotamente nella santa comunione.

Il terzo obbligo nostro verso il santissimo sacramento comporta l’impegno a una frequente
e degna comunione, che è un mezzo salvifico sia per l’ anima sia per il corpo. Anche se il peccato originale viene tolto con il santo battesimo e i peccati commessi col sacramento della penitenza, nella natura umana rimangono le ferite dell’ignoranza, la ferita della debolezza e dell’inclinazione al male della volontà, le ferite della concupiscenza carnale, dei desideri e del disordine in tutta la natura, in cui non c’è più armonia tra le facoltà spirituali e corporali: le facoltà corporali disobbediscono alle facoltà spirituali, le quali, a loro volta, disobbediscono alla volontà divina. Nessuno con i propri sforzi è in grado di far ritornare tale armonia.

Soltanto la cura divina, che agisce piano piano, come un rimedio, può arrivare a tal fine.
Tale cura sta nel ricevere frequentemente la santa comunione, perciò il Signor Gesù disse: “Io sono il pane vivo disceso dal cielo. Chi mangia di questo pane vivrà in eterno”, vivrà qui, sulla terra, una vita piena, armoniosa, divino-umana e, dopo la morte, nella gloria eterna. “Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue, anche se muore, vivrà in eterno”.

Tramite la santa comunione ci uniamo in modo il più stretto possibile con il Signor Gesù – Dio abita in noi e noi in Lui, noi ci trasformiamo in Lui fino a diventare, si può dire, un solo corpo ed un solo sangue. Colui che Lo riceve degnamente è come un altro Cristo; non perché Cristo si sia trasformato in noi, ma perché noi ci trasformiamo in Lui. RicevendoLo di frequente, ci rendiamo conto che non è accettabile che la nostra lingua, su cui si poserà il corpo di Gesù, sparli oppure dica parole senza pensare; che il nostro corpo, che sarà il vivo ciborio del santissimo sacramento, sia inquinato dalla lussuria anche se minima; che il cuore, che diventerà dimora divina, abbia accesso a ciò che non è santo e puro.

Perciò si capisce che la santa comunione smorza le concupiscenze, estingue il fuoco del desiderio e così guarisce la nostra impotenza spirituale. La donna che soffriva di emorragia era sicura che sarebbe stata guarita dopo aver toccato il lembo del mantello del Salvatore.
Quanto di più coloro che non solo ne toccano la veste, ma decorosamente ricevono il Corpo ed
il Sangue del Signor Gesù. Le parole sono inadeguate e inefficaci, bisogna vivere e sperimentare
i benefici del frumento degli eletti e del vino che dà la vita alle vergini, come dice l’autore ispirato: “Chi  mangia di me, vivrà per me”. Ciò significa che la sua vita non sarà più la vita né terrena, né carnale, ma la vita di Cristo Gesù; ne imiterà umiltà, purezza, obbedienza, mitezza, povertà e pazienza. Potrà ripetere con l’Apostolo Paolo: “Non sono più io che vivo, ma è Cristo che vive in me”. San Brnardo, invece, dice: “Se sperimenti meno rabbia, invidia, impurità e le altre ingiurie, ringrazia di tutto ciò il Santissimo Corpo di Cristo Gesù”.

Per ottenere buoni effetti, bisogna ricevere il santissimo sacramento degnamente. Soprattutto bisogna prepararsi bene, sia per il Signore sia per noi stessi; per il Signore, perché stiamo per ricevere il re dei re, per noi stessi invece, perché la comunione, senza preparazione, è causa
di condanna. Non è possibile leggere senza tremore la parabola evangelica sul commensale
al banchetto nuziale, che, privo dell’abito nuziale, fu gettato fuori, con le mani e i piedi legati,
nelle tenebre, ove è pianto e stridore di denti.
Questo abito nuziale è, per noi, la grazia santificante, cioè la libertà dal peccato mortale
e l’intenzione pura. I peccati veniali, che senza la grazia particolare non si possono evitare,
non sono in sé un ostacolo, perché il Signor Gesù li toglie con la Sua presenza. Se non sono volontari, commessi con consapevolezza e volontà cattiva (per esempio l’attaccamento alle creature dovuto dalle occasioni liberamente scelte, le piccole rabbie, maldicenze ecc.), possono talvolta costituire un ostacolo che almeno abbassa se non toglie addirittura gli effetti buoni della santa comunione.

Bisogna, allora, prendere su serio quel grande pensiero: “Mi preparerò alla santa comunione
e perciò durante questa preparazione decido di compiere devotamente tutte le mie azioni di sera, di notte e di mattino; occorre compiere di frequente atti d’amore verso Dio e chiedere se stessi chi è Colui che verrà a me e perché  lo farà? Chi sono io?”. Alla fine bisogna risvegliare in sé il desiderio di ricevere il Signore Gesù e, quando non lo sentiamo, chiedere questa grazia, offrendo in cambio l’atteggiamento della Santissima Vergine e di tutti i santi.

Ricevendo la santa comunione, bisogna risvegliare l’ atto di fede, di speranza e carità, dolore, desiderio ed avvicinarsi con la grandissima umiltà, piena di rispetto, ripetere, non solo con e labbra ma con attenzione, le parole del centurione oppure quelle del figlio prodigo: “Ho peccato contro il Cielo e contro di te, non sono più degno di essere chiamato tuo figlio” (Lc 15, 19).
L’amore pieno di fiducia sarà il coronamento della preparazione ed accompagnerà lo stesso atto. Talvolta non sperimentiamo tale amore, allora possiamo chiederlo con fiducia: “Gesù, confido in Te” Tuttavia l’amore di Dio non sta nel sentimento, ma si racchiude nella volontà e nella disponibilità a servirLo e dedicarsi totalmente a Lui.

Subito dopo la santa comunione, evitiamo di parlare e, nel raccoglimento, ascoltiamo ciò che
ci dice Gesù Cristo in un momento così prezioso e seguiamo il movimento della grazia. Dopo risvegliamo in noi l’atto di adorazione, di meraviglia e amore. Umiliamoci di fronte all’infinita grandezza del Salvatore, offriamo lode agli angeli e ai santi per completare i nostri onori indegni. Restiamo affascinati dalla misericordia di Dio che si abbassa alla miseria della creatura. Desideriamo appartenere solo a Gesù, rinneghiamo tutto ciò che è terreno.

Successivamente manifestiamoo un atto di ringraziamento per quell’inesprimibile misericordia
e supplichiamo lo stesso Salvatore affinché ringrazi il Padre celeste da parte nostra, che siamo indegni. Chiediamo con semplicità e fiducia, presentiamo a Lui sinceramente le nostre miserie
e le varie mancanze, le necessità del prossimo, dei compatriotti dispersi nel mondo intero e dei sofferenti, le necessità dei  nemici e alla fine quelle di tutto il mondo. Questo è un momento in cui possiamo chiedere e ricevere tutto. Poi possiamo offrire noi stessi, tutto ciò che abbiamo e che siamo perché ci guidi secondo la Sua volontà.

Alla fine facciamo un proposito adeguato, che dovrebbe essere frutto della santa comunione.
Tali atti dovrebbero durare circa mezz’ora. Si può accorciare quel tempo solo in caso di urgenza però, anche in tal caso, bisogna continuare, di ritorno dalla chiesa oppure durante il lavoro o durante un dialogo inevitabile con un’altra persona. Diamo importanza al ringraziamento dopo la santa comunione, perché lo esige la religiosità, la gratitudine ed il nostro proprio interesse, perché in questi momenti l’anima sperimenta la più grande dolcezza nel rapporto col Signore Gesù. Allora Egli è disposto ad illuminarla molto volentieri, a riscaldarla, commuoverla, allora quel sacramento porta i frutti. Chi trascura il ringraziamento, ostacola la grazia, imita un povero che non vuole accettare l’elemosina che un ricco gli sta per dare.

La comunione senza la preparazione e senza il ringraziamento adeguato non solo non porta frutto, ma anche danno, causando la tiepidezza spirituale volontaria. Allora colui che la riceve non esce dai vizi, non fa progresso nel cammino della virtù, abusa delle grazie divine di cui dovrà rendere conto. Per tale anima la religione non rappresenta nessun valore, diventa fredda, come marmo, insensibile e dura, come una pietra. Tale uomo non fa nessun tipo di penitenza,
cerca la consolazione nelle creature, non pensa alla santificazione ed è incline alla caduta. “Perché tu sei tiepido, cioè nè caldo nè freddo” dice lo Spirito Santo (Apocalisse 3,16).

Attualmente tante persone rimangono senza la santa comunione nei luoghi lontani dalle chiese
e dai sacerdoti, per esempio in prigione, in lavoro, durante le vacanze ecc. Ciononostante si può usufruire dei frutti buoni di cui parlavo sopra ricevendo la comunione spirituale. Essa consiste nel fervente desiderio di ricevere il Signore Gesù, mossi da un amore che ci riempie il cuore. Quella comunione di desiderio, chiamata la comunione spirituale, è molto utile all’anima, perché risveglia l’inclinazione alle cose divine ed il desiderio a una vita perfetta, dà la forza di esercitarsi nelle virtù e talvolta porta più profitto della stessa comunione sacramentale, se ricevuta con meno amore. Oltre a ciò può essere ricevuta in qualsiasi luogo, non solo nelle chiese e nella cappella, ma anche a casa, durante il lavoro ed, in modo particolare, durante la visita del santissimo sacramento.

Il modo di ricevere la santa comunione è il seguente: in quel momento ci raccogliamo
e col pensiero ci mettiamo di fronte al tabernacolo dove è racchiuso il santissimo sacramento. Risvegliamo gli atti di fede, di speranza, di amore, di dolore, di lode e di desiderio. Raffiguriamo con il pensiero il sacerdote che ci dà il santissimo sacramento. RiceviamoLo in spirito con grande umiltà, rispetto ed amore fiducioso. Rendiamo poi grazie, come dopo la Comunione sacramentale. Proprio con la comunione spirituale l’angelo del Signore nutrì suor Faustina tredici volte durante la sua malattia, rivelandole come fosse gradita a Dio tale pratica, che voi, serve della misericordia di Dio praticherete e verso cui incoraggerete altre anime di buona volontà.

La visita al santissimo sacramento è il nostro quarto obbligo verso Gesù, prigioniero eucaristico. Se Gesù fosse venuto visibilmente in un luogo sulla terra, come fece in Giudea, e lì avesse parlato con quelli a cui Egli avesse fatto una visita, senza dubbio avremmo considerato obbligo, ma anche motivo di gioia poter raggiungerLo. E se si fosse seduto tra di noi, nella nostra città, ed avesse detto: “Venite a me, mi piace molto intrattenermi con voi”, sicuramente avremmo considerato degno di pena colui che non Gli fosse andato incontro. La fede, però, ci assicura che in ogni santissimo sacramento abbiamo lo stesso Gesù, davanti al quale si sono presentati i tre magi
per prostrarsi alla Sua presenza, davanti al quale si inginocchiano tutti gli angeli e che ci invita: “Venite da me tutti”, “Chiedete e vi sarà dato”, “I miei tesori sono inesauribili”. “Qui riceverete le grazie non solo per voi stessi, ma anche per i vostri vicini, per le anime del purgatorio e per il mondo intero”. La chiesa ci incoraggia a tale pratica.

Il modo presentarci a visitare il Signore Gesù nel santissimo sacramento può variare, però sempre deve esserci la pietà esteriore ed interiore. La prima è condizione indispensabile alla seconda,
la quale, invece, condiziona la possibilità di trarre profitto dalla visita. Prima dobbiamo raccoglierci e risvegliare la gioia di poter passare un attimo in compagnia con Signore Gesù.
Successivamente rendiamo lode esteriore ed omaggi interiori. Dopo parliamo con Gesù, con  semplicità, di tutto ciò che ci indica il cuore, esprimiamo la nostra gioia e tristezza, le difficoltà
e le preoccupazioni. E se non sappiamo che cosa dire, esprimiamoci con semplicità, umiliandoci di fronte a Lui nella nostra miseria, Gli presentiamo le nostre richieste, quali mendicanti ai piedi
di un ricco, le nostre necessità e quelle della chiesa, quelle della patria, del nostro popolo,
del prossimo e dei nemici.

Passiamo di seguito a riflettere sulla vita del Salvatore nel santissimo sacramento, sulla lode che Egli rende al Padre, sulla Sua misericordia, mitezza e pazienza verso gli uomini, sulla Sua umiltà, povertà e mortificazione, e facciamo il proposito di vivere secondo nobili esempi. Allontaniamoci dal santissimo sacramento, lasciamo il nostro cuore nel ciborio e controlliamo i sensi per non dissipare e disperdere le grazie ricevute. Se il tempo ce lo permetta, recitiamo una diecina del rosario. Compiendo i suddetti obblighi verso il santissimo sacramento, voi, quali serve della misericordia di Dio diventerete sempre più perfette, trasformandovi interiormente. A questo invita il Signore Gesù nella Sua trasfigurazione, in ogni santa messa.

Vi auguro questo e con questa intenzione prego  per voi senza sosta.
Dedicato a Dio da don Michele

LETTERA V
LA DIREZIONE SPIRITUALE

Gesù, confido in Te!
Carissime sorelle in Cristo, la solennità di Cristo Re dell’universo ricorda al mondo che Gesù, nostro Signore, è il sommo sovrano sulla terra, alla cui l’autorità sono sottomessi ogni uomo,
ogni società, ogni nazione e ogni stato, che inoltre Egli governa ogni anima, particolarmente quella che aspira alla perfezione, pur tramite il suo vicario, confessore oppure padre spirituale. Perciò, quando Paolo si convertì, Gesù stesso non gli rivelò i Suoi progetti, ma lo rimandò
da Anania, perché sentisse dalla sua bocca quanto doveva fare.

La perfezione è una lunga ed ardua scalata in alto, su un ripido sentiero, circondato da  abissi. Avventurarsi in quel percorso, senza una guida esperta, è una grande imprudenza, perché
è molto facile lasciarsi trascinare dalle illusioni, per quanto riguarda lo stato dell’ anima. Occorre un medico spirituale, capace di diagnosticare lo stato di salute della nostra anima, per poterci indicare un rimedio efficace. Poichè non siamo neppur in grado di essere artefici della nostra propria salute corporale, tanto di più non lo siamo di quella spirituale.

Il direttore spirituale è necessario ai principianti, perché li sostenga nell’esercizio della penitenza e ne attenui il fervore iniziale, perché, nei momenti delle consolazioni spirituali, li avverta che esse non dureranno per sempre, viceversa, nel momento del dubbio, li consoli, calmi e fortifichi, spiegando che la desolazione spirituale è un mezzo ottimo per consolidare l’anima sulla via della virtù e per purificare il nostro amore. Tanto di più occorre il padre spirituale sulla via illuminativa, per poter discernere le virtù necessarie ed indicare gli esercizi ed i metodi per farle crescere, prevenire lo scoraggiamento, confortare, incoraggiare alla continua tensione nello sforzo,
indicare il frutto che ci aspetta, dopo aver superato la prova.

Ancora di più occorre il padre spirituale quando bisogna salire sulla via unitiva, quando bisogna custodire in sé, con i sacrifici ed l’accondiscendenza continua alle ispirazioni della grazia, i doni dello Spirito Santo, che vanno distinti dalle istigazioni di satana e della propria natura inquinata, cosa che l’anima non è in grado di fare da sola. Nella formazione spirituale dell’anima,
la presenza del padre spirituale è indispensabile. La confessione si limita a riconoscere
le proprie colpe. La direzione spirituale si estende molto oltre. Cerca il fondamento del peccato,
le inclinazioni profondamente radicate in noi, fa riferimento al temperamento, alle tentazioni,
alla imprudenza; lo fa per trovare un rimedio che combatta la malattia alla radice.

Per lottare in modo efficace con i nostri vizi, il direttore spirituale indica le virtù opposte
ad essi, sia quelle comuni a tutti i cristiani, sia quelle particolari ai vari gruppi delle persone,
aiuta a trovare i mezzi migliori nella pratica delle virtù, negli esercizi spirituali (la riflessione, l’esame di coscienza, la devozione particolare al Sacro cuore di Gesù, alla Maria Vergine, ecc.). Aiuta anche a discernere la propria vocazione e dopo aiuta a capire i compiti di ogni stato.

Perché il direttore spirituale possa guidare l’anima sulla retta via, dovrebbe conoscere le vicende più importanti della sua vita, i peccati più frequenti, gli sforzi sostenuti per uscirne, i risultati ottenuti, per sapere come ancora conviene operare. Dovrebbe inoltre essere a conoscenza della disposizione attuale, delle inclinazioni, ripugnanze, stile di vita, tentazioni e tattica di combattimento, delle virtù necessarie e dei mezzi per acquistarle. La persona che vuole usufruire della direzione spirituale deve presentare tutto alla sua guida.

Allora il direttore spirituale può più facilmente preparare un programma adeguato allo stato dell’anima, perché tutte le anime non possono essere guidate allo stesso modo, bisogna adeguarsi al livello in cui uno si trova per poterlo aiutarlo ad andare in alto, senza fretta, sul sentiero ripido della perfezione. Alcune anime sono più ferventi ed inclinate al sacrificio, altre invece più quiete
e più lente, in quanto non tutte sono chiamate allo stesso grado di perfezione. Perciò sbagliano molto coloro che vogliono che uno solo padre spirituale guidi (per esempio in una congregazione) in modo uguale, che formi tutti secondo lo stesso modello e assicuri a tutti la stessa direzione. Questo è assolutamente impossibile e, ovunque venga praticato, porta danno al progresso delle singole anime, anzi, quell’ atteggiamento contrasta con il diritto canonico.

Non vi parlerò delle qualificazioni dei direttori spirituali, né dei loro compiti, che loro devono conoscere; menzionerò solo che dovrebbero essere caratterizzati dalla bontà, dalla scienza necessaria, ma soprattutto dalla prudenza, dalla prudenza soprannaturale, rafforzata dal dono
del consiglio dello Spirito Santo, che sia il padre spirituale sia le anime guidate devono pregare. Santa Teresa, avendo la possibilità scegliere tra un confessore prudente e santo ed uno prudente e saggio, per quanto meno santo, preferì il secondo. Devo qui accennare agli obblighi delle persone guidate.

Nel direttore spirituale bisogna veder lo stesso Cristo. Se com’è vero che il potere viene da Dio, tanto più vale questo nei riguardi del potere esercitato sulle anime da un sacerdote; Egli è un ambasciatore di Cristo, che esercita il potere Divino: “Siamo messaggeri di Cristo e qundo vi rammettiamo in realtà è dio che vi rammette”.

Perciò è ovvio che bisogna rispettare il padre spirituale, fidarsi in lui ed ascoltarlo. Bisogna rispettarlo come il rappresentante di Dio. Se un direttore avesse qualche vizio, non bisogna soffermarsi su questo, ma, vista la sua importanza  e la missione che svolge, evitare la critica amara quanto la familiarità esagerata.

Il rispetto dev’essere  accompagnato dalla fiducia piena, filiale e una grande apertura del cuore sincero e la fedele, disposto ad esprimere apertamente le cose buone e quelle cattive, senza pensarci troppo e senza nascondere le tentazioni e le debolezze, i desideri ed i propositi, le buone opere e le intenzioni, in poche parole tutto ciò che riguarda il bene dell’anima. Quanto più il padre ci conosce, tanto più gli è facile darci sagge indicazioni, incoraggiamenti, consolazione,
per rafforzarci, consolarci e guidarci. Le persone timide parlino delle loro difficoltà e quelle invece inclini a parlare troppo che non trasformino la direzione spirituale in una pia chiacchierata ma si limitino a riferire il necessario.

Se si vuole che la direzione sia vera, occorre l’obbedienza al padre spirituale. Non c’è niente
di peggio che eludere al direttore spirituale le proprie emozioni ed opinioni. Non c’è niente i più dannoso per l’anima perché, cosi facendo, non si cerca la volontà di Dio ma quella propria,
inoltre si elude un mezzo divino per scopi egoistici. L’unico desiderio nostro dev’essere quello
di conoscere la volontà divina, tramite l’obbedienza al nostro direttore spirituale, invece
di costringerlo costringerlo a ricorrere all’autorità con i mezzi più o meno convincenti. Si può ingannare il padre spirituale, ma non Colui il cui posto egli sostituisce. Se vediamo che un certo consiglio ci risulta difficile od impossibile da realizzare, dobbiamo dirglielo con semplicità.
Il direttore può sbagliare, ma noi non sbagliamo quando gli siamo obbedienti. Se ci consigliasse qualcosa che va contro la fede o il decoro, allora bisogna cambiare il direttore.

Si può cambiare il direttore soltanto per una ragione grave e dopo matura riflessione perché occorre una continuità della direzione, cosa che diventa impossibile se il direttore viene cambiato di frequente.
Alcune anime vorrebbero tale cambiamento solo per la curiosità di conoscerne un altro. Questo accade particolarmente quando un direttore continua a ripetere gli stessi consigli spiacevoli per
la natura dell’anima guidata. Altre invece desiderano cambiare per personale instabilità, superbia, una certa scontentezza permanente  per quello che hanno, per il desiderio di aprirsi ai vari confessori, volendo attirare attenzione, per vergogna o semplicemente per nascondere al confessore  alcune debolezze umilianti. Questi sono motivi non validi e bisogna combatterli,
se si vuole progredire con coerenza e costanza nella vita spirituale.

La Chiesa sempre di più insiste sulla libertà dell’anima nella scelta del confessore. Le opinioni però variano, fino a non riconoscere la direzione spirituale e a rigettare le sue condizioni. Chi non riconosce la direzione spirituale, rifiuta il progresso spirituale e allo stesso modo la santità, perché solo in casi eccezionali, quando vengono a mancare i direttori, lo stesso Dio diventa il padre spirituale delle anime elette.

Quando ci sono le ragioni sufficienti per cambiare il direttore, non bisogna ritardare ad andare
da un altro.Tale ragioni possono essere seguenti: quando, nonostante gli sforzi, non siamo
in grado di avere rispetto, di essere aperti e fiduciosi nei confronti del direttore, perché allora sarebbe  impossibile usufruire dei suoi consigli, quando veniamo a sapere che il direttore ci allontana dalla perfezione a causa delle sue idee troppo mondane, oppure per la sua simpatia troppo vivacemente visibile, con prove palesi in alcune circostanze; quando siamo sicuri che
al direttore mancano scienza, prudenza e previdenza necessarie. Per poter cambiare il direttore
non occorre sapere che le nostre accuse sono giuste od ingiuste, basta che ci portano danno.

Queste riflessioni mi sono venute in mente all’approssimarsi della ricorrenza della festa di Cristo Re. Condividendole insieme a voi, vi auguro che Cristo, tramite i direttori spirituali, regni nei cuori degli adoratori della Misericordia e a loro doni la Sua benedizione.

Don Michele Sopocko

 

 

“Ogni atto di venerazione della Divina Misericordia deve essere un’espressione di fiducia e deve essere legato alla pratica della misericordia verso il prossimo, se al devoto della Misericordia deve assicurare tutti quei benefici che Gesù ha legato a tale devozione” (R., p. 19).

 

Venerazione dell’immagine di Gesù Misericordioso

Il disegno essenziale di questo quadro è stato mostrato a suor Faustina nella visione del 22 febbraio 1931 nella cella del convento di Płock. “La sera, stando nella mia cella – scrive suor Faustina – vidi il Signore Gesù vestito di una veste bianca: una mano alzata per benedire mentre l’altra toccava sul petto la veste, che ivi leggermente scostata lasciava uscire due grandi raggi, rosso l’uno e l’altro pallido (…) Dopo un istante, Gesù mi disse, Dipingi un’immagine secondo il modello che vedi, con sotto scritto: Gesù confido in Te” (Q. I, p. 26). Tre anni dopo a Vilnius Gesù ha spiegato il significato dei raggi: “I due raggi rappresentano il Sangue e l’Acqua” (Q. I, p. 132). Non si tratta qui di un qualche effetto artistico, ma di una simbologia del quadro estremamente profonda.

Agli elementi essenziali del quadro appartengono le parole poste in basso: “Gesù, confido in Te”. Gesù parlava di ciò già durante la prima apparizione a P*ock e poi a Vilnius: “Gesù mi ricordò (…) che queste tre parole dovevano essere messe in evidenza” (Q. I, p. 138). Non si tratta qui del numero delle parole, ma del loro senso integralmente legato al disegno e al contenuto del quadro.

Gesù ha definito un altro particolare di questo quadro, ha detto infatti: “Il Mio sguardo da questa immagine è tale e quale al Mio sguardo dalla croce” (Q. I, p. 140). La questione dello sguardo non è dunque senza importanza, se lo stesso Gesù mette l’accento su di essa, dando un significato a questo particolare. E qui incontriamo una doppia interpretazione di questo desiderio di Gesù: alcuni – e tra loro don Sopocko – leggono queste parole in modo realistico e dicono che lo sguardo deve essere diretto in basso come dall’alto della croce; altri credono, che si tratti dello sguardo che esprime la misericordia (tra loro padre J. Andrasz, il secondo direttore spirituale di suor Faustina). A seconda di questa interpretazione sono sorte – si può dire – due “scuole” di rappresentazione dell’immagine del Gesù Misericordioso: una ha il suo modello nel dipinto di E. Kazimirowski, mentre la seconda nel dipinto di A. Hyla, del santuario della Divina Misericordia a Cracovia.

Senza significato invece sembra essere la questione dell’altezza della mano destra. Don M. Sopocko credeva che la mano dovesse essere alzata solo all’altezza della spalla. Nel Diario invece troviamo solo questo: “La mano destra è alzata per benedire”. E’ la cosa più importante, mentre invece se la mano è alzata all’altezza della spalla oppure più in alto, non ha alcun significato per il contenuto del quadro.

Quale è il significato di questo quadro?

Il cosiddetto “luogo teologico” è stato indicato dallo stesso Gesù, legando la benedizione del quadro e la sua pubblica venerazione alla liturgia della prima domenica dopo Pasqua. La Chiesa legge in quel giorno il Vangelo sull’apparizione di Gesù risorto nel Cenacolo e sull’istituzione del sacramento della penitenza (Gv 20, 19-29).

A questa scena del Cenacolo si sovrappone l’avvenimento del Venerdì Santo: la crocifissione e la trafittura del Cuore di Gesù con la lancia. “Entrambi i raggi uscirono dall’intimo della Mia misericordia, quando sulla croce il Mio Cuore, già in agonia, venne squarciato con la lancia” (Q. I, p. 132). Di questo scrive san Giovanni nel 19ø capitolo del Vangelo. Gesù ha spiegato poi che “il raggio pallido rappresenta l’Acqua che giustifica le anime; il raggio rosso rappresenta il Sangue che è la vita delle anime” (Q. I, p. 132). San Tommaso, riferendosi ai Padri della Chiesa, unisce la simbologia dell’acqua e del Sangue con il sacramento del battesimo e con l’Eucarestia, cosa che può essere riferita anche agli altri sacramenti. “Alla luce del Vangelo di Giovanni – scrive don I. Rozycki – l’acqua e il sangue (…) stanno a significare le grazie dello Spirito Santo, che ci sono state donate per la morte di Cristo. I due raggi rappresentati sul dipinto di Gesù Misericordioso possiedono questo stesso profondo significato” (R., p. 20).

L’immagine del Gesù Misericordioso spesso viene identificata come quella della Divina Misericordia e giustamente poiché‚ nella passione, morte e risurrezione di Cristo la misericordia di Dio verso l’uomo si è rivelata con totale pienezza.

 

In cosa consiste il culto dell’immagine della Divina Misericordia?

L’immagine occupa una posizione chiave in tutta la devozione alla Divina Misericordia, poiché‚ costituisce una visibile sintesi degli elementi essenziali di questa devozione: esso ricorda l’essenza del culto, l’infinita fiducia nel buon Dio e il dovere della carità misericordiosa verso il prossimo. Della fiducia parla chiaramente l’atto che si trova nella parte bassa del quadro: “Gesù, confido in Te”. L’immagine che rappresenta la misericordia di Dio deve essere per chiara volontà di Gesù un segno che ricordi l’essenziale dovere cristiano, cioè l’attiva carità verso il prossimo. “Essa deve ricordare le esigenze della Mia misericordia, poiché‚ anche la fede più forte non serve a nulla senza le opere” (Q. II, p. 278). La venerazione del quadro dunque consiste nell’unione di una orazione fiduciosa con la pratica di atti di misericordia.

Le promesse legate alla venerazione dell’immagine.

Gesù ha definito con molta chiarezza tre promesse:

– “L’anima che venererà questa immagine, non perirà” (Q. I, p. 18): cioè ha promesso la salvezza eterna.

– “Prometto pure già su questa terra (…) la vittoria sui nemici” (Q. I, p. 18): si tratta dei nemici della salvezza e del raggiungimento di grandi progressi sulla via della perfezione cristiana.

– “Io stesso la difenderò come Mia propria gloria” nell’ora della morte (Q. I, p. 26): ha cioè promesso la grazia di una morte felice.

La generosità di Gesù non si limita a queste tre grazie particolari. Poiché‚ ha detto: “Porgo agli uomini il recipiente, col quale debbono venire ad attingere le grazie alla sorgente della misericordia” (Q. I, p. 141), non ha posto alcun limite n‚ al campo n‚ alla grandezza di queste grazie e dei benefici terreni, che ci si può aspettare, venerando con incrollabile fiducia l’immagine della Divina Misericordia.

La storia del quadro

Il primo quadro della Divina Misericordia fu dipinto a Vilnius, nel 1934, dal pittore Eugenio Kazimirowski. Suor Faustina dette personalmente le indicazioni al pittore. Quando il quadro fu terminato, non ne rimase contenta e piangendo si lamentò con Gesù: “Chi Ti dipingerà così bello come sei?”. In risposta sentì: “Non nella bellezza dei colori n‚ del pennello sta la grandezza di questa immagine, ma nella Mia grazia” (Q. I, p. 136).

Questo dipinto per la prima volta è stato mostrato in pubblico e ha avuto pubblica venerazione nel santuario della Madre della Misericordia a Ostra Brama il 26-28 aprile 1935. Ha suscitato grande interesse tra i fedeli e le sue riproduzioni negli anni della II Guerra Mondiale sono state diffuse per iniziativa di don M. Sopocko. Oggi tale quadro è venerato nella chiesa di Santo Spirito a Vilnius.

In tutto il mondo è però famoso il quadro di Lagiewniki, a Cracovia, dipinto da Adolf Hyla. Il suo primo dipinto, offerto come ex-voto per la salvezza della famiglia durante la guerra, è stato benedetto il 7 marzo 1943 e da allora nel santuario di Cracovia hanno luogo pubbliche celebrazioni della Divina Misericordia. Il quadro tuttavia era troppo grande e non entrava sull’altare, dove veniva collocato durante le funzioni alla Divina Misericordia. Per questo motivo la superiora, madre Irena Krzyzanowska ordinò al pittore un secondo quadro, che per grandezza e forma entrasse all’interno dell’altare laterale. La Domenica in Albis, il 16 aprile 1944, per la prima volta solennemente celebrata in quella cappella in onore della Divina Misericordia, padre Jozef Andrasz S J benedisse il nuovo quadro dipinto da Adolf Hyla. Esso rappresentava Gesù Misericordioso sullo sfondo di un prato e di cespugli. Nel 1954 A. Hyla ha ridipinto lo sfondo del quadro con un colore scuro e sotto i piedi di Gesù ha dipinto un pavimento.

Anche se l’immagine del Gesù Misericordioso della cappella di Cracovia – Lagiewniki non era, storicamente parlando, il primo quadro, neanche nelle cappelle della congregazione, fu proprio esso ad essere famoso per le grazie, mentre le sue copie e riproduzioni sono state diffuse in tutto il mondo. Così doveva avverarsi il desiderio di Gesù, pronunciato già durante la prima apparizione a P*ock: “Desidero che questa immagine venga venerata prima nella vostra cappella, e poi nel mondo intero” (Q. I, p. 26).

 

La festa della Misericordia

E’ la più importante di tutte le forme di devozione alla Divina Misericordia. Gesù parlò per la prima volta del desiderio di istituire questa festa a suor Faustina a P*ock nel 1931, quando le trasmetteva la sua volontà per quanto riguardava il quadro: “Io desidero che vi sia una festa della Misericordia. Voglio che l’immagine, che dipingerai con il pennello, venga solennemente benedetta nella prima domenica dopo Pasqua; questa domenica deve essere la festa della Misericordia” (Q. I, p. 27). Negli anni successivi – secondo gli studi di don I. Rozycki – Gesù è ritornato a fare questa richiesta addirittura in 14 apparizioni definendo con precisione il giorno della festa nel calendario liturgico della Chiesa, la causa e lo scopo della sua istituzione, il modo di prepararla e di celebrarla come pure le grazie ad essa legate.

La scelta della prima domenica dopo Pasqua ha un suo profondo senso teologico: indica lo stretto legame tra il mistero pasquale della Redenzione e la festa della Misericordia, cosa che ha notato anche suor Faustina: “Ora vedo che l’opera della Redenzione è collegata con l’opera della Misericordia richiesta dal Signore” (Q. I, p. 46). Questo legame è sottolineato ulteriormente dalla novena che precede la festa e che inizia il Venerdì Santo.

Gesù ha spiegato la ragione per cui ha chiesto l’istituzione della festa: “Le anime periscono, nonostante la Mia dolorosa Passione (…). Se non adoreranno la Mia misericordia, periranno per sempre” (Q. II, p. 345).

La preparazione alla festa deve essere una novena, che consiste nella recita, cominciando dal Venerdì Santo, della coroncina alla Divina Misericordia. Questa novena è stata desiderata da Gesù ed Egli ha detto a proposito di essa che “elargirà grazie di ogni genere” (Q. II, p. 294).

Per quanto riguarda il modo di celebrare la festa Gesù ha espresso due desideri:

– che il quadro della Misericordia sia quel giorno solennemente benedetto e pubblicamente, cioè liturgicamente, venerato;

– che i sacerdoti parlino alle anime di questa grande e insondabile misericordia Divina (Q. II, p. 227) e in tal modo risveglino nei fedeli la fiducia.

“Sì, – ha detto Gesù – la prima domenica dopo Pasqua è la festa della Misericordia, ma deve esserci anche l’azione ed esigo il culto della Mia misericordia con la solenne celebrazione di questa festa e col culto all’immagine che è stata dipinta” (Q. II, p. 278).

La grandezza di questa festa è dimostrata dalle promesse:

– “In quel giorno, chi si accosterà alla sorgente della vita questi conseguirà la remissione totale delle colpe e delle pene” (Q. I, p. 132) – ha detto Gesù. Una particolare grazia è legata alla Comunione ricevuta quel giorno in modo degno: “la remissione totale delle colpe e castighi”.Questa grazia – spiega don I. Rozycki – “è qualcosa di decisamente più grande che la indulgenza plenaria. Quest’ultima consiste infatti solo nel rimettere le pene temporali, meritate per i peccati commessi (…)E’ essenzialmente più grande anche delle grazie dei sei sacramenti, tranne il sacramento del battesimo, poiché‚ la remissione delle colpe e dei castighi è solo una grazia sacramentale del santo battesimo. Invece nelle promesse riportate Cristo ha legato la remissione dei peccati e dei castighi con la Comunione ricevuta nella festa della Misericordia, ossia da questo punto di vista l’ha innalzata al rango di “secondo battesimo”. E’ chiaro che la Comunione ricevuta nella festa della Misericordia deve essere non solo degna, ma anche adempiere alle fondamentali esigenze della devozione alla Divina Misericordia” (R., p. 25). La comunione deve essere ricevuta il giorno della festa della Misericordia, invece la confessione – come dice don I. Rozycki – può essere fatta prima (anche qualche giorno). L’importante è non avere alcun peccato.

Gesù non ha limitato la sua generosità solo a questa, anche se eccezionale, grazia. Infatti ha detto che “riverserà tutto un mare di grazie sulle anime che si avvicinano alla sorgente della Mia misericordia“, poiché‚ “in quel giorno sono aperti tutti i canali attraverso i quali scorrono le grazie divine. Nessuna anima abbia paura di accostarsi a Me anche se i suoi peccati fossero come lo scarlatto” (Q. II, p. 267). Don I. Rozycki scrive che unaincomparabile grandezza delle grazie legate a questa festa si manifesta in tre modi:

– tutte le persone, anche quelle che prima non nutrivano devozione alla Divina Misericordia e persino i peccatori che solo quel giorno si convertissero, possono partecipare alle grazie che Gesù ha preparato per la festa;

– Gesù vuole in quel giorno regalare agli uomini non solo le grazie salvificanti, ma anche benefici terreni – sia alle singole persone sia ad intere comunità;

– tutte le grazie e benefici sono in quel giorno accessibili per tutti, a patto che siano chieste con grande fiducia (R., p. 25-26).

Questa grande ricchezza di grazie e benefici non è stata da Cristo legata ad alcuna altra forma di devozione alla Divina Misericordia.

Numerosi sono stati gli sforzi di don M. Sopocko affinché‚ questa festa fosse istituita nella Chiesa. Egli non ne ha vissuto però l’introduzione. Dieci anni dopo la sua morte, il card. Franciszek Macharski con la Lettera Pastorale per la Quaresima (1985) ha introdotto la festa nella diocesi di Cracovia e seguendo il suo esempio, negli anni successivi, lo hanno fatto i vescovi di altre diocesi in Polonia.

Il culto della Divina Misericordia nella prima domenica dopo Pasqua nel santuario di Cracovia – Lagiewniki era già presente nel 1944. La partecipazione alle funzioni era così numerosa che la Congregazione ha ottenuto l’indulgenza plenaria, concessa nel 1951 per sette anni dal card. Adam Sapieha. Dalle pagine del Diario sappiamo che suor Faustina fu la prima a celebrare individualmente questa festa, con il permesso del confessore.

 

La coroncina alla Divina Misericordia

Questa preghiera era stata dettata a suor Faustina da Gesù il 13 e il 14 settembre 1935 a Vilnius. Nella sua cella ha avuto la visione di un angelo, venuto a castigare la terra per i peccati. Quando ha visto questo segno dell’ira di Dio ha cominciato a chiedere all’angelo di attendere ancora poiché‚ il mondo avrebbe fatto penitenza. Quando però si è trovata al cospetto della Santissima Trinità non ha avuto il coraggio di ripetere la supplica. Solo quando nell’anima ha sentito la forza della grazia di Gesù ha cominciato a pregare con le parole che ha udito interiormente (erano le parole della coroncina alla Divina Misericordia) e allora ha visto che il castigo è stato allontanato dalla terra. Il mattino dopo, entrata in cappella, Gesù ancora una volta le ha insegnato con esattezza come bisogna recitare questa preghiera. (Q. I, p. 192 – Q. I, p. 193).

Don I. Rozycki spiegando il contenuto della coroncina dice che in essa offriamo a Dio Padre “il Corpo e il Sangue, l’Anima e la Divinità” di Gesù Cristo, Figlio di Dio, cioè la Sua Divina Persona e la Sua Umanità, non la stessa natura di Dio, che è comune al Padre, al Figlio e allo Spirito Santo e come tale non può essere offerta a Dio Padre. Possiamo invece offrire tutta la Persona del Figlio di Dio Incarnato, poiché‚ Egli stesso “ha dato se stesso per noi quale offerta e sacrificio” (Ef 5,2).

Recitando la coroncina ci uniamo all’offerta di Gesù fatta sulla croce “in espiazione dei nostri peccati e di quelli del mondo intero”. In essa offriamo a Dio Padre il Suo Amatissimo Figlio e dunque ci appelliamo al “motivo più forte per essere esauditi da Dio” (R., p. 27).

Sui grani dell’Ave Maria del Rosario ripetiamo: “Per la Sua dolorosa passione abbi misericordia di noi e del mondo intero”, che significa – secondo lo spirito della devozione – appellarsi non tanto alla riparazione fatta da Cristo sulla croce, quanto alla Sua misericordia, che vuole offrirsi agli uomini.

La recita di questa preghiera è anche un atto di misericordia, poiché‚ in essa chiediamo “la misericordia per noi e per il mondo intero”. Il pronome “noi” sta a significare, secondo la spiegazione di don I. Rozycki, la persona che recita la preghiera e coloro per i quali desidera o è obbligata a pregare. Invece “il mondo intero” – sono tutte le persone che vivono sulla terra e le anime che soffrono in purgatorio.

La formula della coroncina è destinata alla recita comunitaria o individuale, senza differenza, e perciò non bisogna cambiare n‚ le persone dei verbi n‚ aggiungere altre parole. La trasformazione invece delle parole nell’espressione: “mondo intero” a “tutto il mondo” è corretta, perché‚ in nulla cambia il testo della coroncina ed è più esatta nella lingua polacca.

Gesù ha legato alla recita di questa coroncina una promessa generale e promesse particolari:

– La promessa generale legata alla Coroncina è:

“Per la recita di questa coroncina Mi piace concedere tutto ciò che Mi chiederanno” (Q. V, p. 508). “Con essa – ha detto un’ altra volta Gesù – otterrai tutto, se quello che chiedi è conforme alla Mia volontà” (Q. VI, p. 568). La volontà di Dio è espressione del Suo amore per l’uomo, dunque tutto ciò che è in disaccordo con essa o è un male o è dannoso e non può essere dispensato neanche da Padre migliore.

– Le promesse particolari legate alla Coroncina riguardano l’ora della morte:

“Chiunque la reciterà otterrà tanta misericordia nell’ora della morte. (…) Anche se si trattasse del peccatore più incallito se recita questa coroncina una volta sola, otterrà la grazia della Mia infinita misericordia” (Q. II, p. 263). Si tratta qui della grazia della conversione e di una morte nel timore di Dio e nello stato di grazia. La grandezza della promessa consiste nel fatto che condizione per ottenere la grazia è recitare almeno una volta tutta la coroncina così come Gesù l’ha chiesto con fiducia, umiltà e dolore per i peccati. La stessa grazia – di conversione e remissione dei peccati – sarà ricevuta dagli agonizzanti, se altri accanto al

Gesù ha fatto notare tre condizioni necessarie perché‚ le preghiere in quell’ora siano esaudite:

– la preghiera deve essere diretta a Gesù e dovrebbe aver luogo alle tre del pomeriggio;

– deve riferirsi ai meriti della Sua dolorosa passione.

“In quell’ora – dice Gesù – non rifiuterò nulla all’anima che Mi prega per la Mia Passione” (Q. IV, p. 440). Bisogna aggiungere ancora che l’intenzione della preghiera deve essere in accordo con la volontà di Dio, e la preghiera deve essere fiduciosa, costante e unita alla pratica della carità attiva verso il prossimo, condizione di ogni forma del culto della Divina Misericordia.

 

 

 

L’ora della Misericordia

Nell’ottobre 1937 a Cracovia, in circostanze non meglio specificate da Suor Faustina, Gesù ha raccomandato di onorare l’ora della propria morte, che lui stesso ha chiamato “un’ora di grande misericordia per il mondo intero” (Q. IV pag. 440). “In quell’ora – ha detto successivamente – fu fatta grazia al mondo intero, la misericordia vinse la giustizia” (Q V, pag. 517).

Gesù ha insegnato a suor Faustina come celebrare l’ora della Misericordia e ha raccomandato di:

  • invocare la misericordia di Dio per tutto il mondo, soprattutto per i peccatori;
  • meditare la Sua passione, soprattutto l’abbandono nel momento dell’agonia e, in quel caso ha promesso la grazia della comprensione del suo valore.
  • Consigliava in modo particolare: “in quell’ora cerca di fare la Via Crucis, se i tuoi impegni lo permettono e se non puoi fare la Via crucis entra almeno per un momento in cappella ed onora il mio Cuore che nel SS.mo Sacramento è pieno di misericordia. E se non puoi andare in cappella, raccogliti in preghiera almeno per un breve momento là dove ti trovi” (Q V, pag. 517).

Gesù ha fatto notare tre condizioni necessarie perché le preghiere in quell’ora siano esaudite:

  • la preghiera deve essere diretta a Gesù e dovrebbe aver luogo alle tre del pomeriggio;
  • deve riferirsi ai meriti della Sua dolorosa passione.

In quell’ora – dice Gesù – non rifiuterò nulla all’anima che Mi prega per la Mia Passione(Q IV, pag. 440). Bisogna aggiungere ancora che l’intenzione della preghiera deve essere in accordo con la Volontà di Dio, e la preghiera deve essere fiduciosa, costante e unita alla pratica della carità attiva verso il prossimo, condizione di ogni forma del Culto della Divina Misericordia

 

 

Diffusione del culto della Divina Misericordia

Parlando delle forme di devozione alla Divina Misericordia don I. Rozycki menziona anche la diffusione del culto della Misericordia, poiché‚ anche a questa forma sono legate promesse. A tutti promette protezione materna durante l’intera esistenza e “tutte le anime che adoreranno la Mia misericordia e ne diffonderanno il culto (…) queste anime nell’ora della morte non avranno paura. La Mia misericordia le proteggerà in quell’ultima lotta” (Q. V, p. 508).

A tutti sono dirette dunque due promesse:

– la prima riguarda la protezione materna in tutta la vita,

– la seconda riguarda l’ora della morte.

Un particolare invito Gesù rivolge ai sacerdoti assicurando che “i peccatori induriti si inteneriranno alle loro parole, quando essi parleranno della Mia sconfinata misericordia e della compassione che ho per loro nel Mio Cuore” (Q. V, p. 504).

Gesù non definisce – oltre all’omelia – altri modi di diffusione del culto della Misericordia, dunque essi possono essere intesi abbastanza largamente. Essere apostolo della Misericordia di Dio significa innanzitutto dare testimonianza di vita nello spirito di fiducia in Dio e di misericordia verso il prossimo. Tale esempio ci ha lasciato suor Faustina, esempio che attira gli altri alla fiducia totale in Dio infinitamente buono e onnipotente, e a fare atti di carità verso il prossimo.

 

L’Apostolato della Divina Misericordia

Nel Diario di suor Faustina si parla anche della questione della cosiddetta “nuova congregazione”. Da una lettura superficiale degli appunti dell’Apostola della Divina Misericordia si potrebbe dedurre cheGesù le ha chiesto la fondazione di una congregazione, a cui ha affidato il compito di proclamare e chiedere la misericordia di Dio per il mondo intero. Un’analisi più profonda degli scritti di suor Faustina porta invece alla conclusione che non si tratta qui di una nuova congregazione, ma di un grande gruppo di apostolato nello spirito della devozione alla Divina Misericordia, apostoli che debbono svolgere i compiti prima menzionati nel momento attuale della storia della Chiesa e del mondo.

Bisogna sottolineare che Gesù neanche una volta ha usato la definizione “nuova congregazione”. A suor Faustina diceva: “tu e le tue compagne”, “tale congregazione” oppure “questa congregazione”. Ha definito tuttavia in modo molto chiaro le sue richieste, riguardanti i compiti e lo spirito di quella comunità. “Unitamente alle tue compagne, dovrai impetrare la misericordia per voi stesse e per il mondo” (Q. I, p. 179) – ha detto Gesù. “Concilierai la terra col cielo, mitigherai la giusta collera di Dio” (Q. II, p. 8). Questa era la prima richiesta, mentre la seconda era:“Penetra nei Miei segreti e conoscerai l’abisso della Mia misericordia verso le creature e la mia bontà insondabile e questa farai conoscere al mondo” (Q. I, p. 180). Affinché‚ la misericordia divina possa essere conosciuta e diffusa efficacemente in tutto il mondo peccatore,Gesù desidera una particolare preghiera per i sacerdoti e i religiosi. “Affido alle tue cure due perle preziose per il Mio Cuore, che sono le anime dei sacerdoti e le anime dei religiosi; per loro pregherai in modo particolare; la loro forza dipenderà dal vostro annientamento” (Q. II, p. 212). Gesù ha definito invece lo spirito di questa comunità in modo molto breve, dicendo: “La vostra vita deve essere modellata su di Me, dalla mangiatoia alla morte in croce” (Q. I, p. 180).

Suor Faustina inizialmente credeva che si trattasse di una nuova congregazione, che invocasse la misericordia di Dio per il mondo, proclamasse l’infinita bontà di Dio e vivesse radicalmente il Vangelo, imitando Cristo “dalla mangiatoia alla croce”. Man mano che passava il tempo però e con nuove esperienze e illuminazioni divine, ha capito che non si tratta solo di una congregazione contemplativa, che lei stessa voleva fondare e per la quale ha perfino tracciato una regola, ma anche di una congregazione attiva, maschile e femminile e di un ampio gruppo di persone nel mondo.

Il 27 giugno 1938 ha scritto nel Diario: “Il Signore mi ha fatto conoscere la sua volontà quasi in tre sfumature, pur essendo una cosa sola” (Q. III, p. 393). Così dunque questa “nuova congregazione” possiede come “tre forme”.

La prima è costituita dalle “anime isolate dal mondo/ che/ arderanno come vittime davanti al trono di Dio ed impetreranno la misericordia per il mondo intero… Ed imploreranno benedizioni per i sacerdoti e con la loro preghiera prepareranno il mondo per la venuta finale di Gesù” (Q. III, p. 393).

La seconda “sfumatura” sono le congregazioni che uniscono la preghiera agli atti di misericordia. “In modo particolare proteggeranno dal male le anime dei bambini (…) si impegneranno a risvegliare l’amore e la misericordia di Gesù nel mondo pieno di egoismo” (Q. III, p. 393).

La terza “sfumatura” deve essere costituita dalle persone che vivono fuori dai conventi. A questo gruppo “possono appartenere tutte le persone che vivono nel mondo”, che pregheranno e compiranno azioni di misericordia, almeno una al giorno. Pur non essendo “vincolati da alcun voto”, tuttavia “parteciperanno a tutti i meriti e privilegi della comunità” (Q. III, p. 393).

Come si deduce dalla descrizione di suor Faustina, non si tratta di una congregazione in senso stretto, ma di una unica grande comunità di persone, di varie condizioni e vocazioni, che sono unite dal mistero della Divina Misericordia. E’ una comunità di persone, che attraverso la pratica della devozione alla Misericordia divina vive con lo spirito evangelico di fiducia e di misericordia e cerca di realizzare i compiti che Gesù ha affidato a suor Faustina: invocare la misericordia di Dio per il mondo e proclamare in modo particolare questo mistero di fede al mondo intero.

Gli stessi compiti – professare e proclamare la misericordia di Dio al mondo smarrito, fare opere di misericordia e invocare la pietà di Dio sull’umanità – sono stati affidati dal Santo Padre Giovanni Paolo II a tutta la Chiesa. Del resto la Chiesa ha vissuto questo spirito nei primi secoli della cristianità, di cui ci parlano gli scritti dei Padri della Chiesa.

Oggi viviamo in un’epoca di decadimento di molti valori fondamentali non solo cristiani, ma “semplicemente della morale umana, della cultura morale”. Da qui nasce l’invocazione alla misericordia di Dio e la proclamazione di questa verità di fede sembra una condizione indiscutibile per la rinascita dell’umanità e della pace nel mondo. “Per quanto forte possa essere la resistenza della storia umana, per quanto marcata l’eterogeneità della civiltà contemporanea, per quanto grande la negazione di Dio nel mondo umano, tuttavia tanto più grande deve essere la vicinanza a quel mistero che nascosto da secoli in Dio, è poi stato realmente partecipato nel tempo all’uomo mediante Gesù Cristo” (Dives in misericordia, 15).

Al centro della grande comunità di devoti e di apostoli della Divina Misericordia c’è la figura di suor Faustina. Ella, in modo perfetto, ha realizzato nella sua vita lo spirito e i compiti che Gesù ha posto davanti a lei e alla “nuova congregazione”. I tentativi di fondare la “nuova congregazione” erano per lei esperienza della “notte mistica”. Grazie ad essa suor Faustina ha raggiunto le vette della mistica ed è diventata un modello visibile della via alla santità e dell’apostolato per tutti coloro che sono attratti dal mistero di Dio e dal desiderio di rendere felici gli altri.

In Polonia e oltre i suoi confini molti sacerdoti, molte congregazioni religiose e persone laiche si sono unite in diversi modi a questa grande comunità di devoti e apostoli della Misericordia di Dio. Sono sorti e continuano a nascere nuovi istituti di vita consacrata, che si dedicano a tale scopo, gruppi di preghiera e quelli che all’orazione uniscono l’attività caritativa, vivendo nel mondo. Ci sono pure molte persone che non appartengono ad alcun gruppo, ma vivono lo spirito della devozione alla Divina Misericordia e in questo modo appartengono a quella grande comunità di devoti e apostoli della Divina Misericordia.

Speriamo che le persone coinvolte in questa opera siano sempre più numerose, poiché‚ il mondo ha bisogno di vivi testimoni di Dio e di mani unite nella preghiera per impetrare la misericordia, perché‚ – come ha detto Gesù a suor Faustina – “l’umanità non troverà pace, finché‚ non si rivolgerà con fiducia alla Mia misericordia” (Q. I, p. 132).

 

RECITA DELLA CORONCINA DELLA DIVINA MISERICORDIA

Gesù conosce benissimo i tuoi problemi,le tue paure, i tuoi bisogni ,la tua malattia e ti vuole aiutare.Ma come fa se tu non lo invochi,non lo preghi ?E’ un Padre misericordioso che ti aspetta a braccia aperte in qualunque momento.Prendi ora la corona del rosario e pregalo di esaudire le tue necessità: vedrai continui e silenziosi miracoli nella tua vita.Affidati a Lui con la coroncina alla Divina Misericordia ,esaudirà tutte le tue richieste ……..ti toglierà la tristezza e ti darà la Sua gioia.Non temere .Ti dice : credi forse che Mi manchi l ‘onnipotenza per venirti in aiuto ? Fidati fidati fidati di Lui.

Attraverso questa preghiera noi offriamo al Padre Eterno tutta la Persona di Gesù, cioè la Sua divinità e tutta la Sua umanità che comprende corpo, sangue e anima. Offrendo al Padre Eterno il Figlio amatissimo, ci richiamiamo all’amore del Padre per il Figlio che soffre per noi. La preghiera della Coroncina si può recitare in comune o individualmente. Le parole pronunciate da Gesù a Suor Faustina, dimostrano che il bene della comunità e di tutta l’umanità si trova al primo posto: “Con la recita della Coroncina avvicini a Me il genere umano” (Quaderni…, II, 281) Alla recita della Coroncina Gesù ha legato la promessa generale: “Per la recita di questa Coroncina Mi piace concedere tutto ciò che Mi chiederanno” (Quaderni…, V, 124 ) Nello scopo per il quale viene recitata la Coroncina Gesù ha posto la condizione dell’efficacia di questa preghiera: “Con la Coroncina otterrai tutto, se quello che chiedi è conforme alla Mia Misericordia”  (Quaderni…, VI, 93). In altre parole, il bene che chiediamo deve essere assolutamente conforme alla volontà di Dio. Gesù ha promesso chiaramente di concedere grazie eccezionalmente grandi a quelli che reciteranno la Coroncina.

PROMESSA GENERALE :

Per la recita di questa coroncina Mi piace concedere tutto cio’ che Mi chiederanno.

PROMESSE PARTICOLARI :

1) Chiunque reciterà la Coroncina alla Divina Misericordia otterrà tanta misericordia nell’ora della morte – cioè la grazia della conversione e la morte in stato di grazia – anche se si trattasse del peccatore più incallito e la recita una volta sola….(Quaderni…, II, 122)

2)Quando verrà recitata vicino agli agonizzanti, mi metterò fra il Padre e l’anima agonizzante non come giusto Giudice, ma come Salvatore misericordioso.Gesù ha promesso la grazia della conversione e della remissione dei peccati agli agonizzanti in conseguenza della recita della Coroncina da parte degli stessi agonizzanti o degli altri (Quaderni…, II, 204 – 205)

3) Tutte le anime che adoreranno la Mia Misericordia e reciteranno la Coroncina nell’ora della morte non avranno paura. La Mia Misericordia li proteggerà in quell’ultima lotta (Quaderni…, V, 124).

Poiché queste tre promesse sono molto grandi e riguardano il momento decisivo del nostro destino, Gesù rivolge proprio ai sacerdoti un appello affinché consiglino ai peccatori la recita della Coroncina alla Divina Misericordia come ultima tavola di salvezza .

Con essa otterrai tutto, se quello che chiedi è conforme alla Mia volontà.

L’ora della Misericordia

Nell’ottobre 1937 a Cracovia, in circostanze non meglio specificate da Suor Faustina, Gesù ha raccomandato di onorare l’ora della propria morte, che lui stesso ha chiamato “un’ora di grande misericordia per il mondo intero” (Q. IV pag. 440). “In quell’ora – ha detto successivamente – fu fatta grazia al mondo intero, la misericordia vinse la giustizia” (Q V, pag. 517).

Gesù ha insegnato a suor Faustina come celebrare l’ora della Misericordia e ha raccomandato di:

  • invocare la misericordia di Dio per tutto il mondo, soprattutto per i peccatori;
  • meditare la Sua passione, soprattutto l’abbandono nel momento dell’agonia e, in quel caso ha promesso la grazia della comprensione del suo valore.
  • Consigliava in modo particolare: “in quell’ora cerca di fare la Via Crucis, se i tuoi impegni lo permettono e se non puoi fare la Via crucis entra almeno per un momento in cappella ed onora il mio Cuore che nel SS.mo Sacramento è pieno di misericordia. E se non puoi andare in cappella, raccogliti in preghiera almeno per un breve momento là dove ti trovi” (Q V, pag. 517).

Gesù ha fatto notare tre condizioni necessarie perché le preghiere in quell’ora siano esaudite:

  • la preghiera deve essere diretta a Gesù e dovrebbe aver luogo alle tre del pomeriggio;
  • deve riferirsi ai meriti della Sua dolorosa passione.

In quell’ora – dice Gesù – non rifiuterò nulla all’anima che Mi prega per la Mia Passione(Q IV, pag. 440). Bisogna aggiungere ancora che l’intenzione della preghiera deve essere in accordo con la Volontà di Dio, e la preghiera deve essere fiduciosa, costante e unita alla pratica della carità attiva verso il prossimo, condizione di ogni forma del Culto della Divina Misericordia

Gesù a Santa Maria Faustina Kowalska

 

 

 

 

Le Preghiere più Importanti da Recitare tutti i giorni

pregare-Dio
Pregando con fiducia e con amore,praticando il digiuno e l’astinenza e andando regolarmente a Messa(confessandosi e prendendosi la comunione se permesso), l’anima è protetta dalle insidie di satana dalla Santissima Trinità, attraverso l’Intercessione di Maria Santissima e anche attraverso l’intercessione dei Santi e Angeli ed Arcangeli. 

Consiglio di recitare Tutte queste preghiere nell’arco della giornata, se possibile, non tralasciando MAI almeno le più Importanti: Pater, Ave Maria, Gloria.

Preghiere del Mattino: appena svegli, prima di fare colazione, quando possibile, recitare il Credo, Pater, Ave Maria, Gloria, Preghiera di Fatima, Salve Regina, Preghiera al Cuore Immacolato di Maria, Atto d’Amore, Angelo di Dio [ Atto di Fede, Atto di Speranza, Magnificat, Suub Tuum Praesidium, Preghiera a San Michele Arcangelo, Preghiera a San Giuseppe anche durante la giornata se non è possibile appena svegli]

Preghiere della Sera: prima di coricarsi, cercare di recitare almeno il Pater, Ave Maria e Gloria, chiedendo Perdono al Signore per le proprie mancanze e per i propri peccati commessi durante il giorno( andandole a confessare quanto prima vi sarà possibile al sacerdote), Recitando un’Atto di Dolore. Ringraziate il Vostro Angelo Custode con una Preghiera (Angelo di Dio) e chiedetegli di vegliare nei vostri sogni. Ricordatevi sempre, come appena svegli, di recitare l’Atto d’Amore. Recitate Infine l’Eterno Riposo ai vostri cari defunti. Ovviamente ripetere le preghiere del Credo, e le altre recitate durante il giorno è sempre Buono per la propria e l’anima degli altri.

IL CREDO 

Credo in un solo Dio, Padre Onnipotente, creatore del cielo e della terra,
di tutte le cose visibili e invisibili.
Credo in un solo Signore Gesù Cristo unigenito figlio di Dio nato dal Padre prima di tutti i secoli. Dio da Dio, Luce da Luce, Dio vero da Dio vero,
generato, non creato, dalla stessa sostanza del Padre.
Per mezzo di Lui tutte le cose sono state create.
Per noi uomini e per la nostra salvezza discese dal cielo e per opera dello Spirito Santo si è incarnato nel seno della Vergine Maria e si è fatto uomo.
Fu crocifisso per noi sotto Ponzio Pilato, morì e fu sepolto e il terzo giorno è resuscitato secondo le Scritture ed è salito al Cielo e siede alle destra del Padre e di nuovo verrà nella gloria per giudicare i vivi e i morti ed il suo Regno non avrà fine.
Credo nello Spirito Santo che è Signore e dà la vita e procede dal Padre e dal Figlio e con il Padre ed il Figlio è adorato e glorificato e ha parlato per mezzo dei profeti.
Credo la Chiesa una, santa, cattolica e apostolica.
Professo un solo battesimo per il perdono dei peccati e aspetto la resurrezione dei morti e la vita del mondo che verrà. Amen

 

 ATTO D’AMORE (*)

Gesù, Maria, Vi amo!
Salvate le anime dei sacerdoti, salvate le anime.
Ve lo chiediamo supplichevoli,
e concedeteci di poter ripetere quest’Atto d’Amore
MILLE VOLTE(**) ad ogni palpito, ad ogni respiro.

ATTO DI DOLORE

Mio Dio,
mi pento e mi dolgo con tutto il cuore dei miei peccati,
perché peccando ho meritato i tuoi castighi
e molto più perché ho offeso te,
infinitamente buono
e degno di essere amato sopra ogni cosa.
Propongo con il tuo santo aiuto di non offenderti mai più
e di fuggire le occasioni prossime di peccato.
Signore,
misericordia,
perdonami.

ATTO DI FEDE

Mio Dio, perché sei verità infallibile, credo tutto quello che tu hai rivelato e la santa Chiesa ci propone a credere. Credo in Te, unico vero Dio in tre Persone uguali e distinte, Padre, Figlio e Spirito Santo. Credo in Gesù Cristo, Figlio di Dio incarnato, morto e risorto per noi, il quale darà a ciascuno, secondo i meriti, il premio o la pena eterna. Conforme a questa fede voglio sempre vivere. Signore, accresci la mia fede.

ATTO DI SPERANZA

Mio Dio, spero dalla tua bontà, per le tue promesse e per i meriti di Gesù Cristo, nostro Salvatore, la vita eterna e le grazie necessarie per meritarla con le buone opere, che io debbo e voglio fare. Signore, che io possa goderti in eterno.

ATTO DI CARITÀ

 Mio Dio, ti amo con tutto il cuore sopra ogni cosa, perché sei bene infinito e nostra eterna felicità; e per amor tuo amo il prossimo come me stesso, e perdono le offese ricevute. Signore, che io ti ami sempre più.

PADRE NOSTRO

Padre Nostro che sei nei Cieli,
sia santificato il tuo nome,
venga il tuo regno e sia fatta la tua volontà come in Cielo così in terra.
Dacci oggi il nostro pane quotidiano e rimetti a noi i nostri debiti come noi li rimettiamo ai nostri debitori
e non ci indurre in tentazione ma liberaci dal male.
Amen

 

GLORIA

Gloria al Padre, al Figlio ed allo Spirito Santo,
come era nel principio e ora e sempre
nei secoli dei secoli.
Amen

AVE MARIA

Ave o Maria, piena di Grazia,
il Signore è con te.
Tu sei la benedetta fra le donne e benedetto il frutto del tuo seno Gesù. Santa Maria, Madre di Dio,
prega per noi peccatori adesso e nell’ora della nostra morte.
Amen

PREGHIERA DI FATIMA

Gesù mio,
Perdona le nostre colpe,
Preservaci dal fuoco dell’inferno,
Porta in Cielo tutte le anime,
specialmente le più bisognose della Tua Misericordia.


SALVE REGINA

Salve Regina, Madre di Misericordia,
vita dolcezza e speranza nostra, salve.
A Te ricorriamo noi esuli figli di Eva;
a Te sospiriamo gementi a piangenti in questa valle di lacrime.
Orsù dunque, Avvocata nostra,
rivolgi a noi gli occhi tuoi misericordiosi
e mostraci dopo questo esilio Gesù,
il frutto benedetto del Tuo seno.
O Clemente, o Pia, o Dolce Vergine Maria.

 

PREGHIERA AL CUORE IMMACOLATO DI MARIA

O Cuore Immacolato di Maria, colmo di bontà,
mostra il Tuo amore verso di noi.
La fiamma del Tuo Cuore, o Maria, scenda su tutti gli uomini.
Noi Ti amiamo immensamente.
Imprimi nei nostri cuori il vero amore
così che abbiamo un continuo desiderio di Te.
O Maria, mite e umile di cuore,
ricordati di noi quando pecchiamo.
Tu sai che tutti gli uomini peccano.
Donaci, per mezzo del Tuo Immacolato e Materno Cuore,
di guarire da ogni malattia spirituale.
Fa’ che sempre possiamo guardare la bontà del Tuo Cuore Materno
e che ci convertiamo per mezzo della fiamma del Tuo Cuore.


SUB TUUM PRAESIDIUM

Sotto la Tua Protezione cerchiamo rifugio, Santa Madre di Dio; non disprezzare le suppliche di noi che siamo nella prova, ma liberaci da ogni pericolo, o Vergine Gloriosa e Benedetta.

PREGHIERA A SAN MICHELE

San Michele Arcangelo, difendici nella battaglia; sii nostro aiuto contro la malvagità e le insidie del diavolo. Che Dio eserciti su di lui il suo dominio, Te ne preghiamo supplichevoli: e Tu, o Principe della Milizia Celeste, col Divino Potere ricaccia nell’inferno satana e gli altri spiriti maligni che si aggirano per il mondo per perdere le anime. Amen.

 

ANGELO DI DIO

Angelo di Dio
che sei il mio custode,
illumina, custodisci, reggi e governa a me
che ti fui affidato dalla Pietà Celeste.
Amen

MAGNIFICAT

L’anima mia magnifica il Signore
e il mio spirito esulta in Dio, mio salvatore,
perché ha guardato l’umiltà della sua serva.
D’ora in poi tutte le generazioni mi chiameranno beata.
Grandi cose ha fatto per me l’Onnipotente
e Santo è il suo nome;
di generazione in generazione la sua misericordia
per quelli che lo temono.
Ha spiegato la potenza del suo braccio,
ha disperso i superbi nei pensieri del loro cuore;
ha rovesciato i potenti dai troni,
ha innalzato gli umili;
ha ricolmato di beni gli affamati,
ha rimandato i ricchi a mani vuote.
Ha soccorso Israele, suo servo,
ricordandosi della sua misericordia,
come aveva detto ai nostri padri,
per Abramo e la sua discendenza, per sempre.

GESÙ, GIUSEPPE E MARIA

Gesù, Giuseppe e Maria,
Vi dono il cuore e l’anima mia.
Gesù, Giuseppe e Maria,
assistetemi nella mia agonia.
Gesù, Giuseppe e Maria,
spiri in Pace con Voi l’anima mia.

PREGHIERA A SAN GIUSEPPE

A Te, o Beato Giuseppe, stretti dalla tribolazione ricorriamo, e fiduciosi invochiamo il Tuo Patrocinio dopo quello della Tua Santissima Sposa. Per quel Sacro Vincolo di Carità che Ti strinse all’Immacolata Vergine Madre di Dio, e per l’amore paterno che portasTi al fanciullo Gesù, Riguarda, Te ne preghiamo, con occhio benigno la cara eredità che Gesù Cristo acquistò col suo sangue, e con il Tuo Potere ed Aiuto sovvieni ai nostri bisogni. Proteggi, o provvido custode della Divina Famiglia, l’eletta prole di Gesù Cristo; allontana da noi, o Padre Amantissimo, la peste di errori e di vizi che ammorba il mondo; assistici propizio dal cielo in questa lotta col potere delle tenebre, o nostro Fortissimo Protettore; e come un tempo salvasti dalla morte la minacciata vita del Bambino Gesù, così ora difendi la Santa Chiesa di Dio dalle ostili insidie e da ogni avversità, e stendi su ciascuno di noi il Tuo Patrocinio, affinché col Tuo esempio e con il Tuo soccorso possiamo virtuosamente vivere, piamente morire e conseguire l’eterna beatitudine in cielo.
Amen.

ETERNO RIPOSO

L’Eterno riposo
Dona loro o Signore
e splenda ad essi la Luce Perpetua,
riposino in Pace.
Amen

(*)

L’ATTO D’AMORE “GESU’ MARIA VI AMO,SALVATE LE ANIME” DETTATO DA GESU’ A SUOR CONSOLATA BETRONE

 

“Disse un giorno Gesù a Suor Josepha Menendez:
« Ogni piccolo sacrificio offerto a me con amore, diventa nelle mie mani mezzo per Salvare qualche anima ».
Intuì un giorno queste verità la piccola Suor Teresa del Bambino Gesù: essa, credendo che si poteva raggiungere la santità soltanto facendo grandi penitenze, s’era messa a farle.
Ma, caduta poco dopo ammalata, ebbe proibito dalla superiora di fare qualunque penitenza. La santa a principio si mise a piangere, pensando che non avrebbe più potuto raggiungere la santità; ma poco dopo intuì che avrebbe potuto raggiungere lo stesso effetto facendo innumerevoli piccoli sacrifici e facendo tutto con grande amore. E cosi fece; e divenne la santa che è.

 

Valore dell’atto d’amore

a) Un atto d’amore di Dio è l’azione più grande e più preziosa che possa essere compiuta in terra; e nello stesso tempo è la cosa più semplice. Basta dire o anche solo pensare:
«Mio Dio, ti amo»; oppure «Gesù mio, ti amo!».
Il più piccolo atto di perfetto amore di Dio ha maggiore importanza agli occhi di Dio, maggiore utilità per la Chiesa e per l’anima stessa che lo fa di tutte le altre opere puramente esteriori messe insieme (S. Giovanni della Croce).

 

b) Un atto di perfetto amore di Dio riconcilia immediatamente l’anima con Dio, anche la più aggravata di peccati, ancora prima dell’assoluzione sacramentale, purché si abbia la volontà di confessarsi (Conc. Trid. sess. 14-4).

 

c) Ogni atto d’amore di Dio ci merita un aumento di grazia santificante, e quindi di gloria in cielo.

 

d) L’atto d’amore di Dio, semplicemente interno, oppure esterno a modo di giaculatoria, purché sia sempre vivificato dall’amore interno, è l’azione più facile e più breve che si possa fare, senza che alcuno se ne accorga, in ogni momento e in ogni circostanza; basta un attimo di tempo. Dio e sempre presente in attesa affettuosa di ricevere dal cuore della sua creatura questa espressione di amore.

 

e) L’atto d’amore di Dio può essere accompagnato da un forte sentimento e da un forte trasporto interno; può anche essere fatto senza sentire assolutamente nulla; ed ha lo stesso valore. Per amare Dio basta soltanto volerlo amare. Amare non è sentire di amare, ma voler amare.
Quando il missionario o la missionaria curano il lebbroso, anche se non sentono simpatia per lui, anche se sentono tanto ribrezzo per le sue piaghe, esercitano un amore purissimo.

 

f) L’anima più semplice e oscura che fa più atti di amore di Dio, e molto più utile alle anime e alla Chiesa di chi opera azioni grandiose con meno amore.
g) L’atto frequente d’amore è il mezzo più efficace: per santificarci; per convertire i peccatori; per salvare i moribondi; per liberare le anime del purgatorio; per sollevare gli afflitti; per aiutare i sacerdoti; per frenare il potere di Satana; per aiutare le anime e la Chiesa; per evitare il peccato; per vincere le tentazioni. Moltiplicare durante la giornata tali atti d’amore, significa far diventare preziosissima la nostra vita, anche se esteriormente inutile. Un atto d’amore di Dio vale più di tutto l’oro della terra.

 

Promesse di Gesù a Suor Consolata (Suor  Consolata Betrone fu una clarissa cappuccina, morta  in concetto di santità  il 17.4.1946 nel convento di Testona a Torino)

 

Gesù le rivelò questa giaculatoria: «Gesù, Maria, vi amo; salvate le anime»; e le fece, in merito, queste promesse:

– Ricordati che un atto d’amore «Gesù, Maria, vi amo; salvate le anime» decide l’eterna salvezza di un’anima… Non perdere tempo. Ogni atto d’amore è un’anima… Solo in Paradiso ne conoscerai il valore e la fecondità per salvare le anime.

 

– Consolata, dimmi, che preghiera più bella puoi farmi? «Gesù, Maria, vi amo, salvate anime»: amore e anime. Che cosa vuoi di più bello?

 

– «Gesù, Maria, vi amo, salvate anime» comprende tutto: le anime del purgatorio, come quelle della Chiesa militante; le anime innocenti e quelle colpevoli; i moribondi, gli atei, ecc, tutte le anime.

 

– Fa’ sempre tale atto d’amore: quando siedi e quando cammini, quando lavori e quando riposi, di giorno e di notte; fallo anche solo col pensiero ad ogni respiro. In tale atto incessante d’amore c’e racchiusa tutta la santità.
– Consolata, di’ alle anime che preferisco un atto d’amore e una comunione di amore a qualunque altro dono che possono offrirmi, perché ho sete di amore. Sono venuto a portare il fuoco e cosa altro voglio se non che si accenda? (Lc. 12, 49). Consolata, di’ al mondo quanto sono buono e materno, e come dalle mie creature io chiedo solo e sempre amore. Oh, potessi scendere in ogni cuore e versarvi a torrenti le tenerezze del mio amore!
Io bramo essere servito dalle mie creature per amore. Ora evitare il peccato per timore dei miei castighi non è quello che bramo. Io voglio essere amato, io voglio l’amore dalle mie creature; quando mi ameranno, non mi offenderanno più. Metti tutta l’attenzione nel dovere attuale per compierlo con tutto l’amore possibile. Trasforma tutte le cose disgustose che incontri nel cammino in roselline; raccoglile con amore e offrimile con amore; allora anche i vostri nonnulla mi diventeranno preziosi.”

(**)Consolata Betrone: “Gesù, Maria, io Vi amo! Salvate le anime!” Già allora Gesù aveva unito a tale atto d’amore la seguente Promessa: “Ogni atto d’amore è un’anima”.
Gesù chiede ora [Attraverso la Rivelazione fatta aalla mistica tedesca Justine Klotz] di pregare tale giaculatoria con l’AGGIUNTA della parola MILLE, promettendo la salvezza non solo di una, bensì di mille anime: mille ad ogni respiro, ad ogni palpito. Ecco perché Gesù definisce questa preghiera una “pila nucleare senza uguali … Cominciate sempre la giornata così e non finitela in altro modo! … La parola “mille” ve la do in dono. Mai è stato così! E’ un dono d’Amore della Mia Anima divina … Tutti vengono compresi in quest’ATTO D’AMORE. Perciò lo si deve diffondere e lasciar diffondere. –
Diventerà una fiamma gigantesca, te lo prometto. Comincia con coraggio ed aggiungi sempre il “MILLE”! Voi non vi rendete conto di ciò che operate con esso …
Questo Amore sarà il respiro di ogni anima. Riaprirò nuovamente molti cuori che già si erano irrigiditi. L’umanità è molto sprofondata. Solo la Mia Misericordia la può ancora salvare. Perciò ho dato l’ATTO D’AMORE, e non addormentarti mai senza di esso!”

I 10 Segreti di Medjugorje : dalle Interviste ai Messaggi di Maria Regina della Pace.

A pochi mesi dall’inizio delle apparizioni, la Vergine Maria ha cominciato ad affidare alcune informazioni ai veggenti di Medjugorje che non avevano il permesso di condividere con altre persone. Queste informazioni sono profezie, eventi futuri predetti dalla Vergine. All’interno del movimento di Medjugorje essi sono indicati come “segreti”, un termine che i veggenti stessi sono stati i primi a coniare.
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La Corona Angelica

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Forma della corona angelica

La corona usata per recitare la «Coroncina Angelica» è formata da nove parti, ciascuna di tre grani per le Ave Maria, preceduti da un grano per il Padre nostro. I quattro grani che precedono la medaglia con l’effigie di San Michele Arcangelo, ricordano che dopo l’invocazione ai nove Cori angelici bisogna recitare ancora quattro Padre nostro in onore dei Santi Arcangeli Michele, Ga­briele e Raffaele e del Santo Angelo custode.

 

Origine della corona angelica

Questo pio esercizio fu rivelato dall’Arcangelo Michele stesso alla serva di Dio Antonia de Astonac in Portogallo.

Il Principe degli Angeli apparendo alla Serva di Dio disse che voleva essere venerato con nove invocazioni in ricordo dei nove Cori degli Angeli.

Ogni invocazione doveva comprendere il ricordo di un Coro angelico e la recita di un Padre nostro e tre Ave Maria e con­cludersi con la recita di quattro Padre nostro: il primo in suo onore, gli altri tre in onore di S. Gabriele, S. Raffaele e degli Angeli custodi. L’Arcangelo promise ancora di ottenere da Dio che colui che l’avesse venerato con la recita di questa coroncina prima della Comunione, sarebbe stato accompagnato alla sacra Mensa da un Angelo di ciascuno dei nove Cori. A chi l’avesse recitata ogni giorno prometteva la continua particolare assistenza sua e di tutti gli Angeli santi durante la vita e in Purgatorio dopo la morte. Benché queste rivelazioni non siano ufficialmente riconosciute dalla Chiesa, tuttavia tale pia pratica si diffuse tra i devoti dell’Ar­cangelo Michele e dei santi Angeli.

La speranza di ricevere le grazie promesse è stata alimentata e sostenuta dal fatto che il Sommo Pontefice Pio IX fece arricchire di numerose indulgenze questo pio e salutare esercizio.

Credo in un solo Dio Padre onnipotente, creatore del cielo e della terra, di tutte le cose visibili ed invisibili.
Credo in un solo Signore Gesù Cristo, unigenito figlio di Dio, nato dal Padre prima di tutti i secoli.
Dio da Dio, Luce da Luce, Dio vero da Dio vero, generato non creato, della stessa sostanza del Padre.
Pper mezzo di Lui tutte le cose cono state create.
Per noi uomini e per la nostra salvezza discese dal cielo e per opera dello Spirito Santo si è incarnato nel seno della Vergine Maria e si è fatto uomo.
Fu crocifisso per noi sotto Ponzio Pilato, morì e fu sepolto.
Il terzo giorno è risuscitato secondo le scritture, è salito al cielo, siede alla destra del Padre e di nuovo verrà nella Golria per giudicare i vivi e i morti e il suo regno non avrà fine.
Credo nello Spirito Santo che è il Signore e dà la vita e procede dal Padre e dal Figlio. Con il Padre e il Figlio adorato e glorificato e ha parlato per mezzo dei profeti.
Credo la Chiesa una santa cattolica e apostolica, professo un solo battesimo per il perdono dei peccati.
Aspetto la risurrezione dei morti e la vita del mondo che verrà.
Amen.
Nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo. Amen.
O Dio, vieni a salvarmi. Signore, vieni presto in mio aiuto.
Gloria al Padre e al Figlio e allo Spirito Santo. Come era nel principio ora e sempre, nei secoli dei secoli. Amen.

S. Michele Arcangelo, difendici nella lotta, per essere salvati nell’estremo giudizio

1a Invocazione

Ad intercessione di S. Michele e del celeste coro dei Serafini, ci renda il Signore degni della fiamma di perfetta carità. Pater, tre Ave al 1° Coro Angelico.

2a invocazione

Ad intercessione di S. Michele Arcangelo e del Coro celeste dei Cherubini, voglia il Signore darci la grazia di abbandonare la vita del peccato e correre in quella della cristiana perfezione. Pater, tre Ave al 2° Coro Angelico.

3a invocazione

Ad intercessione di S. Michele Arcangelo e del sacro Coro dei Troni, infonda il Signore nei nostri cuori lo spirito di vera e sincera umiltà. Pater, tre Ave al 3° Coro Angelico.

4a invocazione

Ad intercessione di S. Michele Arcangelo e del coro celeste delle Dominazioni, ci dia grazia il Signore di dominare i nostri sensi e correggere le corrotte passioni. Pater, tre Ave al 4° Coro Angelico.

5a invocazione

Ad intercessione di S. Michele e del celeste Coro delle Potestà, il Signore si degni di proteggere le anime nostre dalle insidie e tentazioni del demonio. Pater, tre Ave al 5° Coro Angelico.

6a invocazione

Ad intercessione di S. Michele e del Coro delle ammirabili Virtù celesti, non permetta il Signore che cadiamo nelle tentazioni, ma ci liberi dal male. Pater, tre Ave al 6° Coro Angelico.

7a invocazione

Ad intercessione di S. Michele e del Coro celeste dei Principati, riempia Dio le anime nostre dello spirito di vera e sincera obbe­dienza. Pater, tre Ave al 7° Coro Angelico.

8a invocazione

Ad intercessione di S. Michele e del Coro celeste degli Arcange­li, ci conceda il Signore il dono della perseveranza nella fede e nelle opere buone. Pater, tre Ave al 8° Coro Angelico.

9a invocazione

Ad intercessione di S. Michele e del Coro celeste di tutti gli An­geli, si degni il Signore concederci di essere da essi custoditi nella vita presente e poi introdotti nella gloria dei cieli.Pater, tre Ave al 9° Coro Angelico.

Un Padre nostro a San Michele.
Un Padre nostro a San Gabriele.
Un Padre nostro a San Raffaele.
Un Padre nostro allAngelo Custode.

 

LITANIE A SAN MICHELE ARCANGELO

Signore, pietà
Cristo, pietà
Signore, pietà
Cristo, ascoltaci
Cristo, esaudiscici
Padre celeste, Dio, Abbi pietà di noi
Figlio redentore del mondo, Dio, Abbi pietà di noi
Spirito Santo, Dio, Santa Trinità, unico Dio, Abbi pietà di noi
Santa Maria, Prega per noi
San Michele Arcangelo, Prega per noi
San Michele, Principe dei Serafini, Prega per noi
San Michele, ambasciatore del Signore Dio d’Israele, Prega per noi
San Michele, assessore della Santissima Trinità, Prega per noi
San Michele, preposto del Paradiso, Prega per noi
San Michele, chiarissima stella dell’ordine Angelico, Prega per noi
San Michele, mediatore delle divine Grazie, Prega per noi
San Michele, sole splendissimo di carità, Prega per noi
San Michele, primo modello di umiltà, Prega per noi
San Michele, esempio di mansuetudine, Prega per noi
San Michele, prima fiamma di ardentissimo zelo, Prega per noi
San Michele, degno di ammirazione, Prega per noi
San Michele, degno di venerazione, Prega per noi
San Michele, degno di lode, Prega per noi
San Michele, ministro della divina clemenza, Prega per noi
San Michele, duce fortissimo, Prega per noi
San Michele, dispensatore di gloria, Prega per noi
San Michele, consolatore degli sfiduciati, Prega per noi
San Michele, Angelo di pace, Prega per noi
San Michele, consolatore degli animi, Prega per noi
San Michele, guida degli erranti, Prega per noi
San Michele, sostegno di coloro che sperano, Prega per noi
San Michele, custode di chi ha Fede, Prega per noi
San Michele, protettore della Chiesa, Prega per noi
San Michele, dispensatore generoso, Prega per noi
San Michele, rifugio dei poveri, Prega per noi
San Michele, sollievo degli oppressi, Prega per noi
San Michele, vincitore dei demoni, Prega per noi
San Michele, nostra fortezza, Prega per noi
San Michele, nostro rifugio, Prega per noi
San Michele, duce degli Angeli, Prega per noi
San Michele, conforto dei Patriarchi, Prega per noi
San Michele, luce dei Profeti, Prega per noi
San Michele, guida degli Apostoli, Prega per noi
San Michele, sollievo dei Martiri, Prega per noi
San Michele, letizia dei Confessori, Prega per noi
San Michele, custode delle Vergini, Prega per noi
San Michele, onore di tutti i Santi, Prega per noi
Agnello di Dio, che togli i peccati del mondo, perdonaci, Signore.
Agnello di Dio, che togli i peccati del mondo, esaudiscici, Signore.
Agnello di Dio, che togli i peccati del mondo, abbi pietà di noi.
PREGHIAMO O Signore, la potente intercessione del tuo Arcangelo Michele, ci protegga sempre e in ogni luogo; ci liberi da ogni male e ci conduca alla vita eterna.

Oppure

PREGHIAMO Onnipotente, sempiterno Dio, che con prodigio di bontà e mi­sericordia, per la salvezza degli uomini hai eletto a Principe della tua Chiesa il glorioso San Michele, concedici, mediante la sua benefica protezione, di essere liberi da tutti i nostri spirituali ne­mici. Nell’ora della nostra morte non ci molesti l’antico avversa­rio, ma sia il tuo Arcangelo Michele a condurci alla presenza del­la tua divina Maestà. Amen.

Per Cristo nostro Signore. Amen.

Santi Angeli e Arcangeli, difendeteci. Amen.

 

CONSACRAZIONE A SAN MICHELE ARCANGELO

Principe nobilissimo delle Gerarchie angeliche, valoroso guerriero dell’Altissimo, amatore zelante della gloria del Signore, terrore degli angeli ribelli, amore e delizia di tutti gli angeli giusti, mio dilettissimo Arcangelo San Michele, poiché io desidero di essere contato nel numero dei devoti e dei tuoi servi, oggi io come tale mi offro, mi dono e mi consacro a te, e pongo me stesso, la mia famiglia e quanto mi appartiene sotto la tua potentissima protezione. E’ piccola l’offerta della mia servitù, poiché sono un miserabile, peccatore. Ma tu gradisci l’affetto del mio cuore. Ricordati inoltre che se da oggi in avanti sono sotto il tuo patrocinio, tu devi assistermi in tutta la  mia vita e procurarmi il perdono dei miei molti e gravi peccati, la grazia di amare di cuore il mio Dio, il mio caro Salvatore Gesù e la mia dolce Madre Maria, ed impetrarmi quegli aiuti che mi sono necessari per arrivare alla corona della gloria. Difendimi sempre dai nemici dell’anima mia specialmente nel punto estremo della mia vita. Vieni, allora, o Principe gloriosissimo, ed assistimi nell’ultima lotta. Con la tua arma potente respingi lontano da me nell’abisso dell’inferno quell’angelo prevaricatore e superbo che un giorno hai prostrato nel combattimento in cielo. Amen.

 

 

DISCORSO DI GIOVANNI PAOLO II
ALLA POPOLAZIONE DI MONTE SANT’ANGELO

Monte Sant’Angelo (Foggia)
Domenica, 24 maggio 1987

 

Carissimi fratelli e sorelle!

  1. Sono lieto di trovarmi in mezzo a voi all’ombra di questo Santuario di San Michele Arcangelo, che da quindici secoli è meta di pellegrinaggi e punto di riferimento per quanti cercano Dio e desiderano mettersi alla sequela di Cristo, per mezzo del quale « sono state create tutte le cose, quelle nei cieli e quelle sulla terra, quelle visibili e quelle invisibili: Troni, Dominazioni, Principati e Potestà » [1].

Saluto cordialmente tutti voi, pellegrini, qui venuti dai paesi che circondano questo magnifico promontorio del Gargano, che offre allo sguardo del visitatore scorci deliziosi col suo paesaggio dolce, fiorito e con caratteristici gruppi di ulivi contorti sopra la roccia. Saluto in particolare le Autorità civili e religiose, che hanno contribuito a rendere possibile questo incontro pastorale; saluto l’Arcivescovo di Manfredonia, Monsignor Valentino Vailati, a cui va il mio ringraziamento per le parole con le quali ha voluto introdurre questa manifestazione di fede. Saluto anche e soprattutto i Padri Benedettini dell’Abbazia di Montevergíne, che hanno la cura spirituale di questo Santuario. Ad essi, ed in special modo al loro Abate Dom Tommaso Agostino Gubitosa, esprimo la mia gratitudine per l’animazione cristiana e per il clima spirituale che assicurano a quanti vengono qui per ritemprare il loro spirito alle sorgenti della fede.

  1. A questo luogo, come già fecero in passato tanti miei Predecessori nella cattedra di Pietro, sono venuto anch’io per godere un istante dell’atmosfera propria di questo Santuario, fatta di silenzio, di preghiera e di penitenza; sono venuto per venerare ed invocare l’Arcangelo San Michele, perché protegga e difenda la Santa Chiesa, in un momento in cui è difficile rendere un’autentica testimonianza cristiana senza compromessi e senza accomodamenti.

Fin da quando Papa Gelasio I concesse, nel 493, il suo assenso alla dedicazione della grotta delle apparizioni dell’Arcangelo San Michele a luogo di culto e vi compì la sua prima visita, concedendo l’indulgenza del « Perdono angelico », una serie di Romani Pontefici si mise sulle sue orme per venerare questo luogo sacro. Tra essi si ricordano Agapito I, Leone IX, Urbano II, Innocenzo II, Celestino III, Urbano VI, Gregorio IX, San Pietro Celestino e Benedetto IX. Anche numerosi Santi sono venuti qui per attingere forza e conforto. Ricordo San Bernardo, San Guglielmo da Vercelli, fondatore dell’Abbazia di Montevergine, San Tommaso d’Aquino, Santa Caterina da Siena; tra queste visite è rimasta giustamente celebre ed è tuttora viva quella compiuta da San Francesco d’Assisi, che venne qui in preparazione alla Quaresima del 1221. La tradizione dice che egli, ritenendosi indegno di entrare nella grotta sacra, si sarebbe fermato all’ingresso, incidendo un segno di croce su una pietra.

Questa viva e mai interrotta frequentazione di pellegrini illustri ed umili che dall’alto Medioevo fino ai nostri giorni ha fatto di questo Santuario un luogo di incontro di preghiera e di riaffermazione della fede cristiana, dice quanto la figura dell’Arcangelo Michele, che è protagonista in tante pagine dell’Antico e del Nuovo Testamento, sia sentita ed invocata dal popolo e quanto la Chiesa abbia bisogno della sua celeste protezione: di lui, che viene presentato nella Bibbia come il grande lottatore contro il Dragone, il capo dei Demoni. Leggiamo nell’Apocalisse: « Allora avvenne una guerra nel Cielo: Michele e i suoi angeli combattevano contro il Dragone. Il Dragone combatteva insieme con i suoi angeli, ma non prevalsero e non ci fu posto per essi nel cielo. Il grande Dragone, il Serpente antico, colui che chiamiamo il Diavolo e Satana e che seduce tutta la terra, fu precipitato sulla terra e con lui furono precipitati anche i suoi angeli » [2]. L’autore sacro ci presenta in questa drammatica descrizione la vicenda della caduta del primo Angelo, che fu sedotto dall’ambizione di diventare « come Dio ». Di qui la reazione dell’Arcangelo Michele, il cui nome ebraico « Chi come Dio? », rivendica l’unicità di Dio e la sua inviolabilità.

  1. Per quanto frammentarie, le notizie della Rivelazione sulla personalità ed il ruolo di San Michele sono molto eloquenti. Egli è l’Arcangelo [3] che rivendica i diritti inalienabili di Dio. È uno dei principi del Cielo eletto alla custodia del Popolo di Dio [4], da cui uscirà il Salvatore. Ora il nuovo popolo di Dio è la Chiesa. Ecco la ragione per cui Essa lo considera come proprio protettore e sostenitore in tutte le sue lotte per la difesa e la diffusione del regno di Dio sulla terra. È vero che « le porte degli inferi non prevarranno », secondo l’assicurazione del Signore [5], ma questo non significa che siamo esenti dalle prove e dalle battaglie contro le insidie del maligno.

In questa lotta, l’Arcangelo Michele è a fianco della Chiesa per difenderla contro tutte le nequizie del secolo, per aiutare i credenti a resistere al Demonio che « come leone ruggente va in giro cercando chi divorare » [6].

Questa lotta contro il Demonio, che contraddistingue la figura dell’Arcangelo Michele, è attuale anche oggi, perché il Demonio è tuttora vivo ed operante nel mondo. Infatti il male che è in esso, il disordine che si riscontra nella società, l’incoerenza dell’uomo, la frattura interiore della quale è vittima non sono solo le conseguenze del peccato originale, ma anche effetto dell’azione infestatrice ed oscura del Satana, di questo insidiatore dell’equilibrio morale dell’uomo, che San Paolo non esita a chiamare « il dio di questo mondo » [7], in quanto si manifesta come astuto incantatore, che sa insinuarsi nel gioco del nostro operare per introdurvi deviazioni tanto nocive, quanto all’apparenza conformi alle nostre istintive aspirazioni. Per questo l’Apostolo delle Genti mette i cristiani in guardia dalle insidie del Demonio e dei suoi innumerevoli satelliti, quando esorta gli abitanti di Efeso a rivestirsi « dell’armatura di Dio per poter affrontare le insidie del Diavolo, poiché la nostra lotta non è soltanto col sangue e con la carne, ma contro i Principati e le Potestà, contro i Dominatori delle tenebre, contro gli spiriti maligni dell’aria » [8].

A questa lotta ci richiama la figura dell’Arcangelo San Michele, a cui la Chiesa sia in Oriente che in Occidente non ha mai cessato di tributare un culto speciale. Come è noto, il primo Santuario a lui dedicato sorse a Costantinopoli per opera di Costantino: è il celebre Michaëlion, a cui fecero seguito in quella nuova Capitale dell’Impero altre numerose Chiese dedicate all’Arcangelo. In Occidente il culto di San Michele, fin dal V secolo, si era diffuso in molte città come Roma, Milano, Piacenza, Genova, Venezia; e, tra tanti luoghi di culto, certamente il più famoso è questo del monte Gargano. L’Arcangelo è rappresentato sulla porta bronzea, fusa a Costantinopoli nel 1076, nell’atto di abbattere l’infernale Dragone. È questo il simbolo col quale l’arte ce lo rappresenta e la liturgia ce lo fa invocare. Tutti ricordano la preghiera che anni fa si recitava al termine della Santa Messa: « Sancte Michaël Archangele, defende nos in proelio »; tra poco, la ripeterò a nome di tutta la Chiesa.

E prima di elevare tale preghiera, imparto a tutti voi qui presenti, ai vostri familiari ed a tutte le persone care la mia Benedizione, che estendo anche a quanti soffrono nel corpo e nello spirito.

[1] Col. 1, 16.

[2] Apoc. 12, 7-9.

[3] Cfr. Iud. 1, 9.

[4] Cfr. Dan. 12, 1.

[5] Matth. 16, 18.

[6] 1 Petr. 5, 8.

[7] 2 Cor. 4, 4.

[8] Eph. 6, 11-12.

 

 

 

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Preghiera per la SALVEZZA dei Moribondi dalla Dannazione Eterna.

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Si potrebbero salvare dall’inferno molte anime se mattino e sera si recitasse questa preghiera indulgenziale con tre Ave Maria per coloro che muoiono il giorno stesso.

PER COLORO CHE MUOIONO OGNI GIORNO

“O Misericordiosissimo Gesù, che bruciate di un sì ardente amore per le anime, Vi scongiuro, per l’agonia del Vostro Santissimo Cuore e per i dolori della Vostra Madre Immacolata, di purificare con il Vostro Sangue tutti i peccatori della terra che sono in agonia e che devono morire oggi stesso, Cuore agonizzante di Cristo, abbiate pietà dei morenti”

Tre Ave Maria

SENTIMENTI DI MARIA SANTISSIMA ADDOLORATA
Quando ricevette nelle braccia il Suo diletto Figlio.
O fonte inesausta di verità, come Ti sei disseccato!
O saggio dottor degli uomini, come t’e ne stai taciturno!
O splendore di eterna luce, come Ti estinto!
O verace amore, come mai la tua bella faccia è divenuta deforme!
O altissima divinità, come Ti fai vedere a me in tanta povertà.
O amore del mio cuore, quanto è grande la Tua bontà!
O delizia eterna del mio cuore, quanto eccessivi e molteplici sono stati i Tuoi dolori!

Signor mio Gesù Cristo, che hai comune col Padre e con lo Spirito Santo una sola e medesima natura,
abbi pietà di ogni creatura e principalmente delle anime del Purgatorio! Così sia.

Cinque Credo, una Salve Regina ed un Pater Ave e Gloria secondo la intenzione del Sommo Pontefice ed un Eterno riposo.

(Questa devozione, che si trovò in una cappella di Polonia sopra tabella è stata approvata da Innocenzio XI, il quale concesse la liberazione di quindici anime del Purgatorio ogni volta che si reciterà. Lo stesso fu confermata da Clemente III. La stessa liberazione (di quindici anime del Purgatorio) ogni volta che si reciterà questa orazione, fu confermata da benedetto XIV con indulgenza plenaria. La stessa concessione fu confermata da Pio IX con l’aggiunta di altri 100 giorni d’indulgenza. Data nel dicembre 1847.)

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La Passione: Testimonianza di Catalina Rivas

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La Passione: Testimonianza di Catalina Rivas

IMPRIMATUR
2 Aprile 1998
Monsignor
René Fernandez APAZA
Arcivescovo di Cochabamba – Bolivia
Arcivescovado di Cochabamba
Casilia 129
COCHABAMBA – BOLIVIA

Tel. 042 . 56562/3 Fax 042 . 50522
· Apostolato della Nuova Alleanza.
· Gruppo internazionale della Pace.
· Centro Maria Regina della Pace.

Abbiamo letto i libri di Catalina. Siamo certi che il loro unico scopo è quello di condurci tutti sul
cammino di una autentica spiritualità, la cui sorgente è il Vangelo di Cristo.
Mettono ugualmente in evidenza il posto speciale accordato alla Santissima Vergine Maria, Modello
d’Amore e Discepola di Gesù Cristo, nella quale, noi, che siamo suoi figli, dobbiamo deporre tutta la
nostra fiducia e il nostro amore.
Rinnovando il nostro amore e la nostra devozione alla Santa Chiesa Cattolica, ci illuminano sulle
azioni che dovrebbero distinguere i Cristiani veramente impegnati.
Per tutte queste ragioni, io autorizzo la loro stampa e la loro diffusione, raccomandandoli come testi di
“meditazione e di orientamento spirituale”, con lo scopo di ottenere numerosi frutti da parte del Signore,
che ci chiama a salvare le Anime, mostrando loro che Egli è un Dio Vivo, pieno d’Amore e di
Misericordia.

Monsignor
René Fernandez APAZA
Arcivescovo di Cochabamba

Meditazione sulla Sofferenza,Paura, Disobbedienza Umana, Dettati da Gesù alla mistica Catalina Rivas

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Riporto alcuni dei Temi trattati dal Signore nelle Rivelazioni di Gesù alla Mistica Catalina Rivas (Cochabamba – Bolivia), nel 1996. Per chi non lo sapesse, Catalina Rivas oltre che ad avere “locuzioni interiori” che le permettevano di sentire con l’anima le parole di Maria e Gesù Santissimi, dei Santi e degli Angeli, aveva ricevuto il Dono della Sofferenza di Gesù Cristo attraverso le Piaghe e le Stimmate, e assisteva a delle Apparizioni particolarissime, dove Contemplava i Grandi Misteri di Dio Onnipotente, attraverso le Rivelazioni. 

I Temi qui elencati sono presenti nel libro “La Porta del Cielo” con Imprimatur del Monsignor René Fernandez Apaza, Arcivescovo di Cochabamba (Bolivia), pur non essendo ancora riconosciuta dalla Chiesa Cattolica, la Quale ha disposto degli accertamenti e sono tutt’ora in corso.

Lo stesso Mons. René Fernandez Apaza scrive nell’Imprimatur del 2 Aprile 1998:

Apostolato della Nuova Alleanza
Gruppo internazionale della Pace
Centro Maria Regina della Pace

Abbiamo letto i libri di Catalina. Siamo certi che il loro unico scopo è quello di condurci tutti sul
cammino di una autentica spiritualità, la cui sorgente è il Vangelo di Cristo.
Mettono ugualmente in evidenza il posto speciale accordato alla Santissima Vergine Maria, modello
d’amore e discepola di Gesù Cristo, nella quale noi, che siamo suoi figli, dobbiamo deporre tutta la nostra
fiducia e il nostro amore.
Rinnovando il nostro amore e la nostra devozione alla Santa Chiesa cattolica, ci illuminano sulle azioni
che dovrebbero distinguere i cristiani veramente impegnati.
Per tutte queste ragioni, io autorizzo la loro stampa e la loro diffusione, raccomandandoli come testi di
meditazione e di orientamento spirituale, con lo scopo di ottenere numerosi frutti da parte del Signore
che ci chiama a salvare le anime, mostrando loro che Egli è un Dio vivo, pieno d’amore e di misericordia.
Monsignor René Fernandez Apaza
Arcivescovo di Cochabamba
2 aprile 1998

E’ bene ricordare che per una più ampia comprensione dei temi trattati di seguito è consigliabile leggere il libro dal quale essi sono stati estrapolati. Non bisogna mai dimenticare le “Armi” che Maria e Gesù Santissimi ci danno contro le tentazioni del male e che sono : la Lettura frequente delle Sacre Scritture, la Preghiera ( Suppliche, Santo Rosario…), la Santa Messa (anche giornaliera se possibile) e l’uso dei Santissimi Sacramenti(in particolare la Santa Confessione e  Comunione). Questi temi devono essere letti e approfonditi, ben meditati.  Come ogni cosa che è di Fede, è opportuno chiedere la Grazia allo Spirito Santo, prima di procedere nella lettura, di essere Illuminati nella comprensione degli stessi perchè possano essere compresi e possano dare abbondanti frutti nella vita di ognuno e delle proprie famiglie, amici, conoscenti e tutti i Figli di Dio.

IL RISPETTO UMANO

PC-38.1 22 settembre 1996 (a mezzanotte) Il Signore
Voglio parlarvi del rispetto umano. Avevo chiesto ai Miei Apostoli di rimanere fedeli durante le persecuzioni. Che sarebbe giunto un tempo in cui colui che li uccideva, era veramente persuaso di rendere omaggio a Dio. E così è stato: i nemici della fede hanno creduto di offrirmi un grande regalo, uccidendo i cristiani. Questo è anche ciò che fanno oggigiorno molti che si chiamano cristiani; uccidono la loro anima per rispetto umano, perdendo la grazia, per piacere in questo modo ai loro amici del mondo. Quanti infelici ha inviato all’inferno il rispetto umano, che è il più grande nemico della vostra salvezza! Per questo, ora vi istruirò su quanto è importante respingere il rispetto umano, e sul modo di vincerlo. Quanti danni causano al mondo gli scandali, non è vero? Guai al mondo a causa degli scandali! Benché Io l’abbia detto, non è forzatamente per la malizia dell’uomo che lo scandalo arriva, allora, come sarà possibile vivere nel mondo ed evitare gli scandali? Effettivamente, non è possibile vivere nel mondo senza scandali. È possibile, però, evitare la familiarità con gli scandalosi per poter opporsi alle loro malvagie abitudini e ai loro depravati consigli. Se non lo fate a causa del rispetto umano, allora non potrete contraddirli e potreste imitare i loro cattivi esempi. Ascoltate, figli Miei. Non solo questi amanti del mondo si vantano delle loro iniquità, ma quel che è peggio cercano la compagnia e si burlano di quanti vivono come veri cristiani fuggendo le occasioni di offendermi. Questo è un peccato che Mi dispiace molto e lo vieto in modo speciale. In Siracide 8,6 troverete che Io vi dico di non disprezzare l’uomo pentito che si allontana dal peccato, di non buttargli in faccia il suo peccato e di non burlarvi di lui per attirarlo ad imitare la vostra vita disordinata. I terribili giudizi di Dio sono pronti per castigare i beffeggiatori, e i bastoni sono pronti per percuotere i corpi di questi insensati, in questa e nell’altra vita. Costoro si burlano dei Miei figli e Io Mi burlerò di loro, poiché saranno, per tutta l’eternità, nell’inferno. Costoro si adoperano a svergognare i Santi davanti agli uomini del mondo, e Io li farò morire di vergogna, e dopo li manderò a vivere fra i dannati, circondati da ignominia eterna e da tormenti interminabili. È molto grande la malvagità di coloro che, non solo Mi offendono, ma vogliono che anche gli altri Mi offendano. Molto spesso, riescono nei loro cattivi intenti, poiché trovano un gran numero di anime accidiose e deboli che abbandonano il bene e abbracciano il male, solo per non divenire oggetto di burla dei malvagi. Quanti dei Miei figli per non sentirsi dire: “Guarda il bigotto!”, o altre espressioni simili, che li fanno diventare oggetti da burla fra i loro cattivi amici, finiscono con l’imitare i loro vizi e i loro disordini. E ancora, quanti, ricevendo qualche affronto, decidono di vendicarsi, non tanto spinti dalla collera, ma per rispetto umano, perché non li si prenda, cioè, per codardi. Quanti, dopo essersi lasciati sfuggire qualche commento scandaloso, non ritrattano come dovrebbero, per non perdere il prestigio che godono di fronte agli altri. Quanti, per timore di perdere il favore di un amico, vendono l’anima al demonio, come fece Pilato, che Mi condannò per paura di perdere l’amicizia di Cesare. Sappiate, figlioli Miei, che se volete salvarvi, dovete disprezzare il rispetto umano e la vergogna che possono procurarvi gli scherni che vi rivolgono i Miei nemici. Poiché, come dico nella Sacre Scritture, c’è una vergogna che conduce al peccato, ma c’è anche una vergogna che porta alla gloria e alla grazia. Leggete Siracide 4, 25. Se non volete sopportare con pazienza questa vergogna, essa vi condurrà all’abisso del peccato; ma se voi la sopportate per Me, vi meriterete per questo il Mio Divino Amore e, più tardi, una gloria eterna in Paradiso.
Qualcuno si chiederà: perché dovrei essere perseguitato, se ciò che voglio è salvare la mia anima? Ma Io vi rispondo: che non c’è rimedio, ed è impossibile che non venga perseguitato colui che Mi serve, poiché gli empi hanno in abominio coloro che seguono il cammino della salvezza. Coloro che conducono una vita licenziosa detestano coloro che fanno una vita buona, perché la vita di questi è un rimprovero vivente per la loro vita cattiva. Il superbo che vuole vendicarsi del minimo oltraggio che riceve, desidera che tutti si vendichino degli affronti che vengono loro fatti; l’avaro, che aumenta il suo denaro a forza di ingiustizie, vorrebbe che tutti facessero altrettanto; il bevitore, vorrebbe che tutti si ubriacassero come lui; il lussurioso, che si vanta delle sue oscenità e le cui parole respirano immondezza, vorrebbe che tutti agissero e parlassero come lui. Tutti questi uomini privi di ordine qualificano chi non agisce come loro, di essere asociale, spregevole e grossolano, senza onore e senza credibilità. Gli uomini del mondo non sanno parlare senza usare il linguaggio del mondo. Sono dei poveri ciechi, accecati dal peccato e dalle abitudini cattive, e tutto questo li fa parlare il linguaggio dei demoni. Non c’è da farsi, dunque, nessuna illusione a questo riguardo. Tutti quelli che vogliono vivere virtuosamente, devono ricevere dal mondo persecuzioni; tutti i santi sono stati perseguitati.
Forse, qualcuno dirà: io non faccio del male a nessuno, perché non dovrebbero lasciarmi in pace? A chi davano fastidio i santi e i martiri, che erano pieni di carità e amavano tutti gli uomini? Ebbene, malgrado questo, nessuno ignora come il mondo li ha trattati: li hanno torturati con uncini di ferro, maltrattati con ferri roventi e, alla fine, li hanno fatti morire nei tormenti. E Io, a chi ho fatto del male? Benché abbia consolato, guarito, risuscitato i morti e redento tutti, a prezzo del Mio sangue e della Mia vita, il mondo Mi ha maltrattato, calunniato, Mi ha perseguitato fino a farmi morire in atroci agonie, sul patibolo più infame e più ignominioso, riservato solamente agli schiavi e ai peggiori degli uomini. Impara, piccola… Le massime del mondo sono totalmente opposte alle Mie. Ciò che il mondo apprezza è stoltezza ai Miei occhi; ciò che il mondo chiama stoltezza è ciò che Io ritengo degno di stima: il lavoro, le malattie, il disprezzo, le sofferenze, l’ignominia. A chi si vergogna di Me davanti al mondo, Io dirò: ora sono Io che mi vergogno di te. Allontanati da Me, maledetto! Vattene all’inferno a raggiungere i tuoi simili, quelli che hanno avuto vergogna a seguire la Mia dottrina. A questi figli, Io dico: Tu che non vuoi essere burlato dai tuoi amici, ti importa così poco di essere odiato da Me?
Dovete sapere che se non si disprezza il mondo, questo disprezzerà e avvilirà le vostre anime. Ma che cosa è il mondo e tutti i beni che esso vi offre? Tutto ciò che c’è nel mondo non è che concupiscenza della carne e vanità. Che cosa sono le ricche vesti se non fango? Che cosa sono gli onori se non fumo? Che cosa sono i piaceri carnali se non immondizia? E a che cosa vi serviranno tutte queste futilità se poi vi dannate? Colui che Mi ama e vuole salvarsi, deve disprezzare il mondo e ogni rispetto umano. Bisogna che ognuno si sforzi, per quanto gli è possibile, a raggiungere questo fine. Molti devono farsi violenza. Maria Maddalena, per vincere il rispetto del mondo, si è gettata ai Miei piedi alla presenza di molta gente, e Mi ha lavato i piedi con le sue lacrime e li ha asciugati con i suoi capelli. In questo modo, si è fatta santa e ha meritato che Io le perdonassi i suoi peccati e facessi l’elogio del grande amore che aveva per Me. (Luca 7,47).
Un grande santo portava un giorno, sotto il suo mantello, un vaso con del cibo per i poveri prigionieri. Incontrò, durante il cammino, suo figlio pomposamente seduto a cavallo in compagnia di altri cavalieri. Il santo ebbe un po’ di vergogna che vedessero quanto egli portava nascosto. Ma cosa credete abbia fatto per vincere questo rispetto umano? Prese il vaso e se lo mise sulla testa perché tutti lo vedessero, e si prese gioco così del mondo. Quanti scherni non ho Io subito! Sulla Croce sono stato beffeggiato dai soldati che dicevano: Se sei il Figlio di Dio, discendi dalla Croce. Si burlavano di Me anche i Sacerdoti, che dicevano:
Ha salvato gli altri, e non può salvare se stesso. Ma malgrado queste derisioni, anche se avrei potuto
confonderli facendo un miracolo, ho voluto terminare la Mia vita sulla Croce, insegnandovi a vincere il rispetto umano. Figli Miei, consolatevi. Quando gli uomini vi maledicono e vi insultano, è allora che Io vi lodo e vi benedico. Non vi basta essere lodati da Me, dalla Regina del Cielo, da tutti gli Angeli, dai santi e dai giusti?. E se questo vi basta, lasciate che il mondo dica ciò che vorrà, e continuate a dare gioia a Me. Io vi premierò nell’altra vita, nella misura in cui vi sarete fatto violenza per sopportare le derisioni e le contraddizioni degli uomini. Ognuno deve comportarsi come se nel mondo non ci fossero altri spettatori all’infuori di Me e di lui.
Quando gli empi si burlano di voi, raccomandate a Me questi poveri ciechi che si stanno miseramente perdendo; e rendete grazie, che Io vi dò quella luce che nego a questi esiliati, perché avanziate sul cammino della salvezza.
Ora, per vincere questo rispetto umano, bisogna che manteniate ferma nel vostro cuore la santa risoluzione di preferire la Mia grazia a tutti i beni e a tutti i favori del mondo; dite come san Paolo: né la morte, né la vita, né gli Angeli, né i principati… né nessun’altra creatura potrà mai separarci dalla carità di Dio.Vi esorto a non temere mai coloro che possono togliervi la vita del corpo, ma a temere colui che può gettarvi nell’inferno corpo e anima.
O seguite Me o seguite il mondo. Se seguite Me, bisogna che abbandoniate il mondo e le sue vanità; è quanto diceva Elia al suo popolo.
I Miei veri figli sentono una grande gioia quando si vedono disprezzati e maltrattati a causa dell’amore che hanno per Me. Pensa che Mosé avrebbe potuto benissimo mettersi al riparo dalla collera del Faraone, lasciando circolare la fama che egli era suo nipote; lo negò invece pubblicamente, e scelse di essere perseguitato con gli altri ebrei, giudicando che l’insulto sopportato per Me era un tesoro più grande di tutte le ricchezze d’Egitto. Talvolta, vi si presenteranno dei falsi amici che vi diranno: Che cosa sono queste ridicole stranezze? Perché non ti comporti come tutti gli altri? Allora, dovrete rispondere: Non tutti fanno ciò che fanno i più; ci sono quelli che conducono una vita santa, ma sono poco numerosi, e voi non siete fra quelli. E aggiungerete con fermezza: Io voglio seguire questi pochi, poiché il Vangelo dice: «Molti i chiamati, ma pochi gli eletti.» I vostri falsi amici, allora, vi diranno: Non vedi che tutti ti criticano e si burlano di te? Allora risponderete: Mi basta che non sia Dio a burlarsi di Me.
Quando sarà necessario riprendere questi affiliati del demonio, dovete dar prova di coraggio e riprenderli senza nessun riguardo. Perché, quando si tratta del Mio onore, ciò che deve prevalere non è l’importanza o il rango di colui che pecca, ma ciò che voi dovete dirgli con coraggio: questo è peccato e non devi dirlo.

BENEFICI DELLA TRIBOLAZIONE

PC–38.2 1 settembre 1996 Il Signore
Nel tempo della tribolazione, Io arricchisco le anime che amo con le Mie più grandi grazie. Guardate Giovanni
l’Evangelista che, in mezzo alle catene e alle angustie del carcere, conosceva le opere che Io facevo.
Voi non lo capite, ma l’utilità che ricevete dalle tribolazioni è grande e inestimabile. Io ve le mando, non perché vi voglio del male, ma perché desidero ardentemente il vostro bene. Per questo dovreste accoglierle, quando ve le mando, e ringraziarmi, non solamente rassegnandovi a compiere la Mia divina Volontà, ma rallegrandovi perché tratto voi come il Padre Mio ha trattato Me, la cui vita sulla terra è stata intessuta di pene e di dolori. Passo ai dettagli: In primo luogo, vedrete perché le tribolazioni sono utili. Colui che non è stato tentato, che cosa può sapere?
Colui che ha molta esperienza, sarà riflessivo e chi ha appreso molto, rifletterà con prudenza. Colui che ha sempre vissuto nella prosperità e nelle comodità, non conosce niente dello stato della sua anima. Il primo effetto positivo della tribolazione è di farvi aprire gli occhi, occhi che il benessere vi tiene chiusi. San Paolo era cieco quando Io gli sono apparso, e allora riconobbe gli errori nei quali viveva. Il re Manasse fece ricorso a Me, mentre era prigioniero in Babilonia; riconobbe i suoi peccati e fece penitenza. Pensa al figliol prodigo… È così che mentre vivete nella rosperità, voi non pensate che al mondo e ai suoi vizi. Il secondo beneficio della tribolazione é di togliervi l’attaccamento che avete per le cose della terra. Quando la madre vuole cessare di allattare il suo bambino, mette qualche cosa d’amaro sul capezzolo, così che il bambino se ne distacchi e si abitui a mangiare. Io faccio lo stesso con voi, per staccarvi dai beni terreni: metto del fiele sulle cose terrene, così che trovandole amare, le detestiate e giungiate ad amare i beni celesti. Rendo amare le cose terrene, perché voi cerchiate un’altra felicità, la cui dolcezza non vi deluderà mai. Il terzo beneficio consiste in questo: coloro che vivono nella prosperità, stimolati dalla superbia, dalla vanagloria, dall’orgoglio, dal desiderio smodato di possedere ricchezze, onori e piaceri, vengono liberati da tutte queste tentazioni per mezzo delle tribolazioni che li rendono umili e capaci di accontentarsi dello stato e della condizione in cui li ho posti. Io mando le tribolazioni perché voi non siate condannati insieme a questo mondo. Il quarto beneficio delle tribolazioni è: riparare per i peccati commessi molto meglio delle penitenze, che voi stessi volontariamente vi imponete. Quale rimedio efficace, la sofferenza, per guarirvi dalle piaghe e dalle ferite che i vostri peccati vi hanno procurato! Perché vi lamentate? La tribolazione che sopportate, lo dice Sant’Agostino, è un rimedio, non un castigo. Giobbe chiama beato quell’uomo che Io stesso correggo, poiché sono Io stesso che faccio la piaga e la guarisco; Io ferisco e guarisco con le Mie mani. Il quinto beneficio è che le pene fanno in modo che vi ricordiate di Me, e questo vi obbliga a ricorrere alla Mia Misericordia, quando vedete che solamente Io posso alleviarle, aiutandovi a sopportarle (Matteo 11,28). Il sesto beneficio è che le tribolazioni vi fanno ottenere dei grandi meriti ai Miei occhi, dandovi l’occasione di esercitare le virtù che amo di più: l’umiltà, la pazienza e l’obbedienza alla Mia Volontà. Non dimenticate che vale più allora un Benedetto sia Dio”, di mille azioni di grazie nella prosperità. Figli Miei, quale tesoro di meriti ottiene il cristiano che sopporta con pazienza il disprezzo, la povertà e le malattie! Il disprezzo che si riceve dagli uomini fa l’invidia degli stessi santi, che tanto ardentemente desiderano essere disprezzati per amore per Me, e rendersi così simili a Me. Quanti meriti nel sopportare tutte i disagi della povertà! Se ti credi infelice perché vivi nella povertà, in realtà sei infelice e degno di pietà, non perché sei povero, ma perché non accetti la tua povertà e ti consideri un infelice. Sopportare con pazienza i dolori e le malattie, vi fa ottenere in anticipo una gran parte della corona che vi
è preparata in Cielo. Se un malato si lamenta perché, essendo malato, non può fare niente, si sbaglia; può fare invece tutto, se offre interamente a Dio, nella pace e nella rassegnazione, tutto ciò che soffre. Io correggo colui che amo e mando delle prove a colui che riconosco essere figlio Mio (Ebrei 12, 6). Un giorno Io dissi a Santa Teresa: devi sapere che le anime che Mio Padre ama di più sono quelle che patiscono le più grandi tribolazioni. Impara da Giobbe che diceva: “Se abbiamo ricevuto dalla mano del Signore i beni, perché non dovremmo riceverne anche i mali?” Tu pensi che colui che ha ricevuto con gioia la vita, la salute, le ricchezze materiali, non sia giusto che riceva anche le sofferenze, quelle sofferenze che vi sono più utili e più vantaggiose della prosperità? Figlia Mia, un’anima fortificata nella sofferenza rassomiglia a una fiamma che il vento fa crescere. Continueremo più tardi…..Grazie, piccola.

 


Lo stesso giorno, un po’ più tardi.

Le più terribili tribolazioni per un’anima buona sono le tentazione attraverso le quali il demonio la spinge
a offendere Dio. Ma chi riesce a resistere e le sopporta implorando il soccorso divino acquista, con queste
tentazioni, un grande tesoro di meriti. In 1Cor 10, 13, leggete: «Dio è fedele e non permetterà che siate
tentati oltre le vostre forze, ma con la tentazione vi darà anche la via d’uscita e la forza per sopportarla.»
E nelle Beatitudini, che ti piacciono tanto, Io vi dico che coloro che piangono saranno consolati.
Se voi non sopportate le tribolazioni con pazienza, non migliorerete il vostro stato e il pericolo sarà
più grande. Non c’è altra soluzione, se volete salvarvi; è necessario passare attraverso molte sofferenze
per entrare nel Mio Regno. Non dimenticate che il Paradiso è il luogo dei poveri, degli umili e
degli afflitti.

Insomma, voglio che comprendiate che le tribolazioni, attraverso le quali Io vi provo e vi correggo,
non sopraggiungono per la vostra perdita, ma per il vostro bene e come correzione. Quando un peccatore
si vede tribolato, è segno che Io voglio manifestargli la Mia Misericordia nell’altra vita.
Invece,
è sfortunato colui che non è toccato da Me in questo mondo, poiché significa che Io sono malcontento
di lui e che riservo per lui il castigo eterno. Il Profeta Geremia aveva chiesto: «Signore, perché le cose degli
empi prosperano?» (Geremia 12, 1).
Quando vi vedete circondati dalle sofferenze che Io vi mando, pregate come Giobbe, pregate come Sant’Agostino
che diceva: «Signore, brucia, strappa, e non perdonare in questo mondo, visto che nell’altro,
che è eterno, Tu mi perdoni.» Per questo, colui che viene provato da Dio in questa vita, riceve un segno
certo che Io lo amo. Colui che vuole essere glorificato con i Santi, deve soffrire in questa vita come i
Santi hanno sofferto. Nessuno di loro fu ben trattato, né coccolato dal mondo; tutti furono perseguitati.
Bene, ora ti dirò come dovete comportarvi nelle sofferenze: colui che si vede colpito dalle pene in questo mondo, ha bisogno, prima di tutto, di allontanarsi dal peccato e sforzarsi di ritrovare la grazia di Dio. Diversamente, tutto ciò che uno soffre in stato di peccato, sarà perso per lui. Significa, cioè, che senza la grazia, la sofferenza non reca alcun profitto. Al contrario, colui che con rassegnazione, soffre con Me e per Me, vede tutte le sue prove trasformarsi in consolazioni e gioie. È così che i Miei Apostoli, dopo essere stati ingiuriati e maltrattatati dai Giudei davanti al Sinedrio, si sono ritirati pieni di gioia, poiché erano stati degni di soffrire per il Mio Nome.
Così, quando Io vi mando una sofferenza, dovete dire come Me: Il calice che il Padre Mio celeste Mi ha dato, devo forse rifiutare di berlo? Poiché, oltre che accogliere la tribolazione come venuta dalla Mia mano, quale è il patrimonio del cristiano in questo mondo se non le afflizioni e le persecuzioni? Io sono morto su una Croce e i Miei Apostoli hanno sofferto crudeli tormenti. Potete voi chiamarvi Miei fedeli imitatori, se non sapete soffrire le tribolazioni con pazienza e rassegnazione?
Quando siete molto afflitti e non sapete che cosa fare, rivolgetevi a Me, che sono l’Unico che possa consolarvi.
Venite a Me con grande fiducia, venite al Mio Cuore che è pieno di Misericordia. Non fate come quelli che si scoraggiano se non li ascolto subito, appena cominciano a supplicarmi. È per loro, che Io ho detto a Pietro: Uomo di poca fede, perché hai dubitato? Quando le grazie che desiderate ottenere sono spirituali e possono contribuire al bene delle vostre anime, potete essere certi che Io vi ascolterò ogni volta che Mi supplicherete con perseveranza, senza perdere la fiducia. È pertanto necessario che nelle sofferenze non perdiate mai la certezza che la pietà divina vi consolerà. Le anime di poca fede, nel tempo della tribolazione, anziché ricorrere a Me ricorrono ai mezzi umani, anche satanici, come i maghi e gli indovini. Dimenticano di venire a Me, e così nelle loro necessità, non possono venire soccorsi. Si, se non sono Io Colui che edifica la casa, invano faticano i costruttori. Perché gli uomini Mi hanno spinto alla collera, voltandomi le spalle, per prostrarsi davanti a degli idoli, invocandoli, e ponendo in essi ogni speranza? Per quale ragione dicono di non voler più rivolgersi a Me? Sarei stato per voi terra ombrosa che non dà frutto? Voi non sapete quale grande desiderio Io ho di vedervi venire a Me alla ricerca di sostegno nelle tribolazioni, per potervi distribuire le Mie grazie e, nello stesso tempo, farvi sapere che, quando Mi supplicate, non Mi faccio attendere. Io sono desideroso di aiutarvi e di confortarvi, anche se non sempre nel modo che voi desiderate . Io non dormo quando accorrete a Me e Mi chiedete qualche grazia utile alle vostre anime, perché allora Io vi ascolto, attento al vostro bene. Siate certi che quando Mi chiedete grazie temporali, o vi darò ciò che chiedete, oppure vi darò qualcosa di meglio. Vi accorderò la grazia richiesta, purché sia buona per la vostra anima, oppure un’altra grazia più utile. Per esempio, quella di accettare la Mia Volontà con rassegnazione e di sopportare con pazienza quella pena. Tutto questo aumenta i vostri meriti per ottenere la vita eterna.
Figli Miei, manca molto poco per il Mio ritorno. Non perdetevi d’animo nelle persecuzioni di ogni
tipo e siate riconoscenti per le sofferenze temporali….. Voi non sapete quanto Io vi amo! Non voglio
perdervi per tutta l’eternità! Credete bene che per ogni pena di uno dei Miei eletti anche Io soffro,
ma con amore, sapendo che vi salvo…

LA NECESSITÀ DELLA PREGHIERA

PC-38.3 24 settembre 1996 Il Signore
Più avanti vi parlerò della necessità che avete di pregare. La preghiera è onnipotente e, anche essendo
solo una, tutto può ottenere. Io ho detto: “Chiedete e riceverete.” Ma, non dimenticate che se volete essere
ascoltati, è necessario che chiediate nel modo appropriato. Molti chiedono. Ma tutti non ricevono, perché
non chiedono nel modo giusto: Con umiltà. Con fiducia. Con perseveranza. Io non tollero i superbi; Mi rifiuto di ascoltare le loro suppliche. Se ne ricordino quegli uomini superbi, che confidano nelle proprie forze e si credono migliori degli altri; sappiano che le loro preghiere non saranno ascoltate. Ascolto, invece, le suppliche degli umili. La preghiera dell’umile trapasserà le nubi e non gli ritornerà senza essere presentata a Me. La preghiera di colui che si umilia, sale al Cielo e non ridiscende senza che Io l’ascolti e la esaudisca. Sappiate che quando vi umiliate, Io stesso vengo spontaneamente ad abbracciarvi; ma se vi riempite di orgoglio e vi vantate della vostra saggezza e delle vostre azioni, Mi allontano da voi e vi lascio soli. Io non disprezzo nessuno, nemmeno i peccatori più dissoluti, quando con il cuore si pentono dei loro peccati e si umiliano in Mia presenza, riconoscendosi indegni delle Mie grazie. Vediamo ora un altro punto, piccoli Miei. Nessuno di quelli che confidano in Me, sarà respinto. Lo sappiano tutti i peccatori. Qualunque sia il numero di iniquità che un peccatore può aver commesso, non si è mai trovato uno che sia stato abbandonato dopo aver posto la sua fiducia in Me. Chi Mi prega con fiducia, ottiene tutto ciò che chiede. Se le grazie che voi domandate sono spirituali e utili all’anima, siate sicuri che le otterrete. Ecco, perché vi ho insegnato a chiamarmi con il nome di Padre, quando chiedete qualche grazia, purché ricorriate a Me con la stessa fiducia con la quale un figlio ricorre al padre suo che lo ama. Se sarete attenti alla promessa che vi ho fatto, di ascoltare colui che prega, chi potrebbe dubitare che Io non rispetti la promessa fatta? Io non sono come quegli uomini che promettono e non fanno, sia perché mentono nel fare una promessa, sia perché cambiano idea dopo aver promesso. Io non posso mentire, poiché Sono la Verità; non posso cambiare, poiché Sono la Giustizia e la rettitudine, e conosco bene le conseguenze di tutto ciò che dispongo. Come potrei mancare alle promesse che vi ho fatto?
Per la stessa ragione che desidero il vostro bene, Io vi esorto e vi sprono a chiedermi le grazie di cui avete bisogno. Per questo vi dico: “Chiedete e riceverete; cercate e troverete; bussate e vi sarà aperto.” Come potrei esortarvi a chiedermi delle grazie, se non avessi la volontà di donarvele? Dovete essere fiduciosi che Io vi darò ciò che Mi chiederete, in quanto Io stesso Mi sono impegnato ad ascoltare le vostre suppliche. Qualcuno dirà: io non ho una grande fiducia in Dio, poiché sono un peccatore; sono stato ingrato e riconosco che non merito di essere ascoltato. Le vostre suppliche non poggiano sui vostri meriti, ma sulla Mia Divina Misericordia. Ogni volta che chiedete cose utili alla vostra salvezza eterna e Mi supplicate con fiducia, Io vi ascolto. Ho detto cose utili, perché se sono cose nocive per le vostre anime, non posso ascoltarvi. Ad esempio: se qualcuno pensasse di vendicarsi per una ingiuria o a commettere una offesa e chiedesse il Mio aiuto per questo scopo, non lo ascolterei, poiché Mi offende colui che chiede cose cattive o ingiuste. Ugualmente, se implorate l’aiuto divino e chiedete che Io vi aiuti, è necessario non porre nessun impedimento che vi renda indegni di essere ascoltati. Esempio: se Mi chiedete la forza per non ricadere nel peccato, ma poi non volete evitare le occasioni di peccato, Io non vi ascolterò, perché voi ponete un impedimento al fatto che Io ascolti la vostra richiesta. Se in seguito, peccate, non dovete lagnarvi di Me, dicendo: ho chiesto al Signore di darmi la forza per non ricadere nel peccato, ma non mi ha ascoltato. Poiché questo sarebbe non riconoscere che, non essendovi allontanati dall’occasione, avete voi posto un impedimento. Avete reso, così, inutile la vostra supplica, facendo in modo che Io non la ascolti. Devo anche avvertirvi a proposito della promessa che ho fatto di ascoltare colui che supplica per chiedere
grazie temporali, come: vincere un processo, ottenere un buon raccolto, guarirvi da qualche malattia o liberarvi da una persecuzione. Io non concedo le grazie, se non quando sono utili alla vostra salvezza spirituale. Altrimenti, ve le rifiuto perché vi amo e perché so che tali grazie sarebbero per voi una disgrazia e dannerebbero le vostre anime. Io rifiuto per Misericordia certe grazie, che invece concedo ad altri come castigo. Significa che quando voi non ottenete le grazie che chiedete, dovete gioirne, perché è meglio per voi che tali grazie vi siano rifiutate piuttosto che concesse… Succede che molte volte voi chiedete il veleno che vi ucciderà… Quanti si sarebbero salvati, se fossero morti durante quella malattia o mentre vivevano quel momento di povertà! Ma, siccome hanno ritrovato la salute o hanno ottenuto grandi onori e dignità, il loro orgoglio si è gonfiato, si sono dimenticati di Me e si sono dannati. Ecco, perché dovete accettare che la Mia volontà vi accordi ciò che chiedete, solo se quanto chiedete vi conviene. Veniamo ora al lato spirituale. Le grazie spirituali come: il perdono dei peccati, la perseveranza nella virtù, il vostro amore per Me, tutto questo dovete chiederlo assolutamente e senza condizione, con la ferma speranza di ottenerlo. Quando Mi si chiedono grazie spirituali, Io non Mi preoccupo se colui che Mi prega è giusto o peccatore.
Peccatori: se voi non meritate di ottenere queste grazie, Io ho dei grandi meriti agli occhi del Padre
Mio; chiedete nel Mio Nome, cioè per i Miei meriti, e Io vi prometto di ottenere dal Padre Mio tutto
ciò che chiederete.
Chiedete, soprattutto, con perseveranza, senza stancarvi. Questo vi permette di capire perché Io vi ho detto:
pregate senza sosta, fate della vostra vita intera una preghiera. Che niente vi trattenga dal pregare ogni volta che potete. Smettendo di pregare, vi private del soccorso divino e venite vinti dalle tentazioni. La perseveranza nella grazia è un dono assolutamente gratuito, che voi non potete meritare; ma questo dono si può ottenere per mezzo della preghiera. Domandate questa grazia, quotidianamente. La vostra perseveranza sino alla morte, per mantenervi nella Mia Santa Grazia, non dipende da un solo aiuto, ma da molti; da tutti quelli che voi sperate di ottenere durante tutta la vostra vita. Allora, a questa catena di aiuti divini, deve corrispondere la catena delle vostre suppliche, senza la quale poche volte, Io
dispenso le grazie. E se interrompete la catena delle suppliche e smettete di chiedere, Io allora interromperò la catena di aiuti e voi perderete la perseveranza. Leggete Luca 11, 5-8. Gli uomini si infastidiscono quando li si importuna chiedendo loro qualcosa; ma Io vi esorto a chiedermi ripetutamente. Non Mi infastidisco. Al contrario, Mi piace vedere che siete perseveranti. Dicendovi: “cercate, chiamate”, ho voluto farvi comprendere che dovete essere come quel povero mendicante che chiedeva l’elemosina. Anche se scacciati, non cessate per questo di chiedere e di insistere, fino a quando vi sarà dato.
CHIEDETE LA PERSEVERANZA

PC-38.4 26 settembre 1996 Il Signore
Chiedete la perseveranza ogni momento: quando vi svegliate, quando pregate, alla Santa Messa, alla visita al Santissimo Sacramento, quando vi addormentate e specialmente quando il demonio vi spinge a commettere qualche peccato. Dovreste stare sempre ripetendo: aiutami, assistimi, illuminami, dammi forza, non mi abbandonare. E questo modo importuno di supplicarmi non Mi disturba, ma Mi muove a concedervi quello per cui supplicate. Chiedetemi la grazia tramite la Madre mia. A lei, Io non posso rifiutare nulla, poiché è la consolazione dei peccatori, il soccorso degli afflitti e la fonte di ogni grazia.

 

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Rosario a Dio Padre

Rosario a Dio Padre

 

ROSARIO A DIO PADRE

Ad ogni Padre nostro che verrà recitato, decine di anime si salveranno dalla dannazione eterna e decine di anime verranno liberate dalle pene del purgatorio. Le famiglie nelle quali tale Rosario verrà recitato riceveranno grazie particolarissime che verranno anche tramandate di generazione in generazione. Tutti coloro che lo reciteranno con fede riceveranno grandi miracoli, tali e talmente grandi quali non se ne sono mai visti nella storia della Chiesa.

Icona Padre

 Immagine del Padre Nostro

venuto in Apparizione a
Madre Eugenia Elisabetta Ravasio

 

Nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo. Amen

O Dio, vieni a salvarmi.
Signore, vieni presto in mio aiuto.

Gloria al Padre, al Figlio e allo Spirito Santo,
come era nel Principio, Ora e Sempre,
nei Secoli dei Secoli.
Amen
Credo in un solo Dio, Padre Onnipotente, creatore del cielo e della terra, di tutte le cose visibili e invisibili.
Credo in un solo Signore Gesù Cristo unigenito Figlio di Dio nato dal Padre prima di tutti i secoli. Dio da Dio, Luce da Luce, Dio vero da Dio vero, generato, non creato, dalla stessa sostanza del Padre. Per mezzo di Lui tutte le cose sono state create. Per noi uomini e per la nostra salvezza discese dal cielo e per opera dello Spirito Santo si è incarnato nel seno della Vergine Maria e si è fatto uomo. Fu crocifisso per noi sotto Ponzio Pilato, morì e fu sepolto e il terzo giorno è resuscitato secondo le Scritture ed è salito al Cielo e siede alle destra del Padre e di nuovo verrà nella gloria per giudicare i vivi e i morti ed il suo Regno non avrà fine.
Credo nello Spirito Santo che è Signore e dà la vita e procede dal Padre e dal Figlio e con il Padre ed il Figlio è adorato e glorificato e ha parlato per mezzo dei profeti.
Credo la Chiesa una, santa, cattolica e apostolica.
Professo un solo battesimo per il perdono dei peccati e aspetto la resurrezione dei morti e la vita del mondo che verrà. Amen  

PRIMO MISTERO :
Nel primo mistero si contempla il trionfo del Padre nel giardino dell’Eden quando, dopo il peccato di Adamo ed Eva, promette la venuta del Salvatore.

Il Signore Dio disse al serpente: “poiché tu hai fatto questo, sii tu maledetto più di tutto il bestiame e più di tutte le bestie selvatiche, sul tuo ventre camminerai e polvere mangerai per tutti i giorni della tua vita. Io porrò inimicizia tra te e la donna, tra la tua stirpe e la sua stirpe: questa ti schiaccerà la testa e tu le insidierai il calcagno” ( Gen 3,14-15)

Ave Maria
10 Padre nostro
Gloria al Padre
Padre mio, Padre buono, a Te mi offro, a Te mi dono.
Angelo di Dio

SECONDO MISTERO:
Nel secondo mistero si contempla il trionfo del Padre al momento del “Fiat” di Maria durante l’Annunciazione.

L’Angelo disse a Maria: “Non temere, Maria, perché hai trovato grazia presso Dio. Ecco concepirai un figlio, lo darai alla luce e lo chiamerai Gesù. Sarà grande e chiamato Figlio dell’Altissimo; Il Signore Dio gli darà il trono di Davide suo padre e regnerà per sempre sulla casa di Giacobbe e il suo regno non avrà fine.” Allora Maria disse:” Eccomi, sono la serva del Signore, avvenga di me quello che hai detto” ( Lc 1,30-38 )

Ave Maria
10 Padre nostro
Gloria al Padre
Padre mio, Padre buono, a Te mi offro, a Te mi dono.
Angelo di Dio

TERZO MISTERO:
Nel terzo mistero si contempla il trionfo del Padre nell’orto del Getsemani quando dona tutta la sua potenza al Figlio.

Gesù pregava: “ Padre, se vuoi, allontana da me questo calice! Tuttavia non sia fatta la mia, ma la tua volontà”.
Gli apparve allora un angelo dal cielo a confortarlo.
In preda all’angoscia, pregava più intensamente e il suo sudore diventò come gocce di sangue che cadevano a terra. ( Lc 22,42-44)
Gesù si fece innanzi e disse loro: “ Chi cercate?” Gli risposero: “ Gesù in Nazareno”. Disse loro Gesù: “ Io Sono!”. Appena disse “Io Sono!” indietreggiarono e caddero a terra. ( Gv 18,4-6 )

Ave Maria
10 Padre nostro
Gloria al Padre
Padre mio, Padre buono, a Te mi offro, a Te mi dono.
Angelo di Dio

QUARTO MISTERO :
Nel quarto mistero si contempla il trionfo del Padre al momento del giudizio particolare.

Quando era ancora lontano, il padre lo vide e commosso gli corse incontro, gli si gettò al collo e lo baciò. Disse poi ai servi : “ Presto, portate qui il vestito più bello e rivestitelo, mettetegli l’anello al dito e i calzari ai piedi e facciamo festa, perché questo mio figlio era morto ed è tornato in vita, era perduto ed è stato ritrovato.” ( Lc 15,20-24 )

Ave Maria
10 Padre nostro
Gloria al Padre
Padre mio, Padre buono, a Te mi offro, a Te mi dono.
Angelo di Dio

QUINTO MISTERO:
Nel quinto mistero si contempla il trionfo del Padre al momento del giudizio universale.

Vidi poi un nuovo cielo e una nuova terra, perché il cielo e la terra di prima erano scomparsi e il mare non c’era più. Vidi anche la città santa, la nuova Gerusalemme, scendere dal cielo, da Dio, pronta come una sposa adorna per il suo sposo. Udii allora una voce potente che usciva dal trono: Ecco la dimora di Dio con gli uomini! Egli dimorerà tra di loro ed essi saranno suo popolo ed egli sarà il “Dio con loro”: E tergerà ogni lacrima dai loro occhi; non ci sarà più la morte, né lutto, né lamento, né affanno, perché le cose di prima sono passate. ( Ap 21,1-4 )

Ave Maria
10 Padre nostro
Gloria al Padre
Padre mio, Padre buono, a Te mi offro, a Te mi dono.
Angelo di Dio
Salve Regina, Madre di Misericordia,
Vita, Dolcezza, Speranza nostra,
Salve.
A Te ricorriamo, noi esuli figli di Eva.
A Te sospiriamo, gementi e piangenti in questa valle di lacrime.
Orsù, Avvocata nostra,
rivolgi a noi gli Occhi Tuoi Misericordiosi
e mostraci dopo questo esilio Gesù,
il Frutto Benedetto del Seno Tuo.
O Clemente, o Pia, Dolce Vergine Maria.
Amen

LITANIE AL PADRE
Signore, pietà                                                         Signore pietà
Cristo, pietà                                                            Cristo pietà
Signore, pietà                                                         Signore pietà
Cristo, ascoltaci                                                     Cristo ascoltaci
Cristo, esaudiscici                                                 Cristo esaudiscici
Padre del cielo, che sei Dio                                Abbi pietà di noi
Figlio, redentore del mondo che sei Dio      Abbi pietà di noi
Spirito Santo, che sei Dio                                   Abbi pietà di noi
Santa Trinità , unico Dio                                    Abbi pietà di noi
Padre, creatore e sostegno del mondo          Abbi pietà di noi
Padre, sapienza eterna                                        “
Padre, bontà infinita
Padre, provvidenza ineffabile
Padre, sorgente di ogni cosa
Padre, santissimo
Padre, dolcissimo
Padre, d’infinita misericordia
Padre, nostro difensore
Padre, nostra gioia e nostra gloria
Padre, ricco di bontà per tutte le creature
Padre, splendore per la Chiesa
Padre, speranza dei cristiani
Padre, distruzione degli idoli
Padre, saggezza dei capi
Padre, regalità dei sovrani
Padre, consolazione dei popoli
Padre, gioia dei sacerdoti
Padre, guida degli uomini
Padre, dono della vita di famiglia
Padre, aiuto dei miseri
Padre, letizia dei poveri
Padre, guida dei giovani
Padre, amico dei piccoli
Padre, libertà degli schiavi
Padre, luce di coloro che sono nelle tenebre
Padre, ricompensa degli umili
Padre, lume dei giusti
Padre, riposo nelle tribolazioni
Padre, speranza nella desolazione
Padre, rifugio di salvezza per i disperati
Padre, consolazione dei poveri
Padre, salvezza nei pericoli
Padre, pace e protezione dei perseguitati
per la giustizia
Padre, consolazione degli afflitti
Padre, provvidenza degli orfani
Padre, forza degli anziani
Padre, sostegno dei moribondi
Padre, che ci disseti nella nostra povertà
Padre, vita dei morti
Padre, gloria dei santi

Agnello di Dio, che togli i peccati del mondo.
Perdonaci, Signore.
Agnello di Dio, che togli i peccati del mondo.
Ascoltaci, Signore.
Agnello di Dio, che togli i peccati del mondo.
Abbi pietà di noi.

Preghiamo:
Padre, infinitamente buono e misericordioso, estendi il tuo Regno d’Amore nel cuore di tutti gli uomini, per la tua gioia e la loro felicità; e perché Tu sia conosciuto, amato ed onorato da tutti i tuoi figli, conserva le nostre famiglie unite nella Tua Pace. Te lo chiediamo per Gesù Cristo, Tuo Figlio, nostro Signore, e nostro Dio, che vive e regna con Te, nell’unità dello Spirito Santo, per tutti i secoli dei secoli. Amen
Secondo le intenzioni del Santo Padre:
Padre nostro
Ave Maria
Gloria al Padre

 

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Esame di coscienza per prepararsi alla confessione

esame di coscienza per affrontare una confessione serenamente davanti alla misericordia di Dio

Esame di coscienza per prepararsi alla confessione
(utile anche per prepararsi alla confessione generale di tutta la vita o di un periodo)


Nella confessione è necessario enumerare tutti i peccati mortali
che sono certamente mortali,
che sono stati certamente commessi
e di cui non ci si è già accusati in una confessione ben fatta.

Che cos’è il peccato? “Il peccato è un’offesa a Dio” (Cat. Ch. Catt., n. 1850). “Una parola, un atto o un desiderio contrari alla legge eterna” (ibid., n. 1849). Anche le omissioni possono essere peccato, cfr.

“Confesso a Dio onnipotente e a voi fratelli che ho molto peccato in pensieri, parole, opere e omissioni per mia colpa, mia colpa, mia grandissima colpa. E supplico la beata sempre Vergine Maria, gli angeli, i santi e voi fratelli di pregare per me il Signore Dio nostro.”


Che cosa si intende con peccato “mortale”? “È peccato mortale quello che ha per oggetto una materia grave e che, inoltre, viene commesso con piena consapevolezza e deliberato consenso” (ibid., n. 1857).

È bene confessare anche i peccati veniali, soprattutto quelli abituali e di proposito deliberato. Cioè quei peccati che, pur essendo in materia non grave, sono però commessi con piena avvertenza e deliberato consenso e in più lo sono abitualmente. Tali colpe infatti costituiscono la migliore preparazione alla colpa grave.

Quando si commette un peccato “veniale”? “Quando, trattandosi di materia leggera, non si osserva la misura prescritta dalla legge morale, oppure quando si disobbedisce alla legge morale in materia grave, ma senza piena consapevolezza e senza totale consenso” (Cat. Ch. Catt., n. 1862).

In una confessione generale, della vita o di un periodo, si confessano anche i peccati già confessati. Per i peccati veniali ci si limiterà all’essenziale per non dilungarsi troppo.

I peccati vanno confessati indicando – nella misura del possibile – la loro specie (che “tipo” di peccato: bestemmia, furto, ecc.; e le circostanze determinanti: da solo o davanti ad altri, furto di mille lire o di un milione, ecc.) e il loro numero.

L’esame di coscienza non deve ridursi ad un puro esercizio di memoria o di introspezione psicologica perché è una forma di preghiera. Per questo è bene seguire il metodo della preghiera.
Iniziare quindi con la presenza di Dio, l’adorazione e la preghiera preparatoria, che comprenderà anche la richiesta di una grazia speciale: cioè la grazia di vedere le proprie colpe, di condannarle e di correggersi.
Quindi esaminare la propria vita o in ordine cronologico o secondo l’ordine dei comandamenti e chiedere perdono al Signore ogni volta che ci si rende conto di un peccato.
Concludere con un colloquio.

I Dieci Comandamenti

Amerai il Signore Dio tuo
con tutto il tuo cuore, con tutta l’anima, con tutte le forze

Il primo comandamento: Non avrai altro Dio fuori di me

La Fede

Il primo comandamento ci richiede di nutrire e custodire la nostra fede con prudenza e vigilanza e di respingere tutto ciò che le è contrario (Cat. Ch. Catt., n. 2088).
Ho trascurato o rifiutato di tenere per vero ciò che Dio ha rivelato e che la Chiesa ci propone a credere? Mi sono sforzato di superare con serietà e impegno le obiezioni contro la fede? Ho abbandonato la Chiesa cattolica per aderire ad un altro gruppo religioso? Ho amato e rispettato la santa Chiesa cattolica nostra madre? Ho ascoltato con docilità il suo insegnamento ordinario?


La Speranza

I peccati contro la speranza sono la presunzione e la disperazione.
Ho mancato di fiducia nella bontà di Dio e nella sua provvidenza? Ho pensato che vivere da vero cristiano è impossibile? Credo veramente alle promesse di Dio di aiutare chi lo prega umilmente e confida in lui? In senso inverso: ho peccato di presunzione abusando della bontà di Dio, illudendomi di ricevere il perdono senza convertirmi? Ho confuso Dio “buono” con Dio “bonaccione”?


La Carità

Ho messo Dio al primo posto in tutto? Ho trascorso settimane e mesi senza mai compiere il minimo atto d’amore verso Dio, senza pensare a lui? Ho profanato le cose sante? In particolare: confessioni e comunioni sacrileghe?
L’amore di Dio nel prossimo
Mi sforzo di vedere nel mio prossimo l’immagine e la somiglianza di Dio? Lo amo per amore di Dio e di Gesù? Ho disprezzato, detestato, deriso il prossimo?


La Virtù della religione

Ho pregato? Ho pregato bene? Ho temuto di mostrarmi cristiano per rispetto umano? Ho trascurato di istruirmi sulle verità della religione? Ho letto libri e giornali irreligiosi senza validi motivi? Ho parlato e agito contro la religione? Ho mormorato contro Dio e la sua provvidenza? Sono stato indifferentista, considerando che tutte le religioni sono uguali?. Ateismo. Materialismo. Naturalismo e laicismo (non riconoscere la regalità di Cristo su tutta la creazione e in particolare sulle società umane). Ho aderito a società o a ideologie nemiche della religione (massoneria, comunismo, ecc.)? Sono stato superstizioso? Ho consultato le carte e gli indovini? Ho partecipato a sedute spiritiche e pratiche magiche?

Il secondo comandamento: Non nominare il nome di Dio invano

Il secondo comandamento prescrive di ripettare il nome del Signore. Come il primo comandamento, deriva dalla virtù della religione e regola in particolare il nostro uso della parola a proposito delle cose sante (Cat. Ch. Catt., n. 2142). Ho giurato falsamente o inutilmente? Ho imprecato contro me stesso o contro gli altri? Ho mancato di rispetto al nome di Dio, di Gesù Cristo, della Vergine Maria o dei Santi? Li ho nominati con irriverenza o per gioco? Ho mantenuto le promesse fatte in nome di Dio?

Il terzo comandamento: Ricordati di santificare le feste

Vedi il 1°, il 4° e il 5° precetto della Chiesa.
Ho mancato alla Messa la domenica o nei giorni prescritti per mia colpa? Sono giunto in ritardo? Ho assistito alla Messa senza attenzione e rispetto? Ho rispettato il riposo festivo? Ho profanato le feste con riunioni o divertimenti pericolosi per la fede e i costumi?

“Amerai il prossimo tuo come te stesso”

Il quarto comandamento:Onora il padre e la madre

Il quarto comandamento apre la seconda tavola della Legge. Indica l’ordine della carità. Dio ha voluto che, dopo di lui, onoriamo i nostri genitori ai quali dobbiamo la vita e che ci hanno trasmesso la conoscenza di Dio. Siamo tenuti ad onorare e rispettare tutti coloro che Dio, per il nostro bene, ha rivestito della sua autorità (Cat. Ch. Catt., n. 2197).
Figli
Ho mancato di rispetto ai genitori? Ho disobbedito? Ho causato loro dei dispiaceri? Ho trascurato di assisterli in vita e al momento della loro morte? Ho trascurato di pregare per loro, nelle pene della vita e dopo la loro morte? Ho disprezzato i loro consigli o non ne ho tenuto conto?

Genitori
Mi sono preoccupato dell’educazione dei figli? Li ho evangelizzati? Ho insegnato loro a pregare? Ho fatto sì che si accostassero per tempo e preparati ai sacramenti? Ho vigilato sulla loro educazione scolastica? Sulle loro amicizie? Ho dedicato loro il mio tempo con generosità? Li ho consigliati, ripresi, corretti? Nelle loro scelte, li ho assistiti e consigliati per il loro vero bene? Ho dato loro sempre il buon esempio? Li ho ostacolati indebitamente nella scelta della professione o dello stato di vita?

Sposi
L’amore per il coniuge è veramente paziente, longanime, premuroso, pronto a tutto? Ho criticato il coniuge in presenza dei figli? L’ho maltrattato?

Inferiori (impiegati, operai, soldati, ecc.)
Ho mancato di rispetto e di obbedienza ai superiori? Li ho danneggiati con critiche ingiuste o in altro modo? Ho mancato nell’adempimento dei miei doveri? Ho abusato della loro fiducia?

Superiori (dirigenti, imprenditori, ufficiali, ecc.)
Ho mancato alla giustizia commutativa, non dando ai miei dipendenti il dovuto? Ho mancato alla giustizia sociale (assicurazioni, previdenze, ecc.)? Ho punito ingiustamente? Li ho aiutati nelle necessità? Ho vigilato con cura sulla moralità dell’ambiente di lavoro? Ho favorito il compimento dei doveri religiosi? Ho sempre trattato i dipendenti con bontà, equità, carità?

Cittadini
Ho amato la mia patria? Mi sono preoccupato con serietà della sua vita politica? Promuovendo il suo bene in conformità alla dottrina sociale della Chiesa?

Il quinto comandamento: Non uccidere

Mi sono abbandonato all’ira? Ho avuto desideri di vendetta? Ho desiderato il male del mio prossimo? Ho conservato sentimenti di rancore e di odio? Ho violato la grande legge del perdono? Ho ingiuriato, percosso, ferito? Pratico la pazienza? Ho dato cattivi consigli? Ho scandalizzato con parole o atti? Ho trasgredito gravemente e volontariamente il Codice stradale (anche senza conseguenze)? Sono responsabile di infanticidio, aborto o eutanasia?
“La cooperazione formale a un aborto costituisce una colpa grave. La Chiesa sanziona con una pena canonica di scomunica questo delitto contro la vita umana” (Cat. Ch. Catt., n. 2272).
Ho dato scandalo? Con il mio comportamento, le mie parole o il mio modo di vestire? Ho ecceduto nell’uso di alcool, di tabacco o di medicinali? Ho fatto uso di droghe?

Sesto comandamento: Non commettere atti impuri
Nono comandamento: Non desiderare la donna d’altri

“Ogni battezzato è chiamato alla castità. […] Tutti i credenti in Cristo sono chiamati a condurre una vita casta secondo il loro particolare stato di vita” (Cat. Ch. Catt., n. 2348).
“Le persone sposate sono chiamate a vivere la castità coniugale; le altre praticano la castità nella continenza” (Ibid., n. 2349).
Mi sono soffermato volontariamente in pensieri o desideri contrari alla castità? Sono pronto a fuggire le occasioni di peccato: conversazioni e divertimenti pericolosi, letture e immagini non caste? Ho indossato abiti indecenti? Ho commesso azioni disoneste da solo? Con altri? Mantengo legami o amicizie colpevoli? Ho usato indebitamente del matrimonio, facendone uso soltanto in quei giorni in cui non ci può essere concepimento e seguendo questo modo di agire senza ragioni gravi? Ho preso farmaci per evitare figli? Ho indotto il coniuge o altre persone a prenderli?
“È intrinsecamente cattiva ogni azione che, o in previsione dell’atto coniugale, o nel suo compimento, o nello sviluppo delle sue conseguenze naturali, si proponga, come scopo o come mezzo, di impedire la procreazione” (Cat. Ch. Catt., n. 2370).
Ho rifiutato senza motivi sufficienti il debito coniugale? Le relazioni sessuali fra uomo e donna al di fuori del matrimonio (fornicazione) è sempre peccato mortale (anche tra fidanzati). Se uno o entrambi sono sposati, al peccato di fornicazione si aggiunge quello di adulterio (semplice o doppio) che deve essere accusato.
Incesto, omosessualità, bestialità.

Settimo comandamento: Non rubare
Decimo comandamento: Non desiderare la roba d’altri

“Il settimo comandamento proibisce di prendere o di tenere ingiustamente i beni del prossimo e di arrecare danno al prossimo nei suoi beni in qualsiasi modo. Esso prescrive la giustizia e la carità nella gestione dei beni materiali e del frutto del lavoro umano. Esige, in vista del bene comune, il rispetto della destinazione universale dei beni e del diritto di proprietà privata” (Cat. Ch. Catt., n. 2401).
Ho desiderato di appropriarmi del bene altrui? Ho commesso o aiutato a commettere ingiustizie, frodi, furti? Ho pagato i debiti? Ho ingannato o danneggiato il prossimo nei suoi beni? L’ho desiderato? Ho commesso abusi nelle vendite, nei contratti, ecc.? Non ho pagato ingiustamente le tasse? Mi sono preoccupato di praticare le opere di misericordia corporale e spirituale?

Ottavo comandamento: Non dire falsa testimonianza

Ho mentito? Ho formulato giudizi temerari? Ho diffamato, calunniato? Ho reso falsa testimonianza? Ho violato segreti (corrispondenza, segreto professionale, ecc.)?

I sette peccati capitali


Superbia
Ho una stima esagerata di me stesso? Agisco per orgoglio? Sciupo soldi nella ricerca del lusso? Disprezzo gli altri? Mi compiaccio in pensieri di vanità? Sono suscettibile? Sono schiavo del “che cosa dirà la gente?” e della moda?

Avarizia
Sono attaccato ai beni terreni? Ho sempre fatto l’elemosina secondo le mie possibilità? Per avere, non ho mai leso le leggi della giustizia? Ho praticato il gioco d’azzardo? Vedi il settimo e decimo comandamento.

Lussuria
Vedi il sesto e nono comandamento.

Invidia
Ho avuto sentimenti di gelosia? Ho cercato di nuocere agli altri per invidia? Mi sono compiaciuto del male, o rattristato del bene altrui?

Gola
Ho ecceduto nel mangiare e nel bere? Mi sono ubriacato?

Ira
Vedi il quindo comandamento.

Pigrizia
Sono pigro nell’alzarmi la mattina? Nello studio e nel lavoro? Nel pregare e nel compiere i doveri religiosi?

 

I doveri di stato

Ho mancato agli obblighi speciali del mio stato? Operaio, studente, medico, professore, medico, avvocato, casalinga, ecc. Preparazione, aggiornamento, disponibilità, ecc.

I precetti della Chiesa
(Cfr. Cat. Ch. Catt., nn. 2041-2043)

1. Parteciperai alla Messa la domenica e le altre feste comandate.
2. Confesserai tutti tuoi peccati almeno una volta all’anno.
3. Riceverai umilmente il tuo Creatore almeno a Pasqua.
4. Santificherai le feste che ti sono comandate.
“La domenica e le altre feste di precetto i fedeli […] si astengano […] da quei lavori e da quegli affari che impediscono di rendere culto a Dio e turbano la letizia propria del giorno del Signore o il dovuto riposo della mente e del corpo” (Codice di Diritto Canonico, can. 1247).
5. Osserverai il digiuno prescritto e parimenti l’astinenza.
“Si osservi l’astinenza dalle carni o da altro cibo, secondo le disposizioni della Conferenza Episcopale, in tutti e singoli i venerdì dell’anno, eccetto che coincidano con un giorno annoverato tra le solennità; l’astinenza e il digiuno, invece, il mercoledì delle Ceneri e il venerdì della Passione e Morte del Signore Nostro Gesù Cristo” (Ibid., can. 1251).
Il digiuno consiste in un solo pasto regolare nel giorno con piccole porzioni di cibo al mattino e alla sera.
I fedeli hanno anche l’obbligo di sovvenire alle necessità materiali della Chiesa, ciascuno in base alle proprie possibilità.

Se la confessione ti costa un pó, recita una preghiera alla Vergine Maria. Il suo aiuto non ti mancherà. Ultimata la preparazione, entra nel confessionale con umiltà e raccoglimento, considerando che il sacerdote occupa il posto di Gesù Cristo nostro Signore, e accusa tutti i peccati con sincerità.

 

Consigli sulla lotta spirituale rivelati a Santa Faustina Kowalska

santa faustina kowalskaVOLTO3.1

«Figlia Mia, voglio istruirti sulla lotta spirituale.

1. Non confidare mai in te stessa, ma affidati completamente alla Mia volontà.

2. Nell’abbandono, nelle tenebre e nei dubbi di ogni genere ricorri a Me ed al tuo direttore spirituale, che ti risponderà sempre a Mio nome.

3. Non metterti a discutere con nessuna tentazione, chiuditi subito nel Mio Cuore ed alla prima occasione rivelala al confessore.

4. Metti l’amor proprio all’ultimo posto, in modo che non contamini le tue azioni.

5. Sopporta te stessa con molta pazienza.

6. Non trascurare le mortificazioni interiori.

7. Giustifica sempre dentro di te l’opinione dei superiori e del confessore.

8. Allontanati dai mormoratori come dalla peste.

9. Lascia che gli altri si comportino come vogliono, tu comportati come voglio Io da te.

10. Osserva la regola nella maniera più fedele.

11. Dopo aver ricevuto un dispiacere, pensa a che cosa potresti fare di buono per la persona che ti ha procurato quella sofferenza.

12. Evita la dissipazione.

13.Taci quando vieni rimproverata.

14. Non domandare il parere di tutti, ma quello del tuo direttore spirituale; con lui sii sincera e semplice come una bambina.

15. Non scoraggiarti per l’ingratitudine.

16. Non indagare con curiosità sulle strade attraverso le quali ti conduco.

17. Quando la noia e lo sconforto bussano al tuo cuore, fuggi da te Stessa e nasconditi nel Mio Cuore.

18. Non aver paura della lotta; il solo coraggio spesso spaventa le tentazioni che non osano assalirci.

19. Combatti sempre con la profonda convinzione che Io sono accanto a te.

20. Non lasciarti guidare dal sentimento poiché esso non sempre è in tuo potere, ma tutto il merito sta nella volontà.

21. Sii sempre sottomessa ai superiori anche nelle più piccole cose.

22. Non t’illudo con la pace e le consolazioni; preparati a grandi battaglie.

23. Sappi che attualmente sei sulla scena dove vieni osservata dalla terra e da tutto il cielo; lotta come un valoroso combattente, in modo che Io possa concederti il premio.

24. Non aver troppa paura, poiché non sei sola

Quaderno n. 6/2 di Suor Faustina

La profezia di Civitavecchia: Parla Fabio Gregori, proprietario della Madonnina delle lacrime

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La profezia di Civitavecchia: Parla Fabio Gregori, proprietario della Madonnina delle lacrime (di Riccardo Caniato, Studi Cattolici nr. 652 giugno 2015)

Sul numero di maggio-giugno della rivista diocesana La Madonnina di Civitavecchia, si ricorda che dal giorno 15 marzo 2005, con decreto dell’allora vescovo della città, mons. Gerolamo Grillo, la piccola parrocchia di Sant’Agostino a Pantano, che custodisce in una teca blindata la statua della Vergine che ha lacrimato sangue per 15 volte tra il 2 febbraio e il 15 marzo 1995, è stata eretta a Santuario mariano. La notizia così ribadita è importante perché significa che la Chiesa riconosce l’origine soprannaturale di quelle lacrime. Non a caso l’attuale vescovo, mons. Luigi Marrucci, il 26 aprile 2014, ha incoronato la «Madonnina» durante un pontificale concelebrato con il vescovo emerito Grillo, l’arcivescovo Giovanni Marra e con moltissimi sacerdoti della diocesi. Come già per altre mariofanie ed eventi analoghi è proprio con gesti solenni come questo che la Chiesa dà pubblica approvazione di un fatto riconducibile a un intervento divino. E dal momento che un vescovo non prende simili iniziative in disaccordo con Roma e che in seno alla diocesi i suoi decreti valgono il volere del Papa, questi fatti spengono definitivamente le opinioni particolari di chi da vent’anni specula sulla veridicità delle lacrimazioni.

Lacrime e messaggi

Per chi non ricordasse: primi testimoni del pianto della Vergine sono stati una bambina di nome Jessica, allora di 5 anni, e suo papà Fabio Gregori, allora come oggi impiegato nella Centrale Enel della cittadina laziale. La famiglia Gregori è tuttora proprietaria della statuina che ha lacrimato sangue, come di una seconda copia identica, conservata gelosamente, che fu loro regalata il 10 aprile 1995, tramite il cardinale polacco Andrzej Maria De- skur, da papa Giovanni Paolo II. Questa seconda immagine, fin da allora, trasuda talvolta un olio profumato: ciò avviene generalmente nell’occasione di importanti feste liturgiche, come il Natale o l’Anniversario delle lacrimazioni, ma anche, in innumerevoli circostanze, di fronte a gente comune, pellegrini di passaggio che le si accostano per pregare. «Al sangue della prima Madonnina si accompagna dunque l’olio della seconda, l’uno segno della Passione, l’altro dell’effusione dello Spirito Santo», commentava autorevolmente il mariologo Stefano De Fiores. Ma entrambi questi segni si sono manifestati in un contesto più ampio, perché quel 1995, esattamente nel pomeriggio del 16 luglio, alle ore 18 e 30, durante la Messa, segna per la famiglia Gregori anche l’inizio delle apparizioni della Vergine… «La Madonna stava proprio sopra padre Pablo, i piedi immersi in una nuvola bianca, le braccia aperte coi palmi delle mani rivolte verso terra». A parlare così, è Fabio Gregori, vent’anni dopo.

Madre della Chiesa Regina delle Famiglie

Fabio, lei tradisce ancora l’emozione. Che cosa ricorda di quella prima apparizione?
La Madonna è apparsa nel momento in cui il parroco stava per consacrare l’Ostia santa, ed è rimasta silenziosa in adorazione fino alla Comunione, a sottolineare che suo Figlio Gesù, il Salvatore, è realmente presente, vivo, nell’Eucaristia.

Poi però la Madonna ha parlato?
Tra il 1995 e il 1996 ha dato 93 messaggi, di cui due segreti per il nostro vescovo e un terzo per il Papa, in un ciclo di apparizioni pubbliche a mia figlia e a me.

Che cosa significa «apparizioni pubbliche»?
Sono rivelazioni in cui la Madonna dà un messaggio che desidera sia annunciato a tutti. Si distinguono dalle rivelazioni private, che possono continuare nel tempo, ma che sono riservate alla persona o alle persone che ricevono questa visita celeste.

Avete ancora rivelazioni private?
La Madre del Cielo non ci ha fatto mai mancare la sua presenza, in particolare a mia figlia Jessica.

È vero che tutti i membri della sua famiglia hanno visto la Vergine?
Sì, c’è stata occasione che la Madonna è apparsa a tutti negli anni delle apparizioni pubbliche.

Ma Manuel Maria è nato dopo, nel dicembre 2002?
Lui ha vissuto immerso nei nostri racconti, ed è testimone delle essudazioni e di tanti altri segni che per grazia accadono nel profondo delle persone che fanno pellegrinaggio alla Madonnina, ma nel cuore coltivava un desiderio fortissimo di vedere anche lui la Mamma del Cielo. E un giorno di febbraio, nel tempo dell’anniversario delle lacrimazioni – tornavamo dall’orto -, mentre lo rincorrevo lui ha girato l’angolo della casa ed è caduto in estasi. L’ho raggiunto. Lei era lì.

Com’è la Madonna?
È bellissima. Ed è mamma, con il cuore di una mamma.

Che cosa la colpisce di più del suo atteggiamento verso di lei e la sua famiglia?
La discrezione, la delicatezza d’animo, che le fa perfino chiedere scusa, nell’atto dell’apparire, per il tempo che toglie agli altri: «Fabio», ha detto proprio così, «ti chiedo scusa per il tempo che tolgo alla tua famiglia».

Qual è il cuore del suo messaggio?
Il primo messaggio è il nome: la Vergine si è presentata coi titoli di Madonna delle Rose, Madre e Regina delle famiglie e della Chiesa.

La rosa ha un valore poetico?
«Rosa mistica», corpo mistico della Chiesa: la Madonna stessa è la Chiesa e in quanto Madre di Gesù, è Madre della Chiesa. Lei stessa ha spiegato che la rosa è il fiore che rappresenta il corpo mistico: il rosso è il colore del sangue versato da suo Figlio; i petali intorno al nucleo stanno per la comunità cristiana che si stringe intorno a Gesù, il Verbo incarnato, alla sua Passione e Risurrezione, per poi aprirsi a 360 gradi e portare l’amore e la parola di Dio al mondo intero. E il profumo della rosa, ci ha detto, è il profumo di Cristo.

La devozione accosta il profumo di rosa ad alcuni santi.
Sforzandosi di assomigliare a Gesù, alcuni grandi santi come Padre Pio arrivano ad averne il profumo. Ma a tutti è chiesto di diventare santi.

E come si fa a diventarlo?
La Madonna ci chiede di consacrarci a lei e di vivere la nostra vita nella presenza di Dio. Di accostarci con frequenza ai Sacramenti, in particolare all’Eucaristia e alla santa Confessione; di meditare il Rosario. Ma ha spiegato che se impariamo a rivolgere il nostro pensiero a Dio in ogni momento della giornata, allora il lavoro, il riposo, le amicizie., tutto diventa preghiera. E nella preghiera, che è dialogo, si cresce nella comunione con il Signore. Ci chiede di vivere in modo retto, con onestà. Ha detto che ogni buona azione da noi compiuta vale un’anima strappata a Satana.

Perché Satana è contro la famiglia

Quali altri messaggi vi ha dato Maria?
La Madonna si è rivolta da qui all’umanità intera, alla Chiesa e a quella porzione di Chiesa che è la famiglia, ponendo questo suo intervento nel solco del massaggio di Fatima. Ci ha messo in guardia che Satana è potente e vuole scatenare l’odio, quindi la guerra per distruggere l’umanità. E per raggiungere questo scopo vuole abbattere la Chiesa di Dio, incominciando dalla piccola Chiesa domestica che è la famiglia, che è culla della società, e, nel solco della Famiglia di Nazaret, tanto più della comunità cristiana.

Di che genere di guerra si parla?
La minaccia di un conflitto nucleare tra l’Occidente e l’Oriente, la terza guerra mondiale. E la Madonna ha aggiunto che il demonio avrebbe fatto di tutto per minare l’unità della famiglia cristiana fondata sul matrimonio e che, senza una nuova conversione, molti pastori avrebbero tradito la propria vocazione, anche con grave scandalo, e che la Chiesa avrebbe conosciuto una nuova grande apostasia, cioè il rinnegamento delle verità cristiane fondamentali riaffermate nei secoli nella tradizione e nella dottrina.

Perché la famiglia sarebbe così centrale nel piano di Dio sul mondo?
Gesù si è incarnato in una famiglia, Dio ha scelto questo luogo, questa forma di convivenza per venire a noi. Così è stabilito perché, come spiegava san Giovanni Paolo II, il noi umano costituito da un uomo e una donna aperti alla vita nella procreazione richiama il Noi divino della Trinità. Il matrimonio sacramentale, è indissolubile e sacro, perché riproduce la comunione trinitaria e lo stesso patto di fedeltà indissolubile che Dio ha stabilito con gli uomini. Per questo il divorzio da un matrimonio valido consapevolmente contratto è sacrilego.

A Nazaret, un padre, una madre e un bambino che si è fatto uomo hanno vissuto con sobrietà, in pace e letizia, per trent’anni. Hanno lavorato duro, hanno goduto dei beni della terra e dell’amicizia di chi li ha conosciuti, senza volere apparire o dominare sugli altri, con la sola preoccupazione di vivere bene e a gloria di Dio il quotidiano. Con questa fedeltà si sono guadagnati il pane e l’amore di tanti, in rispetto del creato. A Civitavecchia, manifestandosi non a una persona, ma a un marito e a una moglie con dei figli… il Cielo ha voluto ribadire che la famiglia è il cuore della società umana e della Chiesa. Attraverso questo segno chiede a tutte le famiglie lo sforzo di seguire l’esempio della Famiglia di Gesù.
E perché sarebbe al centro delle attenzioni di Satana?
Satana, in odio al Creatore, mira a colpire l’uomo, perché è costituito a immagine di Dio, e la famiglia, che umanamente riproduce al massimo grado la relazione d’amore fra il Padre celeste e la creatura. Ciò significa che l’amore che si alimenta e si dilata in una famiglia riproduce al massimo grado l’amore e la fedeltà di Dio che sono per sempre. Prova ne è che l’uomo, dotato da Dio di libertà, intelligenza e di capacità d’amore, è reso fecondo e chiamato, in seno alla famiglia, a cooperare alla creazione, generando e servendo la vita. Satana sa bene che la capacità di amare, la capacità di riconoscere lo sguardo buono di Dio nascono in famiglia: per questo è proprio lì che colpisce. Le tenebre che oggi avvolgono la concezione dell’uomo mirano a oscurare la dignità della persona, quindi la famiglia, dove l’individuo si forma e prende coscienza di sé. Attorno alla famiglia e alla vita si svolge la battaglia contro la dignità divina dell’uomo. Per questo la comunione coniugale non viene riconosciuta né rispettata nei suoi elementi di uguaglianza della dignità degli sposi e di necessaria diversità e complementarità sessuale. La stessa fedeltà coniugale e il rispetto per la vita in tutte le fasi dell’esistenza sono sovvertiti da una cultura che non ammette la trascendenza. Come notava Giovanni Paolo II, «allorché le forze disgreganti del male riescono a separare il matrimonio dalla sua missione nei confronti della vita umana, attentano all’umanità, privandola di una delle garanzie essenziali del suo futuro»

Un appello per il Sinodo sulla Famiglia in corso in Vaticano?
Difendiamo la famiglia cristiana. Come ha detto anche mons. Kabongo, segretario di san Giovanni Paolo II, pellegrino qui a Civitavecchia: «Dall’unità della famiglia dipende il futuro della Chiesa e del mondo».

Di tutti i segni testimone il vescovo

Perdita di fede, famiglie distrutte, scandali nella Chiesa, guerra e terrore incombenti… Siamo sicuri che la Vergine abbia profetizzato tutto ciò già nel ’95?
Tutti i messaggi sono stati trascritti a mano all’epoca via via che venivano comunicati; a stretto giro, letti e controfirmati in presenza di testimoni dall’allora vescovo di Civitavecchia, Gerolamo Grillo. Lo stesso che ha consentito alla pubblicazione parziale dei messaggi nel volume La Madonna di Civitavecchia di padre Flavio Ubodi, il suo incaricato presso la nostra famiglia.

Lo stesso vescovo che all’inizio non credette alle lacrimazioni?
E che si ricredette il 15 marzo 1995 quando la Madonnina pianse nelle sue mani, in presenza di altre persone, mentre stava pregando chiedendo discernimento a casa sua.

Ma inizialmente si oppose al punto di chiedere che la Madonnina venisse distrutta. Secondo lei, perché si mostrò tanto ostile?
Per le stesse ragioni per cui ancora oggi tanti storcono il naso di fronte a questi accadimenti prima di venire a verificarli di persona. Li comprendo: non è facile accettare per una mente razionalista che due manufatti di gesso piangano sangue o trasudino un olio profumato. Per crederci occorre che ti trovi nell’evidenza del fatto e che, al tempo stesso, apri il cuore e la mente, considerando, per esempio che questi stessi oggetti non sono «sassi» qualunque ma raffigurazioni di una persona santa, autentica e viva, qual è la Madonna. Per arrivare forse a comprendere, per fare un altro esempio, che se la Madonna ha pianto un sangue maschile, come definito dalle analisi, ciò che può sembrare al primo approccio il frutto di una truffa, può riservare, agli occhi della fede, un messaggio spirituale e rivelatore.

Mi sembra un passaggio importante da chiarire.
In un messaggio dato a Civitavecchia si dice che «la Madonna piange il sangue di suo Figlio». Già così si comprende la profonda partecipazione della Madre alla via della croce percorsa da Gesù. Su altro fronte, i test effettuati dagli istituti di Medicina legale dell’università La Sapienza, del Gemelli e dalla Criminalpol hanno rilevato che il sangue della Madonnina è sì maschile, ma con forti connaturazioni proprie di un sangue femminile. E questo fa ricordare che Gesù, concepito per opera dello Spirito Santo, ha ricevuto le caratteristiche del sangue come di tutto il suo patrimonio genetico umano unicamente da sua madre Maria. Il sangue di Cristo, da un punto di vista biologico, coinciderebbe dunque con il sangue della Vergine, come a rimarcare, su un piano fortemente simbolico, che il suo essere venuto al mondo per salvarci, la sua stessa vita la si deve a Maria, all’accoglienza libera dell’immenso piano di Dio per la salvezza del mondo da parte di questa piccola donna della Palestina.

Ciò nonostante quel sangue maschile è stato causa di calunnie e sospetti nei confronti suoi e degli altri maschi di casa. Perché non avete accettato di sottoporvi alla prova del Dna?
Sia io, a nome anche di mio figlio Davide, sia i miei fratelli ci siamo dimostrati subito disponibili al test del Dna.

Ma l’avvocato e il vescovo si sono opposti. La prima perizia sulla Madonnina fu eseguita in assenza mia, dei miei famigliari e del legale rappresentante, ragione per cui l’avvocato Forestieri paventava che ci potessero essere state manipolazioni o contaminazioni sui campioni. Il vescovo invece riteneva che la Magistratura stesse invadendo un campo non suo; e dal momento che nei messaggi dati a Civitavecchia ce n’è uno in cui si dice che «la via della verità è la via della Chiesa», decisi di ascoltare mons. Grillo che mi chiedeva di rinunciare all’esame. In seguito si venne a sapere che nel 1995 si potevano isolare solamente alcuni polimorfismi del Dna, così che il sangue sulla Madonnina poteva risultare compatibile con quello della stragrande maggioranza della popolazione. In altre parole, se io e i miei famigliari ci fossimo sottoposti al test, qualcuno non ben disposto verso questi fatti avrebbe potuto facilmente equivocare tra «coincidenza» e «compatibilità» del sangue. E nel ’96 la Corte Costituzionale sancì la piena legittimità del nostro agire.
Tuttavia, per diverso tempo, ha pesato su di voi l’accusa di truffa e di associazione per delinquere.
Benché le indagini siano state chiuse nel 1995, l’archiviazione è arrivata solamente il 16 ottobre del 2000. Con un’assoluzione in formula piena, però, che suona davvero inusuale per uno Stato laico. Infatti, escludendo manipolazioni esterne e interne alla statua e sulla base delle deposizioni dei testimoni oculari (fra l’altro di dieci agenti delle forze dell’ordine che avevano piantonato la Madonnina dal 2 al 7 febbraio del ’95, testimoniando poi di aver veduto formarsi e muoversi nuove lacrime, con la statua cementata alla grotta e irraggiungibile perché protetta da una lastra trasparente…), i giudici hanno sentenziato di trovarsi di fronte a un fenomeno inspiegabile per la scienza su cui solo la Chiesa potrà pronunciarsi. La Corte ha anche riconosciuto che la mia famiglia non ha mai tratto profitto da questi eventi.

È vero che il vescovo Grillo faticò a credere anche agli altri fatti straordinari avvenuti presso di voi?
Sì, ma su ogni singolo evento fu chiamato a testimone.

Può raccontare?
Mons. Grillo, molto turbato per le lacrime, rimandava di venire a constatare le essudazioni della seconda statua. Un giorno mandò da noi le suore della sua casa e il fenomeno si ripeté. Così si decise a muoversi di persona e, durante una Via Crucis, volle sostare alla grotta per meditare una stazione. Proprio in quel momento, non solo la Madonnina, ma la natura intorno iniziò a essudare e tutti videro il nostro grande liburno «piangere» olio. Successivamente mons. Grillo raccolse personalmente la sostanza durante le essudazioni e la fece analizzare al Gemelli di Roma. Le analisi hanno dimostrato che questo liquido è l’insieme di una molteplicità di elementi vegetali presenti in natura, ma ovviamente non nella composizione con cui fuoriesce dalla statua e, in alcune circostanze, anche dai sassi della grotta e dall’edera e dagli alberi che la circondano.

La notizia fu riportata anche sul Giornale. Ma rispetto alle apparizioni, come si comportò mons. Grillo?
Un giorno, eravamo a settembre 1995, la Madonna chiese a mia figlia di informare il vescovo sulle apparizioni. Obbedimmo, ma mons. Grillo cacciò Jessica con l’accusa di raccontare delle bugie. Quindi rimproverò me e Anna Maria dicendo che la stavamo condizionando. Ma il giorno successivo Jessica tornò alla carica: «La Madonna vuole che io parli col Vescovo». Io ero combattuto – mi sentivo ferito, arrabbiato perfino, per come eravamo stati trattati -, ma poi capitolai per la risoluzione di mia figlia che all’epoca aveva solo 6 anni e 5 mesi. Nella dimora del vescovo si ripeté la scena del giorno precedente, ma questi rimase sconvolto dal congedo di Jessica: «La Madonna mi ha detto che hai un cuore di pietra». Allora mons. Grillo mise alla prova la Vergine, chiedendole di rivelare a mia figlia un segreto noto a lui solo.

E come andò a finire?
Che Jessica gli riferì in seguito a nome della Madonna non uno ma diversi fatti che riguardavano la sua persona. Mons. Grillo ne rimase talmente sconvolto che fu preso da un malore, come già era accaduto a seguito della lacrimazione nelle sue mani. Ma da quel momento ha creduto anche alle apparizioni, come ha rivelato nel suo memoriale pubblicato nel 2011, e chiese udienza a Giovanni Paolo II per riferire ogni cosa.

Giovanni Paolo II e la «Madonnina»

Veniamo quindi al rapporto tra Wojtyla e la Madonnina?
Un rapporto di fede profondo. Il Papa credette subito al segno delle lacrime. Volle venerare la Madonnina in Vaticano nella sua cappella privata, le mise la corona d’oro e le donò il Rosario oggi custoditi nella teca del santuario accanto alla statua. Esortò mons. Grillo a essere più aperto ai segni del Cielo: «Voi vescovi italiani», disse, «avete la testa dura».

Poi vi donò la seconda Madonnina, quella che essuda l’olio, non è così?
Dopo che la prima statua lacrimò nelle mani del vescovo, la Magistratura italiana ne dispose il sequestro. Il Papa, ci fu riferito, vide in quel gesto un’ingerenza in un fatto che riguardava solamente la Chiesa e mandò il suo amico forse più caro, il cardinale Deskur, a Civitavecchia per presenziare una veglia in cattedrale. Deskur si presentò con la copia identica della Madonnina, che aveva fatto reperire a Medjugog’e dal medesimo artigiano che aveva realizzato la prima statua. Disse pubblicamente di essere venuto «a nome del Papa per favorire il culto della Madonna» e, al termine della funzione, ci donò la statua benedicendola a nome del Pontefice.

È vero che Wojtyla è poi venuto a Civitavecchia e che il rapporto con voi è durato fino alla morte?
Giovanni Paolo II ha ricambiato la visita venendo in segreto fino a Pantano a pregare la Madonnina delle lacrime, che nel frattempo, dal 17 giugno 1995, era stata ricondotta nella parrocchia di Sant’Agostino, oggi santuario. Ed è vero che, durante il ricovero del Papa al Gemelli di fine febbraio 2005, Jessica gli ha fatto recapitare una lettera molto personale in cui faceva riferimento al suo ministero petrino in relazione alle apparizioni, accompagnandola con delle foglie della grotta da cui era essudato l’olio.

E questa missiva ebbe un seguito?
Ci fu, tramite il nostro vescovo, una risposta ufficiale della Santa Sede indirizzata a tutta la famiglia, con il saluto e la benedizione del Papa. La conserviamo gelosamente insieme con una reliquia del sangue di Giovanni Paolo II versato nel giorno dell’attentato del 13 maggio 1981. Tutti questi fatti e i documenti sono fedelmente riportati nel volume di padre Ubodi, ma l’espressione più profonda del rapporto tra il Papa e la Madonnina si è avuta l’8 ottobre del 2000, nel giorno del Giubileo dei Vescovi. In quell’occasione il Papa ha fatto un Atto di Affidamento di tutta la Chiesa alla Madonna in risposta all’Atto di Consacrazione ripetutamente richiesto nei suoi messaggi, a noi consegnati a Civitavecchia.

E questo gesto del santo Papa non è stato sufficiente a cambiare le attuali sorti del mondo?
La Madonna punta alla conversione autentica dei cuori, di cui ogni singola persona dispone liberamente. Un atto di affidamento, poi, non ha la stessa forza di una consacrazione, e a suo tempo la Madonna ha anche avanzato alcune altre richieste sia al vescovo diocesano sia al Santo Padre, che oggi competono a mons. Marrucci e a Papa Francesco.

Tali richieste comprendono il segreto che – si dice – ancora oggi Jessica si aspetta di poter consegnare direttamente al Papa?
Sì.

È vero che suor Lucia dos Santos, l’ultima veggente di Fatima, ha avuto un lungo colloquio privato con sua figlia Jessica?
Sì. E poi suor Lucia ha partecipato con noi alla Messa celebrata dal nostro direttore spirituale, padre Manuel Hernandez Jerez, nel monastero di Coimbra.

È vero che il segreto per il Papa è collegato al segreto di Fatima?
Sì.

Alcuni sostengono che lei non ama associare i fatti che investono la sua famiglia con quelli di Medjugorje…
La mia preoccupazione è che la mariofania di Civitavecchia sia conosciuta in sé stessa per la sua specificità. Mi spiego. Sia la statua che ha lacrimato sangue, custodita al santuario, sia la statua che abbiamo in casa che essuda olio sono state fabbricate a Medjugorje e ne riportano il nome sul basamento. Il legame è evidente e ne ho profondo rispetto. Ma in questi vent’anni ho provato dispiacere nel vedere che molti si sono fermati a sottolineare unicamente la provenienza delle due immagini, senza approfondire l’iniziativa della Vergine a Civitavecchia. A me e alla mia famiglia la Madonna ha chiesto di vivere e testimoniare il messaggio che ha dato qui. E nelle sue apparizioni ella ha fatto riferimento a Fatima: «Ho scelto Fatima per l’inizio del secolo ventesimo», ha detto, «Civitavecchia sul suo finire».

Ma i media fanno solo spettacolo

Un’ultima curiosità. Perché di fronte a un evento tanto grande, ha accettato fino a oggi rarissime interviste come questa?
Innanzitutto perché ho rispettato le disposizioni dei vescovi che si sono succeduti dal 1995 a Civitavecchia, dando la mia testimonianza nei tempi e nelle forme in cui me lo hanno permesso. In secondo luogo perché molte volte sui media prevalgono altri fattori sulla verità da comunicare.

Può farmi un esempio?
Recentemente un’importante rete nazionale ha trasmesso uno speciale sulla Madonna di Civitavecchia. In fase di preparazione il programma ha inviato da noi una troupe. Ebbene, appena queste persone si sono accostate alla Madonnina che custodiamo in casa si è verificata una forte e prolungata essudazione della statua. La giornalista e i cameraman hanno potuto riprendere tutto e si capiva che sono rimasti felici e turbati insieme. E noi con loro. Ma c’è dell’altro. Padre Flavio Ubodi ha loro mostrato anche un video molto particolare: si vede questa stessa statua piangere lacrime umane nei giorni della morte di san Giovanni Paolo II. Le riprese furono girate a memoria dell’autorità della Chiesa, alla presenza, fra gli altri, del vescovo della diocesi – lo si sente piangere e pregare -, del suo segretario, del rettore del santuario.

Uno scoop incredibile.
Non saprei giudicare. In ogni caso, con stupore della squadra che ci ha fatto visita, durante la trasmissione questo video è stato utilizzato, ma senza alcuna spiegazione. Ma non solo: mentre in studio si dibatteva sulla possibilità o meno che una statua pianga per intervento divino, e un chimico in camice bianco spruzzava del liquido rosso in faccia a una riproduzione della Vergine… nessuno ha pensato di mandare in onda le immagini dell’essudazione di cui gli inviati del programma sono stati diretti e credibili testimoni. La tv ha esigenze di audience, che comportano spettacolarizzazione, contrapposizioni fra punti di vista e una dilatazione esasperata del senso di mistero a beneficio della suspence; e può arrivare perfino a negare l’evidenza e la realtà. Alla Madonna, invece, preme unicamente la verità di ogni uomo e la sua sorte.


Intervista di Riccardo Caniato

I PRIMI 5 SABATI DEL MESE: LA PROMESSA DI MARIA SANTISSIMA.

LA DEVOZIONE DEI PRIMI 5 SABATI IN ONORE DEL CUORE IMMACOLATO DI MARIA E IN RIPARAZIONE DELLE OFFESE DA LEI RICEVUTE DAI POVERI PECCATORI


La Madonna apparendo a Fatima il 13 giugno 1917, disse a Lucia:
“Gesu’ vuole servirsi di te per farmi conoscere e amare. Egli vuole stabilire nel mondo la devozione al mio Cuore Immacolato”.

Poi, in quella apparizione, fece vedere ai tre veggenti il suo Cuore coronato di spine: il Cuore Immacolato della Mamma amareggiato per i peccati dei figli e per la loro dannazione eterna!

Lucia racconta: “Il 10 dicembre 1925 mi apparve in camera la Vergine Santissima e al suo fianco un Bambino, come sospeso su una nube. La Madonna gli teneva la mano sulle spalle e, contemporaneamente, nell’altra mano reggeva un Cuore circondato di spine. In quel momento il Bambino disse:

Abbi compassione del Cuore della Tua Madre Santissima avvolto nelle spine che gli uomini ingrati gli configgono continuamente, mentre non v’è chi faccia atti di riparazione per strapparglieLe”.

E subito la Vergine Santissima aggiunse:

“Guarda, figlia mia, il mio Cuore circondato di spine che gli uomini ingrati infliggono continuamente con bestemmie e ingratitudini. Consolami almeno tu e fa sapere questo:

 

A tutti coloro che per cinque mesi, al primo sabato, si confesseranno, riceveranno la santa Comunione, reciteranno il Rosario e mi faranno compagnia per quindici minuti meditando i Misteri, con l’intenzione di offrirmi riparazioni, prometto di assisterli nell’ora della morte con tutte le grazie necessarie alla salvezza”.

 

E’ questa la grande Promessa del Cuore di Maria che si affianca a quella del Cuore di Gesù.

Per ottenere la promessa del Cuore di Maria si richiedono le seguenti condizioni:

1 – Confessione, fatta entro otto giorni precedenti, con l’intenzione di riparare le offese fatte al Cuore Immacolato di Maria. Se uno nella confessione si dimentica di fare tale intenzione, può formularla nella confessione seguente.

2 – Comunione, fatta in grazia di Dio con la stessa intenzione della confessione.

3 – La Comunione deve essere fatta nel primo sabato del mese.

4 – La Confessione e la Comunione devono ripetersi per cinque mesi consecutivi, senza interruzione, altrimenti si deve ricominciare da capo.

5 – Recitare la corona del Rosario, almeno la terza parte, con la stessa intenzione della confessione.

6 – Per un quarto d’ora fare compagnia alla SS.ma Vergine meditando sui misteri del Rosario.

Un confessore di Lucia le chiese il perché del numero cinque. Lei lo chiese a Gesù, il quale le rispose:“Si tratta di riparare le cinque offese dirette al Cuore Immacolato di Maria.

1– Le bestemmie contro la sua Immacolata Concezione.

2 – Contro la sua Verginità.

3– Contro la sua Maternità divina e il rifiuto di riconoscerla come Madre degli uomini.

4– L’opera di coloro che pubblicamente infondono nel cuore dei piccoli l’indifferenza, il disprezzo e perfino l’odio contro questa Madre Immacolata.

5 – L’opera di coloro che la offendono direttamente nelle sue immagini sacre.


Messaggio del 2 agosto 1983
(Messaggio straordinario-Medjugorje)
“Consacratevi al mio Cuore Immacolato. Abbandonatevi totalmente a me ed io vi proteggerò e pregherò lo Spirito Santo perché si effonda su di voi. Invocatelo anche voi.”

 

ATTO DI CONSACRAZIONE E RIPARAZIONE
AL CUORE IMMACOLATO DI MARIA

Vergine santissima e Madre nostra, nel mostrare il tuo Cuore circondato di spine, simbolo delle bestemmie ed ingratitudini con cui gli uomini ripagano le finezze del tuo amore, hai chiesto di consolarti e ripararti.Come figli ti vogliamo amare e consolare sempre, ma specialmente dopo i tuoi materni lamenti, vogliamo riparare il tuo Cuore Addolorato e Immacolato che la cattiveria degli uomini ferisce con le pungenti spine dei loro peccati.

In modo particolare vogliamo riparare le bestemmie proferite contro la tua Immacolata Concezione e la tua Santa Verginità. Molti, purtroppo, negano che tu sei Madre di Dio e non ti vogliono accettare come tenera Madre degli uomini.

Altri, non potendoti oltraggiare direttamente, scaricando la loro collera satanica profanando le tue Sacre Immagini e non mancano coloro che cercano di infondere nei cuori, soprattutto dei bambini innocenti che ti sono tanto cari, l’indifferenza, il disprezzo ed anche l’odio contro di Te.

Vergine santissima, prostrati ai tuoi piedi, esprimiamo la nostra pena e promettiamo di riparare, con i nostri sacrifici, comunioni e preghiere, tanti peccati ed offese di questi tuoi figli ingrati.

Riconoscendo che anche noi non sempre corrispondiamo alle tue predilezioni, né ti amiamo ed onoriamo sufficientemente come Madre nostra, supplichiamo il perdono misericordioso per le nostre colpe e freddezze.

Madre santa, vogliamo ancora chiederti compassione, protezione e benedizioni per gli attivisti atei e i nemici della Chiesa. Riconducili tutti alla vera Chiesa, ovile di salvezza, come hai promesso nelle tue apparizioni a Fatima.

Per quanti sono tuoi figli, per tutte le famiglie e per noi in particolare che ci consacriamo interamente al tuo Cuore Immacolato sii rifugio nelle angustie e tentazioni della Vita; sii cammino per giungere a Dio, unica fonte di pace e di gioia. Amen. Salve Regina..

LA DEVOZIONE DEI PRIMI 5 SABATI IN ONORE DEL CUORE IMMACOLATO DI MARIA E IN RIPARAZIONE DELLE OFFESE DA LEI RICEVUTE DAI POVERI PECCATORI

«Il Signore ‘Vuole’ stabilire nel mondo la Devozione al mio Cuore Immacolato»

«Solo il mio Cuore può venire in vostro soccorso»

È giunto il tempo in cui le «Promesse» fatte dalla Madonna a Fa­tima, sono prossime al loro compimento.

L’ora del «trionfo» del Cuore Immacolato di Maria, Madre di Dio e Madre nostra, si avvicina; di conseguenza, sarà anche l’ora del grande miracolo della Divina Misericordia per l’Umanità: «Il mondo avrà un tempo di pace».

La Madonna vuole però operare questo mirabile Evento con la nostra collaborazione. Lei che ha offerto a Dio la sua piena disponi­bilità: «Ecco l’Ancella del Signore», ripete a ciascuno di noi le parole dette un giorno a Lucia: «Il Signore vuole servirsi di te … ». Sacerdoti e famiglie sono chiamati in «prima linea» a collaborare al compimento di questo trionfo.

Il «messaggio» di Fatima

Ci siamo mai chiesti quale sia il messaggio delle apparizioni e del­le rivelazioni di Fatima?

L’annunzio della guerra, la conversione della Russia con la caduta del comunismo nel mondo?

NO!

La promessa della pace? Neppure!

Il «vero messaggio» delle apparizioni di Fatima è «la devozione al Cuore Immacolato e Addolorato di Maria».

Viene dal cielo! È volontà di Dio!

La piccola Giacinta, poco prima di lasciare la terra per il cielo, ripeteva a Lucia:

«Tu rimani quaggiù per far sapere che il Signore vuole stabilire nel mondo la devozione all’Immacolato Cuore di Maria».

“Dì a tutti che Dio concede le sue grazie per mezzo del Cuore Im­macolato di Maria.

Che le chiedano a Lei.

Che il Cuore di Gesù vuole che con il suo Cuore sia venerato il Cuore Immacolato di Maria.

Che domandino la pace al Cuore Immacolato di Maria perchè il Signore l’ha affidata a Lei».

Le comunicazioni celesti

Nella seconda apparizione della Vergine Ss.ma alla Cova di Iria, il 13 giugno 1917, la Madonna mostrò ai fanciulli la visione del suo Cuore Immacolato, circondato e trafitto da spine.

Rivolgendosi a Lucia, Ella disse: «Gesù vuole servirsi di te per farmi conoscere ed amare. Egli `vuole stabilire’ nel mondo la devozione al mio Cuore Immacolato. A chi la praticherà prometto:

– la salvezza,

– queste anime saranno predilette da Dio,

– come fiori saranno collocate da me dinnanzi al suo trono.

Nella terza apparizione – 13 luglio 1917 -, la più ricca di dottrina e di promesse, la Vergine Ss.ma, dopo aver mostrato ai piccoli veg­genti la terrificante visione dell’inferno, con bontà e tristezza, disse loro:

«Avete visto l’inferno dove vanno a finire le anime dei poveri pecca­tori. Per salvarli, il Signore vuole stabilire nel mondo la devozione al mio Cuore Immacolato. Se si farà quello che vi dirò, molte anime si salveranno e vi sarà pace».

«Tu, almeno procura di consolarmi e annunzia in nome mio…»

Ma il messaggio di Fatima non si chiuse qui; la Vergine infatti apparve nuovamente a Lucia il 10 dicembre 1925. Era con lei il Bam­bino Gesù, sollevato sopra una nube di luce, mentre la Vergine po­sando una mano sopra la spalla di Lucia teneva nell’altra mano il Cuo­re circondato di acute spine.

Gesù Bambino parlò per primo e disse a Lucia:

«Abbi compassione del Cuore della tua Ss.ma Madre. Esso è tutto coperto dalle spine con le quali uomini ingrati lo trafiggono ogni mo­mento e non vi è chi ne rimuova alcuna con un atto di riparazione».

Parlò poi la Madonna: «Figlia mia, contempla il mio Cuore cir­condato dalle spine con cui gli uomini ingrati continuamente lo tra­figgono con le loro bestemmie ed ingratitudini. Tu, almeno procura di consolarmi ed annunzia, in nome mio, che io ti prometto di assistere nell’ora della morte con le grazie necessarie alla salvezza eterna, tutti coloro che nel primo sabato di cinque mesi consecutivi si confes­seranno e comunicheranno recitando il Rosario e mi faranno compa­gnia per un quarto d’ora, meditando i misteri del Rosario, con l’in­tenzione di offrire un atto di riparazione».

Alcune precisazioni:

– Lucia fece presente a Gesù la difficoltà che alcune persone avevano di confessarsi il sabatoe chiese se fosse stata valida la confessio­ne fatta negli otto giorni.

Rispose Gesù: «Sì, può esserlo anche di molti giorni di più, pur­chè quelli che ricevono la Santa Comunione siano in grazia e abbia­no l’intenzione di riparare le offese al Cuore Immacolato di Maria».

Chiese ancora Lucia: «A chi non potrà soddisfare tutte le condi­zioni al sabato, non potrà farlo alla domenica?»

Gesù rispose: «Sarà ugualmente accetta la pratica di questa devo­zione alla domenica, dopo il primo sabato, quando i miei sacerdoti,’ per giusti motivi, lo concederanno alle anime».

Perchè cinque sabati?

Lucia domandò poi alla Vergine perchè dovessero essere `cinque sabati’ e non nove, o sette.

Riportiamo le sue parole:

«Figlia mia, il motivo è semplice – ri­spose la Vergine – sono cinque le specie di offese e bestemmie contro il mio Cuore Immacolato:

1. le bestemmie contro l’Immacolata Concezione;

2. le bestemmie contro la sua Verginità;

3. le bestemmie contro la Maternità divina, rifiutando, allo stesso tem­po, di riconoscerla come vera Madre degli uomini;

4. gli scandali di quanti cercano pubblicamente di infondere nel cuore dei bambini l’indifferenza, il disprezzo e perfino l’odio contro questa loro Madre Immacolata;

5. quanti mi oltraggiano «direttamente» nelle mie sacre immagini.

«Quanto a te, cerca continuamente, con le tue preghiere e sacrifi­ci, di muovermi a misericordia verso quelle povere anime».

In conclusione, le condizioni necessarie per la grande promessa sono:

– per cinque mesi ricevere la santa Comunione il primo sabato;

– recitare la corona del Rosario;

– tenere compagnia alla Madonna per quindici minuti meditando sui misteri del Rosario;

– fare una confessione con la stessa intenzione; quest’ultima potrà essere fatta anche in altro giorno, purchè nel ricevere la santa Comu­nione si sia in grazia di Dio.

Il Messaggio del nuovo Millennio

Questo nostro secolo è stato testimone di esperienze dolorose per la mancata risposta agli inviti del cielo. Tutti ne abbiamo vissuto le tristi conseguenze: una seconda guerra mondiale, più terribile della prima; la Russia ha diffuso i suoi errori nel mondo provocando conflitti, persecuzioni alla Chiesa, sofferenze al Papa, l’annientamento di alcune nazioni; l’ateismo è diventato il nuovo credo di tanti popo­li. Proprio in questo nostro secolo, che si riconosce come il più caino della storia umana, Il Signore si è impegnato personalmente a chiedere compassione ed a promuovere la devozione al Cuore della sua e nostra Madre, perchè con il trionfo di questo Cuore di Mamma, l’umanità riscopra l’amore e viva finalmente un’Epoca di pace, un’Epoca in cui l’uomo, «con un cuore nuovo» veda nell’altro uomo non una preda da conquistare, ma un fratello da amare e da salvare.

Il messaggio di Fatima è dunque un messaggio di «salvezza» per impedire che l’umanità pervertita dall’odio, sommersa da fiumi di san­gue innocente, capace di atrocità inimmaginabili finisca di perdersi eternamente e di autodistruggersi sulla terra.

Gli altri «messaggi» come la guerra, la fame, le persecuzioni alla Chiesa, le nazioni annientate… sono annunzi di realtà tristi e sconvolgenti per il mancato ascolto delle richieste fatte per la salvezza degli uomini.

Le ragioni teologiche della devozione e del culto al Cuore Immacolato e Addolorato di Maria

Le rivela il Decreto con cui fu istituita la festa universale del Cuore Immacolato di Maria, nel 1944: «Con questo culto la Chiesa rende il debito onore al Cuore Immacolato della Beata Vergine Maria, poi­chè sotto il simbolo di questo Cuore venera con somma devozione:

– L’esimia e singolare santità della Madre di Dio;

– La sua materna pietà verso gli uomini, redenti dal sangue divino di suo Figlio».

Nello stesso Decreto è indicato il fine di tale Devozione: «Perchè per l’aiuto della Madre di Dio, sia concessa la pace a tutte le genti, la libertà alla Chiesa di Cristo e i peccatori siano liberati dai propri peccati e tutti i fedeli siano confermati nell’amore e nell’esercizio di tutte le virtù mediante la grazia».

Pertanto il culto al Cuore Immacolato e Addolorato di Maria mette in luce la «santità» unica della Madonna, Madre e Regina di tutti i Santi perchè Immacolata, concepita senza peccato e quindi piena di grazia e, nel medesimo tempo, sottolinea «l’amore» tenerissimo di questa Madre del cielo verso tutti noi, suoi figli.

Se è vero che il capolavoro della sapienza e della potenza di Dio è il Cuore materno, che dire del Cuore di Maria, Madre di Dio e Ma­dre nostra che, mentre supera in santità ogni altra creatura, supera nell’«amore» quello di tutte le mamme della terra per i loro figli?

«Il Signore stesso lo vuole»

Convinciamoci, dunque, che la devozione al Cuore Immacolato di Maria non è stata inventata dagli uomini. Viene da Dio: «II Signo­re stesso lo vuole…»

Pensiamo a quanto Dio, in Cristo Gesù, abbia operato per la glo­rificazione del Cuore di sua Madre. Le apparizioni di Fatima oltre a documentare come Maria è presente nella storia umana, nelle no­stre vicende tragiche e sconvolgenti, per salvare l’umanità, rivelano:

1- Come il Signore, per vincere l’odio caino degli uomini, «Fratelli che uccidono i fratelli», nella sua infinita sapienza, abbia voluto met­tere in pienezza di luce la devozione ed il culto al Cuore della Madre sua e dell’umanità, rendendo visibile, con le lacrimazioni – ricordia­mo Siracusa – tutto il suo amore e il suo dolore per la rovina dei figli.

2. – Come, per arrivare alla glorificazione del Cuore di sua Madre, abbia condotto la Chiesa, nella persona di Pio XII, a «definire con un Dogma» che veramente la Madre di Dio e Madre nostra è stata assunta in cielo, dove vive nella gloria accanto a Gesù Cristo non solo con l’anima, ma con il corpo (1° novembre 1950).

Noi possiamo e dobbiamo venerare il Cuore della nostra Madre perchè è vivo, palpitante di amore e di tenerezza per noi.

«Il Signore lo vuole…».

Il culto al Cuore Immacolato e Addolorato di Maria non è dun­que una nostra pia devozione, ma opera onnipotente di Dio per glori­ficare in cielo ed in terra la Madre sua e nostra.

Non è certo per devozionismo che i sommi Pontefici, a comincia­re da Pio XII, hanno risposto alle ripetute richieste di consacrazione della Russia e dell’umanità al Cuore Immacolato e Addolorato di Ma­ria!

La prima venne fatta da Pio XII il 31 maggio 1942, 25° anniver­sario delle apparizioni di Fatima, nella Basilica di San Pietro: «A voi, al vostro Cuore Immacolato… noi, in quest’ora tragica della storia umana, consacriamo solennemente la santa Chiesa, più ancora il mon­do intero, travagliato da, crudeli discordie, vittima della propria ini­quità…».

Sempre Pio XII, il 1 ° novembre, con la proclamazione del Dog­ma dell’Assunta, poneva il fondamento teologico della Devozione al Cuore Immacolato di Maria.

Il 25 marzo 1984, Giovanni Paolo II, in Piazza S. Pietro, consa-

crava solennemente l’umanità al Cuore Immacolato «perchè si sveli per tutti la luce della speranza».

Nessuna gloria, dopo la gloria resa da Gesù Cristo al Padre, sale dalla terra alla SS. Trinità, così piena e perfetta come la gloria che rende il Cuore Immacolato di Maria:

– Figlia prediletta del Padre;

– vera Madre di Gesù Cristo, Uomo e Dio;

– vera Sposa dello Spirito Santo;

– vera Madre nostra: «Ecco la tua Madre».

Da questi brevi accenni, ognuno può intuire il prodigio operato da Dio in questo nostro secolo, prodigio che continuerà ad accompa­gnare le generazioni degli uomini nel terzo millennio: il trionfo del Cuore Immacolato e Addolorato di Maria.

Questo mistero di grazia che mette in ammirazione gli an­geli del Cielo – lo diciamo con dolore – lascia indifferente ancora tan­ta parte dell’umanità. E non solo indifferente! Quanti sorridono quan­do si parla di «Devozione al Cuore Immacolato di Maria», della sua «Grande Promessa» con i primi cinque sabati del mese.

Eppure, proprio questo secolo, per disegno divino, si concluderà con il trionfo del Cuore di Maria.

Dio stesso ha messo mano ai grandi «Mondiali» per questa glori­ficazione.

C’è una Madre che ci ama con un amore senza limiti; c’è una ‘Ma­dre di Misericordia’ che per noi piange e prega, perchè ci vuole salvi!

Il nostro impegno

Di fronte alla precisa richiesta: «Il Signore vuole servirsi di te per stabilire nel mondo la devozione al mio Cuore Immacolato e Addolorato», come potremmo rimanere indifferenti?

Dio lo vuole! «Vuole servirsi di te!» Non «desidera», non «sugge­risce», non «consiglia», ma vuole!

Non dimentichiamo mai che la visione del Cuore Immacolato di Maria si inquadra con quella più drammatica e sconvolgente delle anime che vanno all’inferno.

Nell’Anno Internazionale della Famiglia, noi abbiamo promosso la `Consacrazione’ di ogni famiglia, di ogni parrocchia al Cuore Immacolato di Maria, aderendo ad una precisa richiesta della Madonna:«Voglio che tutte le famiglie si consacrino al mio Cuore».

Per questo nuovo anno (1995), il nostro impegno sarà di aiutare le famiglie, i singoli fedeli, le parrocchie a «vivere questa Consacrazione con la Grande Promessa dei primi cinque sabati».

Il trionfo del Cuore di Maria è il trionfo dell’amore, presupposto essenziale perchè tutti gli uomini siano salvi e l’umanità viva finalmente la «Civiltà dell’amore», il cui primo `frutto’ è la Pace.

Tutti guardiamo con angoscia a tante Nazioni coinvolte da guer­re fraticide, a una umanità aberrante; ma pensiamo anche a quante famiglie sono in crisi perchè l’amore ha ceduto il passo all’egoismo

e all’odio, che apre la porta al delitto dell’aborto: «strage degli inno­centi», compiuta non più da Erode, ma da papà e mamma.

Il «segreto» per riportare le famiglie al disegno di Dio è di colla­borare tutti insieme a far vivere la Consacrazione al Cuore Immacolato di Maria con la pratica dei primi cinque sabati del mese, richiesta dalla Madonna stessa: «Annunzia in nome mio…».

Come è possibile questo?

Tutti ricordiamo gli avvenimenti straordinari che hanno sorpreso il mondo, a cominciare dal crollo del comunismo ateo in Russia, del muro di Berlino, conseguenze certe della Consacrazione al Cuore Im­macolato di Maria; ma perchè aspettare sempre di vedere per credere? «Beati quelli che crederanno senza vedere».

Tutti Apostoli della `Grande Promessa’

Rispondiamo quindi con gioia alla richiesta del Cuore Immacola­to di Maria, dei primi cinque sabati del mese promuovendone la pratica.

Le grazie promesse sono state «rivelate» dalla Madonna stessa:

– «A chi la praticherà prometto la salvezza».

– «Queste anime saranno predilette da Dio».

– «Come fiori saranno collocate da me innanzi al suo Trono».

– «Il mio Cuore Immacolato sarà il tuo rifugio e la via che ti con­durrà a Dio».

Carissimi,

Vi invito tutti ad impegnarvi perchè la Consacrazione delle famiglie, fatta al Cuore Immacolato di Maria, sia completata vivendo e diffondendo «la grande promessa del Cuore Immacolato di Maria».

Avrete benedizioni e grazie speciali sulla vostra famiglia, sui vo­stri figli, sulla vostra discendenza.

Molte famiglie si salveranno dal divorzio ed apriranno i loro cuo­ri all’accoglienza della vita e si avvieranno ad una vita cristiana. L’uomo del duemila ha bisogno del Cuore Immacolato di Maria per costruire la «Civiltà dell’amore».

Benedico! Tutti al lavoro per produrre frutti, molti frutti e frutti duraturi.

Sac. Stefano Lamera

Delegato Istituto «Santa Famiglia»

Messaggi di Maria a Medjugorje sulla devozione al suo Cuore Immacolato

Messaggio del 2 luglio 1983 (Messaggio dato al gruppo di preghiera)
Ogni mattina dedicate almeno cinque minuti di preghiera al Sacro Cuore di Gesù e al mio Cuore Immacolato perché vi riempiano di sè. Il mondo si è dimenticato di venerare i Sacri Cuori di Gesù e Maria. In ogni casa siano poste le immagini dei Sacri Cuori e ogni famiglia li veneri. Supplicate ardentemente il mio Cuore e il Cuore di mio figlio e riceverete tutte le grazie. Consacratevi a noi. Non è necessario ricorrere a particolari preghiere di consacrazione. Potete farlo anche con parole vostre, secondo quello che sentite.

Messaggio del 4 luglio 1983 (Messaggio dato al gruppo di preghiera)
Pregate mio figlio Gesù! Rivolgetevi spesso al suo Sacro Cuore e al mio Cuore Immacolato. Chiedete ai Sacri Cuori che vi riempiano del vero amore con il quale potrete amare i vostri nemici. Vi ho invitato a pregare tre ore al giorno. E voi avete cominciato. Ma guardate sempre l’orologio, e preoccupati vi chiedete quando finirete i vostri doveri. E così durante la preghiera siete tesi e preoccupati. Non fate più così. Abbandonatevi a me. Immergetevi nella preghiera. L’unica cosa essenziale è lasciarsi condurre dallo Spirito Santo in profondità! Solo così potrete avere una vera esperienza di Dio. Allora anche il vostro lavoro andrà bene e vi rimarrà anche del tempo libero. Voi avete fretta: volete cambiare le persone e le situazioni per raggiungere rapidamente i vostri scopi. Non vi affannate, ma lasciatevi guidare da me e vedrete che tutto andrà bene.

Messaggio del 2 agosto 1983 (Messaggio straordinario)
Consacratevi al mio Cuore Immacolato. Abbandonatevi totalmente a me ed io vi proteggerò e pregherò lo Spirito Santo perché si effonda su di voi. Invocatelo anche voi.

Messaggio del 19 ottobre 1983 (Messaggio straordinario)
Desidero che ogni famiglia si consacri ogni giorno al Sacro Cuore di Gesù e al mio Cuore Immacolato. Sarò molto felice se ogni famiglia si riunisce mezz’ora ogni mattina ed ogni sera per pregare unita.

Messaggio del 28 novembre 1983 (Messaggio dato al gruppo di preghiera)
Rivolgetevi al mio Cuore Immacolato con queste parole di consacrazione: “O Cuore Immacolato di Maria, ardente di bontà, mostra il tuo amore verso di noi. La fiamma del tuo Cuore, o Maria, scenda su tutti gli uomini. Noi ti amiamo tanto. Imprimi nei nostri cuori il vero amore così da avere un continuo desiderio di te. O Maria, umile e mite di cuore, ricordati di noi quando siamo nel peccato. Tu sai che tutti gli uomini peccano. Donaci, per mezzo del tuo Cuore Immacolato, la salute spirituale. Fa’ che sempre possiamo guardare alla bontà del tuo Cuore materno e che ci convertiamo per mezzo della fiamma del tuo cuore. Amen”.

Messaggio del 7 dicembre 1983 (Messaggio dato al gruppo di preghiera)
Domani per voi sarà un giorno davvero benedetto se ogni istante sarà consacrato al mio Cuore Immacolato. Abbandonatevi a me. Cercate di far crescere la gioia, di vivere nella fede e di cambiare il vostro cuore.

Messaggio del 1 maggio 1984 (Messaggio dato al gruppo di preghiera)
Ogni mattina e ogni sera ciascuno di voi rimanga almeno venti minuti immerso nella consacrazione al mio Cuore Immacolato.

Messaggio del 5 luglio 1985 (Messaggio dato al gruppo di preghiera)
Rinnovate le due preghiere insegnate dall’angelo della pace ai pastorelli di Fatima: “Santissima Trinità, Padre, Figlio e Spirito Santo, vi adoro profondamente e vi offro il preziosissimo corpo, sangue, anima e divinità di Gesù Cristo, presente in tutti i tabernacoli della terra, in riparazione degli oltraggi, sacrilegi e indifferenze da cui egli stesso è offeso. E per i meriti infiniti del suo Sacratissimo Cuore e per intercessione del Cuore Immacolato di Maria, vi chiedo la conversione dei poveri peccatori”. “Mio Dio, io credo e spero, ti amo e ti ringrazio. Ti chiedo perdono per chi non crede e non spera, non ti ama e non ti ringrazia”. Rinnovate anche la preghiera a San Michele: “San Michele Arcangelo, difendici nella battaglia. Sii tu il nostro sostegno contro la perfidia e le insidie del demonio. Che Dio eserciti il suo dominio su di lui, te ne preghiamo supplichevoli. E tu, principe della milizia celeste, con la potenza divina, ricaccia nell’inferno Satana e gli altri spiriti maligni i quali errano nel mondo per perdere le anime”.

Messaggio del 10 dicembre 1986 (Messaggio dato al gruppo di preghiera)
La vostra preghiera, ogni preghiera, deve essere radicata nel mio Cuore Immacolato: solo così io potrò portarvi a Dio con tutte le grazie che il Signore mi permette di darvi.

Messaggio del 25 ottobre 1988
Cari figli, il mio invito a vivere i messaggi che vi do, è quotidiano. In modo particolare, figlioli, vorrei avvicinarvi di più al Cuore di Gesù. Perciò, figlioli, oggi vi invito alla preghiera indirizzata al mio caro Figlio Gesù, affinché tutti i vostri cuori siano suoi. E inoltre vi invito a consacrarvi al mio Cuore immacolato. Desidero che vi consacriate personalmente, come famiglie e come parrocchie, in modo tale che tutto appartenga a Dio attraverso le mie mani. Perciò, figlioli, pregate in modo da capire il valore di questi messaggi che io vi do. Non chiedo nulla per me stessa, ma chiedo tutto per la salvezza delle vostre anime. satana è forte; e perciò, figlioli, accostatevi al mio Cuore materno con una preghiera incessante. Grazie per aver risposto alla mia chiamata!

Messaggio del 25 ottobre 1988
Cari figli, il mio invito a vivere i messaggi che vi do, è quotidiano. In modo particolare, figlioli, vorrei avvicinarvi di più al Cuore di Gesù. Perciò, figlioli, oggi vi invito alla preghiera indirizzata al mio caro Figlio Gesù, affinché tutti i vostri cuori siano suoi. E inoltre vi invito a consacrarvi al mio Cuore immacolato. Desidero che vi consacriate personalmente, come famiglie e come parrocchie, in modo tale che tutto appartenga a Dio attraverso le mie mani. Perciò, figlioli, pregate in modo da capire il valore di questi messaggi che io vi do. Non chiedo nulla per me stessa, ma chiedo tutto per la salvezza delle vostre anime. satana è forte; e perciò, figlioli, accostatevi al mio Cuore materno con una preghiera incessante. Grazie per aver risposto alla mia chiamata!

Messaggio del 25 settembre 1991
Cari figli, vi invito tutti in modo speciale alla preghiera e alla rinuncia perché, adesso come mai prima, satana desidera sedurre più gente possibile sul cammino della morte e del peccato. Perciò, cari figli, aiutate il mio Cuore Immacolato affinché trionfi in un mondo di peccato. Chiedo a tutti voi di offrire le preghiere e i sacrifici per le mie intenzioni affinché io possa offrirli a Dio per quello che è più necessario. Dimenticate i vostri desideri e pregate, cari figli, per quello che Dio vuole e non per quello che voi desiderate. Grazie per aver risposto alla mia chiamata!

Messaggio del 25 novembre 1994
Cari figli! Oggi vi invito alla preghiera. Io sono con voi e vi amo tutti. Io sono vostra madre e desidero che i vostri cuori siano simili al mio cuore. Figlioli, senza la preghiera non potete vivere né dire che siete miei. La preghiera è gioia. La preghiera è ciò che il cuore umano desidera. Perciò avvicinatevi, figlioli, al mio cuore immacolato e scoprirete Dio. Grazie per aver risposto alla mia chiamata.

Messaggio del 25 maggio 1995
Cari figli! Vi invito figlioli: aiutatemi con le vostre preghiere, ad avvicinare quanti più cuori possibile al mio Cuore Immacolato. Satana è forte e con tutte le forze vuole avvicinare quante più persone possibile a se ed al peccato. Per questo sta in agguato per carpirne ogni momento di più. Vi prego figlioli, pregate ed aiutatemi ad aiutarvi. Io sono vostra madre e vi amo e perciò desidero aiutarvi. Grazie per aver risposto alla mia chiamata!

Messaggio del 25 ottobre 1996
Cari figli! Oggi vi invito ad aprirvi a Dio Creatore perché vi cambi. Figlioli, voi mi siete cari, vi amo tutti e vi invito ad essermi più vicini; che il vostro amore per il mio Cuore Immacolato sia più fervente. Desidero rinnovarvi e condurvi col mio Cuore al Cuore di Gesù che ancora oggi soffre per voi e vi invita alla conversione ed al rinnovamento. Tramite voi desidero rinnovare il mondo. Comprendete, figlioli che oggi voi siete il sale della terra e la luce del mondo. Figlioli, vi invito e vi amo ed in un modo speciale vi supplico: convertitevi. Grazie per avere risposto alla mia chiamata!

Messaggio del 25 agosto 1997
Cari figli, Dio mi concede questo tempo quale dono per voi, affinché possa istruirvi e condurvi sulla strada della salvezza. Ora, cari figli, non comprendete questa grazia, ma presto verrà il momento in cui rimpiangerete tali messaggi. Per questo, figlioli, vivete tutte le parole che vi ho donato in questo periodo di grazia e rinnovate la preghiera, fino a quando questa non diventerà gioia per voi. Invito in modo particolare quanti si sono consacrati al mio cuore Immacolato ad essere di esempio per gli altri. Invito tutti i sacerdoti, i religiosi e le religiose a recitare il Rosario e ad insegnare agli altri a pregare. Figlioli, il Rosario mi è particolarmente caro. Per mezzo del rosario apritemi il vostro cuore ed io posso aiutarvi. Grazie per aver risposto alla mia chiamata.

Messaggio del 25 ottobre 1998
Cari figli! oggi vi invito ad avvicinarvi al mio Cuore Immacolato. Vi invito a rinnovare nelle vostre famiglie il fervore dei primi giorni, quando vi ho invitato al digiuno, alla preghiera e alla conversione. Figlioli, voi avete accettato i miei messaggi con un cuore aperto, malgrado non sapevate cosa è la preghiera. Oggi vi invito ad aprirvi completamente a me perché io possa trasformarvi e condurvi al Cuore di mio Figlio Gesù, perché vi riempia del Suo Amore. Solo così, figlioli, troverete la vera Pace, la Pace che solo Dio vi dà. Grazie per aver risposto alla mia chiamata.

Messaggio del 25 agosto 2000
Cari figli, desidero condividere con voi la mia gioia. Nel mio Cuore Immacolato io sento che ci sono tanti che si sono avvicinati a me e portano in maniera particolare nei loro cuori la vittoria del mio Cuore Immacolato pregando e convertendosi. Desidero ringraziarvi e stimolarvi a lavorare di più per Dio e il suo Regno con l’amore e la forza dello Spirito Santo. Io sono con voi e vi benedico con la mia benedizione materna. Grazie per aver risposto alla mia chiamata.

L’Arca della Nuova Alleanza : Rivelazioni di Maria e Gesù Santissimi a Catalina Rivas

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Arca della Nuova Allenza

Cochabamba, giugno 1994
Una fresca mattina del 25 giugno 1994, ho visitato la città di Cochabamba per intervistare una
persona, sposata e madre di due figli. La sua storia, certamente eccezionale, era già nota a molte
persone. Fu un sacerdote che per primo mi parlò di lei. Più tardi, centinaia di persone si
commossero alla lettura dei testi da lei scritti.
Che avrà di speciale questa persona? Apparentemente, niente, ma se ci atteniamo al contenuto
delle sue affermazioni, lei dichiara nientemeno di “ricevere messaggi da Gesù, Figlio di Dio Vivo e
di Maria, Sua Madre”…
Due anni fa, queste affermazioni avrebbero sicuramente suscitato in me una reazione clinica
che mi avrebbe indotto a ritenere di trovarmi davanti a un quadro psicopatologico causale. Ma il
fatto pareva non si esaurisse con questi giudizi.
Incontro Catalina. Il suo viso è grazioso, espressivo lo sguardo, il suo atteggiamento è
spontaneo e accogliente, non esibisce nessuna comportamento tipico degli individui nevrotici o
isterici in cerca di notorietà. Già la ebbe nel passato (la notorietà) e per questo molti stentano a
credere che “abbia esperienze mistiche”.
Mi fa sapere di essere stata una cattolica occasionale, però mai una militante impegnata. Mi
racconta che negli ultimi anni riconobbe l’importanza di una vita interiore e spirituale, ma grande
fu la sua sorpresa quando, intorno l’8 di settembre del 1993, mentre dipingeva una rosa sopra un
manto e pensava ad un viaggio che avrebbe voluto fare con sua madre, improvvisamente sentì che i
battiti del suo cuore acceleravano ed ebbe l’impressione di sentire una dolce voce di donna che le
diceva: “Non preoccuparti, le stai dando il migliore viaggio della sua vita”… Molto spontaneamente,
essa chiese: “Quale viaggio?”… e sentì ancora: “La stai avvicinando al Signore, figlia mia”.
Catalina continuò la sua narrazione con maggiore impetuosità: “Fui presa dal timore, smisi di
dipingere, non capivo cosa stava accadendo, era come se una voce entrasse nel petto e nello stesso
tempo salisse dal mio interno e venisse fuori”… Ritornai al mio dipinto e sentii nuovamente la dolce
voce che diceva: “ È venuto bello il manto, però le gocce sono al rovescio”…
Allora osservando il suo lavoro, riconobbe che una goccia facente parte del disegno era
invertita… e si impaurì veramente, poiché la voce, che aveva creduto di sentire, le stava facendo
notare qualcosa di concreto e reale, un dato di fatto che non aveva notato mentre dipingeva. Si
spaventò, smise di dipingere e ritornò a sentire: “Non temere, staremo insieme per molti giorni…
andrai all’ospedale ma non sarai sola il… Mio amore materno ti accompagnerà sempre.”
Secondo Catalina, la camera venne inondata da un intenso profumo di rose, l’impiegata e
un’altra persona che entrarono nella stanza, poterono riconoscere lo stesso profumo. Pensò che
tutto non era altro che una irreale illusione, soprattutto quando si è chiesta: “Che cosa dovrei
andare a fare in ospedale, se sono sana…!”
Ma il giorno 14, cominciò ad avere dei lievi attacchi di tosse e il giorno 15 stava ricoverata in
ospedale con una diagnosi indiscutibile: “Broncopolmonite”.
L’appuntamento si è avverato, ritorna a “sentire” dentro di sé una voce di donna:
“Figlia mia, sono qui. Sole noi due, rimarremo un giorno unite a Mio Figlio; pregheremo insieme,
vedrai quanti si uniranno alle nostre preghiere. Che piacere che ci abbiano lasciate lontane da tutto,
vero? Cominciamo il Rosario della Divina Misericordia.”
A questo punto, esco dallo stato di confusione e chiedo:
“ Sei davvero Tu , dolce Vergine?” e mi risponde:
“Umilmente, davanti al Padre, al Figlio e allo Spirito Santo, Io ti benedico. La tua fede e la
devozione alla Medaglia (Miracolosa) che tu diffondi, hanno permesso che Mio Figlio lasci che
queste conversazioni fra noi siano frequenti… Prega, Io sono in te!…”
La stanza si riempì di profumo di rose che le infermiere percepirono rimanendo sbalordite,
poiché nella stanza non c’era un solo fiore che giustificasse quel profumo.
Il 20 novembre del 1993, continua a raccontare, al termine della preghiera, sento un forte dolore
al petto, “… come se si volesse spaccare qualcosa dentro di me; comincio a piangere e subito sento
una presenza meravigliosa. Penso che sia la Madre e mi preparo a scrivere, mentre sento una voce
diversa, di uomo: “Non si devono respingere gli uni e gli altri…”
“Dio mio! Chi è?” Chiedo.
“Non ti spaventare! Prega il Padre Nostro, ti accompagno!”
Riferisce poi che pregarono insieme, ma in un modo molto speciale, con pause più prolungate
del solito. Mi azzardai a fare una domanda, poiché ero sicura di stare veramente conversando con
qualcuno:
“Che vuoi da me, Signore?”
“Voglio che tu Mi ami, che predisponga l’arrivo di molti messaggi; che cambi la tua vita e che tu
sia d’esempio…”Voglio che gli uni e gli altri siano ugualmente benvenuti, senza che venga respinto
ciò che appare sgradevole. Solo Io lo so; pazienza, prendi esempio da Me, la serenità di Mia Madre
Io te l’ho data…”
Catalina conclude dicendo che il dolore che sentiva era gradualmente scomparso, mentre il suo
viso si stava bagnando di pianto…
Il racconto è sconcertante; non sembrava questa, una persona presa da mitomania, e non
c’erano neppure motivi per ricorrere a simili espedienti. È una persona felice con il suo sposo, ha
una discreta attività sociale, vive serena e tranquilla. Ha forse bisogno nel suo repertorio personale
di una qualifica come mi-stica “tematica” del xx secolo?
L’esperienza che afferma di vivere è conosciuta come “locuzione interiore”, abbastanza
comune in certi mistici che affermano di sentire interiormente una voce. Persone come Patricia
Talbot, in Ecuador, Don Stefano Gobbi in Italia, per citare i più rappresentativi, affermano di vivere
esperienze simili. Sentono una voce che detta loro temi o messaggi che devono scrivere.
La scienza deve aiutare a identificare se sono pensieri che provengono dallo stesso soggetto,
oppure se si tratta di stati psicologici particolari. La mia attenzione viene attirata dal fatto che il
contenuto verbale riferito qui, è talmente notevole che molto difficilmente può venire messo in
relazione con la creatività della persona in questione. Molti “dettati” sono profetici e si realizzano
regolarmente; il suo organismo manifesta mutamenti neuropsicofisiologici che la scienza registra,
ma che non può spiegare con le attuali conoscenze; durante queste locuzioni, si trasforma il suo
sguardo, cambiano le sensazioni, il peso, cambia anche la concentrazione di energia nella stanza,
circostanza rilevata alla presenza di una persona che parla, ma che non si vede. Lo studio realizzato
su Patricia Talbot mostrò, ad esempio, come l’attività elettrica, durante la preghiera, cambiava
secondo le parole che pronunciava; soprattutto alle parole Gesù o Maria, si ebbero segnali di
variazioni nella concentrazione di energia della stanza.
Dal giugno 1992, ho studiato decine di questi casi in differenti parti del mondo, mettendo a
disposizione del mondo scientifico internazionale e delle autorità della Chiesa, tutti i risultati delle
investigazioni che ho realizzato insieme ai colleghi esperti nelle multidiscipline del “Gruppo
Internazionale per la Pace” con sede a New Orleans (USA) e in diversi continenti.
Le investigazioni che realizzammo non hanno tenuto conto delle patologie
neuropsicofisiologiche riscontrate, in modo particolare gli stati mentali dal contenuto psicotico ed
epilettoide. Ho fatto degli studi preliminari, per valutare in seguito se tutta l’equipe dei fisici
nucleari, neurologi, psicologi, avrebbero dovuto intervenire in una fase successiva, così come
avevamo fatto in altri casi di risonanza mondiale.
L’intervista con Catalina ebbe la forma di dialogo aperto e sincero, dove tuttavia le registrazioni
psico-fisiologiche oltre a ponderare la normalità delle sue funzioni, non mostravano particolari
rilievi. Devo chiarire al lettore, che quando i mistici “vivono” una esperienza per loro
“soprannaturale”, per lo scienziato “straordinaria”, può succedere che il cervello non registri una
attività usuale; appaiono, ad esempio, onde delta (impossibili in una persona sveglia, attiva, che
interagisce con lo specialista), oppure spariscono anche i segnali elettrici propri della circolazione
elettrica periferica o diminuiscono di intensità a livelli così bassi da risultare inspiegabili per la
scienza.
In questa occasione, i risultati normali non vennero modificati nemmeno nei momenti di
preghiera. Durante l’intervista, non ci furono locuzioni per cui non si poterono nemmeno
registrare variazioni di energia ambientale, come si ebbero in casi di locuzioni di veggenti
riconosciuti come autentici dalla scienza a Medugorje, Conyers, Cuenca e altri.
Le analisi dei messaggi non mostravano contraddizioni, né plagi, bensì un contenuto letterario
e spirituale molto bello; nessun strumento però, rilevava dati inusuali che potessero attirare la
nostra attenzione in modo particolare.
Per lo scienziato non è un criterio sufficiente per dare un giudizio conclusivo, l’opinione
soggettiva di valutare un evento come buono o non buono, sia questo un messaggio o una
attitudine spirituale. La investigazione, in questi casi, “deve registrare eventi straordinari ripetibili,
osservati una o più volte da diversi osservatori”.
La conclusione del primo studio su Catalina ebbe, dunque, il seguente contenuto:
1. lo stato psico-fisiologico della intervistata conferma la normalità delle sue funzioni.
2. l’aspetto psicologico non rivela patologie comportamentali, né psichiche, per cui si tratta di
una persona corretta.
3. Le analisi dei supposti messaggi dettati sono eccellenti, invitano all’amore e alla
conversione, ma non sono sufficienti per emettere risposte conclusive da un gruppo di
scienziati che si occupa più di rilievi tecnici e strumentali, lasciando il lavoro concettuale
alla gerarchia della Chiesa Cattolica e ai competenti in Teologia.
4. Le prove con strumenti di rilievo: sensori, elettromiografi, conduttori, non hanno
registrato dati straordinari.
Conclusione:
I dati ottenuti non sono sufficienti per confermare o negare il supposto dialogo con il
soprannaturale. Data la salute mentale della persona, la sua buona intenzione, la sua onestà e
prestigio, oltre a una conversione verso i valori spirituali superiori, che conducono a un buon
esempio di via, FINO A QUANDO NON SI POTRANNO OTTENERE ULTERIORI PROVE
OSSERVABILI E DIMOSTRABILI, possiamo solo concludere che la signora, secondo la mia
opinione, ha ISPIRAZIONI di grande contenuto spirituale, come potrebbe succedere a una qualsiasi
persona che abbia degli interessi per questi valori superiori.
Diciamo chiaro e per certo, che nessuno ha dubitato della sincerità di Catalina, semplicemente,
in questa occasione, non si sono avuti rilievi tecnici dimostrabili.
Sappiamo però, per la quantità di casi simili studiati, che se questo caso si estenderà come
verità pubblica e scientifica, il fenomeno si ripeterà, offrendo in un qualche futuro momento le
prove necessarie.
Cochabamba, agosto 1994
Intanto, le investigazioni in questo settore si andavano amplificando, arricchendosi di una
maggiore casistica; nel maggio 1995 si è potuto studiare una religiosa con esperienze straordinarie
nella stessa patria del cattolicesimo: Roma.
Nel febbraio dello stesso anno, una immagine della Vergine di Medugorje (Regina della Pace)
ebbe effusioni di sangue a Civitavecchia; il vescovo del luogo, Mons. Grillo confermò l’evento. La
stampa tedesca, tanto scettica e lontana da simili notizie, divulgò il caso di altre immagini con
effusioni di sangue a Saarbrucken. Lo stesso in altri paesi come l’Argentina, l’Ecuador, Corea, Italia
ecc.
A Cochabamba cominciò a sanguinare un busto di Cristo a partire dal 9 marzo 1995. Con
l’equipe del “Gruppo Internazionale per la Pace” riuscimmo a dimostrare che il sangue era autentico
e che conteneva catene di geni propri del tipo umano. L’indagine finale venne accolta dal vescovo,
Mons. René Fernandez e dalla Commissione di Studio da lui stabilita, autorizzando la venerazione
della immagine, il giorno 30 settembre 1995.
Mentre preparavo la presentazione di un libro pubblicato su queste indagini dal titolo:
“Documenti per la Scienza e per la Fede: Piange Cristo nella Valle?”, venni sorpreso da una telefonata
che mi annunciava come, probabilmente, la prova ripetibile, osservabile, misurabile,
verificabile in Catalina fosse arrivata…
Era il giorno 9 febbraio 1996. Catalina stava già ricoverata all’Ospedale Seton di quella città.
Ho potuto osservare che nei palmi delle mani e sul dorso, così come nei piedi, appariva una aureola
violacea e verdognola, molto simile nel colore ad una mano colpita da un martello. In medicina
viene chiamata ecchimosi. Due medici la esaminano, invito due sacerdoti a fare lo stesso… nessuno
trova una spiegazione al fatto. Ci informa poi che queste ferite dolorose erano apparse il primo
Venerdì di gennaio dell’anno 1996.
Osservo le mani, osservo i piedi; c’è dolore se vengono toccati. Ci afferma che il giorno
seguente, venerdì, i dolori aumenteranno. Faccio le fotografie, registro il fatto, porto i testimoni.
Visito la clinica ancora l’indomani, venerdì 10; veramente i segni sono più forti, i dolori più intensi…
Con il suo carattere allegro e gioviale, a noi esperti che osservavamo queste vere lesioni fisiche,
dice: “domani, non avrò più niente…” Il nostro sguardo è incredulo e scusiamo con molta bontà la
sua ingenuità…; sarebbe la prima volta che una lesione simile sparisce in meno di 12 ore.
Il giorno dopo, sabato 11, è testimone della verità; testimonia il fatto straordinario. Le mani sono
pulite, come se mai alcuna ferita avesse toccato il suo corpo.
Il fenomeno si ripete con una certa regolarità, negli stessi giorni: giovedì sera, l’aureola; venerdì,
la ferita!; sabato, sparisce ogni segno! Tutto è accompagnato da dolori lancinanti al costato, alle
membra, alla fronte… Giro per vedere posteriormente le ferite, questa volta la lesione prende la
forma di una croce formata da tenui segni di una materia che sembra sangue.
I messaggi continuano: Catalina riferisce che Gesù le detta la “Sua Passione”. I dettati notturni li
riceve al buio, non accende la luce per non svegliare il suo sposo; eppure i quaderni non contengono
né errori, né segni, che dimostrino la difficoltà di scrivere per delle ore nell’oscurità. Leggo il testo,
mi sorprendono dei dettagli che sono unici, assolutamente originali, ma simili a quelli che ho
conosciuto studiando altri casi simili. Un’altra opera conosciuta con il titolo “La Grande Crociata
dell’Amore”, viene scritta, sempre seguendo la voce che ascolta, in 12 giorni; comprende tre grossi
quaderni, stampati in un libro di 308 pagine!
Precisamente oggi, giovedì 15 agosto, giorno dell’Assunzione di Maria al Cielo, accade
nuovamente lo straordinario: le stigmate sono di nuovo comparse… Giungo a casa di Catalina, è
coricata, il viso bello si sta deformando per il dolore. La guancia sinistra sembra che abbia ricevuto
un colpo più e più volte.
Le mani e i piedi mostrano una lesione fisica con lacerazione della pelle. Il suo coraggio,
l’intensità spirituale che accompagna il dolore, non impediscono i gemiti che straziano il cuore di
coloro che sono presenti a quell’avvenimento eccezionale.
In molti verifichiamo il “dato di fatto”, molti altri lo hanno vissuto più volte. Il suo sposo
l’accompagna, la guarda con un amore tenero e comprensivo: condivide il suo dolore con fede, ma
preferisce ritirarsi a pregare in un’altra stanza… mentre ci lascia, non posso smettere di
contemplare la calde lacrime che riempiono i suoi occhi.
Si impone un silenzio che viene interrotto solo dal pianto dei presenti e dalle preghiere che
ognuno rivolge all’Altissimo…
Si, questa è Catalina, sofferente, con più ferite inspiegabili per la scienza, ma comprensibili per
mezzo della sua fede… il dolore l’accompagna, anche per molte ore e non si dimentica di
annunciare: “ sabato non ci saranno più”… nessuno più dubita che così sarà.
Catalina vive per Dio, fa parte di un gruppo di preghiera attivo. Molti sacerdoti si sono
avvicinati a lei, credono nei suoi messaggi, li seguono e li diffondono con molto amore e rispetto,
evitando ogni speculazione e sensazionalismo. Le autorità locali della Chiesa hanno visto le sue
stigmate, non si sono pronunciate ufficialmente, ma accolgono con amore e rispetto l’avvenimento.
È un’altra esperienza straordinaria che avviene in questa città, dove un Cristo piange, mentre
apre le sue braccia di concordia a tutto il paese, e sua Madre riceve i suoi figli ogni 15 di agosto.
Ora, non devo studiare più niente, a nessuno può più interessare che io indaghi su Catalina;
molti hanno visto apparire e sparire le sue stigmate, hanno potuto constatare il suo stile di vita,
hanno visto compiersi le sue parole profetiche… lei è lì, nell’oscurità, anonima… sola con Gesù,
poiché così Egli ha chiesto… Egli ama la semplicità, le virtù senza riflettori, né pubblicità sonora…
Lei, accompagnando i dolori di Gesù con i propri, solamente scrive, e lo fa anche per te…

Dr. Ricardo Castañon Gomez
Investigatore del “Gruppo Internazionale per la Pace”
(New Orleans – Stati Uniti)
Direttore del “Centro Internazionale di Studi Umani”
(La Paz – Bolivia)
Cochabamba, 15 agosto 1996